Al via IMeat a Modena. E domenica c’è la finalissima del Campionato Italiano Giovani Macellai

Si svolgerà il 12 settembre in occasione dell’unica fiera in Italia dedicata al negozio di macelleria, gastronomia e ristorazione specializzata

Creare un contesto di relazione dove domanda e offerta possono incontrarsi per ampliare le rispettive attività e valutare nuove e moderne idee e strategie in un mercato che deve inevitabilmente evolvere e guardare a un futuro più aperto e innovativo. È sempre stato questo l’obiettivo della società Ecod fin da quando, qualche anno fa, ha dato avvio al progetto fieristico iMEAT che, crescendo di edizione in edizione, è diventato una realtà ben definita nel contesto fieristico nazionale. La settima edizione di iMEAT si terrà dal 12 al 14 settembre 2021 a ModenaFiere.

Le novità dell’edizione 2021

Tante le novità dell’edizione 2021 a cominciare dalla suddivisione dell’esposizione in tre aree distinte: una dedicata ad attrezzature, macchinari, ingredienti; l’altra, iMEAT Eccellenze, alle specialità di prodotto finito; infine, la novità programmata da tempo e rimandata per cause di forza maggiore: iMEAT Farm, ideata per mettere in collegamento allevatori e produttori di carni di alta qualità con il mondo della macelleria allo scopo di creare una sinergia costruttiva.
Confermati i tre giorni espositivi proprio per riuscire ad intercettare un target di visitatori ancora più ampio, con esigenze di spostamento e programmazione diversificate dando ai negozi di macelleria e di gastronomia, alla ristorazione e alle aziende agrituristiche, l’opportunità di essere presenti per aggiornare o innovare la propria attività.

La finalissima del Campionato Italiano Giovani Macellai

Il programma di eventi collaterali, oltre ai corsi teorico-dimostrativi, contempla una giornata dedicata alle gare e altre iniziative in corso di definizione. Tutto nell’ottica di creare suggestioni da trasporre e personalizzare nel proprio negozio o attività. Sempre vivace l’attività di Federcarni, operativa nell’area offerta da Ecod: come ogni anno, infatti, la Federazione Nazionale Macellai parteciperà e domenica 12 settembre, presso l’area Federcarni, si svolgerà la Finalissima del Campionato Italiano Giovani Macellai (clicca qui) In programma ci sono anche altre iniziative che offriranno momenti di formazione e intrattenimento.

Registrazione esclusivamente online

Attualmente sono attive le registrazioni online per visitare iMeat: l’ingresso è gratuito ma la registrazione online è obbligatoria (in fiera non sarà attiva la biglietteria). Sul sito di iMeat è possibile richiedere il biglietto di ingresso compilando, in tutte le sue parti, il modulo di registrazione online: per accedere al sito clicca qui.

Per accedere al quartiere fieristico di ModenaFiere sarà obbligatorio essere in possesso del Green Pass.

 


Non solo lombate: scegliere le carni è una questione di gusto e sostenibilità

Spesso non si fa troppo caso alla scelta dei tagli carnei da mettere sulle nostre tavole. Si sceglie per abitudine, in base ai tagli più conosciuti (di prima categoria) e che tradizionalmente vengono preparati con determinate parti dell’animale. 
«In realtà un poco di conoscenza a riguardo può permettere la scoperta di parti sconosciute ai più, – racconta il macellaio Danilo Cazzamali, una vera istituzione nel mondo delle carni, che ha fortemente stimolato la ricerca della qualità nell’allevamento e la valorizzazione della razza Piemontese e nella lavorazione delle sue carni- con le relative preparazioni». Conoscere l’animale e le caratteristiche dei tagli specifici può portare vantaggi di diverso tipo. «In primis quelli economici, importanti sia nella cucina di casa che, soprattutto, in una cucina professionale: – sostiene ancora Danilo – è possibile ottimizzare al meglio il food cost non solo del piatto specifico, ma più in generale della carta stessa. L’altro vantaggio è legato alla sostenibilità del consumo di carne, alla sua produzione e al suo allevamento». Ormai è risaputo che è necessario porre molta attenzione all’argomento. Consumando tutte le parti, è naturale che il costo ambientale legato all’allevamento e all’accrescimento non si riduca di certo, ma venga ottimizzato in modo migliore. Ecco che quindi non esistono solo lombate, fiorentine e filetti. Molti sono i tagli spesso poco conosciuti, da utilizzare in modo alternativo. 
Oltre al quinto quarto, composto prevalentemente da frattaglie, ci sono parti poco valorizzate che meritano davvero tanto. Uscire un poco dalle convinzioni comuni può anche dare la possibilità di sperimentare e stupire i propri ospiti e la propria famiglia, senza dover necessariamente sostenere grandi spese. Partendo dal presupposto che i muscoli meno soggetti al movimento sono quelli più teneri, è facile capire il motivo per cui tagli come lombate, costate e filetto siano i più teneri in assoluto, mentre i tagli della parte anteriore e posteriore, dediti al maggiore movimento, siano più tenaci e ricchi di tessuto connettivo.  In linea generale, si tende ad utilizzare sempre tagli di prima o massimo seconda categoria, dimenticando e non valorizzando tutto il resto. 

