Metalmeccanici, da gennaio licenziamenti raddoppiati

Nel settore metalmeccanico lombardo, i lavoratori messi in mobilità nella grande e media industria durante il primo mese dell’anno sono 1104, una cifra pari al doppio rispetto a quella dello stesso mese del 2014, quando a perdere il lavoro furono in 524 unità.

Come si spiega un balzo così significativo, un così ampio scostamento in termini numerici da un anno all’altro? Questo drastico aumento può essere motivato unicamente con il fatto che si riducono per legge i tempi della mobilità, e dunque molti lavoratori, per puro calcolo, hanno deciso di andare in mobilità subito, di farsi licenziare, in quanto se l’avessero fatto dopo, avrebbero perso molti mesi di copertura con questo ammortizzatore sociale.

Quasi la metà degli esuberi riguarda Milano e la sua provincia (437), punte significative anche a Bergamo (197 licenziati) e Lecco (161), mentre si dimezzano i licenziamenti nel bresciano.

‘Si tratta di dati molto allarmanti che devono indurre a una riflessione seria e definitiva rispetto al problema di quanti perdono il lavoro, come sostiene inascoltata da tempo la Fiom Cgil Lombardia’, sostiene Mirco Rota, segretario generale dell’organizzazione.

“Questo dato – prosegue Rota – è influenzato molto dal fatto che dal primo gennaio 2015, per effetto della legge voluta dal Governo Monti, diminuiscono i tempi della mobilità. E allora, per ottenere l’indennità di mobilità, molte aziende fanno optare per una mobilità volontaria, in modo tale da mandare i lavoratori in mobilità nel 2014 e consentire agli operai di poter disporre di un ammortizzatore per un tempo più lungo”.

“Ovviamente, per quanto riguarda i distretti di Milano, Lecco e Bergamo, dove si registra un boom di licenziamenti, permangono le situazioni di crisi strutturale – aggiunge il rappresentante delle tute blu lombarde – ed è bene ricordare che il 2015 è un anno comunque difficile in quanto i lavoratori vedranno diminuire tutti gli ammortizzatori sociali: mobilità, cassa in deroga e contratto di solidarietà. In queste condizioni parlare di ripresa è davvero assurdo”.

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