Orio vola. E forse è il caso di guardare anche a Ovest

Orio vola. E forse è il caso di guardare anche a Ovest

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orioE dire che a Milano, dopo vertici e polemiche a perdifiato, hanno pure partorito un “Decreto Linate”, ad opera di quel genio del già dimenticato ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, per cercare di mettere carburante nei serbatoi dello scalo milanese… Cinque mesi dopo, i numeri fanno strame di tante velleità regolatorie. Malpensa, penalizzata dallo spostamento di una serie di collegamenti, perde più traffico passeggeri di quanto ne guadagni Linate, a riprova che la gestione dell’attività aerea non si può fare a tavolino. E la conferma l’abbiamo in casa nostra. Orio al Serio da ottobre scorso (guarda caso, ma è solo una coincidenza, quando venne firmato il decreto), ma ancor più nei primi tre mesi di quest’anno, ha messo letteralmente il turbo. Tant’è che il sorpasso su Linate, più volte inutilmente tentato in passato, è avvenuto. Lo scalo bergamasco, a furia di crescere con tassi a doppia cifra (+21% a gennaio, +18% a febbraio, +16% a marzo), è arrivato sul podio ed ora è a pieno merito il terzo aeroporto italiano per traffico passeggeri. A scapito proprio di Linate che nel medesimo periodo è cresciuto di un misero 2%.

C’è già chi obietta che nei prossimi mesi assisteremo ad un controsorpasso, visto che dal 1° maggio Milano diventerà caput mundi grazie alle mirabilie di Expo. Sarebbe grave se così non fosse perché significherebbe un clamoroso flop dell’evento a cui sono state dedicate risorse e attenzioni fuori del comune. Ma se andiamo al di là del contingente, l’analisi dei trend di traffico offrono spunti di riflessione con cui bisognerà misurarsi.

Anzitutto, quanto è successo negli ultimi mesi sancisce una verità che è banale per gli addetti ai lavori ma non per i tanti, politici in testa, che affrontano questi temi con superficialità. E cioè che sono le compagnie che fanno la fortuna degli aeroporti e non viceversa. La “fortuna” di Orio è stata di aver saputo assecondare le irrefrenabili mire espansionistiche di Michael O’Leary e della sua Ryanair (che poi ha tracciato la rotta per altri). E quello che un tempo era considerato un traffico di serie B, per saccopelisti o poco più, dopo la pesantissima crisi economica, si è rivelato essere un filone d’oro. Perché il viaggio “no frills” (senza fronzoli) è diventato la modalità normale. Altro che “business class” o vizi vari. Volare low cost oggi è una necessità, se non un elemento di competitività per chi è costretto a ridurre sempre di più i margini. E allora le compagnie tradizionali, Alitalia come Air France e tutto il resto, fanno sempre più fatica a competere. Perché hanno modelli organizzativi (e quindi costi e prezzi) rigidi che non consentono la flessibilità che è invece l’atout dei vettori più giovani e intraprendenti. Linate e Orio sono l’emblema dei due modelli. Il primo galleggia, il secondo cresce come nessun altro in Italia e, anzi, non passa settimana senza che non venga annunciato qualche nuovo collegamento.

E qui veniamo ad una seconda osservazione tutta bergamasca. Questi tassi di sviluppo, di gran lunga superiori alle più ottimistiche previsioni degli stessi addetti ai lavori, ripropongono con forza il tema della vocazione futura dello scalo orobico e delle conseguenti scelte da adottare dal punto di vista strategico. Il 2015 potrebbe segnare un altro traguardo storico perché le possibilità che venga superato l’incredibile tetto dei 10 milioni di passeggeri sono molto elevate. Finora, e giustamente, si è sempre cercato di mantenere sia il traffico passeggeri che quello merci (che garantisce margini più ampi). Ma, a fronte di una struttura che ha innegabili, e sempre più faticosamente sopportati, limiti ambientali, la coesistenza è destinata a farsi complicata. Fino ad imporre, magari non domani ma certo in un futuro non lontanissimo, una scelta.

E’ noto quale è la risposta che si sta cercando di perseguire. Gli occhi sono puntati su Montichiari. Poche settimane fa, a sorpresa, è arrivata la doccia fredda della rottura delle relazioni con i possibili partner di Verona-Venezia. Nulla è perduto, e anzi c’è chi è convinto che, per reciproco interesse, dopo la tempesta tornerà il sereno. Ma è bene, con i numeri che abbiamo visto, non precludersi nessuna strada. Se la via dell’Est si rivelerà impervia, c’è pur sempre una strada dell’Ovest che può rivelarsi non meno redditizia. Quando ci sono di mezzo gli affari i discorsi territoriali (meglio Brescia o Milano?) o politici lasciano il tempo che trovano. Il pragmatismo prima di tutto, quindi. E visto che dalle parti di Sea non si naviga a vele spiegate forse val la pena provare a fare due ragionamenti.

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