Pizzoccheri e sapori d’autunno, a Teglio 13 weekend di gusto
Chi cerca un fine settimana all’insegna dei sapori della tradizione e della buona cucina va sul sicuro scegliendo Teglio. Dal 2 settembre al 26 novembre il centro valtellinese in cui sono nati i pizzoccheri propone ben 13 weekend enogastronomici nei quali i ristoranti, oltre a presentare i pizzoccheri secondo l’antica ricetta originale dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio, proporranno i piatti della tradizione valtellinese, nelle vesti più sfiziose.
Durante le giornate “Pizzocchero d’Oro e Sapori d’Autunno” le tavole saranno imbandite, oltre che di pizzoccheri, di sciatt (frittelle di grano saraceno e frumento con un cuore filante di Casera), bresaole di manzo, cervo e cavallo, polenta taragna, manfrigole (una sorta di crespelle) di grano saraceno, funghi, selvaggina e formaggi (su tutti Bitto e Casera Dop), pane di segale e dolci casalinghi come la bisciola. Il tutto accompagnato dai grandi vini Docg di Valtellina.
* La cacciagione: 21-22, 28-29 ottobre, 4-5 novembre;
* I sapori autunnali: 11-12, 18-19, 25-26 novembre.
Per ciascuna delle quattro rassegne è stato predisposto un menù a tema da 32 euro, vino compreso; in alternativa si può scegliere il menù dell’Accademia a 27 euro. Ogni ristoratore potrà comunque personalizzare i menù, per cui si consiglia di contattare direttamente il locale.
Teglio è ricca di storia, arte, cultura. La manifestazione è perciò un’occasione anche per scoprire il paese, visitare le chiese, i palazzi storici e la torre medioevale dalla quale lo sguardo spazia su tutta la Valtellina, senza dimenticare i negozi e le botteghe dove fare scorta di prodotti tipici locali.
Le strutture ricettive telline propongono in concomitanza soggiorni enogastronomici, storici e naturalistici che uniscono sapori, vino, benessere e avventura, legati a Teglio, ma anche a tutto il territorio della provincia di Sondrio e della vicina Svizzera.
I pizzoccheri di Teglio sono tagliatelle preparate con farina di grano saraceno, con l’aggiunta di un pizzico di farina bianca e acqua, cotte con patate e verze e condite con formaggio semigrasso, abbondante burro in cui viene dorato uno spicchio di aglio.
Festival del Casoncello, dieci giorni di piatti tipici all’Edoné di Redona
Per chi neanche a Ferragosto rinuncia ai piatti tipici della cucina bergamasca torna, dal 10 al 20 agosto, allo spazio Edoné di Redona (via Gemelli, 17) “Made in BG: Festival del casoncello”.
La rassegna, alla seconda edizione, ha per sottotitolo “tutto fatto a mano” e propone, dalle 19 a mezzanotte, i capisaldi della tavola orobica, cominciando delle paste ripiene, casoncelli e scarpinocc, per passare alle carni, alla polenta, taragna e non, alla selvaggina, ai porcini e ai formaggi locali.
È una vera e propria festa per tutta la famiglia, con area bimbi tutti i giorni, alla quale si aggiungono giochi d’acqua nella giornata di Ferragosto e gonfiabili nell’ultimo fine settimana.
Giovedì 10 alle 21.30 è in programma, in collaborazione con Lab 80, la proiezione all’aperto del film di animazione Inside Out.
Parre e i capù, la sagra celebra la ricetta locale
A Parre, terra di piatti tipici e sagre storiche, da venerdì 4 a domenica 6 agosto, al Pala Don Bosco, è in programma quella dei capù, le polpette avvolte nelle foglie di verza presenti nella tradizione bergamasca, che nella ricetta del paese sono però di magro, a base di formaggio, pangrattato ed erbe aromatiche.
Il piatto è accompagnato da una leggenda sulle sue origini. Narra del bambino di una povera famiglia contadina che, vedendo i genitori vendere sempre i capponi allevati ai signori ricchi, si lamentava con la mamma perché rimaneva sempre con la bocca asciutta di quella prelibatezza. La madre, stanca di vedere il figlio triste, ideò “i capù”: prese una bella pallina di ripieno – senza carne, ma ben saporito – e l’avvolse in una foglia di verza, la fece bollire e poi la presentò al figlio, che poté così gustarsi ance lui il suo “capù” (cappone in dialetto bergamasco).
