Grossisti 
di vini e bevande, 
bilancio 
in chiaroscuro 
per l’articolo 62

Grossisti di vini e bevande, bilancio in chiaroscuro per l’articolo 62

nella foto: Giampietro Rota

L’articolo 62 resta l’argomento più dibattuto del Gruppo Grossisti di Vino e Bevande dell’Ascom di Bergamo, al centro dell’ultimo consiglio di categoria dei giorni scorsi. Le criticità non mancano nell’applicazione di una legge che ha in parte stravolto le normali prassi commerciali, a partire dall’obbligo di stipulare i contratti in forma scritta che non tiene conto delle esigenze di snellezza, informalità e celerità che caratterizzano  il settore . Ad oltre un anno dall’introduzione del vituperato articolo, il bilancio è  infatti in chiaroscuro. A tirare le somme sulla nuova disciplina delle relazioni commerciali per la cessione di prodotti agroalimentari è Giampietro Rota, presidente del Gruppo Grossisti di Vino e Bevande, che ripercorre il tortuoso iter di legge. “Se al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina gli imprenditori si trovarono sostanzialmente impreparati, nel corso dei mesi successivi non si è fatto che creare ulteriore confusione  fino ad instillare  dei veri e propri dubbi sulla legittimità stessa dell’articolo 62, ritenuta in contrasto con la direttiva comunitaria 7 del 2011, recepita dall’Italia con il Decreto Legislativo 192 del 2012. La giurisprudenza, attraverso una  più recente sentenza del Tar del Lazio, ha invece affermato la piena e perdurante vigenza dell’articolo 62, andando così a dirimere la querelle interpretativa scaturita dal dissenso d’opinione  tra il Ministero delle Politiche Agricole e quello dello Sviluppo Economico”. In estrema sintesi, la nuova disciplina – oltre a minare le prassi commerciali ormai affermate e consolidate negli anni – si è trovata in contraddizione con l’Unione Europea, ha diviso due ministeri fino a trovare un primo chiarimento con la sentenza 7195 del 2013, depositata il 17 luglio presso il Tar del Lazio. “La sentenza ha confermato una volta per tutte la vigenza della normativa – sottolinea Rota – . Come ogni altra legge dello Stato, la normativa va osservata in ogni suo punto, anche se ciò comporta degli inevitabili e gravosi oneri per le imprese, in un momento in cui i contratti vengono spesso rivisti. Ogni contratto ed ogni fornitura hanno delle caratteristiche specifiche e, in assenza di una norma generale certa, oggetto di dibattito tra istituzioni, esperti e legislatori, non è certo sul mercato che si fa chiarezza. Sono così state all’ordine del giorno le  contestazioni con fiscalisti, commercialisti e i clienti stessi”.  Il percorso normativo non è stato privo di conseguenze e ripercussioni sulla distribuzione, chiamata a fare da tramite tra le esigenze della produzione  e quella del piccolo commercio e dei pubblici esercizi. Anche sui termini di pagamento molta confusione è stata fatta tra data di ricevimento e data di consegna: “Per i prodotti alcolici (vino, birra e distillati) il termine è di 60 giorni dalla data di consegna, come già previsto dall’articolo 22 della Legge 18 febbraio 1999, numero 28, mentre per i prodotti non deteriorabili la scadenza scatta a 60 giorni fine mese dalla data ricevimento fattura” sottolinea il presidente della categoria. Chiaro e certo, di contro, il regime sanzionatorio, da 516 a 20 mila euro per contratti non scritti o non compilati in ogni parte e ritardi nei pagamenti da 516 a 3mila euro. “Le sanzioni previste dall’articolo 62 risultano assolutamente sproporzionate nonché in contrasto con la necessaria elasticità nell’ambito del fisiologico andamento del rapporto commerciale – continua Rota -.  Perfino le imprese più virtuose, che sono solite adempiere puntualmente ai propri obblighi di pagamento, se dovessero trovarsi nell’impossibilità materiale di onorare i propri impegni nei termini contrattuali, sarebbero colpite, oltre che da pesanti interessi di mora, anche da una sanzione dovuta al semplice ritardo, a prescindere da qualsiasi valutazione in merito alla loro correttezza e buona fede ed alle cause del ritardo”. 

A marzo nuovo aumento
delle accise. è il terzo
in meno di un anno

Oltre all’articolo 62 e ai relativi adempimenti, l’aumento dell’ accise sugli alcolici si somma a quello dell’Iva. Un primo aumento delle accise su birra e alcolici era già stato fatto il 10 ottobre 2013. Nella road map prevista dal decreto istruzione dello scorso autunno (Dl 104/2013, articolo 25) è scattato il 1° gennaio il momento del secondo ritocco: le accise sono infatti  passate da 2,66 a 2,70 euro per ettolitro e per grado-Plato; da 77,53 a 78,81 euro per ettolitro per prodotti alcolici intermedi; da 905,51 a 920,31 euro per ettolitro per l’alcol etilico. Ma i ritocchi – sempre al rialzo – non si fermano qui, perché il decreto sulla cancellazione della seconda rata Imu sull’abitazione principale farà scattare un altro rincaro dal 1° marzo 2014. Sulla birra, per esempio, l’accisa salirà a 2,77 per ettolitro e per grado-Plato. “E’ la terza volta in meno di un anno che cambiano le accise su birra e distillati, con continui cambi di prezzi – sottolinea Giampietro Rota -. La stima effettuata dalla nostra associazione è di un aumento di alcuni centesimi a bicchiere”.