Meno tasse alle imprese. Zogno ha preceduto Bergamo e raccoglie risultati

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L’area industriale di Zogno
 foto Galizzi G. – www.valbrembanaweb.com

 

Meno tasse e più agevolazioni per incentivare le attività produttive, industriali, artigianali e i negozi di vicinato. L’idea arriva dal Comune di Zogno che, in controtendenza con le restrizioni economiche e i tagli dettati dalla crisi, ha deliberato per il quinto anno di fila un pacchetto di sgravi fiscali per risollevare l’economia e dare slancio all’occupazione. A beneficiarne saranno soprattutto le piccole botteghe di prossimità, quelle più colpite dalla concorrenza delle grandi catene di distribuzione, ma ancora tanto preziose per le fasce deboli della popolazione, spesso impossibilitate a compiere lunghi spostamenti.

Ma pure le imprese industriali e artigianali, dove Zogno si segnala come precursore, con un piano di rilancio che, fatte le dovute proporzioni, somiglia a quello adottato di recente dal sindaco di Bergamo. «Che dire? Gori ha copiato da noi», scherza il vicesindaco e assessore al Commercio di Zogno Giampaolo Pesenti. Già, perché il progetto “Bergamo città semplice e low tax per attrarre imprese innovative”, promosso da Giorgio Gori per snellire la burocrazia e riportare in città aziende e start up, ha molti punti in comune con quello che a Zogno è diventato ormai un piano consolidato.

E i frutti si possono già raccogliere: «La nostra amministrazione è da sempre impegnata nell’individuazione di strumenti che incrementino il livello occupazionale nel nostro Comune – spiega Pesenti –. Con il presente provvedimento vogliamo confermare lo sgravio degli oneri di urbanizzazione a favore di tutte le imprese industriali e artigianali che intendono realizzare nuovi edifici produttivi, ristrutturare o ampliare quelli esistenti. Il bilancio di questi cinque anni è positivo: abbiamo avuto un potenziamento di insediamento produttivo nuovo con a regime 500 dipendenti ed è in corso un altro recupero di un’area industriale».

In particolare, il provvedimento prevede l’esenzione, almeno parziale, dal pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria relativi ai permessi di costruire rilasciati nel corso del 2015, a condizione che le opere di urbanizzazione primaria per rendere agibili gli edifici e le aree interessate dall’intervento siano esistenti o realizzate direttamente e contestualmente dalle imprese beneficiarie.

E da quest’anno c’è una novità in più che riguarda la tariffa sui rifiuti: «Dal 2015 il nostro pacchetto di interventi si arricchisce di un’altra agevolazione – prosegue il vicesindaco di Zogno – l’esenzione totale per due anni dal pagamento della Tari per chi inizia nuove attività produttive e industriali in capannoni realizzati su aree dismesse o in immobili inutilizzati. L’agevolazione Tari, potrà riguardare anche nuove attività produttive svolte in immobili già utilizzati».

È inoltre prevista una riduzione del 30% sulla Tari per i bar senza slot-machine: «Questo è un intervento significativo – precisa Pesenti – per combattere uno dei fenomeni di dipendenza più gravi all’interno della nostra comunità: la ludopatia».

Il piano di interventi del Comune di Zogno si completa con il mantenimento, anche per il 2015, di una aliquota Imu contenuta (pari allo 0,86%) sui capannoni industriali: «Le agevolazioni relative all’esonero della tariffa rifiuti nei due anni successivi all’apertura di una nuova attività nel corso del 2015, e l’aliquota Imu dello 0,86% – conclude il vicesindaco – sono applicate anche a favore delle attività commerciali di vicinato. Queste ultime, nel corso del 2015, saranno interessate anche da un bando comunale all’interno del distretto delle attrattività per ottenere contributi a favore della propria attività commerciale. Le agevolazioni sono cumulabili e non sono in contrasto con altre agevolazioni finanziarie previste da leggi comunitarie e nazionali, ma non verranno concesse a chi non è in regola con i versamenti contributivi assistenziali, previdenziali e con i tributi comunali».




Jobs Act, «persa un’occasione per favorire l’occupazione giovanile»

Il presidente dell'Adapt Emmanuele Massagli è stato tra i relatori del convegno sul Jobs Act promosso dall'Ascom di Bergamo
Il presidente dell’Adapt Emmanuele Massagli è stato tra i relatori del convegno sul Jobs Act promosso dall’Ascom di Bergamo

