Luca Marchini: «Amate questo mestiere perché innamorarsene non basta»

Luca Marchini: «Amate questo mestiere perché innamorarsene non basta»

Luca Marchini ®Loreno Moreni
®Rolando Paolo Guerzoni

Lo chef Luca Marchini, già presidente JRE Italia, ha seguito la sua passione per la cucina subito dopo la laurea in Economia e Commercio. Un anno sabbatico ai fornelli per dire addio a una carriera di numeri e al praticantato da commercialista. Attraverso i suoi piatti racconta una storia di armonia, equilibrio, sperimentazione e legame con le sue radici territoriali. L’Erba del Re a Modena, 1 stella Michelin, è molto più che un ristorante raccolto, con 9 tavoli, curato nei minimi dettagli.  È un marchio, un progetto dello chef che spazia dal catering ed eventi alla Scuola di Cucina Almatea, dalla Trattoria Pomposa alla pizzeria tRe, alla Bottega e Forno da Re, con conserve, lievitati e prodotti pronti a finire nella dispensa di casa. La sua cucina rende omaggio alla ricca tradizione dell’Emilia Romagna e dell’Italia intera, tra ricordi–ha origini toscane di Arezzo- ed evocazioni. 

Da dove nasce l’idea di fare lo chef?

Si parte da una buona dose di piacere più che di passione, perché questo è un mestiere da amare, non di cui innamorarsi e basta. Quando ho scelto di entrare in cucina dopo la laurea in economia e commercio e il servizio civile in Caritas, l’ho fatto per testare la mia volontà di aprire un ristorante tutto mio. Ero veramente convinto di volere vivere di conti, o in subordine fare il ristoratore. Ho avuto la fortuna di entrare nella cucina dell’Osteria Francescana di Modena da Massimo Bottura, che mi ha trasmesso tutto il suo entusiasmo.  Jean-Louis Nomicos a la Gran Cascade a Parigi mi ha insegnato il rigore e la tecnica,  Bruno Barbieri alla Locanda Solarola mi ha sorpreso per la fantasia e la capacità di creare nuovi piatti. Oltre a queste solide basi, ci è voluta una buona dose di incoscienza per fare il salto e aprire L’Erba del Re. 

Qual è la filosofia della sua cucina?

®Rolando Paolo Guerzoni

Sono fedele al territorio, al sapere che sta dietro ad ogni prodotto, alla ricerca dell’equilibrio da esprimere attraverso i cinque sensi. Prima dell’effetto e della presentazione scenica c’è sempre la concretezza del piatto. Amo definire la mia cucina semplice e articolata, per me non esiste la casualità e nulla è lasciato al caso. Mi piace pensare alla mia cucina come a un libro che può essere letto da tutti, anche se con diversi livelli di interpretazione. Ci sono piatti come i passatelli asciutti con ragù di pollo e uvetta che da 22 anni sono in menù e che trovo ancora attuali. E ora con orgoglio, grazie anche all’intuizione di mia moglie Antonella durante il lockdown ,portiamo in barattolo le nostre ricette dalla nostra cucina alla dispensa di casa, prima solo attraverso l’e-commerce, ora direttamente nei negozi.

Quale consiglio dà a chi vuole iniziare?

Bisogna capire cosa si vuole fare da grandi, lasciandosi però guidare da cuore e mente più che dalla pancia, sennò il rischio è di gettare la spugna dopo un paio di anni o alla prima difficoltà. Con impegno, volontà e amore per ciò che si fa non esistono ostacoli. Io vivo circondato da giovani in cucina e non rinuncerei mai alla loro visione ed energia. Portano sempre innovazione e c’è sempre da imparare qualcosa perché i ragazzi hanno molto da dare, vanno solo guidati e stimolati, in modo che possano esprimere il loro talento al meglio.