nella foto: Leonardo Cancelli con la moglie Fernanda
Per due generazioni di credaresi, il pane Ä— sempre stato quello del Gino Zofi, all’anagrafe Pierluigi Cancelli. Ancora oggi, dopo tanti anni che non c’è più, molti anziani vanno dal Gino a prendere il pane, per quell’anacronismo bizzarro a metà tra nostalgia e tributo che nei piccoli paesi porta a personalizzare i negozi e a far “sparire” l’insegna.
Pochi giorni prima di Natale, il piccolo forno con annesso negozio alimentare affacciato sulla provinciale via Roma, a Credaro, dopo aver resistito a una guerra e alla crisi degli ultimi anni, abbasserà la serranda per sempre. Dietro di essa si perderà un pezzo di storia del paese e della panificazione bergamasca.
Ma lo dice subito Leonardo Cancelli, figlio del Gino, che insieme alla moglie Fernanda porta avanti l’attività di famiglia: «Sono sereno, non ho rimpianti. Chiudo perché sono stanco, non per la crisi. Ho sempre iniziato la giornata con entusiasmo, ma da qualche mese non è più così. Ho capito che è arrivato il momento di smettere».
Insomma, non è l’ennesima sconfitta di un piccolo negozio della nostra storia. Leonardo Ä— nato e cresciuto in mezzo a pane e farine, il nonno faceva il mugnaio. «In paese – ricorda – l’avevano soprannominato “Zofi” perché davanti a casa sua c’erano spesso i carri delle farine Zoffi e il nome Ä— rimasto anche a mio papà Gino».
Il Panificio Cancelli nasce con lui nei primi anni Trenta.
Dopo aver lavorato per qualche anno al sindacato di Sarnico, Gino decise di rilevare un piccolo forno in paese per aiutare la famiglia in difficoltà. Di pane sapeva poco o nulla, così chiamò un fornaio di Palazzolo e si fece insegnare. «Mio padre – racconta Leonardo – ha dato lavoro ai nipoti e a tanti ragazzi. Per lui i suoi dipendenti erano sacri».
Gli aiutanti hanno preso poi strade diverse, Gino invece, con i suoi immancabili cappello e grembiulino, Ä— rimasto nel panificio fino all’ultimo giorno della sua vita, e così anche la moglie Rosi, mancata qualche anno fa. «Per farle abbandonare il grembiule, quando si usciva, bisognava quasi litigare», ricorda Fernanda.
Leonardo ha raccolto l’attività di famiglia nel ‘71, appena tornato dal servizio militare e l’ha portata avanti insieme alla moglie con impegno e serietà.
«Ho cominciato ad aiutare mia mamma in negozio durante le vacanze – ricorda Leonardo – aprivo alle cinque perché a un quarto alle sei arrivavano i pullman da Gandosso con le ragazze che lavoravano nelle aziende. Entravano in negozio dalla porta sul retro per prendere il pane per il pranzo. Era davvero bello. Allora Credaro era un centro commerciale a cielo aperto».
«Ä– stata una vita faticosa. Questo Ä— un lavoro per cui si sacrifica tutto – confida -. Fino all’83 non ci siamo mai concessi una vacanza. Ci sono panificatori che non sanno cosa sono le ferie e lavorano anche la domenica».
Leonardo lavora da solo al forno dal 1990. «Se l’attività Ä— solo familiare, il lavoro è duro e si è costretti a rinunciare a tutto. A volte credo di avere fatto l’impossibile».
Prima di dedicarsi a questa occupazione, ha frequentato l’Arte Bianca di Torino. Lì ha imparato a conoscere le farine e ha maturato l’interesse per questo mestiere. «La scuola Ä— molto importante in qualunque attività perché senza scuola non si impara. Oggi vengono ragazzi a cercare lavoro e non sanno nulla di farine e panificazione».
In più di cinquant’anni di mestiere Leonardo ha sempre rispettato la regola che gli ripeteva suo padre: compra di qualità che con la qualità fai la qualità. «Certo si guadagna meno – nota -, ma lavorare solo per guadagnare Ä— sbagliato, si lavora anche per passione».
Il mestiere Ä— molto cambiato e da quindici anni Leonardo fa “il pasticcere con il pane”. «Negli anni 70-80 c’erano la michetta e il lavorato, le banane e qualche mantovana, il pane era l’alimento principale e si comprava a chilo. Oggi il pane Ä— quasi demonizzato e i clienti acquistano a numero e vogliono tantissima varietà». «Ä– capitato che ci chiedessero persino un pane morbido ma croccante – rivela Fernanda – e tante mamme mi dicono che preferiscono dare ai bambini il pane a fette confezionato che si trova nei supermercati perché Ä— morbido. Mah! I bambini hanno i denti, possono masticare, no?».
Con la chiusura del Panificio Cancelli andranno purtroppo perse anche le ricette dei panini inventati da Leonardo: i credaresini, risposta alla milanesina, preparati con la biga (gli avanzi dell’impasto), arrotolati e poi stampati; i panini soft, sorta di hot dog americani fatti con la nostra farina; e i parigini. Si perderà inoltre uno dei pochi indirizzi dove è ancora possibile trovare la michetta. «A Milano dove è stata inventata non esiste più – dice -, Ä— un pane che richiede una preparazione lunghissima. Mi impegna molto ma la faccio, Ä— il mio lavoro».
Se gli si chiede cosa porterà con sé della sua vita di panettiere Leonardo risponde: «Le fatiche, i problemi, le difficoltà perché il tempo Ä— veloce e 24 ore non bastano mai. Ma soprattutto la soddisfazione di aver superato tutte le difficoltà, con la forza di volontà. Porteremo con noi anche l’apprezzamento dei clienti, molti anziani vengono da noi da tantissimi anni (ndr: anche per affetto verso il padre Gino che in tempo di guerra regalava il pane a molte famiglie in difficoltà). Fa piacere sentire tanta gente di Credaro e anche di fuori che ci elogia per il nostro lavoro; questo ci ha dato la forza di continuare finora». Dopo una vita passata nel forno Leonardo ha un programma preciso: «Mi riprendo la mia vita godendomi la pensione».