L’articolo 10 della Legge 12 novembre 2011, numero 183, introduce novità importanti in merito alle professioni; la più rilevante è senz’altro la possibilità di costituire Società Tra Professionisti (STP). Se n’è parlato al Centro Congressi Giovanni XXII, lo scorso 25 ottobre, nel corso di una Giornata di Studio promossa dal Consiglio Notarile di Bergamo, in collaborazione con la Scuola di Notariato del Comitato Trivento, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’ Università degli Studi di Bergamo e patrocinata dagli Ordini professionali provinciali. ?¢‚Ǩ¬®Un’occasione di approfondimento su un tema di grande attualità dove accademici e professionisti hanno passato ai “raggi x” la nuova norma e il regolamento interministeriale d’attuazione, di imminente pubblicazione. ?¢‚Ǩ¬®Luci e ombre di una grande riforma culturale, prima che giuridica, emerse con lucidità e serenità di giudizio. Nessuna chiusura di principio né posizioni massimaliste ma l’auspicio da tutti condiviso ad un riformismo ragionevole ed efficace. Ne parliamo con Pier Luigi Fausti, presidente del Consiglio Notarile di Bergamo.
Una rivoluzione culturale per il mondo delle professioni. ?¢‚Ǩ¬®“Con la previsione delle STP, il legislatore ha sgretolato il baluardo, durato oltre mezzo secolo, che impediva l’accesso delle professioni intellettuali ai modelli societari. La novità è di fortissimo impatto anche in Italia dove il settore conta circa un milione e trecentomila lavoratori autonomi professionisti. A fronte delle resistenze più legate ad una visione tradizionale, ma non per questo meno significative, emergono problemi obiettivi che non vanno trattati con superficialità”.
Ci spieghi meglio…
“Il punto è che le attività professionali non possono essere omologate tout court alle attività economiche, a pena di perdere un fondamentale elemento di riequilibrio nei rapporti economici e sociali. Anche per molti avvocati inglesi le recenti leggi sulle società di capitali tra professionisti costituiscono – io direi, possono costituire – una minaccia per la professione legale e per ciò che rappresenta”.
Cosa si rischia, dal suo punto di vista??¢‚Ǩ¬®
“La prima e più importante critica verso la riforma viene dalla considerazione della stessa struttura della compagine sociale, poiché possono essere soci di una STP non solo i professionisti iscritti a ordini, albi e collegi, ma anche (se pure in forma minoritaria) i soggetti non professionisti per prestazioni tecniche o per finalità di investimento: infatti, nell’ambito di una STP in cui siano presenti soggetti non professionisti (tecnici e investitori) non è più assicurata concretamente l’indipendenza, né l’autonomia, né la riservatezza, né l’eliminazione dei conflitti, né il segreto professionale”.
Possiamo dire che “la proprietà” in una STP può rappresentare un problema?
“Per definizione il socio investitore tenderà a tutelare il proprio investimento (cioè il proprio interesse economico), e quindi la STP favorirà gli interessi del socio e non i diritti da difendere, attuando tutte le scelte necessarie alle proprie utilità e risolvendo comunque ogni contrasto in favore del socio e non della parte assistita”.
La tanto discussa partecipazione di Soci di capitale nelle STP?
“Per alcune professioni tecniche può essere consentita e utile la partecipazione di soci di capitale, questa dovrebbe essere esclusa per altre professioni, come per la professione forense e il notariato, ad esempio, considerata la specificità e il riconoscimento costituzionale della funzione pubblica e dell’attività di difesa: è la specificità di queste professioni, nella somma di diritti e doveri, che ha consentito fino ad ora di ritenere legittima l’esclusione dei soci investitori”.
A suo giudizio, più ombre o luci?
“Lo svolgimento in comune di una attività professionale può concretarsi in diverse forme, già oggi note: lo schema societario che la nuova legge introduce è solo una delle possibili forme. Si tratta di verificare se sia una forma compatibile con le modalità di svolgimento dell’attività professionale, senza snaturarla, e se sia adatta a migliorare la qualità della stessa. Questo, infatti, dovrebbe essere il compito di un legislatore attento: promuovere le condizioni perché un’attività possa essere esercitata con competenza e soddisfazione per operatori e utenti. Ed allora, purtroppo, e senza che con ciò voglia darsi un prematuro giudizio sulla novità normativa, viene da domandarsi se non stiamo ancora girando intorno ai problemi: recentemente si è tenuto a Trento il” Festival delle Professioni” ed il titolo di una conferenza mi ha molto colpito: “Gran Bretagna 3.000 leggi, Germania 5.500, Francia 7.000, Italia oltre 150.000 leggi. Norme oscure e abuso del diritto: quale difesa rimane al cittadino?” Non solo. In Italia, i professionisti, in quasi tutti i settori, sono un numero spropositato rispetto alla media degli altri Paesi; più che liberalizzare l’accesso alle professioni, occorrerebbe programmarlo e agire sui problemi davvero importanti: il controllo della qualità e la fedeltà fiscale”