Non confondiamo chi “cinguetta” per mestiere con una Bergamo felice

Non confondiamo chi “cinguetta” per mestiere con una Bergamo felice

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TweeterLa statistica, una volta, era inattendibile ma comprensibile: era quella dei polli trilussiani, per cui, se tu ne avevi due e io nemmeno uno, statisticamente, avevamo un pollo a testa. Oggi, oltre che inattendibile, la statistica sta diventando anche scema. Sarà che parte, come dire, da presupposti scemi: fatto si è che, più osservo i risultati di indagini demoscopiche e di classifiche basate sul rilevamento statistico e più mi convinco di vivere in un mondo di decerebrati. Un pochino, va messo in conto che questa sensazione non dipenda esclusivamente dalla statistica, ma semplicemente dal fatto che il mondo pullula, effettivamente, di decerebrati: gente che fa giorni di coda per comprare un telefono o che si spara addosso per una precedenza. Però, è innegabile che certe graduatorie stiano insieme con lo sputo, per dirla in francese. E, paradossalmente, più progrediamo (si fa per dire) sul versante tecnologico, più lo strumento di analisi è sofisticato e più il procedimento di rilevazione è desolatamente stupido: è come per certe automobili, talmente elaborate dal punto di vista dell’elettronica da incartarsi ogni tre per due per sovraccarico delle informazioni.

Prendiamo l’ultima classifica, in ordine di tempo, che ha visto protagonista la nostra ridente cittadina: quella dell’indice iHappy, secondo cui Bergamo è la decima città in Italia e la prima in Lombardia quanto a felicità personale. Si tratta di una particolare graduatoria che individua il grado di felicità di una comunità, partendo dall’accurata analisi dei cinguettii positivi degli utenti di Twitter. La peculiarità di questo elaborato sistema di rilevazione consiste nella catalogazione di centinaia di milioni di messaggini di gioia o di rabbia, indicandone il “sentiment” immediato: se l’Atalanta vince, se la morosa ti regala un Rolex o se vinci alla lotteria, il tuo “sentiment” sarà positivo, ed avrai ben 140 caratteri per esprimerlo. Se, viceversa, ti rigano la Porsche o se pesti una cacca di cane, il tuo “sentiment” sarà decisamente negativo, e avrai a disposizione i soliti 140 caratteri per cercare di tirare il maggior numero possibile di madonne. Sembra un giochino scemo, ma, in realtà, è un giochino scemo molto complicato: una serie di complessi algoritmi che servono, peraltro, soltanto a dare valutazioni sballate. Sballate perché, per solito, chi affida a Twitter l’espressione dei propri sentimenti, anziché utilizzare il normale repertorio relazionale, si configura più come un povero di spirito che come un cittadino medio: per capirci, come giudichereste quei poveracci che scaricano la fidanzata con un messaggino o che comunicano tramite Whatsapp le proprie sofferenze e le proprie intime felicità?

Ecco, appunto: la classifica di iHappy è basata solo ed esclusivamente su quell’aliquota di Bergamaschi che sono inclini a mettere in piazza i fatti loro per mezzo di un social network e che, appena succede loro qualcosa di bello o di brutto, si precipitano a postarlo twitteggiando, in modo che l’etere riceva il loro messaggio e lo disperda ai quattro angoli della terra. Ossia, lasciatemelo dire, dei Bergamaschi un tantino degeneri: visto che la nostra città è sempre stata nota per la sua riservatezza un po’ legnosa. Siccome io non credo che, du tac au tac, il Bergamasco tipo si sia trasformato in un simpatico caciarone, di quelli che strillano dal balcone i fatti loro alla piazza, ne concludo che la classifica sia un filo menzognera, perché si basa soltanto su alcune precise categorie di orobici, vale a dire quelli che, abitualmente, anziché parlare, cinguettano su Twitter. E credo si legga tra le righe che non è la fetta di popolazione bergamasca che sia più vicina al mio cuore. Perché quelli che, abitualmente, affidano a Twitter i propri sentimenti o, meglio, il proprio “sentiment”, sono, per solito, ragazzini un po’ lelotti, sciurette annoiate e parvenus in caccia di pubblico: la maggioranza dei Bergamaschi, che lavora o che si diverte, ha altro cui pensare.

Categoria a parte sono, poi, i politici: a me, per esempio, arriva quotidianamente una batteria di tweet da politicanti del PD, a partire dall’amato premier, giù giù, fino ai consiglieri regionali, che mi informano delle trionfali iniziative del partitone. Il punto è che io non l’ho mai chiesto e, se devo dirvela tutta, delle fanfaronate di qualche politicante non so davvero che farmene. Ecco, se questo è il campionario degli utenti i cui messaggini hanno funzionato da banca dati per stabilire che Bergamo è una città felice, lasciatemene serenamente dubitare: questa, in larga parte, è gente che sorride per mestiere, perché il botox le dà degli spasmi facciali o perché è definitivamente ed irrimediabilmente disturbata. Non mi rappresenta e non ci rappresenta. Rappresenta solo se stessa: una fetta di umanità felice perché, evidentemente, inconsapevole, che, il giorno del crollo definitivo di questo povero Paese, si limiterà a commentare il disastro con un “sentiment” negativo. Tweet!