Dal 26 aprile tornano le zone gialle: via libera ai dehors anche a cena. Ecco la roadmap delle riaperture

Dal 26 aprile tornano le zone gialle: via libera ai dehors anche a cena. Ecco la roadmap delle riaperture

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Pranzo e cena solo nei locali che hanno tavoli all’aperto e dal primo giugno anche al chiuso ma solo a pranzo. Piscine aperte dal 15 maggio, palestre dal 1 giugno. E dal 15 giugno ripartono le fiere

Tornano le zone gialle dal 26 aprile, dove i dati lo consentono, ma a riaprire saranno solo le attività all’aperto. Gli esercizi di ristorazione, quindi, potranno lavorare sia a pranzo che a cena, a patto di avere uno spazio esterno. Il Consiglio dei ministri ha varato mercoledì 21 aprile il nuovo decreto anti coronavirus le cui bozza era stata licenziata venerdì scorso. Nessuna novità di rilievo, a parte l’astensione politicamente pesante della Lega, che contesta la conferma del coprifuoco alle 22.

Il calendario delle riaperture (Scarica il Decreto Riaperture).

Da lunedì 26, dunque, si comincia a riaprire e tra i primi ci saranno i ristoratori: in zona gialla, fino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno tavoli all’aperto, mentre dal primo giugno si potrà mangiare anche al chiuso, ma solo a pranzo. Sempre in area gialla riapriranno con specifici protocolli teatri, cinema, spettacoli e musei. Dal 15 maggio sarà consentita l’attività nelle piscine scoperte e dal primo giugno nelle palestre al chiuso, data in cui saranno aperti al pubblico anche manifestazioni ed eventi sportivi di interesse nazionale.
Il 15 giugno ripartono le fiere e dal primo luglio sarà la volta di congressi e parchi tematici. Per quanto riguarda gli spostamenti tra le Regioni resta necessaria l’autocertificazione, dove è già prevista, ma da subito si potrà girare più liberamente con in tasca il “certificato verde”, che attesti la vaccinazione, l’esecuzione di un tampone negativo o l’avvenuta guarigione dal Covid. Chi avrà il pass potrà anche accedere a determinati eventi, culturali e sportivi.

“Le aperture per le sole attività all’aperto rischiano di penalizzare almeno la metà delle imprese che non possono usufruire di questa possibilità. Per i pubblici esercizi della montagna, poi, è una doppia penalizzazione considerate le condizioni climatiche -a ricordato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel suo intervento alla giornata “Legalità, ci piace!”  Chiediamo due ulteriori accorgimenti: favorire una sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni locali nel permettere di utilizzare nuovi spazi pubblici, così da  maggiore vivibilità delle nostre città e territori; anticipare prima possibile le aperture anche all’interno, con distanziamento e protocolli di sicurezza”.

Zambonelli, presidente Ascom: “Così non va: ci sono ancora troppi nodi da sciogliere e regole da definire con più chiarezza”

Avere una data per poter ripartire sono segnali che vanno nella giusta direzione ma “ci aspettavamo maggiore coraggio e soprattutto maggiore chiarezza – sottolinea Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo, in merito al Decreto Riaperture approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri -. C’è infatti di fondo un errore di metodo. Il calendario delle riaperture è sulla bocca di tutti e sulle pagine dei giornali ma non basta presentare delle slide in pdf. Per chi lavora, in primis le associazioni di categoria, servono provvedimenti veri e non comunicati stampa. I nostri associati sono confusi e ci stanno contattando per capire come gestire i clienti e le prenotazioni in vista di eventi e cerimonie all’aperto, considerando anche l’incognita del maltempo. A oggi, infatti, non c’è nessun decreto messo nero su bianco che definisce regole precise e tutti questi bei proclami cadono nel vuoto se poi mancano protocolli di sicurezza e un metodo comune a tutti da seguire”.

Niente passi falsi, dunque, anche perché l’obiettivo comune al mondo del commercio e del turismo è quello di tornare a lavorare a pieno ritmo: “La data del 26 aprile da sola non basta – prosegue Zambonelli -. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori e bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso: finché la ristorazione non potrà ripartire in toto, infatti, anche tutta la filiera connessa continuerà a subire danni economici gravissimi”.

