Auto, il mercato rallenta. I concessionari: «Preoccupa il segno meno nelle vendite ai privati»

utn_auto.jpgIn crescita da 44 mesi (ad eccezione di maggio 2014 e aprile 2017) il mercato dell’auto registra un rallentamento a luglio. I dati diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti dicono di un aumento del 5,9% per le immatricolazioni di auto nuove, che sono state 145.363, circa 8.000 unità in più dello stesso mese dello scorso anno quando se ne immatricolarono 137.226. A luglio si riduce, dunque, il tasso di crescita rispetto al cumulato dei primi sette mesi del 2017 che archiviano un incremento dell’8,6% grazie a 1.282.353 immatricolazioni contro 1.180.615 dei primi sette mesi dello scorso anno.

Sempre a luglio sono stati registrati 378.884 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di -0,99% rispetto a luglio 2016, durante il quale ne furono registrati 382.689 (nel mese di giugno la variazione è stata del -1,02% rispetto a giugno 2016). Nei primi sette mesi dell’anno i trasferimenti totali sono stati 2.768.661 con una variazione del -2,48% rispetto a gennaio-luglio 2016.

Se, nel nuovo, il panorama continua ad essere positivo, c’è anche chi suona un campanello d’allarme. «Abbiamo chiuso un mese difficile, partito a rilento e condizionato da un importante stock di kilometrizero accumulatosi nei mesi pregressi – commenta Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti i brand commercializzati in Italia -. Un ricorso alle autoimmatricolazioni che si è confermato anche in luglio. È per questo che possiamo affermare che il dato finale si scrive +5,9% ma si legge -1,9%, che corrisponde invece al mercato privati, ossia alla vendita alle famiglie. E questo dato negativo è una spia lampeggiante nel quadro strumenti del mercato auto. Gli altri canali infatti, noleggio e società, sono alterati da forzature, tra le quali le cosiddette, e per qualcuno famigerate, kilometrizero».

«L’Osservatorio Federauto, che monitora anche l’andamento delle immatricolazioni – prosegue -, registra che negli ultimi tre giorni del mese scorso sono state prodotte più di 64.000 immatricolazioni, pari ad oltre il 44% delle 145.363 rese note dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Al livello di canali restano fiacche le vendite a privati con -1,9%, mentre cresce del 7,7% il noleggio. A sostenere le immatricolazioni le società, che registrano un +27,8%».

«Il mercato sembra aver risentito dello sforzo immatricolativo dei mesi scorsi – dichiara Michele Crisci, presidente dell’Unrae, l’Associazione che in Italia rappresenta le Case Automobilistiche Estere – denunciato dal calo delle vendite nel canale privati. Questo calo potrebbe trovare due giustificazioni: una per l’uscita delle vetture chilometri zero dai concessionari al cliente finale, l’altra, nel maggiore utilizzo del canale noleggio a privati».

Per quanto riguarda le stime sull’anno, «con il risultato di luglio – evidenzia l’Unrae – le vendite nel 2017, seppure in moderato rallentamento rispetto a quanto stimato tre mesi fa, sono confermate in crescita, a 1.950.000 immatricolazioni con un incremento del 6,8% rispetto all’anno scorso con quasi 125.000 unità in più. Dopo due anni consecutivi di incrementi a doppia cifra, quindi, con un +6,8%, il mercato dell’auto 2017 in Italia tornerebbe a tassi di crescita più contenuti e si attesterebbe sui livelli del 2010».

Anche il 2018, in considerazione di una congiuntura più favorevole e nonostante un quadro politico incerto per la mancanza di una legge elettorale che garantisca governabilità, è comunque previsto in aumento, con una crescita che, di fatto, assorbe le anomalie del 2017 per consolidare un valore inferiore ai due milioni di vetture: 1.960.000 unità, lo 0,5% in più rispetto al 2017.

 


Slot machine, in un anno 6.500 “macchinette” in meno in Lombardia

slot machineNel 2016 le slot machine presenti in Lombardia sono calate del 10% (pari a circa 6.500 apparecchi), contro il 2,6% della media nazionale e, sempre in un anno, in 325 locali non sono più presenti “macchinette”. Rispetto al 2015 si registrano inoltre 30 sale gioco in meno. Sono i dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ricordati in occasione della presentazione della Terza relazione annuale sulla Legge Regionale 8/2013 per il contrasto al gioco d’azzardo patologico dall’assessore regionale al Territorio, Urbanistica, Difesa del suolo e Città metropolitana Viviana Beccalossi, team leader della Giunta Maroni in materia di lotta alla ludopatia.