Giunta alla 23esima edizione, la sagra è organizzata dal gruppo Lampiusa e si accompagna alla festa del folclore, con la presenza di gruppi ospiti. Accanto alla proposta gastronomica, ogni sera è allestito l’angolo antico con figuranti in costume seicentesco tipico che prepareranno i capù e proporranno antichi lavori, la costruzione di gerline e delle scarpe di pezza da cui prendono il nome gli “Scarpinocc”, i famosi ravioli, la cui sagra numero 52 si terrà, invece, dal 18 al 20 agosto.
Ecco come si preparano
Il programma
venerdì 4 agosto
ore 19 – apertura ristoro con i tipici “CAPÙ” di Parre, piatti della tradizione bergamasca e tanto altro.
ore 20.45 – esibizione del “GRUPPO FOLKLORISTICO TREVIGIANO” di TREVISO
ore 22 – tombola con ricchi premi.
a seguire serata rock con “AYAHUASCA ROCK BAND ”
sabato 5 agosto
ore 19 – apertura ristoro con i tipici “CAPÙ” di Parre, piatti della tradizione bergamasca e tanto altro.
ore 20.45 – esibizione del “GRUPPO FOLKLORISTICO TREVIGIANO” di TREVISO
ore 22 – tombola con ricchi premi
a seguire serata danzante con il gruppo “ALIDA E LA BAND”
domenica 6 agosto
ore 9.30 – partenza dal campo sportivo con la sfilata dei gruppi folk “TREVIGIANO” di TREVISO e la “LAMPIUSA”.
ore 10 -S. Messa nella Parrocchiale di Parre
ore 19 – apertura ristoro con i tipici “CAPÙ” di Parre, piatti della tradizione bergamasca e tanto altro.
serata danzante con l’orchestra “MAURIZIO E SABRINA RUSSO”
ore 22 – tombola con ricchi premi
Tortelli o casoncelli? Ecco com’è andata la sfida di Crema
Tortello cremasco e casoncello bergamasco si sono sfidati in golosa tenzone nei giorni scorsi all’Agriturismo Loghetto di Crema. Portacolori della tradizione orobica è stata la giovane Claudia Gambirasio, che ha scelto di raccogliere l’eredità dell’indimenticato papà Roberto ai fornelli del ristorante Cadei di Villongo, mentre il tortello cremasco è stato preparato dalla cucina della stessa titolare dell’Agriturismo, Anna Maria Mariani.
A confronto un piatto che risale al periodo della dominazione veneziana del territorio cremasco, caratterizzato dal ripieno dolce e speziato, e il campione della cucina bergamasca, della fine del Trecento. Conduttrici della serata la scrittrice Annalisa Andreini e la giornalista Isabella Radaelli che hanno curato anche la presentazione delle ricette tradizionali e dei loro ingredienti ai numerosi commensali, ai giornalisti e ai rappresentanti delle condotte Slow Food di Crema e della bergamasca. La votazione da parte dei presenti ha assegnato la vittoria al tortello, che giocava in casa. Una giuria tecnica formata da giornalisti ha poi deciso di premiare a pari merito le cuoche con la consegna di due disegni realizzati per la serata dal pittore caravaggino Francesco Tresoldi raffiguranti i due ristoranti e i protagonisti della serata: il Tortello cremasco e il Casoncello bergamasco.
Città alta, fino a domenica la festa del casoncello
Si apre alle 19 di venerdì 12 maggio, in una Città Alta addobbata a festa con drappi e stendardi, la seconda edizione dello Street Casoncello, l’iniziativa gourmet nell’ambito di De Casoncello, manifestazione nata lo scorso anno per celebrare i 650 anni del piatto tipico bergamasco che quest’anno si confronta con le paste ripiene di Mantova, Cremona e Brescia, dato il titolo di Capitale europea della gastronomia assegnato alla Lombardia orientale.
Il borgo storico sarà animato sfogline, cuochi, ristoratori, musici e figuranti e si potranno gustare varie tipologie di questi scrigni golosi, infatti, ogni famiglia, ogni ristorante, ogni cuoco ha la sua ricetta che naturalmente, considera la migliore.
Da piazza Mascheroni e da piazza Mercato delle Scarpe partiranno due percorsi gemelli che, attraverso diverse tappe, racconteranno la storia dei casoncelli. Infine in piazza Vecchia, attraverso pannelli narranti, verranno svelate le particolarità delle diverse paste ripiene della Lombardia Orientale. Tutto sarà “condito” con balli, musiche per finire con uno spettacolo in costume che riporterà un fatto delittuoso “a base di casoncelli” realmente accaduto nel 1393.
