Tutti lo vogliono, tutti lo cercano, ma quando se lo trovano davanti decidono che, in fin dei conti, non fa al caso loro. Il rent to buy, sempre più richiesto e ricercato, stenta a farsi strada nel nostro mercato immobiliare, vuoi per la commistione tra due contratti, l’affitto e la vendita, che complica le cose, vuoi per la tassazione elevata. La nuova formula di origine anglosassone, entrata nel nostro ordinamento con il decreto “Sblocca Italia”, si scontra anche con una cultura come quella italiana fondata sulla proprietà immobiliare: «L’Italia è il primo Paese al mondo per proprietà privata e l’obiettivo per ogni italiano continua ad essere l’acquisto immobiliare, che all’ estero viene invece vissuto come un vincolo- commenta l’avvocato e notaio Marco Tucci, a margine del convegno organizzato da Fimaa Ascom-. Purtroppo il recepimento di questa formula contrattuale è avvenuto con un certo ritardo, visto che il rent to buy arriva in un momento in cui gli istituti di credito stanno tornando a concedere mutui». I dati dell’Abi evidenziano infatti un vero e proprio boom di mutui, anche attraverso al Fondo di Garanzia per la Casa che, nel suo primo mese di operatività, ha portato a febbraio 27,7 milioni di euro di nuovi mutui. Il Fondo- la nuova soluzione a vantaggio delle famiglie che ancora scontano gli effetti della crisi ma aspirano ad acquistare l’abitazione principale- rappresenta un’ulteriore spinta allo sviluppo del mercato dei mutui che già registra una fase di grande rilancio, con un’impennata relativa a tutto il 2014 del 32,5% rispetto al 2013 e un ammontare complessivo di circa 25,3 miliardi di euro. «La possibilità di detrarre gli interessi passivi del mutuo rappresenta inoltre un indubbio vantaggio sul rent to buy dove i canoni sono versati a fondo perduto e l’atto stesso comporta una più elevata tassazione di contratto che non si recupera, dall’atto iniziale a quello finale , alla doppia natura contrattuale stessa della nuova formula. La vendita immediata fa inoltre maturare in vista di un eventuale cambio di casa un credito d’imposta che si perde completamente nel rent to buy se ci si ferma all’affitto e non si arriva al riscatto». L’innamoramento per la nuova formula si rivela un’infatuazione passeggera: «In Italia ci si innamora spesso di formule anglosassoni, ma alla formalizzazione nero su bianco l’amore sfuma in fretta. Fino ad oggi le trattative partite con convinzione con il rent to buy sono naufragate con questa formula contrattuale, cui sono state preferite altre soluzioni già previste nel nostro ordinamento, come ad esempio il preliminare notarile trascritto per tre anni o la vendita con riserva di proprietà che ad oggi si presentano come le soluzioni giuridicamente e fiscalmente più vantaggiose». Ovviamente se si è interessati ad acquistare e vendere, perché altrimenti il rent to buy può rappresentare un’alternativa: E’ la formula perfetta per gli indecisi cronici, l’unica a garantire la possibilità di rinviare fino a dieci anni l’acquisto o di scegliere liberamente di limitarsi all’affitto senza riscattare l’immobile. Il venditore rischia di vincolarsi per dieci anni, un lungo periodo di tempo in cui può ricevere offerte di acquisto». Se, tra le formule mutuate dall’estero, il rent to buy e il trust godono di scarsa fortuna a queste latitudini, il leasing continua a confermare il suo successo: «La locazione finanziaria, una sorta di corrispettivo business del rent to buy, si è ormai affermata come formula contrattuale. Il conduttore ha la possibilità di detrarre i canoni di leasing e di riscattare rata dopo rata, in 12 anni, il costo dell’immobile. Molti acquisti di capannoni ed uffici avvengono ormai così, con tempi ridotti per la detrazione fiscale dell’acquisto, visto che si parla di 12 anni contro una media di 33 anni per poter scaricare l’acquisto dell’immobile. La formula può interessare oggi anche i liberi professionisti». Nella veste di notaio Marco Tucci non manca di ricordare l’importanza del ruolo nella trascrizione degli atti:«Il contenzioso sugli immobili gestiti dai notai è pari allo 0,0029 %, quindi nullo. Il sistema notarile garantisce le transazioni, mentre all’estero tutto è speculativo. Meglio di così è difficile fare. Per questo trovo assurda l’ipotesi ventilata dal disegno legge sulla concorrenza che sancirebbe la fine dell’obbligo dell’atto notarile per le operazioni immobiliari oltre che per la costituzione di alcune tipologie di società. In Italia la durata dei processi ci colloca al terz’ultimo posto in Europa (davanti solo a Cipro e Malta) e, secondo la classifica “Doing Business 2013” della Banca Mondiale al 160esimo posto su 185 Paesi analizzati. Con 5 milioni di cause pendenti che portano a sanzioni impressionanti europee per il ritardo di giudizio credo che sia bene iniziare a preoccuparsi dei costi che una soluzione come questa possa portare con sé».