Emmanuele Massagli, 32 anni, è dal 2012 presidente di Adapt, associazione senza fini di lucro, fondata da Marco Biagi per promuovere studi e ricerche nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro, ed è membro del collegio dei docenti della Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro dell’Università di Bergamo. Massagli, che è dottore di ricerca in Diritto delle Relazioni di Lavoro con una tesi sul lavoro dei giovani, nel commentare la nuova riforma non nasconde un certo scetticismo di fronte alle ricadute positive del Jobs Act sull’occupazione giovanile: «Mi aspetto senz’altro più assunzioni, ma dubito che interessino giovani o fasce deboli. L’incentivazione economica corposa della Legge di Stabilità rende di fatto più vantaggiosa l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori esperti». Il problema della disoccupazione giovanile continua così a crescere: «È paradossale, ma l’Italia che conta ormai 2 milioni e mezzo di Neet  (Not – engaged – in Education, Employment or Training) e ha un tasso di disoccupazione giovanile del 43% sta perdendo l’occasione di rilanciare l’occupazione degli under 30 messa a disposizione dal Piano Garanzia Giovani, con 1 miliardo e 500 milioni di euro di risorse europee».  L’ennesima opportunità Ue sfumata? «Fa rabbia perdere risorse destinate ad alleggerire una vera e propria emergenza sociale. Ma tra cambi di governo (il piano è nato con il Governo Monti, è stato approvato da quello Letta ed è diventato operativo con Renzi, ndr.) e gestione frammentaria delle Regioni che detengono la responsabilità delle politiche attive del lavoro, sono solo 12mila le offerte di lavoro ad oggi presentate. Bisognava coinvolgere le associazioni datoriali e fare una campagna di informazione forte rivolta ai giovani nei luoghi che frequentano».

Quali sono i reali benefici per le pmi della riforma del lavoro?

Il principale vantaggio sta non tanto nel Jobs Act ma nella Legge di Stabilità. Per la  prima  volta il contratto a tempo indeterminato diventa competitivo, arrivando a costare meno dell’apprendistato di durata inferiore ai due anni e sensibilmente meno di un inquadramento a  tempo determinato. Grazie all’incentivazione economica è previsto l’esonero dei contributi per tre anni consecutivi per ogni nuova assunzione a tempo indeterminato effettuata nel 2015. Si tratta di un risparmio di 8.070 euro annui per ogni neo-assunto. Anche la deducibilità ai fini Irap dei costi del personale a tempo indeterminato va a vantaggio sia delle imprese che del lavoratore, che vede una stabilizzazione degli 80 euro in busta paga.

Si intravedono già effetti sul mercato del lavoro?

Solo nella Provincia di Milano nel mese di gennaio sono cresciuti del 23% i contratti a tempo indeterminato. Ed è facile prevedere che con l’entrata in vigore del contratto a tutela crescenti si registri un ulteriore aumento di assunzioni: sono molte le imprese che stanno aspettando le nuove regole per assumere.

 Non c’è il rischio che come con altri incentivi si “dopi” il mercato del lavoro?

Come tutti gli incentivi altera il mercato, ma se l’economia riprende a partire dal 2016 ci sono buone speranze per i 200mila nuovi occupati che si stima di avere nel 2015. Non credo che le aziende – come paventano i sindacati – si mettano ad assumere per poi licenziare. Per le aziende il contenzioso rappresenta una perdita inutile di tempo e di risorse.

Crede che porti davvero una nuova svolta nell’abbattimento del contenzioso?

La semplificazione della disciplina in uscita è senza dubbio un vantaggio perché rende più quantificabile per le aziende i costi di una causa persa. Il Jobs Act è prevedibile che porti ad un abbattimento del contenzioso, anche se in realtà le cause ex articolo 18  sono solo 70mila l’anno e, in base ai dati del Ministero della giustizia pre-riforma Fornero, rappresentano il 12% dei contenziosi. Senz’altro cambieranno le strategie delle imprese per difendersi e licenziare, dato che il reintegro diventa un’eccezione.

 Quale valore assume la contrattazione aziendale con la riforma?

Tenderà a crescere e ad avere un ruolo sempre più importante. Il mercato del lavoro sembra però andare verso il contratto individuale data la crescita dei lavoratori autonomi. Il popolo delle partite Iva conta 5 milioni e 500mila lavoratori e senza dubbio uno dei limiti più grandi del Jobs Act è quello di essere stato costruito attorno ad un’idea di subordinazione, in un mercato del lavoro sempre più individuale.

Quali sono altri punti deboli e  zone d’ombra della riforma?

Oltre a non aver considerato i lavoratori autonomi, il Jobs Act ha dato una stretta sui contratti a progetto che comunque non spariranno come annunciato da Renzi. Infatti questa tipologia contrattuale che interessa circa 500mila lavoratori continuerà ad essere impiegata laddove è regolato da contrattazione collettiva. Il Jobs Act sembra inoltre avere come disegno un aumento dei contratti a tempo indeterminato per andare a creare una flexsecurity in linea con i Paesi del Nord Europa. Si va concretizzando una maggiore flessibilità ma mancano ancora i pilastri delle politiche passive, a partire dagli ammortizzatori sociali, e aspettiamo la bozza sulle politiche attive. Senza politiche passive e politiche attive efficienti diventa davvero difficile trovare un equilibrio.