“In viaggio sulle Orobie” fa centro

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Tornare al ritmo dei 4 chilometri orari: era questa la missione che i 14 camminanti de “In viaggio sulle Orobie” avevano intrapreso il 9 luglio scorso. La stessa che quattro giorni dopo, il 12 luglio, hanno concluso con grande emozione. Un percorso che li ha portati ad attraversare montagne e laghi, tra Orobie, Lario e Svizzera, ammirando antichi borghi e scoprendo piccole comunità, per vivere tutte le sfaccettature della“Buona Terra”, tema scelto per la terza edizione dell’iniziativa organizzata dalla riviste Orobie.

A guidare i viaggiatori, le storie del tempo che fu, come quella dei contrabbandieri del Lario e dei prodotti di «sfroso» che per ottenere il mais dalla Bergamasca o il riso dalla Lomellina, venivano barattati in una continua lotta per la sopravvivenza. Gli alpinisti Simone Moro e Mario Curnis, la photoreporter Monika Bulaj, il collega Marco Mazzoleni, l’artista Italo Chiodi, il video maker e fotografo Baldovino Midali, il musicista Martin Mayes, l’attore Michele Fiocchi, lo chef Michele Sana, l’alpeggiatore Ferdy Quarteroni e il blogger Federico Balzan, scortati dalla guida alpina Giulio Beggio sono stati i protagonisti di questo scambio di saperi senza tempo e senza confine che per il primo anno ha coinvolto rifugi e montagne ma anche laghi, paesi e comunità.

Si è passati così, dal borgo di Ornica alla Valle d’Inferno, dal cuore dell’alta Valsassina, Premana, a Colonno, fra i tragitti più illustrati dai macchiaioli lombardi, per poi arrivare a Casasco e infine ad Arogno dove, alla comitiva si sono aggiunti altri viaggiatori vestiti da contrabbandieri e spalloni per rievocare con i costumi tipici il passato di una terra tanto legata al contrabbando, concludendo infine l’ultima tappa con la partecipazione straordinaria diDavide Van De Sfroos, cantautore d’anime e di territori, e con un singolare gemellaggio italo-svizzero che ha visto viaggiatori e passanti riunirsi attorno ai tanti sapori del territorio e per ultimo al gusto sincero della polenta taragna: un piatto diffuso, con nomi e versioni leggermente diverse, anche in terra svizzera.

Un viaggio in fila indiana, dunque, condotto con la testa al cielo e i piedi ben piantati sulla terra, per scoprire, in un intreccio prezioso tra uomo e natura, quella che Carlo Cattaneo definiva «la grande màchina agraria» lombarda e il suo «pòpolo di giardinieri».