Buonanno: “Purtroppo la ricerca non è una priorità di questo Paese”

L’intervento del Prorettore delegato alla Ricerca Scientifica dell’Università degli Studi di Bergamo alla conferenza stampa della Primavera dell’Università CRUI del 21 marzo a Palazzo Marino, a Milano.

di Paolo Buonanno*

“L’uomo per sua natura vuole conoscere, esplorare, creare, inventare, spinto dalla curiosità e dal desiderio di migliorare le proprie condizioni spirituali e materiali. La curiosità scaturisce dalla voglia di comprendere le infinite dimensioni dell’universo, mentre le necessità quotidiane spingono l’uomo a fare cose che non poteva fare in precedenza per introdurre innovazioni che gli consentano di dominare la natura e di aumentare il livello di benessere. E la scienza si è dimostrata uno strumento potente in questa continua ricerca”. L’obiettivo principale della ricerca è l’avanzamento della conoscenza e di conseguenza il miglioramento delle condizioni di vita delle persone e delle condizioni della società. Molto spesso quando si parla di ricerca si affronta la discussione pieni di pregiudizi sull’utilità della ricerca e sulla percentuale di successo che le attività di ricerca hanno. Il primo punto è il punto più controverso, soprattutto nel contesto italiano, in cui la distinzione tra ricerca di base e ricerca finalizzata viene affrontata sulla maggiore o minore utilità di queste due “tipologie” di ricerca. Nella realtà affinché la ricerca applicata (o industriale o finalizzata) possa esistere è necessaria la ricerca fondamentale o di base. La ricerca di base ha l’obiettivo di acquisire nuove conoscenze, comprendere processi complessi e per quanto possa molto spesso non portare ad alcun risultato o dare l’impressione di non avere ricadute pratiche concrete nel breve periodo è il reale motore dello sviluppo e consente alla ricerca finalizzata di risolvere le problematiche concrete e specifiche.

univ6723542.jpgSe pensiamo alle più importanti scoperte nella storia moderna: la penicillina e i raggi X, è evidente come queste scoperte siano state determinate solo ed esclusivamente dalla curiosità e dall’interesse dei ricercatori. Nessuno all’epoca della scoperta si sarebbe immaginato l’importanza di tali scoperte sia per il benessere sociale sia per lo sviluppo industriale. Purtroppo la ricerca non sembra essere una priorità per il nostro Paese. I dati più recenti mostrano come l’Italia investa in ricerca solo l’1,2% del PIL, a fronte di una media europea del 2%. Uno dei principali obiettivi della strategia di sviluppo dell’Unione Europea, declinata nel programma Horizon 2020, è l’aumento della spesa per ricerca e sviluppo al 3%.  L’anomalia italiana non è solo di responsabilità del settore pubblico. Infatti, decomponendo l’1,2% di investimenti in ricerca tra spesa pubblica e spesa privata emerge che lo 0,65% di spesa in R&S è sostenuta dal settore pubblico mentre solo lo 0,55% dal settore privato a fronte di una media OECD pari all’1,5%. E’ evidente che il peso attribuito alla ricerca nel nostro Paese è il frutto di una mancata consapevolezza collettiva dell’importanza della ricerca per il futuro del Paese stesso. Lo scarso investimento pubblico in R&S e lo scarso investimento privato in R&S sono due facce della stessa medaglia. L’investimento pubblico attrae investimento privato, come dimostrano i dati internazionali, e quindi intensificare l’investimento pubblico in R&S dovrebbe essere prioritario.

Negli ultimi anni purtroppo non è stato così. Esempio ne è l’ammontare di risorse destinato al PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale) che è lo strumento con cui il MIUR finanzia la ricerca di base. Nel 2012 il MIUR ha finanziato i PRIN con poco più di 35 mln di euro, nel 2013 e nel 2014 non sono stati finanziati bandi PRIN e solo a distanza di 3 anni nel 2015 il MIUR ha finanziato con 90 mln di euro la ricerca di base. Questi numeri dicono poco se non contestualizzati rispetto al contesto internazionale e alla politica del governo. Prendiamo ad esempio la Spagna e volutamente non Paesi come gli USA o il Giappone, con cui il confronto sarebbe impietoso. Nel marzo 2016, pochi giorni fa, il ministero dell’istruzione e dell’università spagnolo ha finanziato con oltre 370 mln di euro la ricerca di base. Per dare un’importanza (relativa) del finanziamento italiano alla ricerca di base è utile considerare che il bonus di 500 euro per i diciottenni costerà allo Stato italiano oltre 280 milioni di euro (stime della Ragioneria dello Stato) e che il gettito complessivo generato dal bollo auto nell’anno 2014 è stato pari a 6,6 miliardi di euro e in questi mesi si sta parlando di una sua abolizione. Le priorità di un Paese sono molte ed eterogenee, ma sicuramente si può affermare che senza ricerca non c’è sviluppo e senza sviluppo non c’è futuro.

* Prorettore delegato alla Ricerca Scientifica dell’Università degli Studi di Bergamo

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