Role playing, così l’azienda
fa decollare la formazione

Dottor Bergamaschi
l’azienda per la quale lavoro mi ha comunicato che prossimamente sarò impegnato insieme ad altri colleghi in sessioni di role playing. Lo scopo è formativo. Ora, non so bene cosa aspettarmi e soprattutto non sono così sicuro che possano essere funzionali a migliorare la mia performance lavorativa e quella dei miei colleghi. Lei che ne pensa di questo percorso?

e-mail, Calvenzano

È vero che non tutti lo conoscono ed è vero che chi lo conosce, spesso cerca di evitarlo per la “messa in gioco” che sottende, ma il role playing è un efficace strumento di formazione aziendale che rappresenta una reale risorsa per il miglioramento delle performance a 360 gradi; basato sulla simulazione di una situazione specifica o di un evento, presuppone il coinvolgimento di un gruppo di persone, che sono chiamate ad immedesimarsi e a vestire “un ruolo” e ad ipotizzare soluzioni. È quindi universalmente considerato un metodo attivo nell’ambito dei processi formativi dell’adulto, per la duplice possibilità di coinvolgere un gruppo attorno ad un tema centrale (molto caro all’azienda che lo utilizza) e di permettere al tempo stesso un apprendimento emotivo individualizzato per ogni partecipante.
Nello specifico durante una sessione di role-playing si richiede ai partecipanti di svolgere, per un tempo limitato, il ruolo di “attori”, di rappresentare cioè alcuni ruoli in interazione tra loro, mentre altri sono invitati ad osservare con attenzione e ad esaminare i processi che scaturiscono dalla rappresentazione manifestata, talvolta supportati da schemi o griglie che ne facilitano il compito. Ai partecipanti vengono assegnate delle “parti” che definiscono il loro ruolo nella situazione aziendale o extra-aziendale che si vuole ricreare e che contengono anche alcune indicazioni su come condurre alcuni aspetti e sulle caratteristiche e le modalità comportamentali del ruolo da assumere. Gli “attori” devono comunicare ed agire seguendo le indicazioni che sono state loro consegnate, stando attenti a non assecondare troppo le personali inclinazioni; questo non perché si vogliono dei robot o individui omologati negli atteggiamenti, ma perché il rischio è quello di cadere nello psicodramma invece che fare affidamento sulla personale creatività, che è sempre ben accetta. Al tempo stesso chi osserva, non deve cadere nell’errore di giudicare o esprimere pareri sulle performance in corso, almeno fino a che la sessione non sia terminata; una volta conclusa, il gruppo, aiutato da un conduttore, riporta le osservazione ed impressioni e formula ipotesi di miglioramento per la situazione appena vista. Oltre ai partecipanti, vi è infatti un conduttore, che funge da supervisor e maestro d’orchestra e che può essere accompagnato da un assistente, che oltre essere in grado di impersonare ruoli particolari, se necessario, lo aiuta nell’osservazione e nella registrazione di quanto avviene.
Quindi il role playing offre reali opportunità di apprendimento perché permette a colui che vi partecipa di agire come se si trovasse in una situazione professionale reale, per poi vagliare le sue performance insieme al trainer e al gruppo; inoltre un altro dei vantaggi della sua applicazione sta nel fatto che, a differenza della situazione reale, il processo che si sviluppa nel gioco di ruolo, non avrà conseguenze nella vita professionale del lavoratore e dell’azienda. Se le sessioni sono ben organizzate e condotte efficacemente, i partecipanti sviluppano nuove capacità comunicative e relazionali, migliorano la capacità di ascolto e di comprensione dei diversi punti di vista, imparano ad osservare e ad analizzare i comportamenti altrui, sviluppano capacità di mediazione ed elaborano strategie per affrontare situazioni reali complesse.
Oggi lo strumento del role playing può essere utilizzato per diversi obiettivi e nelle organizzazioni aziendali è usato principalmente per: addestrare il personale, attraverso l’assegnazione di precise istruzioni per lo svolgimento di una certa mansione, per selezionare i nuovi lavoratori, valutandoli in base al comportamento agito all’interno dei vari scenari della vita organizzativa e per formare i lavoratori, soprattutto in tema di acquisizione di capacità legate al “saper essere” e di quegli aspetti meno prescrittivi e più personali, che lasciano emergere l’individuo con le sue caratteristiche e la sua creatività. Certo è che il role playing può essere fonte di cambiamento, solo se si riconosce l’esistenza di una disfunzionalità o di una possibile migliorabilità dei processi aziendali e solo se si possiede la consapevolezza dei benefici che la promozione al cambiamento, può comportare; in caso contrario non servirà a nulla.
Personalmente sono un fan del role playing e all’inizio della mia carriera ne ho frequentati parecchi, per poi con il tempo vestire i panni del conduttore; sono trascorsi un po’ di anni, ma continuo a ritenerla un’esperienza formativa utilissima, che dovrebbe rientrare negli strumenti formativi di ogni azienda. Da conduttore, ero solito cominciare le mie sessioni con una delle frasi più note di Italo Calvino, che non è stato solo uno dei narratori italiani più importanti del Novecento, ma anche un intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale: “La vita è un insieme di avvenimenti, di cui l'ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l'insieme”. Il senso del role playing dovrebbe essere questo.