Da luglio a dicembre il traffico è stato di 14 mila veicoli al giorno, di cui 8 mila effettivi (calcolati una sola volta). Da gennaio ad aprile il flusso è cresciuto del 17 per cento. Non piacerà al presidente Francesco Bettoni, ma un’autostrada a tre corsie che genera simili volumi non può che essere definita un flop. Tale è, al momento, e chissà per quanto tempo ancora se non intervengono radicali correttivi, la cosiddetta Brebemi, la direttissima Milano-Brescia che si appresta a compiere il suo primo anno di vita. I vertici della società hanno sempre fatto una certa resistenza a diffondere i reali numeri del traffico, ad onta di ciò che chiunque può vedere con i propri occhi sia percorrendo in auto l’autostrada che limitandosi ad osservarla nel lungo tratto in cui la ferrovia affianca l’arteria stradale. La desolazione è nelle cifre rese note in occasione dell’approvazione del bilancio. Quando è emerso, come dato che ha attirato le principali curiosità, che nei primi cinque mesi di gestione (2014) i costi operativi hanno superato i ricavi, con una perdita d’esercizio di 35 milioni. Si dirà, con valide ragioni, che conti così in sofferenza sono normali in avvio di attività e soprattutto in una situazione in cui mancano una serie di collegamenti accessori destinati a dare linfa (leggasi traffico) alla Brebemi. Entro maggio arriverà la Tangenziale esterna di Milano, per esempio. Ma converrà non farsi prendere per il naso da chi sta tanto affannosamente quanto coraggiosamente cercando di difendere una grande opera che, pensata in anni lontani e immaginata sulle ali della grandeur che faceva immaginare straordinarie e magnifiche sorti e progressive, si sta rilevando, come minimo, sovradimensionata rispetto alle necessità. Forse, anziché vestire gli incongrui panni del don Chisciotte, il presidente Bettoni dovrebbe sforzarsi di lanciarsi in una operazione verità, mostrando tutti i limiti e le criticità dell’autostrada (quelli immaginabili e quelli subentrati, a vario titolo, a cantiere aperto), primo presupposto per valutare come muoversi per il futuro. Tanto più se si invoca, come fosse dovuto (ma non era un project financing al 100 per cento?), un congruo intervento dello Stato per centinaia di milioni. I vertici di Brebemi provino a chiedersi, anzitutto, se le loro tariffe, così marcatamente più elevate rispetto a quelle praticate dai concorrenti, non abbiano un peso significativo, se non determinante, nello scoraggiare chi deve utilizzare l’autostrada tutti i giorni per ragioni di lavoro. E si domandino se hanno dato vita a tutte le iniziative (di comunicazione e marketing, anzitutto, ma anche di cosiddetto “feederaggio”: convenzioni, accordo di partnership, ecc) in grado di portare acqua, come tanti rivoli, al fiume. Piuttosto che minacciare di restituire la concessione, Bettoni abbassi i toni (e le tariffe) e si disponga a confrontarsi con chiunque possa dargli una mano, in Lombardia come a Roma. Basta rodomontate, basta veline sapientemente diffuse per gettare fumo negli occhi, basta continuare a guardare nel giardino altrui. Il mito del privato più efficiente e moderno del pubblico con la Brebemi ha fatto fiasco. Prima se ne prende atto (non è uno scandalo ricevere soldi pubblici, l’opera è di interesse collettivo) e prima si riuscirà, forse, ad individuare la svolta per un’autostrada altrimenti seriamente indiziata di diventare l’ennesima cattedrale nel deserto.