«I dati diffusi dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – ha affermato Beccalossi – certificano un calo delle presenze di macchinette in bar e tabaccherie che non può che farci piacere. Ma i risultati positivi direttamente dovuti alla nostra Legge non si fermano qui, a partire da un’ormai collaudato sistema di assistenza e cura per i malati di ludopatia».

In Lombardia sono attualmente attive 84 strutture pubbliche nelle Ats, attrezzate per assistere i giocatori patologici. Nel 2016, sono state 2.734 le persone prese in carico, con un totale di 41.508 prestazioni erogate per un valore economico di 1,2 milioni di euro.

Quanto ai controlli effettuati dalla Polizia locale per fare emergere abusi e il mancato rispetto della normativa regionale, nel 2016 – ha evidenziato la relazione – ne sono stati effettuati 2.001 e sono state comminate 109 sanzioni, per un valore di 274.000 euro, parte dei quali destinati dai Comuni ad attività di contrasto alla ludopatia o di carattere sociale. In prima linea per numero di controlli la Provincia di Brescia (666 per 123.000 euro di sanzioni), seguita da Bergamo (394 controlli) e Pavia (218).

Nel corso dell’anno, inoltre, la Regione Lombardia ha promosso 63 corsi di formazione dedicati ai gestori, con 740 attestati rilasciati, mentre la grande campagna di comunicazione lanciata alla fine del 2016 ha distribuito, grazie alla collaborazione di Trenord, 5.000 spille, 10.000 cuoricini anti stress, 5.000 magliette, 15.000 cartoline, 100.000 vademecum di cui 15.000 in cinese. Il video realizzato per l’occasione è stato visualizzato 292.000 volte su Facebook e 46.000 volte su Youtube.

«Nel frattempo – ha concluso Viviana Beccalossi – sono partiti i progetti approvati con il nuovo Bando da 2 milioni di euro di finanziamento regionale, che coinvolgono 899 Comuni, 124 istituti scolastici e 304 partner pubblici e privati da tutta la Lombardia».


Immobili, il mercato rallenta. «Calo fisiologico dopo mesi di crescita»

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A Bergamo il mercato immobiliare nei primi sei mesi dell’anno rallenta la sua crescita, specialmente da aprile in poi. È quanto emerge dai dati presentati oggi dal Comitato Consultivo Omi (Osservatorio Mercato Immobiliare) dell’Agenzia delle Entrate, in collaborazione con le associazioni di categoria del mondo della casa, degli agenti immobiliari (le tre sigle Fimaa- Ascom Confcommercio Bergamo, Fiaip, Anama) e degli ordini professionali di Geometri, Ingegneri, Architetti.

Nel primo semestre 2017 sono stati registrati 444 atti notarili di compravendita, di cui 309 hanno interessato il residenziale abitativo (di questi 152 in città) mentre 135 sono gli atti registrati per l’acquisto di superfici commerciali, uffici, capannoni.

«Il dato evidenzia un rallentamento nella crescita del numero delle transazioni che aveva interessato tutto il 2016, ma non preoccupa. È un calo fisiologico – commenta Enzo Pizzigalli, componente del Comitato Consultivo Omi in rappresentanza di Fimaa Bergamo -. Dopo mesi di crescita e inizio di ripresa del settore, il mercato tira un attimo il fiato. Nel residenziale, ubicazione e superficie sono tornati a guidare la scelta dell’acquirente, con un occhio sempre attento al prezzo. In caso di variazioni al ribasso, la compravendita si chiude in tempi rapidi, grazie anche alla maggiore facilità di accesso al credito con ottimi tassi sui mutui ipotecari».

La fotografia del mercato immobiliare bergamasco nel primo semestre dell’anno evidenzia però alcune tendenze interessanti sia sul fronte del residenziale che nel terziario, sia in città che in provincia.