L’ormai famosa sfoglina bergamasca Giusy si esibirà nella chiusura di scarpinòcc, casonsèi e dei “casoncelli storici” sotto i portici del Palazzo della Ragione.
Il programma prosegue nel pomeriggio di sabato 13 maggio (dalle 17 alle 19) quando, sotto i portici del Palazzo della Ragione, lo chef Francesco Gotti del direttivo della Nazionale Italiana Cuochi, terrà una “lezione di casoncelli” svelando trucchi, segreti e tecniche di cottura. Infine, domenica 14 maggio in piazza Vecchia, verrà allestito il Palo della Cuccagna per bambini e adulti con “gustosi” premi e animazione mentre alle 17 i campioni in carica “Gli acrobati della cuccagna” parteciperanno alla tappa bergamasca del Campionato Italiano.
Durante lo Street Casoncello sarà distribuito il libretto “De Casoncello e delle altre paste ripiene” contenente la storia e alcune ricette di casoncelli bergamaschi e delle altre paste ripiene della Lombardia Orientale.
Parre rilancia i piatti delle nonne, torna la sagra degli Gnoch in Cola
Parre, alta Val Seriana, è uno di quei paesi dove le tradizioni sono mantenute ben vive, a cominciare da quelle gastronomiche. Non solo è la patria degli Scarpinòcc, i ravioli con ripieno di formaggio ed erbe entrati nel novero delle specialità tipiche bergamasche, ai quali dedica da oltre cinquant’anni un’attesissima sagra. Ha anche rilanciato i capù, gli involtini in foglie di verza che secondo la ricetta locale sono esclusivamente di magro, e promuove manifestazioni ed eventi spesso legati a vini e cibi.
Tra le ultime iniziative della vivace Pro Loco c’è la Sagra degli Gnoch in Cola, la cui seconda edizione è in programma sabato primo aprile al Pala Don Bosco dell’oratorio, in via Duca d’Aosta. È un appuntamento che nasce dalla collaborazione con il Gruppo Lampiusa e l’oratorio e che vuole valorizzare un’antica ricetta delle nonne, realizzata con pochi e poverissimi ingredienti, come avviene per lo più nella cucina di montagna, ma capaci di creare un mix gustoso. Gli Gnoch in Cola vengono preparati impastando solo farina e latte. Successivamente, grazie ad un cucchiaio, si ricava dall’impasto “uno gnoc” alla volta, che viene calato in acqua già a bollore. A fine cottura si condisce con abbondante burro, salvia e formaggio.
Si comincia alle con l’aperitivo alle 18, mentre dalle 19 saranno aperte le cucine per la cena che vede protagonisti gli antichi gnocchi.
La colonna sonora della serata è affidata, dalle 21, alla TriBrüt&üBel Band che affonda le proprie radici dalla tradizione popolare lombarda, con le canzoni cantate nelle osterie o proposte negli spettacoli di cabaret da cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana. Nel vasto repertorio della band trovano infatti posto brani composti da Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Cochi & Renato, Nanni Svampa, Dario Fo, i Gufi, oltre ai classici dei grandi della canzone italiana d’autore (Paolo Conte, Lucio Dalla, Renzo Arbore, Adriano Celentano ed altri), rielaborati per adattarli al clima di festa tipico delle proprie travolgenti esibizioni.
“Tot nostrà meno ol pà” (“tutto nostrano tranne il pane”). Sin dall’inizio dell’attività – era l’8 dicembre del 1969 – la trattoria del Moro, di Ponteranica, ha avuto ed è rimasta fedele a questo motto che corrisponde ad una filosofia operativa, ad un modo di lavoro.
Il Moro era Carmelino Carenini, che con la moglie Maria Fiorona ha avuto l’idea di aprire una trattoria nei pressi della propria abitazione. Una posizione poco appetibile, se vogliamo, da un punto di vista strettamente commerciale, visto che da Ponteranica si deve salire qualche chilometro sulla montagna, anche se le indicazioni sono molto chiare. Non ha però sbagliato, dal momento che l’attività continua fiorente fino ai nostri giorni, in una struttura che può ospitare sino a 170 coperti.
Certo le punte di lavoro sono nei fine settimana sia invernali, per la particolarità della cucina, sia estivi, per la piacevole freschezza che può spezzare la calura cittadina. Una specie di gita fuori porta, anche se nel periodo estivo non sono in pochi a salire per la pausa di mezzogiorno con la proposta del menù a prezzo fisso di 11 euro.