 

Classificazione dei tagli di carne di manzo

In base alle caratteristiche, esistono tagli di prima, seconda e terza categoria. La classificazione non riguarda necessariamente il modo in cui vengono poi utilizzate, infatti tra i tagli di prima categoria ci sono i pregiati filetto, controfiletto, lo scamone, la noce, la fesa e la sotto fesa, il girello di coscia e gli altri che comunemente si utilizzano per preparare bistecche, ma anche arrosti: carni tenere e in genere magre. Poi ci sono i tagli di seconda e terza scelta, in genere provenienti dall’anteriore (i tagli della coscia sono più pregiati) e dalla pancia, come il cappello del prete, il reale, la pancia (o biancostato), il diaframma, ma anche il muscolo di spalla, il petto, il fesone di spalla, il geretto (in genere conosciuto come ossobuco) o la bavetta. Tutti tagli che di norma sono utilizzati per i bolliti, per stufati, brasati oppure tritati e ridotti ad hamburger, polpette o macinata per sugo. Questi tagli hanno anche un prezzo inferiore rispetto ai pregiati, con caratteristiche uniche che, se ben cucinate e trattate, danno grandi soddisfazioni.

 

Per le lunghe cotture: tagli perfetti, ma poco utilizzati

Ecco che pensando di assecondare familiari o ospiti, spesso si scelgono carni pregiate anche per le preparazioni che prevedono una medio-lunga cottura, come arrosti, spezzatini o brasati. Spesso le carni vengono cotte meno, con il risultato di proporre un piatto eccessivamente asciutto, magro e poco saporito. Questa è purtroppo ciò che succede spesso, troppo spesso. Ma Danilo Cazzamali consiglia un’altra soluzione: «per preparare brasati, ma anche gustosi spezzatini come il gulash, l’ideale è quello di scegliere tagli di seconda o terza scelta ricchi di tessuto connettivo e grasso di marezzatura. Dal costo inferiore, ma dalla tenerezza e bontà infinita». Unica prerogativa, il tempo: si devono cuocere lentamente e con tanta pazienza. «Per un brasato è perfetto il cappello del prete, ma anche il muscolo, la gallinella o il fesone di spalla oppure il reale sezionato nelle sue aree. Per preparare un gulash perfetto invece è consigliato l’utilizzo del geretto disossato o del muscolo: dopo qualche ora di cottura proporrete un piatto indimenticabile. Oppure, perché non utilizzare la punta di petto (in Italia destinata al bollito) per un perfetto arrosto al forno?» consiglia il macellaio. Nella tradizione del barbecue americano è utilizzata per il famoso brisket, una lunga cottura a bassa temperatura del pezzo intero, che permette lo scioglimento del poco connettivo e grasso, per un risultato da leccarsi i baffi. Anche la coda, cotta lentamente è perfetta per essere mangiata tal quale o come base per dei sughi da far girare la testa.