Residenziale

In città/ Si vendono immobili più datati, ma in centro e grandi

Il prezzo medio in città si attesta sui 1.560 euro al metro quadro, in leggera flessione (-2%) rispetto al 2016. La variazione è imputabile tuttavia ad un aumento delle compravendite di immobili più datati.

Crescono le superfici degli appartamenti (con una media di 100,4 mq). Il bilocale, da sempre il più richiesto dal mercato, è stato soppiantato nel primo semestre dell’anno dal trilocale e dal quadrilocale. Si premia l’ubicazione (centrale e centralissimo e quartieri a ridosso dei Colli) rispetto alla classe energetica, tanto che cresce l’usato “anni Settanta”, anche per probabile effetto degli incentivi per la ristrutturazione.

In provincia/ Soffre l’Isola, in calo la zona dei laghi

Il mercato immobiliare in provincia evidenzia una ripresa a Dalmine e si conferma stabile a Treviglio, mentre soffrono altri centri, in particolare l’Isola Bergamasca (che segna un -4%), con eccezione di Bonate Sotto, comune interessato da nuovi progetti immobiliari, in particolare negli ultimi dieci anni. Stabili i comuni vicini alla città e ai colli (Sorisole e Ponteranica). In calo la zona dei Laghi Bergamaschi, che registra un calo del 3% per effetto della crisi e della minore disponibilità e voglia di investire nell’acquisto di seconde case.

Non residenziale

Prezzi e affitti giù, a fare da traino è il settore food

Le compravendite nel terziario si concentrano nelle zone centrali della città, laddove lo stock di unità immobiliari destinata a uffici e studi privati in particolare risulta maggiore. Si registra un calo del 10% nei valori delle compravendita e di un 5% circa per quanto riguarda le locazioni. Per i negozi, il valore medio delle compravendite in città si attesta a 2.000 euro al metro quadro, con punte nelle vie dello shopping che arrivano fino a 4.500 euro e una riduzione della media a 1.700 euro al metro quadro nelle zone leggermente defilate.

Quanto alle categorie merceologiche, il food sta vivendo un buon momento, con aperture in crescita che trainano le compravendite e le locazioni dei negozi, altrimenti sfitti, anche di superfici ridotte per il sempre più gettonato street-food. Un segnale che conferma la vocazione sempre più turistica della città, in continua crescita.


Startup innovative, a Bergamo sono 116. La maggior parte opera nei servizi

idea innovazione

In Italia ci sono 7.241 startup innovative (dato della sezione speciale del Registro delle imprese aggiornato a fine maggio 2017). Un numero significativo e in costante crescita. La normativa che regola questa forma societaria (D. Lgs. 179/2012) è infatti entrata nel suo quarto anno di operatività e lo scorso dicembre un primo pacchetto di circa 820 startup è fuoriuscito dal regime agevolato per raggiunti limiti di età.

La Lombardia è la regione che di gran lunga ne ospita di più: 1.655, seguita da Emilia Romagna (798), Lazio (687), Veneto (646) e Campania (516). In provincia di Bergamo risultano registrate 116 startup innovative, in maggioranza nel settore dei servizi (83) e dell’industria-artigianato (24).

La Camera di commercio bergamasca, nel presentare il nuovo servizio AQI – Assistenza Qualificata Imprese alternativo all’atto pubblico per la costituzione della società, ha anche scattato una fotografia più dettagliata. Per quanto riguarda i principali ambiti di attività, 24 startup operano nella produzione di software o consulenza informatica, 23 nella ricerca scientifica e sviluppo, 10 in attività professionali, scientifiche o tecniche, 6 nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e altre 6 in attività di consulenza.

Tra queste, 26 sono imprese ad alto valore tecnologico in ambito energetico, 18 hanno una presenza femminile maggioritaria, forte o esclusiva, 26 hanno una presenza giovanile maggioritaria, forte o esclusiva.

Per quanto riguarda i requisiti per poter essere una startup innovativa, 65 rispettano il primo requisito, ossia sostengono spese in ricerca e sviluppo maggiori o uguali al 15% del maggiore valore tra costo e valore totale della produzione; 30 rispettano il requisito del personale qualificato (almeno i 2/3 dei dipendenti o collaboratori con laurea magistrale oppure 1/3 di dottorati, dottorandi o laureati con almeno tre anni di attività di ricerca certificata); 30 startup rispettano il terzo requisito (impresa depositaria o licenziataria di privativa industriale, oppure titolare di software registrato); nove aziende soddisfano più di un requisito.