Dalla metà degli anni Ottanta un terzetto di briose e simpatiche signore manda avanti l’attività. Tutto è rimasto in famiglia: Iosette, in cucina, e Giuliana, in sala, sono infatti figlie di Carmelino Carenini mentre Bianca Licini, anche lei in sala, è cognata delle altre due. «Abbiamo clienti che vengono da noi da generazioni – racconta Giuliana –. Si tratta di gruppi di amici ma soprattutto di famiglie. Bambine che oggi sono mamme, si può dire che molti sono clienti da quarant’anni. Certo qualcosa sta cambiando, stanno arrivando anche i turisti, soprattutto stranieri, particolarmente quelli che visitano la pala del Lotto, nella chiesa di Ponteranica. Ecco quindi che abbiamo anche il menù in inglese e poi, per stare al passo con i tempi, abbiamo anche un menù vegetariano. Per il resto non è cambiato niente, seguiamo la nostra cucina tipica bergamasca, semmai abbiamo variato il modo di presentare i piatti».
Di certo per arrampicarsi, sia pure alle prime pendici della montagna (la strada è sufficientemente agevole), ci vogliono dei buoni motivi soprattutto, nel nostro caso, gastronomici. In realtà, sotto questo profilo, per andare alla Trattoria del Moro ne basta uno: i casoncelli alla bergamsca. Su questo piatto sono in molti i ristoratori, a torto o a ragione, a ritenere di avere la ricetta migliore, quella col segreto tramandato da qualche nonna. Attenzione: dal Moro non si scherza, qui i casoncelli sono veramente buoni e pur non potendo stilare una graduatoria di merito riteniamo di poterli collocare in un novero abbastanza ristretto di eccellenze. Piacevano persino al compianto Vittorio Cerea, il quale suggeriva di aggiungere solo un po’ di uova in più nell’impasto. Non sappiamo se sia stato fatto.
«Di casoncelli ne prepariamo un bel po’ – conferma Iosette Carenini, regina assoluta della cucina – visto che sono il nostro piatto forte e ci atteniamo scrupolosamente alla ricetta originale. Non vedo motivo per cambiare dal momento che stanno funzionando bene sin da quando è iniziata l’attività. Per quanto riguarda gli altri piatti, proponiamo solo quelli della cucina tipica bergamasca. Abbiamo provato anche con il pesce ma ci sembrava un po’ un controsenso in questa cornice. Noi abbiamo tutta una storia nostra, alleviamo maiali, conigli, galline e coltiviamo verdure, avendo cura comunque di far seguire a questi prodotti tutta la trafila prevista dalle norme sanitarie. Sì, i casoncelli van bene, ma anche con il salame di nostra produzione non scherziamo!».
La scrupolosa osservanza della cucina bergamasca viene declinata sulla carta del Moro in piatti che possiamo citare tutti, visto che non sono moltissimi: salame con polenta e funghi o affettati misti per antipasto. Casoncelli burro e salvia, tagliolini ai funghi porcini e foiade al sugo di lepre quali primi piatti mentre le seconde portate sono costituite da costata, nodini, spiedini, cotechini, polenta e coniglio al vino rosso, polenta e manzo al barolo, polenta e stracotto d’asino, polenta con funghi porcini trifolati, polenta lumache e funghi porcini, cinghiale con verdure stufate e polenta con funghi porcini e branzi. C’è anche la polenta taragna che può essere abbinata ai diversi piatti.
Con tre portate e vino della casa si possono spendere sui trenta euro, ma quattro fette di salame con un po’ di polenta ed un piatto di casoncelli valgono da soli la pena di un paio di chilometri di salita.
Anche se non ci sono le classiche tovaglie a quadretti bianchi e rossi e tavoli e sedie di arte povera, ad imitare i locali del passato, l’Osteria Al Gigianca, col sottotitolo di “premiata officina gastronomica”, si propone come autentica osteria in città, rispettando, debitamente aggiornati ai tempi, lo spirito e la cucina di questa tradizione. Un carattere riconosciuto anche dall’ultima edizione della guida Osterie d’Italia di Slow Food, dove è presente, unica segnalazione nel perimetro cittadino, dal 2014 e dove ha mantenuto il simbolo della bottiglia, a sottolineare la particolare attenzione alla carta dei vini.