 

La bistecca che non ti aspetti

Sono ancora molti quelli che pensano che una buona bistecca al sangue a si possa preparare esclusivamente con i tagli pregiati e teneri come la lombata (fiorentine e costate) o i filetti. Vero che questi tagli, se ben cotti e frollati, sanno regalare grandi emozioni gustative. Ma ci sono anche altri tagli che non godono di successo nella Penisola, ma che potrebbero sostituire di diritto i più conosciuti. Ad esempio, il diaframma di manzo, considerato di terza scelta, è il pezzo ideale per gli amanti della carne rossa al sangue. Basta scottarlo sulla griglia da entrambi i lati e servirlo come una tagliata, magari accompagnata da una buona sala chimichurri, una goduria. E’ conosciuta anche come skirt steak. E ancora, il codone di manzo, famoso in sud America per la picanha cotta sulla famosa spada. Ebbene, è possibile utilizzare questo taglio sia intero che a fette spesse avendo cura di cuocere bene lo strato di grasso che lo ricopre in superficie: un concentrato di sapore e succulenza. E ancora, sempre da oltre oceano, l’Asado, preparato con il biancostato, che si utilizza comunemente per la preparazione dei brodi. Invece di tagliare i pezzi parallelamente all’osso, si tagliano fette perpendicolarmente alle ossa. Pochi minuti sulla brace ed è perfetto per essere gustato. Oppure, la flank steak preparata con la bavetta, un taglio poco pregiato, ma tra i più gustosi e saporiti del manzo. Infine, la flat iron steak, preparata con il cappello del prete, privato della grande striscia di tessuto connettivo e cotto al sangue. In questo caso, il consiglio è quello di fare un  reverse searing prima della cottura sulla brace, che consiste nel mettere in forno il taglio intero a bassissima temperatura, fino a quando raggiunge i 50°C interni. A questo punto, lo si griglia bene da entrambi i lati e lo si serve a tagliata: rosa e tenero, dall’aroma “ferroso”: una bistecca perfetta per chi soffre di anemia.

 

La tartare: non solo filetto di manzo

Il presupposto è uno: cosa si cerca quando si sceglie una tartare? La consistenza? Il colore? Il gusto? In relazione all’obiettivo, Danilo ci svela alcuni segreti per preparare una tartare perfetta, in relazione alle aspettative. «Per quanto riguarda la consistenza, dipende sì dal taglio utilizzato, ma anche dalla dimensione del cubetto: più il cubetto è piccolo e più la consistenza del taglio originale viene meno, più il cubetto è grande e più si esalta la tenerezza o la croccantezza del taglio scelto». Tralasciando i tagli più conosciuti come filetto o controfiletto, per tartare croccanti meglio scegliere la bavetta, la punta di codone o il fusello di spalla; mentre per tartare morbide il fesone di spalla, la sottofesa o la fesa. E poi, il colore: «per aver un bel colore rosso, il muscolo utilizzato deve aver lavorato quindi deve essere stato utilizzato durante la vita dell’animale. Il filetto serve per far alzare l’animale su due zampe e…. non mi sembra di aver visto tanti bovini in giro eretti sulle zampe posteriori». Per tartare più rosse quindi, meglio scegliere la bavetta, la punta di codone oppure la parte esterna della sottofesa. Mentre per tartare più chiare, la parte interna della sottofesa, il magatello o il cuore di fesa. Quanto al sapore, tutto dipende soprattutto da cosa ha mangiato l’animale. Ogni tipo di alimentazione dona sfumature diverse alle carni. Per gusti più intensi, meglio scegliere il fesone di spalla, il fusello o il fiocco di punta, mentre per sapori più delicati, la parte interna della sottofesa, il magatello o il cuore di fesa.

 

I tagli poveri da utilizzare 

per brasati: muscolo, gallinella, musone di spalla, fesone, reale 

per Gulash: geretto disossato, muscolo, 

per arrosti: punta di petto, 

per bisteche: diaframma di manzo, codone di manzo, bavetta 

per asado: biancostato 

per tartare: bavetta, punta di codone, fusello di spalla, fesone di spalla, sottofesa, fesa


Carne, dai macellai tre ricette con quel tocco un più

Macellai Ascom - Fiera di Sant'Alessandro 2017 (2)

La professionalità dei macellai nel selezionare i capi e lavorare le carni e i consigli di uno chef per qualche tocco in più: sono stati gli ingredienti dell’iniziativa realizzata dal gruppo Macellai dell’Ascom di Bergamo alla Fiera di Sant’Alessandro, il tradizionale appuntamento cittadino con l’agricoltura e il mondo contadino.