Startup innovative

La definizione

Con l’obiettivo di promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’occupazione, in particolare giovanile, nell’autunno del 2012 il Governo ha adottato il DL 179/2012, che ha introdotto la definizione di nuova impresa innovativa, la startup innovativa.

Le startup innovative sono società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.

I requisiti

• sede principale in Italia o in uno Stato UE o EEA (spazio economico europeo) con sede produttiva o filiale in Italia
• costituite da non più di 60 mesi
• ultimo bilancio non superiore a 5 milioni di euro
• non distribuire utili
• non nascere da fusione, scissione o cessione di ramo di azienda

Le startup innovative devono inoltre presentare almeno una di queste caratteristiche:

• spese in ricerca e sviluppo maggiori o uguali al 15% del maggiore valore tra costo e valore totale della produzione
• almeno i 2/3 dei dipendenti o collaboratori con laurea magistrale oppure 1/3 di dottorati, dottorandi o laureati con almeno tre anni di attività di ricerca certificata
• almeno un brevetto o privativa industriale

I vantaggi

Per le startup innovative è stato predisposto un pacchetto di misure molto articolato, che interviene in materia di semplificazione amministrativa, mercato del lavoro, facilitazioni burocratiche ed agevolazioni fiscali per le pratiche del Registro Imprese, non assoggettamento alla procedura di fallimento. Condizione fondamentale per beneficiare di tali vantaggi è che le startup siano iscritte nell’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese.


Commercio e servizi, a Bergamo l’anno parte con il freno a mano tirato

camera di commercio - targa

A Bergamo accelerano l’industria e l’artigianato manifatturiero, mentre commercio e servizi restano al palo e dovranno fare i conti con la ripresa dell’inflazione, che minaccia il potere di acquisto dei consumatori. È il quadro che emerge dall’indagine congiunturale al primo trimestre 2017 elaborata dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Bergamo.

Nei primi tre mesi dell’anno la produzione industriale ha registrato una crescita sia sul trimestre precedente (+1,1%) sia nel confronto su base annua (+2,5%): due risultati nettamente positivi e superiori a quelli verificatisi in tutti i trimestri degli ultimi due anni. Il momento congiunturale favorevole è ribadito dai dati dell’intera industria lombarda: +1,7% sul trimestre e +4% sull’anno, con variazioni tendenziali al di sopra dei cinque punti percentuali in settori trainanti come la meccanica e la chimica.

L’andamento delle vendite in valore, che riflette anche il surriscaldamento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti finiti, conferma la fase di ripresa con un forte rimbalzo del fatturato estero, che torna a crescere dopo il rallentamento marcato registratosi sul finire del 2016, e con una buona tenuta delle vendite sul mercato nazionale. Il consolidamento della ripresa si delinea anche nelle indicazioni provenienti dagli ordinativi acquisiti nel trimestre, in marcata espansione sia per gli ordini interni che per quelli esteri.

L’occupazione industriale è in fase moderatamente positiva e le attese per il prossimo trimestre sono prevalentemente ottimistiche e in miglioramento su tutti i fronti.

Si muove nello stesso senso la congiuntura dell’artigianato manifatturiero che ha segnato una variazione della produzione del +0,5% nel trimestre, un aumento tendenziale del +3,4% (contro il +2,9% lombardo), un robusto progresso delle vendite e un lento miglioramento delle aspettative, anche se privo di progressi recenti in termini di addetti.

«Nonostante le molteplici incertezze del quadro geopolitico internazionale, pare quindi che il riattivarsi del canale del commercio estero e di un ciclo più favorevole agli investimenti stia sostenendo la crescita della produzione industriale e, più in generale, dell’intera manifattura in Lombardia e a Bergamo – evidenzia lo studio -. Concorrono a questa dinamica positiva la ritrovata vivacità della domanda di diversi mercati esteri di riferimento per il “made in Italy”, un cambio dell’euro ancora relativamente debole e il proseguimento, almeno nell’orizzonte temporale di breve e medio periodo, di politiche fiscali e monetarie ancora espansive. Allo stesso tempo è percepibile – anche dalla parallela indagine regionale sul commercio al dettaglio – una decelerazione dei consumi e la possibilità che, sommandosi all’incertezza originata dal quadro politico-istituzionale e alle eredità della lunga crisi, la ripresa dell’inflazione possa indebolire il potere d’acquisto dei consumatori».

