Bergamo vuole proporsi sul piano nazionale come un polo di attrazione per le aziende innovative e per farlo il Comune mette sul piatto semplificazione burocratica e una serie di sgravi. La volontà manifestata dal sindaco Giorgio Gori di portare le aziende ad investire in città ha preso forma nel piano “Bergamo città semplice e low tax per attrarre imprese innovative”, frutto di un confronto con il mondo imprenditoriale, del lavoro e l’Università, già deliberato dalla Giunta e il prossimo 23 febbraio al vaglio del Consiglio Comunale. «Il progetto viene varato in un momento in cui si intravedono i primi segnali di ripresa – spiega Gori – e l’auspicio è di intercettarli. Intende facilitare la vita alle aziende e punta sull’innovazione per una scelta ben precisa, legata al fatto che l’alta specializzazione tecnologica è indicata come leva di sviluppo senza uguali e che il capitale umano è fattore sempre più determinante per il destino economico delle città».
L’obiettivo è portare sul territorio start up e imprese provenienti da fuori («trasferire in città un’azienda dalla provincia darebbe somma zero»), a cominciare dall’area milanese. Bergamo ha già dalla sua numerosi punti di forza che il sindaco ha voluto ribadire, dalla collocazione geografica al sistema delle infrastrutture forte di un “campione” come l’aeroporto, passando per la solidità del tessuto produttivo, l’aumento della propensione all’innovazione, il sistema della formazione e della ricerca, i poli tecnologici e la qualità della vita. A questi fattori, il Comune ora aggiunge un’accelerazione dei processi di semplificazione e digitalizzazione, di cui beneficeranno tutte le realtà imprenditoriali, e agevolazioni per le imprese innovative, nello specifico: per chi realizza tecnologie prioritarie per l’industria, per terziario high tech, start up innovative, attività che abbiano vinto almeno un bando europeo sulla ricerca e l’innovazione negli ultimi cinque anni, nuovi uffici di rappresentanza di aziende industriali non bergamasche (a condizione che si tratti di nuovi insediamenti e che abbiano almeno il 40% di dipendenti laureati) e l’industria creativa (ovvero settori come architettura, moda, design, spettacolo, editoria, artigianato artistico).
Per queste categorie è prevista un’Imu allo 0,76% anziché all’1,06%. «Lo 0,76% è la quota dell’imposta che va allo Stato, sulla quale non potevamo intervenire – ricorda il sindaco -. In pratica il Comune rinuncia a tutto quanto è nella propria disponibilità, un atto fortemente simbolico perché va a toccare direttamente le “tasche” dell’Ente. Naturalmente l’agevolazione è tanto più significativa quanto più ampie sono le superfici (per 5.700 mq lo sconto è pari a 21mila euro ndr.), il provvedimento è pensato soprattutto per favorire insediamenti di grandi dimensioni, parte con durata triennale ed è potenzialmente rinnovabile». E poi ci sono gli sgravi sugli oneri di urbanizzazione e lo standard qualitativo. «Lo sconto va ad aggiungersi a quello, del 10 o 50%, già previsto dall’Amministrazione precedente con una delibera del 2013 – afferma l’assessore alla Pianificazione territoriale Stefano Zenoni -, in una logica di migliore definizione delle imprese destinatarie e premialità per il recupero di suolo già urbanizzato». La casistica è varia, ma si arriva ad una riduzione del 75% per le imprese innovative che si collocano in un’area urbanizzata con volumi pari all’esistente. Per una struttura di 5.500 mq di superficie significa passare da circa 513mila euro di oneri di urbanizzazione (in caso di nuova edificazione con la riduzione del 10% vigente per l’hi-tech) a 72mila se l’azienda è di tipo innovativo e promuove un intervento di rigenerazione edilizia con volumi uguali o inferiori alle previsioni vigenti. «Il piano rappresenta anche una svolta nella visione dello sviluppo del territorio – tiene ad evidenziare Zenoni -, l’avvio di una fase in cui le città possono tornare ad attirare il produttivo, di cui si è in passato incentivata l’uscita. Ora però parliamo del produttivo innovativo».
Quanto alla copertura degli sgravi, si tratta di un falso problema, rileva Gori: «Con l’amministrazione Bruni gli oneri di urbanizzazione erano attorno ai 13 milioni, oggi siamo a 2 milioni. Non mettiamo perciò a rischio un patrimonio ma diamo un segnale di incoraggiamento forte alle imprese: diciamo che rinunciamo volentieri alla dimensione unitaria dell’intervento a favore di un numero maggiore di iniziative». Le aree che potrebbero essere interessate sono in primis quelle individuate dalla puntuale mappatura realizzata dal dipartimento di Geografia dell’Università di Bergamo a cominciare da quelle che portano proprio il nome di industrie che operavano in città, come Reggiani, Filati Lastex e Ote.
Sul ritorno che un simile provvedimento potrà avere non ci sono stime. «La misura è inedita in Italia e non ha perciò termini di paragone – dice il sindaco -, ci risulta che qualche azione sul questo versante è allo studio a Imola e a Sesto, ma la nostra è la prima a prendere forma concreta. Il fatto che ci siano degli spiragli di ripresa ci fa essere molto più ottimisti di qualche tempo fa. A noi tocca in ogni caso provarci». Per “raccontare” il progetto a livello nazionale l’Amministrazione ha in programma di organizzare una conferenza stampa a Milano ed anche Confindustria Bergamo ha assicurato il proprio supporto per favorire i contatti con aziende interessate. «Si parte con la città – ha precisato Gori -, ma non vogliamo che sia un caso isolato. L’obiettivo è perciò coinvolgere la Grande Bergamo e realizzare un polo di attrattività».