Artigiani, «export sempre più 
fondamentale per competere»

Artigiani, «export sempre più fondamentale per competere»

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La strada è tracciata e non si può tornare indietro: l’internazionalizzazione e la sfida al mercato globale sono ormai elementi imprescindibili per essere competitivi e superare la crisi. Anche per le piccole imprese artigiane, che non sono seconde a nessuno.
È questo il messaggio lanciato, venerdì scorso, dalla 27ª Conferenza Organizzativa di Confartigianato Bergamo, dal titolo “Impresa e mercato globale: Davide contro Golia? – In un mondo sempre più connesso possiamo ancora dire che l’internazionalizzazione non ci tocchi?”. Coordinato da Marina Redondi, responsabile dell’ufficio Internazionalizzazione, e moderato dal direttore Stefano Maroni, il tema è stato affrontato, tra gli altri, dagli interventi di docenti dell’Università di Bergamo (partner della giornata), dalla presentazione dei risultati di un sondaggio fra le imprese artigiane lombarde (vedere articolo in questa pagina) e dalle testimonianze di alcune realtà aziendali che hanno saputo rimettersi in gioco vincendo questa sfida.
Per il presidente di Confartigianato Bergamo, Angelo Carrara, non ha più senso fare differenze tra mercato interno e internazionale. «Ormai il mercato è unico, globale – ha detto – ma presenta tante sfaccettature e noi dobbiamo imparare ad affrontarle con nuove modalità». Il membro di giunta Lorenzo Pinetti, coordinatore del gruppo di lavoro Internazionalizzazione, si è voluto soffermare sui servizi e sulle attività che l’Organizzazione di via Torretta ha messo in campo per supportare le imprese ad affrontare questo cambiamento. «Occorre riaccendere la speranza e il desiderio di imparare tutto di nuovo – ha aggiunto – camminando su una strada che, pur faticosa, è già tracciata. Ogni giorno siamo chiamati ad affrontare scenari nuovi che richiedono un alto livello di conoscenza e capacità di utilizzare strumenti innovativi, tecnologici. Per questo la formazione continua è fondamentale, come è fondamentale sapersi ritagliare uno spazio per la crescita personale».
Il rettore Stefano Paleari ha evidenziato come, in un mercato globale, solo due cose ci restano di "locale": i debiti e l'identità. Ma entrambi devono essere visti in un'accezione positiva. «I debiti – ha detto – sono una cosa "bella" se si fanno per costruire il futuro, per investire e non per mettere una pezza sugli errori del passato. Così l'identità è una cosa "brutta" se ci chiudiamo in noi stessi, ma diventa "bella" se ci apre, perché ci rende più forti». Per vedere crescere la nostra economia, secondo Paleari non ci resta che investire su un fattore, l'innovazione, «che significa riuscire a fare più cose con la stessa quantità di risorse, o le stesse cose di prima ma con meno risorse. E il primo a doverlo fare è lo Stato».
Sull’innovazione ha insistito anche Lucio Cassia (Università di Bergamo e presidente del Cyfe – Center For Young & Family Enterprise). «Oggi il più innovatore vince sul conservatore – ha detto – e dobbiamo farcene una ragione perché l’innovazione è diventata devastante e negli ultimi anni ha travolto interi settori, alcuni dei quali con poche decine di anni. L’internazionalizzazione è un modo per innovare e passa necessariamente attraverso l’apertura, la “connessione”».
Gianpaolo Baronchelli (Università di Bergamo) ha ricordato come l’export non abbia limiti (tutti i Paesi del mondo sono potenziali clienti) sottolineando come, per affrontare questo cambiamento di mentalità in modo vincente, occorra un approccio globale: un imprenditore che conosca le lingue, che sappia accettare e vivere con culture diverse, che sappia rischiare, e un prodotto adattabile ad ogni Paese in cui lo si presenta e che sia flessibile per soddisfare tutte le esigenze. Ed infine, la creazione di un network che permetta di sviluppare reti tra fornitori e clienti, locali ed internazionali.
Mara Brumana (Università di Bergamo e Cyfe), ha infine presentato uno studio sulle imprese familiari evidenziando come queste internazionalizzino meno e più lentamente rispetto alle altre e che il coinvolgimento di membri non familiari (outsider) nell’azionariato e nel cda (come pure l’ingresso di una nuova generazione nella proprietà) favorisca invece l’attività di export. Ancora, nel caso di alleanze con partner internazionali, le imprese familiari preferiscono allearsi con altre imprese familiari. Nel panorama italiano, poi, la Lombardia figura tra le regioni con una più alta percentuale di aziende familiari che internazionalizzano (il 51,6% fa investimenti diretti all’estero).