Nel commercio al dettaglio, l’indagine regionale non registra significative variazioni: su base annua il volume d’affari a Bergamo è al +0,6%, ma come risultato medio di una flessione nell’alimentare (-5,1%), una stagnazione nel non alimentare (-0,1%) e un aumento nel commercio non specializzato (+2,4%). Il dato medio lombardo conferma l’assenza di spunti positivi del fatturato medio. Nel confronto sul trimestre precedente il settore segna invece un calo dello 0,5%.

Le vendite del largo consumo confezionato in ipermercati e supermercati, secondo una fonte diversa (IRI-Information Resources) dall’indagine congiunturale, risultano in crescita tendenziale a Bergamo del +1% in volumi e del +2,9% in valori.

Nei servizi l’aumento tendenziale del volume d’affari a Bergamo (+0,6%) è distante dal più positivo risultato della media regionale (+2,6%), soprattutto a causa della minor crescita nei settori del commercio all’ingrosso e dei servizi alle imprese. L’incremento sul trimestre si è fermato allo 0,1%.

L’occupazione risulta in aumento nel commercio e, più nettamente, nei servizi.

Infine, nell’edilizia un risultato positivo e in progressivo lento miglioramento emerge dall’intero campione regionale, con qualche segnale di relativo maggiore ottimismo sul prossimo trimestre anche a livello provinciale.


Distribuzione automatica, in Italia il record di “macchinette”

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Il Made in Italy è da primato anche nella distribuzione automatica. Secondo uno studio realizzato da Accenture per Confida (Associazione Italiana Distribuzione Automatica), il mercato dei prodotti alimentari venduti attraverso i distributori automatici arriva a toccare circa 3,4 miliardi di euro tra le cosiddette “vending” (1,8 miliardi) e Ocs (il mercato di capsule e cialde). Ed è un settore nel quale l’Italia fa segnare un doppio record: siamo infatti il Paese con il maggior numero di macchine in funzione (800mila distribuite in uffici, scuole, ospedali, aeroporti, stazioni ecc) e di macchine prodotte, con un “cuore” nelle industrie meccaniche delle aree di Bergamo e Vicenza.

Una combinazione che oggi dà lavoro a circa 30mila persone in Italia. La crescita del mercato si deve soprattutto all’aumento dei consumi alimentari fuori casa (che rappresentano oggi il 35% del totale della spesa alimentare) e alla stagionalità: l’estate molto calda del 2015 ha infatti portando a un aumento (10,5%) della vendita delle bevande fredde. «Per il 2016, che invece ha avuto invece un’estate mite – spiega Piero Lazzari, presidente di Confida l’unica associazione di categoria che rappresenta i diversi comparti della filiera della distribuzione automatica – si prevede una chiusura in sostanziale pareggio, in un contesto in cui consumi alimentari delle famiglie italiane sono scesi dell’1%».

Il mercato delle macchine da vending vale circa 500 milioni di euro (escluso il mercato delle macchine da caffè per hotel, bar e ristoranti, un altro mercato in cui l’Italia è leader) di cui il 70% è esportato all’estero (stima Osservatorio Accenture per Confida). Alla fabbricazione vanno poi aggiunti il settore dei sistemi di pagamento, che vale 31 milioni di euro, e quello degli accessori: bicchierini (42 milioni di euro), palette (30 milioni di euro) e filtri (7,6 milioni di euro).

È ancora il caffè il prodotto più venduto alle “macchinette” (54,8% del totale), seguito dalle bevande fredde (19,6%) e tra queste si registra le crescita dei succhi di frutta (+4% nell’ultimo anno). C’è poi una crescita degli snack (+1,1%): sia salati (grissini, taralli, frutta secca ecc) sia dolci (prodotti da forno, biscotti) e anche degli snack a base di cioccolato. Crescono infine i prodotti freschi (+7,2%) in particolare panini e i pasti pronti (+18,8%), dati che mostrano che il settore si sta allargando la propria offerta alimentare.

