Jobs Act, ecco cosa cambia per l’apprendistato

Lavoro Jobs Actdi Umberto Buratti*

Diverse sono le novità in materia di apprendistato derivanti dalla entrata in vigore il 25 giugno scorso del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81 recante Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. La prima e forse più evidente è l’abrogazione in toto – fatta salva la disciplina transitoria – del c.d. Testo Unico del 2011 (d.lgs. n. 167/2011) e l’ampia novella della precedente disciplina ora interamente confluita al Capo V del d.lgs. n. 81/2015. La revisione organica dei contratti di lavoro voluta dal Governo tocca quindi anche l’apprendistato.

Le principali novità si evincono già dalla lettura dell’articolo 41 contenente la definizione di apprendistato. Da un lato si conferma che tale tipologia contrattuale è da considerarsi quale “contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione” (co. 1). Dall’altro l’articolazione interna delle tre tipologie di apprendistato viene ampiamente modificata. Il c.d. “primo livello” amplia le proprie finalità. Esso, infatti, consente ora non solo di conseguire la qualifica triennale o il diploma professionale dei percorsi di istruzione e formazione professionale regionali, ma permette anche di acquisire il certificato di specializzazione tecnica superiore e il diploma di scuola secondaria superiore (co. 2, lett. a). All’ampliamento delle finalità dell’apprendistato di primo livello corrisponde un ridimensionamento di quello di terzo tipo. Quest’ultimo si conferma destinato alla formazione universitaria (master, lauree triennali e specialistiche, dottorati di ricerca), all’attività di ricerca e, infine, al praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche (co. 2, lett. c). Perde, quindi, ogni “aggancio” ai titoli di istruzione secondaria superiore ora ricondotti, come si è visto, nell’alveo del primo livello. Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante poche sono, invece, le novità. A livello definitorio, si segnala, il venir meno del richiamo al “contratto di mestiere” proprio del Testo Unico del 2011 (co. 2, lett b). Secondo quanto contenuto al comma 3 l’apprendistato di I e III livello sono strutturati per integrare organicamente “in un sistema duale, formazione e lavoro”. In altre parole, vengono pensati come via italiana al più noto e funzionante modello tedesco.

L’articolo 42 del d.lgs. n.81/2015 contiene la disciplina generale riguardante tutte le tipologie di apprendistato. L’impalcatura complessiva riprende solo parzialmente l’architettura del precedente Testo Unico. Al comma 1 si conferma che il contratto di apprendistato deve avere forma scritta. Esso contiene sinteticamente il piano formativo individuale redatto anche secondo i modelli propri della contrattazione collettiva o degli enti bilaterali. Nel caso di apprendistato di primo e terzo livello la compilazione del piano formativo spetta all’istituzione formativa con il coinvolgimento dell’impresa. Si tratta di una novità rispetto al recente passato che, tuttavia deve avvenire senza ulteriori gravami economici per i conti pubblici. Per quanto riguarda la durata minima del contratto il provvedimento mantiene stabile il limite dei sei mesi. Di particolare interesse è il richiamo contenuto al comma 3. Esso precisa che “durante l’apprendistato trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo”. È chiaro, qui, il tentativo di agganciare il contratto di apprendistato novellato con le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 23/2015. Questa, però, non è l’unica novità in materia di licenziamento. Il secondo periodo del comma 3 prevede che costituisce giustificato motivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi da parte degli apprendisti assunti con contratto di apprendistato di primo livello. Il comma 4 dell’articolo 42 si concentra sulla disciplina del recesso. Di fatto viene confermato quanto previsto dalla normativa previgente. Particolarmente significativo appare, infine, quanto contenuto al comma 5. Esso indica chiaramente quali siano i compiti generali della contrattazione collettiva nazionale in materia. Questa è chiamata a disciplinare complessivamente l’istituto ad eccezione di quanto indicato in precedenza ovvero: piano formativo, durata minima, normativa in caso di licenziamento illegittimo, recesso del contratto. Tali materie, a differenza del d.lgs. n. 167/2011, vengono sottratte dalla campo della contrattazione. Da ultimo, sempre in materia di disciplina generale occorre segnalare una modifica per quanto riguarda le clausole di stabilizzazione. Da un lato rimangono confermati i precedenti vincolo (20% degli apprendisti per aziende con più di 50 dipendenti). Dall’altro, “si obbliga” alla stabilizzazione dei soli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante.

