La Regione riforma la sanità, ma intanto prenotare un esame resta un’odissea

La Regione riforma la sanità, ma intanto prenotare un esame resta un’odissea

image_pdfimage_print

Bright lights at the end the hospital corridor. The concept of lA furia di sentirsi ripetere che “La Sanità lombarda è la migliore d’Europa” e che quello di cui noi bergamaschi disponiamo è “un modello di efficienza” finisce quasi che ci credi. Pensare bene, in fondo, aiuta a vivere meglio. Solo che poi, ottimismo della volontà a prescindere, ci sono le variabili indipendenti che si chiamano malattie e acciacchi vari. Quelle che nessuno vorrebbe (“l’importante l’è la salute” ti dicono fin da ragazzino, e solo in età adulta capisci che non è solo un luogo comune) ma che inevitabilmente funzionano da “crash test” nei confronti dei tanti venditori di fumo che magnificano un sistema tutt’altro che impeccabile.

Mettiamo il caso di aver bisogno di una risonanza magnetica. Il problema fisico che ti affligge è doloroso, vorresti cercare di capirne al più presto le cause. Se vai per vie tradizionali l’esame ti viene fissato “tranquillamente” a distanza di 3-4 mesi. “Se vuole può andare in privato – rassicura al telefono l’addetta di un ospedale -. In due giorni fa tutto. Ecco, però, deve mettere in conto che l’esame le costa 600 euro…”. Quando star male è un privilegio, vien da dire. Allora, siccome il dolore persiste e non c’è troppo tempo da perdere, si torna dal medico curante che ha la possibilità di avviare l’esame su una corsia preferenziale grazie al cosiddetto “bollino verde”. (Il camice bianco sbotta: “son stanco di dover mettere ‘sti bollini, tutti hanno fretta di fare i controlli prima di andare in ferie…”, il che lascia intravedere quanta e quale discrezionalità, oltre che responsabilità, si lascia al povero tapino). Con il “bollino verde” sulla ricetta (prestazione da erogare entro 72 ore, dice la normativa) si parte per un nuovo giro di giostra. Si parte dal call center regionale che dovrebbe, sì dovrebbe, avere sotto controllo tutto. Prima di parlare con una operatrice si trascorre un quarto d’ora a digitare numeri per stabilire se si è di Milano o della Lombardia, se di Pavia o di Bergamo, se della città o della provincia (quasi una lezione di geografia a scalare). Poi ecco la vocina della “sventurata” (suo malgrado). “Noi possiamo verificare solo la disponibilità del Bolognini di Seriate” dice. E tutte le altre aziende? “Non ci fanno avere i dati… Mi spiace”. E a Seriate quando si può fare l’esame? “Adesso verifico. Prima mi dia i suoi dati, il codice fiscale, il codice a barre, la patologia, la diagnosi… Ecco, no, guardi, non c’è posto. Mi dispiace…”. E cosa posso fare? “Deve andare a verificare di persona nelle singole strutture”. La rabbia monta a picchi himalayani, ma non serve prendersela con chi sta all’altro capo del telefono. Resta la sostanza: una persona che fatica a camminare e che proprio per questo ha bisogno di un esame urgente non è in condizione, nell’Anno Domini 2015 quando con un tablet si ordina il caffè al bar dell’angolo, di sapere dove, fosse anche lontano 20 km, ha la possibilità di usufruire della prestazione di cui ha necessità e che, ca va sans dire, è pagata con le tanto amate tasse. No, deve andare a fare il giro delle sette chiese, senza peraltro avere alcuna certezza di fare l’esame entro le famigerate 72 ore. Nemmeno un tentativo disperato di evitare la trafila sortisce risultati. Anzi, va anche peggio. Al telefono di una clinica la risposta è: “O viene di persona allo sportello oppure ci manda un fax”. Un fax? Un fax!!!! La posta elettronica pare non sia ancora stata inventata…

E allora? Si parte per la “caccia all’esame”, nuova disciplina olimpica inventata dagli stessi (o dai loro padri) che in questi giorni in Regione stanno discutendo la Riforma della Sanità. Il modello d’efficienza va ricalibrato, dicono, per renderlo ancora migliore. Come? Semplice, con il solito giochetto all’italiana del cambiare le parole. Spariscono le Asl (quelle che prima si chiamavano Mutua, poi Saub, poi Ussl, poi Usl, quindi Asl) e diventano Ats (Agenzia di tutela della salute, ciumbia!). Via le Aziende ospedaliere ed ecco le Asst (aziende socio sanitarie). Tutto cambia ma nulla cambia. Grande operazione di ingegneria parolaia che casca miseramente, agli occhi del modesto cittadino malato o acciaccato, di fronte all’impossibilità di prenotare un semplice esame come si converrebbe in un paese civile. E allora torna in mente quella frase (“l’importante l’è la salute”) come unica speranza perché continuare ad affidarsi agli apprendisti stregoni che ci governano significa avviarsi sulla strada dell’inferno.