Spesso infatti le “abilità” culinarie si fermano alla fettina e a qualche spezzatino. La buona riuscita di un piatto di carne, invece, comincia dalla carne stessa e materia prima di qualità, giusto taglio e cottura rispettosa possono regalare grandi soddisfazioni. Non a caso i macellai sono stati affiancati da uno chef, il giovane Daniele Cortesi, 28 anni, titolare del ristorante La Follia a Gazzaniga, che ha suggerito ricette per ogni tipologia e taglio di carne, da quelle più tradizionali a quelle più creative.

Al lavoro, coordinati dal presidente di categoria Ettore Coffetti, Luciano Pandolfi di Cologno al Serio, Elio e Nicola Cazzaniga di Canonica d’Adda, impegnati su un posteriore di vitello, un anteriore di manzo e sul maiale, mentre Daniele Cortesi, 28 anni, chef titolare del ristorante La Follia a Gazzaniga, ha suggerito ricette per ogni tipologia e taglio di carne. Ve ne proponiamo una selezione.

Carpaccio di magatello fresco, funghi champignon, melograno e pecorino

Ingredienti per 4 persone

– 600 g di carpaccio fresco di magatello
– 200g di funghi champignon freschi
-1 melograno
-1 spicchio di pecorino romano
– olio extravergine di oliva per condire
-1 limone
– sale e pepe

Procedimento

Tagliare con l’affettatrice il carpaccio e posizionare le fette sul piatto di portata. Sgranare il melograno e tenere da parte. Fare delle scaglie di pecorino romano con il pelapatate. Pulire gli champignon dalla terra, tagliarli e condirli con in filo di olio e una spruzzata di limone per non farli annerire.

Comporre il patto salando e pepando la carne, disporre i funghi a ventaglio, cospargere qua e là qualche chicco di melograno e delle scaglie di pecorino.

Carrè di maiale laccato al miele con prugne e finferli

Ingredienti per 4 persone

– 1 carrè da 800 g di maiale
– 6 prugne settembrine
– 200 g di finferli
-2 cucchiai di miele millefiori
-1 spicchio di aglio
-1 bicchiere di vino bianco
-1 noce di burro
– aromi (rosmarino,timo,maggiorana)
– olio extravergine di oliva
– sale e pepe q.b.

Procedimento

Rifilare il carrè dal tessuto connettivo e con un foglio di carta alluminio coprire le costole per non farle annerire nella cottura. In una casseruola in ferro rosolare con l’olio a fuoco alto il carrè in modo che si formi una crosticina, chiudere i pori e non far uscire i succhi della carne. Spennellare la carne con il miele, salare e pepare. Sfumare con un bicchiere di vino bianco e infornare a 140° per circa 2 ore.

A parte trifolare velocemente con una noce di burro i finferli con lo spicchio d’aglio, gli aromi e le prugne, private del nocciolo e tagliate a cubetti.

Una volta cotto, fare riposare il carrè per circa 30 minuti. Scaloppare la carne tra una costola e l’altra per creare una bella fetta. Servire con la salsa di finferli e prugne, aggiungendo anche l’intingolo di cottura.

Stufato di fusello al cioccolato con polenta bianca morbida

Ingredienti per 4 persone

– 800 g fusello di spalla di manzo
– 400 g di farina per polenta bianca
– 1 cucchiaio di cacao amaro
– 2 cubetti di cioccolato fondente
– sedano, carota, cipolla, aglio
– aromi (rosmarino, salvia, alloro)
– olio extravergine di oliva
– sale e pepe
– chiodi di garofano, bacche di ginepro
– vino rosso

Procedimento

Rifilare il fusello dal tessuto connettivo e ricavarne dei cubetti. Marinare la carne nel vino con sedano, carota e cipolla tagliati a pezzetti e gli aromi. Lasciar marinare per 24 ore. Scolare la carne e le verdure dalla marinatura. A parte preparare altre verdure per il soffritto, appassirle con l’olio, rosolare la carne, infine sfumare con il vino e le verdure della marinatura. Cuocere circa 3 ore a fuoco molto lento.

Alla fine della cottura aggiungere il cacao amaro e il cioccolato. Lasciar fondere a fuoco spento e servire.

Per la polenta seguire il classico procedimento di preparazione, lasciandola molto morbida.


