“È la quinta crisi che vivo dentro la Dalmine, in pratica una ogni cinque anni”. Mario Oberti è la memoria storica della Tenaris, e della Fim Cisl, della fabbrica per antonomasia in provincia di Bergamo. La Dalmine vivrà, domani, l’ennesimo sciopero, con presidio delle portinerie al quale Mario ha aderito.
Sarà uno sciopero di tutta la giornata, di tutti i reparti, che coinvolgerà tutti i 1800 dipendenti attuali, perché su tutti pende la spada degli esuberi (406 quelli dichiarati dalla Tenaris).
È una crisi arrivata inaspettata, questa. “Dal 1980, quando in fabbrica eravamo più di 8000 persone, e l’indotto ne faceva girare almeno altre 3000, la Dalmine ha vissuto crisi per il cambiamenti del sistema delle Partecipazioni Statali; altre per le evoluzioni del sistema produttivo…ma ogni volta si vedevano prospettive che lasciavano presagire una ripresa, e che permettevano anche al sindacato di gestire e fare accordi anche sugli esuberi. Oggi – dice Oberti – ci viene prospettata la crisi, ci dicono che avanzano più di 400 di noi e non ci spiegano come intendono uscirne. Rispetto al 2004 o al 2009, manca un piano industriale, una prospettiva…allora i momenti di difficoltà si risolvevano anche con cospicui investimenti, oggi non si vedono prospettive”.
“Dell’azienda leggiamo solo i grandi proclami fatti sui giornali, non c’è strategia per uscire dalla crisi. Sembra che aspettino solo che finisca la crisi, vogliono snellire e diminuire il costo del lavoro per ripartire leggeri quando ripartirà il mercato. Non capiscono che se fanno a meno delle persone, la crisi passerà, ma qui verranno a mancare lavoratori e professionalità. Non dobbiamo perdere un altro giro per la formazione di nuovo personale. Per questo chiediamo che si attuino i contratti di solidarietà: proprio nell’ottica di salvaguardare professionalità e competenze. I Rocca dicono che ripartiremo più forti, ma con quante persone? Continuiamo a perdere occupazione, e non è ancora chiaro il ruolo che avrà Dalmine nel gruppo, visto che è in programma la costruzione di un impianto in USA. Oggi Dalmine è il cuore del gruppo. Se oggi salta Dalmine – si chiede Oberti – cosa accadrà anche agli altri stabilimenti?”
I 35 anni trascorsi nello stabilimento sono anche “un’epoca” per la valutazione dell’impatto delle strategie sindacali.
“Dall’80 a oggi è cambiato il mondo. Quando sono entrato in fabbrica si respiravano ancora i risultati della grande politica sindacale degli anni 70, della grande sindacalizzazione della fabbrica. Poi si è perso il collante. Quando sono entrato in fabbrica – ricorda Oberti – ero iscritto alla Flm, c’era grande compattezza. Con la scissione, mi sono iscritto alla Fim. Fino agli anni 90 la divisione non ha inciso molto, dopo ha iniziato a pesare anche sulla credibilità del sindacato stesso all’interno dello stabilimento, quasi che la competizione tra noi fosse la spinta principale della nostra azione, e ci fossimo allontanati dalle esigenze dei lavoratori. La gente ha iniziato a fare fatica a seguirci, e l’azienda ne ha approfittato, diventando il primo referente dei giovani che entrano in fabbrica. Prima questo lavoro lo facevamo noi. Poi, la gente negli anni 90 ha iniziato a seguire meno il sindacato, guidato da un nuovo egoismo e da scarsa solidarietà.”
“Questa crisi, se si può dire, di buono ha portato nuova attenzione nei confronti del sindacato: la gente ricomincia a seguirci. L’adesione dei lavoratori alle assemblee e alle richieste che facciamo è buona, anche perché il futuro non è roseo né per gli operai, né per gli impiegati. Così – conclude Oberti – , abbiamo visto che tanti iniziano a capire che bisogna “marciare compatti”.”
Allo sciopero di martedì parteciperanno anche le delegazioni degli altri stabilimenti italiani del gruppo (Costa Volpino, Arcore, Piombino), segno di una certa preoccupazione nei lavoratori. “Dalmine è il fiore all’occhiello del gruppo, pertanto ci aspettiamo che da qui si disegnino anche le prospettive del futuro di un’azienda importante”, dichiara Fantini.