Luigi “Gigi” Pesenti, 40 anni, e la moglie Alessia Mazzola, 38, hanno iniziato questa attività nel 2010 a Bergamo in via Broseta al numero 113, in una saletta luminosa, arredata con gusto, che può ospitare al massimo 40 coperti. Una dimensione che già di per sé suggerisce il loro orientamento verso un rapporto molto stretto con la clientela: la qualità, insomma, piuttosto che i numeri. A chiarire ulteriormente gli obiettivi c’è l’adesione al progetto SlowCooking, una rete di ristoranti lombardi che si riconoscono nei concetti di semplicità, valorizzazione delle materie prime, rispetto pragmatico per coloro che lavorano la terra, amore verso il proprio territorio.
«Alessia ed io venivamo da esperienze diverse – racconta Gigi Pesenti –. Io facevo il promoter di eventi anche musicali mentre lei è laureata in Scienze dell’educazione e per pagarsi gli studi lavorava in una pizzeria da asporto. All’inizio abbiamo avuto a disposizione uno chef professionista, che per sette mesi ha insegnato ad Alessia a gestire la cucina, poi abbiamo camminato con le nostre gambe. Visto che nella mia precedente attività ero parecchio in viaggio, nell’impostare la nostra linea mi sono rifatto a quello che mi piaceva trovare come cliente».
La carta di Al Gigianca è abbastanza contenuta ma di certo stuzzicante. Si tratta di una cucina che prende spunto dal territorio, da alcune ricette della tradizione magari con qualche variante, ma fondamentale è il riferimento al bacino per il reperimento delle materie prime. «Siamo molto legati alla stagionalità – prosegue Pesenti -. Per le verdure abbiamo il nostro orto a Locate, che viene coltivato dal papà di Alessia, e poi ci riforniamo da una cooperativa bio. In carta abbiamo solo pesce di lago mentre per il menù di mezzogiorno usiamo pesce azzurro nel rispetto della sostenibilità. Anche per le carni siamo attenti ai metodi di allevamento e produzione, vogliamo che gli animali siano rispettati, che si tratti di allevamenti etici».
Questi principi si concretizzano in una serie di piatti tra i quali spiccano il baccalà mantecato con crostini di polenta o la Caesar Salad con pecora gigante bergamasca tra gli antipasti, il risotto ai peperoni e patè di missoltino oltre agli immancabili casoncelli alla bergamasca tra i primi, mentre tra i secondi sono particolarmente gettonati il coniglio alla bergamasca con polenta, le lumache trifolate, la pecora gigante bergamasca con crema di patate e chutney di barbabietola e il filetto di lavarello del Sebino. I prezzi vanno dai 10-12 euro di antipasti e primi, ai 13-17 dei secondi, mentre per i dolci si spendono in media 6 euro.
«Abbiamo due menù degustazione (da 32 o 35 euro ndr.) – ricorda il patron – ed i clienti che vengono da fuori ci chiedono prevalentemente i casoncelli, la pecora bergamasca, il coniglio e il baccalà. Quanto ai vini, sono un appassionato e per questo ne abbiamo una buona selezione sia di italiani sia di altre nazioni come Francia, Germania, Austria, Slovenia, Spagna e Ungheria. Particolare riguardo dedichiamo anche ai formaggi, sempre di produzione locale, con la presenza di presìdi Slow Food».
E se Gigi si muove bene in sala, ai fornelli c’è Alessia, una passione per la cucina. «Passione e cuore sono i primi ingredienti – afferma convinta –. Io li ho ereditati da mia mamma Sandra che ha fatto la cuoca nelle mense scolastiche e le mamme dei bambini andavano a chiederle come mai a scuola mangiassero i broccoli e a casa no!». «Personalmente – spiega – seguo la tradizione e sono poco propensa ad innovare per forza, l’ispirazione mi viene da quello che vedo, da quello che trovo dai fornitori e da ciò che offre la stagione. Adesso, ad esempio, stiamo proponendo la tagliata di pecora gigante bergamasca, è ancora fuori dalla carta perché è un piatto che si esaurisce in fretta. La carne ce la porta la moglie del pastore, Danilo Agostini di Bolgare, che praticamente è in perenne transumanza. È un animale che mi dà grande sicurezza anche per il modo in cui viene allevato e poi pure della pecora non si butta via niente. Tolti i tagli nobili, con il resto si fanno il ragù e le polpette e con le ossa si fa il fondo». A dimostrare che anche il titolo di premiata officina gastronomica è pienamente meritato.