Specialisti delle grigliate? A Pisogne c’è la gara che fa per voi

camunia grill contestAvete sempre pensato di essere un re dal barbecue? Domenica 30 luglio avrete la possibilità di dimostrarlo partecipando, sul lungolago di Pisogne, al primo Camunia Grill Contest, gara amatoriale a suon di carbonella. È una competizione a squadre, al massimo di tre componenti, che si sfideranno nel grigliare al meglio le materie prime in dotazione (carne rossa, bianca, pesce e verdure) su barbecue forniti dall’organizzazione.

Il ritrovo e l’accensione dei fuochi sono alle 17. Alle 18 si darà il via alla gara, alle 19,30 i concorrenti dovranno presentare il primo piatto, alle 20,30 il secondo piatto e un’ora dopo il terzo. Sarà premiato il team che avrà raggiunto il miglior punteggio nelle tre categorie previste dal regolamento: presentazione del piatto, cottura delle pietanze, simpatia del team. I concorrenti potranno portare un ingrediente segreto (spezia, verdura, salsa).

Chi non è impegnato ai fuochi potrà mangiare. Sia sabato 29 sia domenica 30, dalle 18 alle 24, sarà attiva un’area food che servirà solo pietanze alla griglia, mentre per più piccoli ci sono menù baby e spazio gioco.

Per iscriversi al Camunia Grill Contest occorre inviare una mail a info@vitaminac-adv.com indicando i dati degli iscritti e i riferimenti telefonici. Il costo dell’iscrizione è 30 euro a squadra ( comprende la fornitura del barbecue e delle materie prime per la preparazione dei piatti). Tra i componenti della giuria Grigio Chef e il suo Assistant.

L’evento è organizzato da Vitamina C Adv in collaborazione con il Comune e la Proloco di Pisogne.

Info 366 5382866


L’inno alla “ciccia” del macellaio-poeta

In tempi in cui della carne si preferisce avere la visione più distante possibile dall’animale – in forma di fettine o arrosti, belli e pronti da mettere in padella – Dario Cecchini, il macellaio di Panzano in Chianti che ha reso il suo negozio una meta turistica internazionale, fa l’esatto contrario e trasforma in uno show (riuscitissimo!) niente meno che il sezionamento e il taglio di una mezzena di manzo.

È stato lui l’ospite della cena degli auguri dell’Associazione cuochi bergamaschi, che nell’occasione lo ha nominato socio onorario.

Gesti sicuri, parlata schietta e i versi di Dante a dire che dentro le vene di questo artigiano, erede di una tradizione nella macelleria lunga 250 anni, scorre anche il gusto per la poesia. «L’animale bisogna trattarlo il meglio possibile, dargli cibo buono, una vita lunga e una morte dignitosa, più compassionevole possibile. E per rendergli il giusto onore va usato tutto, dal naso alla coda, perché se la qualità c’è, è dappertutto». È il primo caposaldo del Cecchini-pensiero.

Il secondo, e conseguente, è l’elogio delle parti meno nobili. «La prima ricetta dell’Artusi è il brodo, che, guarda caso, si fa con le ossa, non con il filetto». E che dire della pancia del manzo? «Oggi ci si fanno gli hamburger, ma a me sembra sprecata – evidenzia -, prima ci si facevano bolliti eccezionali».

Sarà che è stato tirato su con gli “scarti” della macelleria di famiglia. «Da piccolo pensavo che la mucca avesse 5 teste, 20 zampe e 4 code – ricorda -. Le bistecche erano per i clienti e alla nonna portavano da cucinare tutto ciò che in bottega non era richiesto. La mia “prima volta” con la bistecca è stata al compimento dei 18 anni: è stato meraviglioso, ma è stato meraviglioso anche tutto quanto avevo mangiato fino ad allora, grazie alla sapienza in cucina della nonna».

Natale del cuoco 2016 -premiazione cecchiniIl giusto incentivo ai cuochi in sala a trasformare con passione e arte anche le parti più difficili. «Anche la gente, che ha sempre visto il manzo come un oggetto misterioso, sta cominciando a capire che la carne non deve essere per forza magra», rassicura Cecchini, che intanto svela un segreto: «Il taglio migliore, quello che i macellai non vendono mai ma che tengono come ricompensa per la famiglia è il “ragno”, un pezzettino brutto e un po’ grasso, con delle nervature a mo’ di ragnatela, da cui il nome». Dalla coscia, farcita di midollo e insaporita con sale e aromi, ha invece ricavato il pezzo forte di Natale della sua macelleria, il brasato al midollo.