In Italia operano circa 3.000 aziende che si occupano del servizio di distribuzione automatica (i cosiddetti “gestori”). Tra queste, i primi dieci grandi player rappresentano circa il 21% del mercato. Il restante 80% del mercato è composto da medie e piccole imprese che operano su base territoriale e che nelle proprie aree di attività possono avere anche un’importante quota di mercato in quanto la distribuzione automatica è un’attività che per la sua stessa natura opera in un mercato circoscritto.

Nella classifica europea per numero di macchine installate, l’Italia (800mila) è seguita da Francia (590mila), Germania (545mila), Inghilterra (421mila). I distributori automatici di cibi e bevande nel frattempo si evolvono e integrano funzioni “intelligenti”. Si parla oggi di smart vending in relazione a distributori automatici che integrano schermi touch, sistemi di telemetria, pagamento tramite mobile, controllo da remoto della macchina e dell’assortimento dei prodotti, incrocio tra i dati (“Big Data”) della macchina con dati esterni (ad esempio temperatura, numero di dipendenti dell’azienda ecc) fino a modelli di comunicazione interattiva col cliente e analisi delle sue preferenze. Le smart vending machine secondo i dati dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano sono già 80.000, circa il 10% dei distributori automatici.


Negozi alimentari, consumi in lieve ripresa. «Ma i margini diminuiscono»

Nella seconda metà del 2016 il clima di fiducia delle imprese del commercio al dettaglio alimentare è rimasto stabile, anche se la tendenza è al miglioramento.

È quanto risulta dai dati del quinto Osservatorio congiunturale sulle imprese del commercio al dettaglio dell’alimentazione, ricerca realizzata da Fida – Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione, in collaborazione con Format Research e presentati a Roma nella sede di Confcommercio.

Dallo studio emerge anche che il livello dei ricavi resta stabile. I prezzi, invece, nei primi mesi del 2017 risultano in forte rialzo rispetto al 2016. Invariata la capacità delle imprese del settore di far fronte al proprio fabbisogno finanziario e, sul fronte credito, solo il 38% si è visto accordare il fido o finanziamento che aveva richiesto.

Resta una parte di imprenditori (il 56%) che si dice preoccupata per il futuro del Paese, con una pressione fiscale che non diminuisce. Tanto che il numero delle imprese che ha avuto problemi nel pagare le tasse è aumentato (1,8% rispetto a sei mesi fa), mentre il 35,4% è riuscito a pagarle con molta difficoltà: si tratta in prevalenza di piccole imprese attive nel Mezzogiorno e Nord Ovest.

Un focus sul commercio elettronico mostra, infine, come anche il dettaglio alimentare si stia muovendo in questo ambito. Le imprese che dispongono di un sito web sono quattro su dieci: una su dieci per attività di commercio elettronico, le altre tre solo per vetrina. Una impresa del commercio al dettaglio alimentare su quattro, poi, utilizza i social network.

«I dettaglianti alimentari – spiega Donatella Prampolini, presidente Fida – stanno facendo di tutto per utilizzare le giuste leve che consentano loro di rimanere sul mercato, puntando su innovazione e attenzione al consumatore. Permangono però, anche a fronte di una lieve ripresa dei consumi, problematiche legate al peso del fisco e alla stretta sul credito. Problemi resi ancora più pesanti dal fatto che la marginalità continua a diminuire, anche per effetto dell’aumento dei prezzi all’ingrosso, non riversati completamente sui consumatori per evitare una nuova stagnazione». «Ribadiamo nuovamente – conclude Prampolini – la necessità di lavorare sulla fiscalità generale, scongiurando definitivamente il rischio di un aumento dell’Iva che porterebbe a un effetto domino sui consumi».


Immigrati, a Bergamo in un anno 4mila in più. Cittadinanza per 5.600

stranieri - immigrati - migrantiIn provincia di Bergamo gli immigrati sono il 13,3% della popolazione residente, ossia 147.000, circa 4.000 in più in un anno (mentre 5.600 hanno ottenuto la cittadinanza nel corso dei 12 mesi).

