Moda, «ecco perché acquistare 
falsi non è mai un affare»

Moda, «ecco perché acquistare falsi non è mai un affare»

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Mentre abbigliamento e calzature stanno facendo i conti con la crisi più importante dal Dopoguerra, il mercato della contraffazione si sviluppa e cresce. Tendenze opposte che rendono ancor più evidente l’annoso problema dell’illegalità e che hanno portato Federazione Moda Italia – Confcommercio a rilanciare su tutto il territorio nazionale le iniziative di sensibilizzazione e contrasto. Lo ha fatto anche a Bergamo nel corso di un seminario organizzato con la Camera di Commercio nell’ambito del progetto regionale “Sportelli Legalità delle Camere di Commercio Lombarde” e dedicato anche alle novità in tema di etichettatura dei prodotti tessili. L’assunto da cui parte l’organizzazione è che si tratta di un fenomeno «non più tollerabile anche dal punto di vista etico e sociale». L’“arma” per aggredirlo è aumentare la consapevolezza dei consumatori e convincerli che acquistare un capo o un accessorio “firmato” a basso prezzo non è per niente un buon affare, per sé stessi, anche per via dei risvolti sanzionatori, e per tutto il Paese. I negozianti sono chiamati a fare da tramite per questo messaggio, diventando grazie al loro rapporto diretto con i cittadini “cellule” di informazione e promozione di una cultura della legalità e di un consumo più attento e corretto.
«L’Italia – ricorda il segretario generale di Federmodaitalia Massimo Torti – è il primo Paese in Europa nel consumo di prodotti contraffatti ed è al terzo posto nel mondo per la produzione. Il giro d’affari del falso è pari a 6,9 miliardi di euro all’anno, di cui 2,5 miliardi (35,9%) nel solo comparto moda. Agli incassi sottratti al mercato regolare va ad aggiungersi una perdita di 4,6 miliardi per le mancate entrate fiscali, pari all’1,74% del gettito statale complessivo». Secondo una ricerca di Confcommercio – Format Research, per oltre il 50% dei consumatori la ragione principale degli acquisti illegali è di natura economica e solo il 36,2% dei consumatori è convinto che l’acquisto illegale sia effettuato inconsapevolmente. «Chi compra sa perciò di avere a che fare con un prodotto contraffatto – rimarca Torti – ed è proprio per questo che vogliamo illustrare tutte le conseguenze di questo comportamento e dimostrare che, alla fine, non ci sono vantaggi per nessuno se non per le organizzazioni criminali».
Sul piatto, tra i dieci motivi per convincersi a non comprare prodotti falsi messi nero su bianco dalla Federazione, ci sono i rischi per la salute (perché i processi produttivi non seguono le prescrizioni di legge né sono sottoposti a controlli) e la constatazione che la qualità non potrà che essere pari al prezzo pagato in termini di scarsa fattura, difetti, mancanza di garanzie, per non parlare dell’assenza del post vendita. «Da non dimenticare le sanzioni – continua Torti -. Chi acquista prodotti falsi rischia da 100 a 7mila euro, anche se più che su cifre shock, che hanno un effetto prevalentemente mediatico e finiscono solo con lo spaventare i visitatori stranieri, la nostra Federazione sta spingendo per una sanzione proporzionale all’acquisto: per un articolo pagato 100 euro, un esborso di altri 100 euro, così che il presunto “affare” dell’acquirente si sgonfi all’istante». Da demolire è anche l’idea che comprando i prodotti dai venditori ambulanti («l’abusivismo commerciale è l’altra faccia della stessa moneta», sottolinea il segretario di Federmoda) si dia una mano a persone svantaggiate, al povero vu cumprà che macina chilometri sulla spiaggia. In realtà è l’esatto contrario perché contraffazione ed abusivismo sono sinonimo di sfruttamento della manodopera clandestina, lavoro senza sicurezza e tutele per gli addetti e lavoro minorile. «Si calcola che la contraffazione valga 120mila posti di lavoro e oggi che il problema dell’occupazione, soprattutto giovanile, è così avvertito – spiega Torti – deve far riflettere quanto l’illegalità sottragga spazi all’economia regolare. Acquistare prodotti contraffatti non è, quindi, una risposta alla crisi che ha ridotto le possibilità di spesa, contribuisce invece a peggiorare la situazione, alimentando il sommerso e lo sfruttamento delle persone e danneggiando le imprese che producono nel rispetto delle leggi e pagano le tasse». Ciò che possono fare i cittadini contro il fenomeno è tantissimo. «Le forze dell’ordine – rileva Torti – svolgono un ruolo basilare, ma i sequestri sono solo la punta dell’iceberg di un male criminoso e criminale che non è semplice da affrontare, ma al quale la consapevolezza dei consumatori può dare una stoccata significativa».