Quanto alla bistecca, le regole sono poche ma tassative. «Deve essere alta troppo, grande troppo e bella troppo. Sotto i quattro centimetri è carpaccio – sentenzia – . Va cotta sulla brace otto minuti da un lato, otto dall’altro e otto per in piedi e mangiata nella maniera più primitiva possibile, portando in tavola solo sale e olio».

Con buona pace della fettina.


Il Censis: «Il consumo di carne è minacciato da falsi miti»

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«Il consumo di carne in Italia non è eccessivo». A dirlo non sono gli allevatori, i macellai o i maestri della bistecca, ma il Censis.

L’autorevole istituto di ricerca ha effettuato nel settembre-ottobre 2016 lo studio “Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando”, utilizzando i dati sulla dieta come chiave per raccontare i cambiamenti in atto nella società.

Ne è emerso un vero e proprio allarme sul rischio che l’equilibrio nutrizionale delle famiglie italiane («quella dieta da sempre considerata nel mondo un modello a cui ispirarsi») possa essere compromesso dalla riduzione del consumo di alimenti come carne, pesce, frutta e verdura. Un fenomeno dettato in primo luogo dalla crisi, ma anche dalle «leggende metropolitane proliferanti sul web che demonizzano alcuni suoi alimenti di base (con la carne in testa)».

Tanto per cominciare, il Censis precisa che «i consumi “reali” di carne sono di gran lunga inferiori a quelli “apparenti”, che includono impropriamente anche le parti non edibili dell’animale e sui quali si basano le statistiche ufficiali. Studi scientifici hanno permesso di calcolare il valore reale di consumo stornando il peso delle parti non edibili: nel caso del bovino, tale valore corrisponde a poco più della metà (il 55%) del valore apparente, per un consumo reale pro-capite in Italia che si attesta tra i 10 e gli 11 kg ogni anno, ovvero circa due porzioni alla settimana, una quantità in linea con le raccomandazioni di medici e nutrizionisti».

L’Italia, inoltre, è nella posizione bassa della graduatoria per consumo di carne tra i principali paesi Ue, con 79,1 kg pro-capite all’anno: solo Grecia e Regno Unito, con un consumo rispettivamente di 72,6 e 76,6 kg pro-capite all’anno, si posizionano al di sotto del nostro Paese.

«Mangiare carne – prosegue la ricerca – non è contro la buona nutrizione. Un moderato consumo di carne è previsto dalla dieta mediterranea, considerata la più efficace per migliorare la qualità della vita e prevenire le principali patologie. Le proprietà nutritive della carne sono uniche nel loro genere: contiene proteine nobili, vitamine (tra cui la B12), ferro altamente disponibile. Inoltre, è un alimento ad alta efficienza nutrizionale: a parità di nutrienti, apporta meno calorie rispetto ad altri, riducendo il rischio di sovrappeso».

Mentre viene ridimensionata la pericolosità sulla salute. «Le patologie del benessere – si spiega -, aumentate negli ultimi venticinque anni (sovrappeso e obesità +26,3%, ipertensione +92,9%, diabete +180,3%), spesso sono state erroneamente associate al consumo di carne rossa, il cui consumo negli stessi anni è, invece, diminuito (-29,4%). Rispetto all’allarme lanciato nel 2015 dallo Iarc sulla cancerogenicità della carne rossa, va detto che lo studio si esprime in termini di probabilità, non di certezza, fa riferimento a quantità medie di consumo di carne molto al di sopra delle quantità effettivamente consumate in Italia e si riferisce principalmente a carne e prodotti per composizione (grasso, ingredienti, ecc.) differenti da quelli regolarmente consumati nel nostro Paese. Infine, lega il consumo eccessivo di carne rossa non alla possibilità di sviluppare il cancro, ma al possibile aumento del rischio relativo di ogni individuo di svilupparlo (rischio legato a una molteplicità di fattori individuali, comportamentali e ambientali, quindi non solo ad un unico fattore)».