L’articolo 43 del d.lgs. 81/2015 contiene le non poche novità in materia di apprendistato di primo livello. Come si evince dalla rubrica esso non è più finalizzato unicamente ai titoli triennali o quadriennali del sistema IeFP, bensì può essere utilizzato anche per il conseguimento dei titoli di scuola secondaria superiore o per l’ottenimento del certificato di specializzazione superiore dei percorsi IFTS. All’ampliamento delle finalità consegue una struttura più complessa a livello normativo. Il comma 1 dell’articolo 43 contiene una indicazione di principio secondo cui l’apprendistato per la qualifica, il diploma e la certificazione tecnica superiore è strutturato in modo da coniugare formazione aziendale e formazione professionale regolamentata dalle discipline regionali. L’età degli apprendisti di primo livello va dai 15 ai 25 anni e la durata massima del contratto è di tre anni per l’ottenimento della qualifica o di quattro per il diploma professionale (co. 2). La regolamentazione dell’istituto è rimessa alle Regioni e alle Province autonome. In caso di inadempienza sarà compito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvedere con propri decreti (co. 3). Il comma 4 dell’articolo 43 contiene una complessa disciplina delle proroghe circa la durata complessiva dell’apprendistato di primo livello. Si prevede, in primo luogo, che il contratto dei giovani che hanno concluso positivamente il percorso formativo possa essere prolungato di un anno “per il consolidamento e l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche, utili anche ai fini dell’acquisizione del certificato di specializzazione superiore o del diploma professionale all’esito del corso annuale integrativo”. In altre parole si concede la possibilità di continuare con il rapporto di apprendistato per ulteriori 12 mesi anche, ma non solo, per completare il proprio percorso formativo con un titolo IFTS o di diploma professionale statale. La proroga di un anno è concessa anche nel caso in cui l’apprendista non abbia conseguito alcun titolo triennale, quadriennale, IFTS o il diploma professionale statale. Il comma 5 dell’articolo 43 si concentra, primariamente, sulla disciplina dell’apprendistato di primo livello per l’ottenimento di un titolo di studio della scuola secondaria superiore. Si prevede la possibilità di stipulare contratti della durata massima di quattro anni, a partire dal secondo anno di scuola, finalizzati non solo al diploma di istruzione superiore di secondo grado, ma anche all’acquisizione di “ulteriori competenze tecnico-professionali rispetto a quelle già previste dai vigenti regolamenti scolastici, utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore”. Con l’entrata in vigore della nuova disciplina si pone fine, facendo salvi i progetti già in corso, alla c.d. “Sperimentazione Carrozza” contenuta nell’abrogato articolo 8-bis, comma 2 del d.l. n. 104/2013. Chiude il comma 4 la previsione secondo cui è possibile stipulare contratti di apprendistato di primo livello della durata massima di due anni anche nel caso di giovani delle Province autonome di Trento e Bolzano che frequentano l’anno integrativo finalizzato all’esame di Stato di cui all’articolo 6, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 87/2010. Il comma 6 del dell’articolo 43 contiene le modalità operative attraverso cui attivare un contratto di apprendistato del primo tipo. Si stabilisce che il datore di lavoro che intende stipulare questa forma contrattuale debba innanzitutto sottoscrivere un apposito protocollo con l’istituzione formativa cui il ragazzo appartiene. Il protocollo esplicita il contenuto e la durata degli obblighi formativi in capo al datore di lavoro. Esso è redatto secondo un modello definito da un futuro decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Decreto che dovrà anche indicare i criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato, i requisiti delle imprese che vogliono far ricorso a questo strumento, il monte orario di formazione aziendale e scolastica. Su questo aspetto, l’ultimo periodo del comma 6 prevede già alcune indicazioni ovvero che la formazione svolta nei centri professionali regionali non possa essere superiore al 60% dell’orario ordinamentale del secondo anno e al 50% per il terzo e quarto anno e l’anno dedicato alla certificazione IFTS. La struttura della retribuzione degli apprendisti di primo viene completamente riscritta dal comma 7 dell’articolo 43. Dal calcolo finale dello “stipendio” dell’apprendista va tolto tutto il monte ore formativo esterno all’azienda. Per quello interno all’impresa, invece, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva di riferimento, si riconosce un importo pari al 10% della retribuzione dovuta. Si tratta di una consistente riduzione dei costi alla quale si andranno ad aggiungere, se confermate, le misure di incentivazioni economica previste dall’articolo 32 dello schema di decreto sulle politiche attive presentato recentemente dal Governo. Chiudono la disciplina sull’apprendistato di primo livello i commi 8 e 9. Il primo conferma la possibilità di forme di apprendistato a tempo determinato per attività stagionali per quelle Regioni e Province autonome dotate di un sistema definito di alternanza scuola lavoro. Il secondo, invece, ripropone la possibilità di trasformare il contratto di apprendistato di primo livello in apprendistato del secondo tipo dopo il conseguimento del titolo seppure entro il limite temporale massimo indicato dalla contrattazione collettiva.

Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante pochissime sono le novità e si concentrano tutte al comma 1 dell’articolo 42. Il secondo periodo chiarisce che la qualificazione professionale cui è finalizzato il contratto “è determinata dalle parti del contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale” dei contratti collettivi siglati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

L’ampliamento del campo di applicazione dell’apprendistato di primo livello anche alla sfera dell’istruzione secondaria superiore determina una riduzione delle finalità dell’apprendistato del terzo tipo. Questo, la cui disciplina è ora contenuta all’articolo 45 del d.lgs. n. 81/2015, è ora strutturato per l’ottenimento di titoli di studio universitari (laurea triennale e specialistica, master, dottorato di ricerca), del diploma dell’Istruzione Tecnica Superiore e per attività di ricerca e l’accesso alle professioni ordinistiche. I requisiti legati all’età prevedono la possibilità di stipulare questa tipologia contrattuale con giovani dai 18 ai 29 in possesso di un titolo di scuola secondaria superiore o di un diploma professionale quadriennale integrato o da un certificato IFTS o dal diploma di maturità professionale ottenuto al termine del corso annuale integrativo previsto dalla vigente normativa scolastica. Come nel caso dell’apprendistato si introduce la necessità di siglare un apposito protocollo tra datore di lavoro e istituzione formativa a cui lo studente è iscritto o con l’ente di ricerca di riferimento. In esso vanno esplicitate la durata e la modalità della formazione aziendale, nonché il numero di crediti formativi riconoscibili per la formazione in impresa per ciascun studente. Lo schema del protocollo verrà definito da un apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Per i percorsi ITS si prevede una formazione extra aziendale non superiore al 60% dell’orario ordinamentale (co. 2). A livello retributivo, l’articolo 45 replica quanto esplicitato per gli apprendisti di primo livello. Nessun computo per le ore di formazione presso gli istituti formativi. Riconoscimento, invece, di una retribuzione pari al 10% di quella dovuta per le attività formative aziendali. In chiusura gli i commi 4 e 5 dell’articolo 45 riprendono alcune previsioni presenti nel Testo Unico del 2011. Si conferma che la regolamentazione dell’istituto è rimessa per i soli profili che attengono alla formazione alla Regione e alle Province autonome in accordo con le associazioni datoriali e sindacali territoriali e le istituzioni formative siano esse università o centri di ricerca. Inoltre, viene ribadito che in assenza di regolamentazione regionale è possibile procedere con l’avvio di apprendistati di alta formazione e ricerca previa convenzione tra datore di lavoro e istituzione formativa.

L’articolo 46 pur presentando la medesima rubrica dell’articolo 6 del d.lgs. n. 167/2011, ora abrogato, contiene una regolamentazione degli standard professionali e formativi e della certificazione delle competenze affatto diversa. Il comma 1 prevede che un apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni definisca gli standard formativi dell’apprendistato. Avendo a mente gli articoli precedenti, tale decreto conterrà anche tutte le indicazioni necessarie per i protocolli azienda-istituzione formativa relativi alla formazione aziendale, alla sua strutturazione oraria complessiva, ai requisiti dell’impresa. Si tratta di un decreto particolarmente rilevante perché da esso dipenderà la fisionomia del sistema duale pensato e voluto con l’attuale riforma. Il comma 2 contiene delle nuove indicazioni per quanto riguarda la registrazione della formazione. Essa dovrà avvenire secondo le indicazioni del d.lgs. n. 13/2013. Non solo. Sarà di competenza dell’azienda registrare la formazione effettuata per il conseguimento della qualificazione professionale. Mentre sarà competenza delle istituzioni formative e degli enti di ricerca registrare l’attività formativa per gli apprendisti di I e III livello. Al comma terzo si ripresenta la costituzione del repertorio delle professioni in grado di correlare standard formativi e standard professionali. Chiude l’articolo 46 la previsione per cui le competenze acquisite dall’apprendista “sono certificate dall’istituzione formativa di provenienza dello studente” secondo le modalità di cui al d.lgs. n. 13/2013. Ad una prima lettura del testo sembra quindi che tale precetto sia destinato unicamente agli apprendistati scolastici in senso stretto.

Le disposizioni finali di cui all’articolo 47 non contengono alcuna novità in materia di sanzioni. Mentre appare rilevante quanto contenuto al comma 4 che consente la possibilità di assumere in apprendistato professionalizzante non solo i lavoratori beneficiari di indennità di mobilità, ma anche coloro che godono di un trattamento di disoccupazione. Il comma 5 contiene la disciplina del periodo transitorio, esso va letto in coordinamento con l’articolo 55, comma 1 lettera g) del medesimo provvedimento il quale abroga in toto il d.lgs. n. 167/2011 facendo salvo il regime transitorio di cui al sopra citato comma 5 dell’articolo 47. Ne dettaglio si prevede che per le Regioni e le Province autonome ove la nuova disciplina non sia immediatamente operativa, trovano applicazione le regolazioni vigenti. Il che lascia presupporre un periodo transitorio piuttosto lungo e legato alla messa in regime dei provvedimenti normativi nazionali e regionali. Al comma 6 si ribadisce la possibilità di utilizzare l’apprendistato di II e III livello nel pubblico impiego, previo apposito DPCM che, a differenza del passato, potrà essere emanato senza alcun vincolo temporale. Da ultimo, tra le novità si annovera la previsione di una rivisitazione della disciplina degli incentivi economici legati all’apprendistato di I e III livello da emanare con un apposito decreto e di cui si ha già, in parte traccia, nell’attuale schema di decreto in materia di politiche attive presentato dal Governo l’11 giugno scorso.

*ADAPT Senior Research Fellow