La prossima volta, alla stazione, non mandateci i vigili ma i pittori

La prossima volta, alla stazione, non mandateci i vigili ma i pittori

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motorini multeSi torna a parlare di multe. L’argomento è scottante: soprattutto per chi ci si è scottato. Siamo in Italia, ridente Paese, dove il causidico impazza, in virtù delle molteplici interpretazioni che si possono attribuire alla legge: alla ratio di una legge, intendo, ma anche alla sua applicazione fenomenica. Perfino nelle questioni di importanza, qui da noi, si ha sempre il sospetto che l’interpretazione della norma non sia, come dovrebbe essere, cristallina ed imparziale, ma risenta di viraggi, diciamo così, ambientali. Faccio un rapido esempio, giusto per farmi capire: se in una causa di divorzio o in una separazione si è una donna, si hanno impercettibili ma concrete speranze che un giudizio ti dia ragione; se si appartiene ad una categoria sociale protetta, facilmente non si pagherà il fio delle nostre marachelle, e così via. Fino ad arrivare a sentenze che condannano il derubato e non il ladro: ma qui siamo nei paradossi della giurisprudenza creativa. Quindi, il sospetto che, dietro all’inflessibile braccio della legge ci sia, qualche volta la, viceversa flessibile, umana contingenza, ci sfiora e, talvolta, ci dà perfino una pappina. Nel caso delle multe, questo sospetto diventa qualcosa di più: un indizio, se non una prova. Questo, però, non deve servire a giustificare il trasgressore, quanto, semmai, a criticare il sistema: il sistema multifero, in primis ed il Sistema con la esse maiuscola, più genericamente.

Perché, nel caso delle multe ai motorini fuori della stazione di Bergamo, è verissimo che esista un vasto parcheggio, proprio davanti alle pensiline delle autolinee, a poche centinaia di metri dal luogo delle contravvenzioni, ma è altrettanto vero che i motociclisti multati, spesso, i dieci minuti in più non ce li hanno. Va detto anche che il sito in questione appare un tantino, come dire, più esposto all’ablazione del motoveicolo da parte di quei gentiluomini che interpretano alla lettera il ruolo di una stazione, stazionandovi, appunto, con l’aria del guappo bighellone. Magari, si dirà il pendolare, tra uno spaccio e l’altro, potrebbe prender loro l’uzzolo di riciclarsi come ladri di scooter: viviamo in un’epoca di flessibilità, e anche le risorse si devono adeguare. Così, mettici la fretta, mettici la comodità, mettici il timore del furto e mettici pure il fatto che lo attende un viaggio in vagone bestiame fino a Milano, il pendolare trasgredisce e mette il motorino dove non dovrebbe.

Il Cimmino che è in me, con ghigno diabolico, a questo punto, dovrebbe esclamare: e, allora, paga! Dura lex sed lex. Solo che, il Mazzelli che è in me, bonario e padano, mi sussurra: e tutti gli altri? I tifosi dell’Atalanta e le sciurette della Montessori? Quelli che piantano il suv in via Manara, per vedersi i Mercatanti? Quelli che parcheggiano dove non devono, tanto paga Pantalone? Questa non è una giustificazione, certo: anzi, sfiora il benaltrismo. Tuttavia, l’operazione contro i pendolari sa troppo di sistema facile facile di fare cassa, pestando dei calli che non sono attaccati a piedi di gente che, poi, possa far casino: in altre parole, il solito sistema all’italiana di raccogliere danè. Equivalente, per intenderci, al prelievo fiscale sulle categorie a reddito fisso, per tappare i buchi degli evasori a reddito variabile: meglio poco a tanti che tanto a pochi. Anzi, ai pochi, ai felici pochi: gli Happy Few di Enrico V ad Azincourt.

A parziale discolpa dei tanto vituperati vigili, devo dire che sono proprio pochini, per una città che, in certi giorni e a certe ore, ospita centinaia di migliaia di persone: spesso, queste operazioni a “gatto selvaggio” sono solo un tentativo di tamponare, perché prevenire non si può, per ragioni di organico scarso e, talvolta, utilizzato un po’ a pera. E, allora, a prevenire dovrebbero pensare altri: creando nuovi parcheggi, tanto per le auto quanto per le moto. Facilitando l’uso di navette. Rendendo meno psichiatrico il tracciato delle piste ciclabili. Insomma, non limitandosi ad operazioni di facciata, con workshops a ripetizione: perché lodarsi pubblicamente, ai poveracci che vanno in stazione alle sette di mattina, non cambia proprio niente. Qualche parcheggino in posizione strategica, invece, sì. Altrimenti, la gente, dopo i suoi bei dodici giri nel periplo disperato alla ricerca di un posto dove fermarsi, pianta la macchina dove non deve o parcheggia lo scooter dove non può: e fioccano le multe.

Con poca gioia di tutti: dei contravventori che devono sganciare qualche decina di euro, dei vigili che ci fanno la solita figura da persecutori crudeli, del giornalista che si ritrova a dover ripetere sempre le stesse cose. Che si riducono, in sostanza, ad una: la città si governa per i cittadini. Tirare due strisce bianche per terra, anziché farle blu o gialle o non farle affatto, può cambiare in meglio la loro vita. Perciò, la prossima volta, alla stazione, anziché i vigili, mandateci i pittori. Oppure, multate tutti quanti e non solo i poveri cristi delle sette di mattina: una bella città blindata. E, fuori dal Comune, scriveteci “Kommandantur”.