MACELLAISenza dimenticare che la carne italiana è controllata. «Il modello italiano di controllo e di tracciabilità delle carni è un’eccellenza a livello mondiale – ricorda il documento – e garantisce ai livelli massimi possibili l’assenza nelle carni di residui di sostanze vietate o oltre i limiti consentiti, come testimoniano i periodici controlli ministeriali che attestano una presenza di residui nelle carni pari ad appena lo 0,2% (Piano Nazionale Residui)».

Sfatata anche l’idea che la carne sia un alimento grasso, quindi con conseguenze negative sulla salute, «poiché, grazie a tecniche di allevamento, selezione della specie e dieta degli animali, si è nel tempo modificata la sua composizione lipidica, riducendo il grasso totale fino al 50% e la percentuale di acidi grassi saturi».

E rispedite al mittente pure le obiezioni sui costi ambientali troppo alti. «La filiera della carne in Italia è estremamente efficiente e virtuosa: incarna un modello di economia circolare, con riciclo e minimizzazione di scarti e rifiuti, che sono più che dimezzati rispetto alla filiera di frutta e verdura e quasi la metà di quella dei cereali.
Evidenze scientifiche mostrano che l’impatto sull’ambiente della produzione di carne, se calcolato sulla base della frequenza di consumo secondo le raccomandazioni, è allineato con quello di altri alimenti, consumati con maggiore frequenza e in maggiori quantità. Se assunti nelle giuste quantità, le varie categorie alimentari hanno, quindi, un peso ambientale molto simile. L’Italia, oltretutto, grazie alla combinazione di allevamenti estensivi e intensivi, ha una produzione di carne bovina a più basso impatto sul consumo di acqua (11.500 litri necessari per kg) rispetto alla media mondiale (15.400 litri): per la maggior parte (10.000 litri) si tratta di acqua piovana, fonte rinnovabile e sostenibile».


Carne, cala il consumo ma non per tutti allo stesso modo

Raw Meat

Il calo del consumo di carne c’è, ma non per tutti allo stesso modo. Lo ha evidenziato la ricerca “Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando” realizzata dal Censis nel settembre-ottobre 2016, utilizzando i dati sulla dieta come chiave per raccontare i cambiamenti in atto nella società.

Il periodo preso in considerazione è quello degli anni della crisi (2007-2015), nel quale si evidenzia una riduzione da parte delle famiglie della spesa per i consumi alimentari del 12,2% e, in particolare, del 16,1% quella per la carne «l’alimento che nei decenni passati segnava simbolicamente l’ingresso delle famiglie nel benessere», sottolinea lo studio. Il fenomeno viene però analizzato più nel dettaglio e allora si scopre che, nella crisi, le famiglie meno abbienti, quelle operaie e quelle in cui il capofamiglia è in cerca di occupazione, che mediamente consumano meno carne rispetto a quelle degli imprenditori, hanno subito una più intensa riduzione della spesa, accentuando il divario. Si è perciò instaurata, secondo la ricerca, «la logica socialmente regressiva del “meno mangi carne, più devi ridurla”».

Carne, consumi a confronto

  • nel 2015 la spesa per acquistare la carne per i membri di famiglie operaie è stata dell’11,8% inferiore rispetto a quella delle famiglie di imprenditori, mentre la differenza si fermava al 6,9% nel 2007. Sempre nel 2015, le famiglie con a capo un disoccupato hanno sostenuto una spesa per la carne del 29,1% inferiore rispetto alle famiglie degli imprenditori, mentre era inferiore del 18,2% nel 2007;
  • in termini di variazione percentuale, nel periodo di crisi le famiglie operaie (-20,0%) e quelle con a capo un disoccupato (-26,7%) hanno ridotto la spesa per la carne in misura maggiore rispetto alle famiglie degli imprenditori (per le quali si registra un -15,5% di spesa in meno).

Sul consumo di carne bovina, in particolare, dai dati emergono tagli ancora più significativi nel periodo della crisi proprio da parte delle famiglie che già in precedenza consumavano quantità inferiori di questo alimento:

  • le famiglie operaie sostengono nel 2015 una spesa per la carne bovina del 16,7% inferiore a quella delle famiglie di imprenditori, mentre il divario era dell’11% nel 2007. Le famiglie con a capo un disoccupato registrano una spesa per consumo di carne bovina del 30,8% in meno rispetto a quelle degli imprenditori, divario raddoppiato rispetto al 2007, quando era del 15,7%;
  • in termini di variazione percentuale della spesa per la carne bovina, le famiglie operaie tagliano del 38,5%, quelle con capofamiglia in cerca di lavoro del 46,1%, mentre quelle degli imprenditori del 34,3%.