C’è poi il nodo delle date scelte: “Per alcuni settori non si tratta di una ripartenza vera e propria – conclude Zambonelli -. Penso in primis ad alberghi e ristoranti ma anche alle piscine, chiamate a riaprire troppo presto, così come è assurdo invece pensare di aspettare luglio per i parchi tematici. E poi ci sono i centri commerciali che sarebbero dovuti ripartire prima: la chiusura nel weekend, operativa da più di sei mesi, ha tagliato il giro d’affari del 40% rispetto al 2019 e il fatturato annuo di 56 miliardi di euro. Sono numeri che mettono a repentaglio la tenuta delle aziende, con il rischio di forti ricadute occupazionali”.

Fipe: “Un primo passo, ma serviva più coraggio”

Anche per la Fip-Confcommercio “si tratta solo di un primo punto di partenza, perché troppe imprese restano tagliate fuori dalla limitazione del servizio ai soli spazi esterni, subendo così una discriminazione. Per queste realtà il lockdown non finirà il 26 aprile. È fondamentale avere già nei prossimi giorni una road map molto precisa che indichi come e quando le riaperture potranno coinvolgere, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, anche tutti quei locali che hanno a disposizione solo spazi interni. Parallelamente sarà importante invitare i Comuni a fare tutto quanto in loro potere per favorire la concessione di suolo pubblico agli operatori sfavoriti da questa riapertura parziale”. Fipe sottolinea infine che “sarà essenziale che tutti quanti, imprenditori e avventori, dimostrino il massimo senso di responsabilità, rispettando pedissequamente le norme di sicurezza sanitaria stabilite dal Comitato tecnico scientifico. Non possiamo permetterci passi falsi. L’obiettivo comune deve essere quello di tornare a lavorare, e dunque a vivere, a pieno ritmo”.

Sono 116mila i locali senza spazio esterno

Fipe fai inoltre notare che riaprire solo le attività che hanno i tavolini all’esterno “significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi”. Il 46,6% dei bar e dei ristoranti italiani non ha infatti spazi all’aperto, una percentuale peraltro che nei centri storici, soggetti  a regole molto più stringenti, aumenta considerevolmente. “Se questo è il momento del coraggio dice Fipe – che lo sia davvero. I sindaci mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche che devono poter apparecchiare in strada ed evitare così di subire, oltre al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini”. Per la federazione la data del 26 aprile da sola “non basta. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori. Bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente, che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso e bisogna darci un cronoprogramma preciso, a partire dal 26 aprile. Non c’è più tempo da perdere. Nelle prossime ore chiederemo all’Associazione nazionale dei Comuni italiani di collaborare con noi per spingere i sindaci a concedere il maggior numero di spazi esterni extra, in via del tutto eccezionale e provvisoria, agli esercizi che in questo momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un bel segnale di unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme”.

 

Federalberghi: “Le terme sono già aperte e potranno offrire maggiori servizi”

Bene gli indirizzi formulati dalle Regioni, che “confermano gli alti standard di sicurezza garantiti dalle aziende termali”, ma non è chiaro “a quali ipotesi di termalismo si faccia riferimento quando si parla di riaperture al primo luglio. Ci auguriamo solo che eventuali profili di limitazioni alle attività termali presenti ad oggi nei testi normativi vengano aboliti al più presto”. Lo sottolinea Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme, per il quale comunque “un ulteriore segnale positivo verrà dalle decisioni che il Governo si appresterebbe ad assumere e che consentirebbero di riprendere a breve i flussi turistici e sanitari idonei a far ripartire il settore dopo un anno di grosse difficoltà”. In ogni caso, conclude la Federazione, è bene ricordare che “gli stabilimenti termali italiani sono aperti già oggi per le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (fangobalneoterapia e inalazioni, ad esempio) e per attività riabilitative e terapeutiche”.

 

Vacanze, gli stabilimenti balneari sono pronti ad accogliere i turisti stranieri dal 15 maggio

Gli stabilimenti balneari “sono pronti ad accogliere i turisti anche stranieri, in particolare i tedeschi, che con la Pentecoste dal 13 maggio hanno un periodo di vacanze di 15 giorni. La nostra richiesta è stata accolta, siamo soddisfatti: l’apertura a giugno ci avrebbe penalizzato rispetto ad altri mercati concorrenti come la Grecia e la Spagna. L’importante è che l’Italia c’è, è pronta”.  Così Antonio Capacchione, presidente del Sib Fipe- Confcommercio, soddisfatto per l’accoglimento della richiesta fatta nei giorni scorsi al ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. I balneari hanno iniziato già da qualche settimana a fare lavori di manutenzione sulle spiagge perché “non è che alziamo una saracinesca e apriamo – spiega Capacchione – alle volte c’è bisogno di un mese, di due mesi, dipende dalle dimensioni degli stabilimenti e quindi confido che dal 15 maggio si possa iniziare davvero a lavorare”

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