Mi permetto di manifestare il mio pensiero, avendo collaborato in passato, proprio con Michele e Tullio Garufi, nonché con Giuseppe Zilli, al fine di ravvivare un centro che fondamentalmente a Bergamo non esiste, in quanto non esiste nella nostra mente di cittadini. Diversi anni fa, ormai, misi volentieri gratuitamente a disposizione dell’associazione dei negozianti del centro “Bergamo centro anch’io”, qualche competenza maturata nell’ambito dell’organizzazione eventi, qualche contatto e, soprattutto, il sano desiderio che qualcosa potesse cambiare proprio là dove le persone dovrebbero incontrarsi e condividere uno spazio sociale. Facemmo, con un ottimo riscontro, degli eventi di qualità, “fuori dal comune”, cioè davanti a Palazzo Frizzoni (cito il concerto di Flaco Biondini e Antonio Marangolo, tra gli altri). Questo durante le serate di apertura degli esercizi commerciali; mettemmo, inoltre, formazioni di giovani jazzisti da Piazza Pontida fino a Piazzetta Santo Spirito, regalando per qualche ora al centro città un’atmosfera dal sapore internazionale. Ebbene, persino la pazienza di Giobbe avrebbe perso qualche colpo, credo, tra la resistenza di alcuni negozianti e le eccessive difficoltà organizzative/burocratiche. Eppure funzionava…Ho continuato ad organizzare eventi (dai jazz club ai teatri) in altre città, cosa comunque complicata a livello italiano. Ora, si può discutere in eterno sulle strategie possibili per infondere un soffio vitale in questo nostro territorio urbano. Si trovano molte soluzioni plausibili, basta curiosare altrove e prendere spunto, per esempio. Ma la domanda è: ” C’è davvero la volontà di cambiare? C’è il coraggio di incentivare cultura e turismo?” Io sento a parole mille progetti e lamentele, ma nei fatti, tolta qualche importante eccezione, è latente ancora una forte diffidenza, una chiusura a qualsiasi novità che obblighi a rivedere una mentalità troppo pesantemente radicata. Oltre a ciò, la folle, nonché anacronistica idea che la cultura sia un orpello inutile e non porti soldi. Niente di più falso: nelle città – penso a molte realtà europee – dove alla base si mette l’educazione, la cultura ed il pensiero, si costruisce civiltà e, dunque, anche servizi funzionanti. L’economia non gira da sola, non si riduce alla questione del comprare e del vendere. Ci vogliono idee, preparazione, innovazione e, persino, anticipazione dei tempi. Nessun miracolo, basterebbe puntare lo sguardo un po’ oltre le mura difensive che conserviamo troppo salde nella mente…A ben guardare e a dimostrare questo, in città alta qualcosa si è mosso, sta cambiando lentamente: si ampliano le proposte, gli orari, le manifestazioni artistiche intrecciate al commercio, a vantaggio dei bergamaschi, così come degli stranieri, che si ritrovano ancora quasi per caso ad ammirare le meraviglie locali. Al di là di qualsiasi credo politico (espressione tra l’altro, totalmente inutile, ormai) le persone ci sono, se le si lascia lavorare; altrimenti la fuga all’estero sarà difficilmente contrastabile. Auspico che lo stesso impegno venga assunto per provare ad innalzare anche la parte “bassa” della città, dove tra una banca ed un locale sfitto, sembra di vivere in un plastico. Bergamo è una perla rara in quanto a bellezza, ma è una principessa ancora troppo distaccata; lavoriamo, dunque, su quella cultura dell’accoglienza citata da Fontana; in fondo, amare una città significa anche osare, per volerla migliorare.
Chiara Garufi