LA PROVA
Come d’abitudine assaggiamo la proposta per la colazione di lavoro. Al Gigianca il menù è inserito nella carta stessa ed è graficamente ben curato, soprattutto molto chiaro: un piatto 11 euro, due piatti 16 euro, due piatti più il dolce del giorno 19 euro. Coperto, acqua, un bicchiere di vino della casa e caffè sono compresi.
La scelta non è molto ampia in termini numerici ma è l’originalità dei piatti, non banali e nemmeno ricorrenti nei menù a prezzo fisso, a fare la differenza in senso positivo.
Crema di carote e zenzero con calamari e crostini alle erbe, maccheroncini ai broccoli e salsiccia, orecchiette alle cozze e fagioli sono le opzioni tra i primi piatti. Costine di maiale con verza e polenta e pesce del giorno (nell’occasione la trota), invece, le proposte per i secondi. Tutti piatti, soprattutto i primi, che stimolano la curiosità oltre all’appetito. Qualche attimo di indecisione e poi puntiamo sulle orecchiette alle cozze e fagioli e sulle classiche costine di maiale con verza e polenta che contenevano anche del buon cotechino.
Due piatti decisamente apprezzabili per scelta e preparazione che unitamente al servizio impeccabile e alla raffinatezza, non appariscente ma piacevole, del locale rendono il rapporto prezzo-qualità ottimo.
Osteria Al Gigianca
via Broseta 113
Bergamo
tel. 035 5684928
chiuso la domenica tutto il giorno e il lunedi a pranzo
Trippa in barattolo, il take away nostrano della trattoria Moro
Niente scatole di cartone, ma comodi vasetti di vetro da tenere in frigo. Sono gli originali contenitori scelti dalla trattoria Moro da Gigi di Albino per il proprio take away dal sapore nostrano.
Qui infatti piatti prelibati come gnocchi, sottaceti, casoncelli e biscotti non si gustano solo al tavolo ma si possono anche portare a casa. E da qualche tempo il titolare Gianluigi Moro ha pensato di travasare in barattolo persino la trippa per realizzarne una versione da asporto: «Da ottobre a maggio la trippa viene spesso inserita nel menù del giorno – spiega Moro –. La cottura e la preparazione sono lunghe e non sempre il piatto è di largo consumo. E così un paio di anni fa ho pensato di pastorizzarla e di travasarla in barattoli di vetro da portarsi a casa. Ogni vasetto contiene 7,5 etti di zuppa. Con soli 6 euro si ha una trippa in brodo per due persone. Tra gli ingredienti ci sono anche fagioli e carote che possono fermentare, quindi per conservare la trippa al meglio ho pensato di pastorizzarla. In questo modo può essere conservata in frigo per tre mesi. Tanti clienti la acquistano per avere la cena pronta, altri la regalano ai genitori anziani che magari non hanno occasione di venire al ristorante ma che hanno voglia di ritrovare i sapori antichi della loro giovinezza».
Clusone, nel fine settimana maxi strudel e casoncelli
Strudel o casoncelli? E perché non entrambi! Clusone offre due occasioni per vivere il week end con gusto.
Sabato 26 novembre Consulta dei Giovani, Turismo Pro Clusone, Pasticceria Duci, Fondazione Sant’Andrea e comune di Clusone organizzano “lo Strudelone” una maxi merenda con uno strudel di 30 metri e animazione per raccogliere fondi per l’acquisto di un elevatore mobile per anziani e persone disabili, che verrà donato alle piscine di Rovetta. L’appuntamento è in via San Defendente a partire dalle 14.30 con Tom l’artista di strada, truccabimbi, giochi e intrattenimento con la scuola “Tecnico di animazione turistico” di Clusone, e tanta musica con Tiziano. Alle 16 si taglierà il gigantesco dolce di mele realizzato dalla Pasticceria Duci. In caso di maltempo la manifestazione sarà rinviata a sabato 3 dicembre.
Domenica 27 novembre, invece, sono in programma assaggi d’arte e showcooking con i segreti della ricetta dei casoncelli. L’appuntamento, nel programma dei “Percorsi turistici e culturali”, è organizzato dal Dat “La Valle dei Sapori” in collaborazione con Artelier. Il ritrovo è alle ore 15 in piazza della Rocca per un itinerario nel centro storico di Clusone con degustazione finale all’Hotel Ambra, dove Gianni illustrerà la ricetta tipica dei casoncelli alla bergamasca. Il costo di partecipazione è di 7,50 euro. La prenotazione è obbligatoria al numero 342 3897672.