Cucinare la carne, quattro ricette semplici ma di gusto

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Utilizzando il giusto taglio e rispettando i tempi di cottura, i piatti di carne saranno un successo. Parola dei macellai dell’Ascom di Bergamo, che nel corso della Fiera di Sant’Alessandro, all’interno dello stand della Regione Lombardia, hanno dato dimostrazione del loro mestiere nel sezionare e disossare i prodotti e offerto consigli per utilizzare al meglio ogni parte. Li ha affiancati lo chef Darwin Foglieni del ristorante Ol Giopì e la Margì di Bergamo, che ha anche proposto quattro ricette semplici ma di gran gusto.

Fettine di coppa di maiale alle erbe

Ingredienti per 4 persone
  • 4 fette di coppa di maiale
  • alloro, rosmarino
  • 1 spicchio d’aglio
  • limone/aceto balsamico
  • olio evo
  • sale, pepe

In una ciotola preparare la marinata con aglio tagliato a pezzi, il battuto d’erbe, l’aceto balsamico, l’olio e il sale. Mettere le fettine di coppa a marinare per 30 minuti.
Scaldare una pentola antiaderente, togliere l’aglio e scottare a fuoco vivace le fettine di carne da entrambi i lati. Proseguire la cottura per pochi minuti, togliere dalla pentola e accompagnare le fettine di coppa con insalatina o patate arrosto.

Spezzatino porri e peperoni

Ingredienti per 4 persone
  • 600 g spezzatino polpa di spalla
  • 2 lt brodo
  • 1 porro
  • 1 peperone
  • olio evo
  • burro
  • sale, pepe
  • vino bianco
  • maggiorna

Tagliare la carne a pezzi di 2 cm circa e saltarla in padella antiaderente con poco olio.
Rosolare in un’altra pentola con poco burro i porri a fuoco dolce fino a farli appassire.
Sistemare la carne nella pentola con i porri, aggiungere il brodo e il trito di maggiorana e proseguire la cottura a fuoco dolce per 40/60 min.
Tagliare i peperoni a listarelle, saltarli in padella con poco olio e aggiungerli gli ultimi 5 minuti di cottura allo spezzatino.

Coniglio farcito con funghi e salsiccia

Ingredienti per 4 persone
  • 1 coniglio medio
  • funghi freschi o secchi
  • salsiccia
  • 8 fette di pancetta fresca tesa
  • rosmarino
  • scalogno
  • olio evo
  • burro
  • vino bianco
  • sale, pepe

Disossare il coniglio e allargalo bene su un tagliere.
Mettere a bagno i funghi secchi per 10 minuti. Poi strizzarli e tagliarli grossolanamente, metterli in una padella antiaderente con la salsiccia sbriciolata e lo scalogno tritato con poco burro e lasciare insaporire.
Riempire il coniglio con questa farcia.
Rivestire di pancetta il rotolo di coniglio e legare con lo spago da cucina.

Rosolare bene, in una pentola bassa, il rotolo di coniglio con poco olio e burro. Bagnare con un bicchiere di vino di bianco e far evaporare. Proseguire la cottura per un’ora circa in pentola con coperchio o in forno.
A cottura ultimata avvolgere il coniglio in carta stagnola e tenerlo in caldo.
Tagliare il coniglio a medaglioni, nappare con il sugo di cottura e accompagnare con polenta morbida.

Stufato di manzo

Ingredienti per 4 persone
  • 1,5 kg di cappello del prete o scamone
  • 300 g verdure per soffritto
  • 1 lt vino rosso
  • olio evo
  • salvia
  • rosmarino
  • alloro
  • 200 g pomodoro salsa
  • sale, pepe
  • noce moscata

Mettere l’olio in pentola e rosolare il pezzo di carne rigirandolo spesso. Aggiungere le verdure e gli aromi. Unire il vino e la salsa di pomodoro. Fare cuocere per 2 ore circa a fuoco basso.
A cottura ultimata togliere la carne dal fuoco e lasciare intiepidire.
Tagliare la carne a fette sottili e condire con la salsa di verdure.