Lo dicono i dati (al primo luglio 2016) dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità (Orim) presentati oggi a Palazzo Lombardia. La densità più alta si registra nel’Ats della Città metropolitana (16,2%), seguita a breve distanza dalla Ats di Brescia (15,3%). Il totale regionale è di 1.314.000 residenti stranieri (il 13,1% della popolazione, contro l’8,3 nazionale).

Nella nostra provincia la quota maggiore è data dagli immigrati provenienti dall’Est Europa (54.000), seguiti da Africa (50.600), Asia (28.400) e America Latina (13.900). Il numero di immigrati irregolari è di 9.800, il 6,7% del totale degli immigrati. In Lombardia si calcola che siano complessivamente presenti 96.600 immigrati irregolari.

 


Commercio, a Bergamo vendite e prezzi in ripresa

Industria, artigianato e commercio chiudono in positivo il 2016, invariato il comparto dei servizi, ancora negativa l’edilizia. Sono i dati dell’indagine congiunturale in provincia di Bergamo nel quarto trimestre 2016, realizzata dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio. Nonostante qualche segnale di indebolimento del canale estero nell’ultimo trimestre del 2016, la produzione dell’industria bergamasca mette a segno un risultato congiunturale positivo (+0,2%) e una crescita su base annua del +1,1%. Il consuntivo dell’intero anno 2016 si chiude per l’industria con risultati ampiamente positivi e in miglioramento rispetto alla performance del 2015: la produzione è aumentata dell’1,7% (più dell’ 1,3% medio regionale), il fatturato del 3,5%, gli ordini nazionali del 3%, gli ordini dall’estero del 4,9% (anche se in decelerazione a fine 2016) e l’occupazione del +0,6%. Il consolidarsi di un quadro di moderata crescita produttiva nell’anno è confermato anche dai risultati dell’artigianato manifatturiero che segna un aumento medio della produzione dell’1,5% (contro il +1,2% lombardo) e un incremento pari al +0,7% dei suoi addetti. Tornando al profilo congiunturale della produzione industriale, la spinta che il 2016 trasferisce sull’anno nuovo è leggermente più debole rispetto a quella “ereditata” all’inizio del 2016. Non mancano elementi di incertezza sull’evoluzione del ciclo: si registra in particolare un segno negativo nella dinamica trimestrale sia delle vendite che degli ordinativi dall’estero, non compensato dalla domanda interna che pure si mantiene in fase positiva. Le incognite che incombono sull’evoluzione del quadro politico internazionale, europeo e nazionale non sembrano aver condizionato le previsioni nel breve termine delle imprese: le attese sul primo trimestre del 2017 sono prevalentemente ottimistiche e in miglioramento. L’occupazione fa i conti con la drastica riduzione dei generosi incentivi alle assunzioni dell’anno precedente ma mette a frutto gli incrementi di addetti cumulatisi tra la fine del 2015 e la prima metà del 2016, parallelamente ad un riassorbimento progressivo della Cassa integrazione, evidente soprattutto nelle ore richieste. Il dato medio annuo della variazione degli addetti del campione dell’industria nel 2016 (+0,6%) è il primo segno positivo nella serie storica degli anni successivi alla grande crisi.

Per quanto riguarda la composizione settoriale della ripresa industriale, la serie annuale della produzione a livello regionale (che ha una copertura campionaria maggiore e comprensiva dei settori a livello provinciale) conferma per il terzo anno consecutivo una crescita della meccanica a tassi superiori al 2% e buoni risultati per siderurgia, mezzi di trasporto, chimica e gomma-plastica. L’artigianato manifatturiero segna nell’ultimo quarto dell’anno un netto avanzamento della produzione sia su base trimestrale (+2,7%) che su base annua (+2%) e, come già ricordato, un risultato per l’intero 2016 al di sopra della media regionale. Bene anche fatturato e, guardando all’intero anno, l’occupazione. Il giudizio complessivamente positivo sull’artigianato di produzione è temperato, oltre che da una più incerta evoluzione dell’indice di diffusione della ripresa, dai dati provenienti dagli archivi camerali sulla nati-mortalità delle imprese che vedono proseguire un processo di dura selezione nell’artigianato manifatturiero.

Per quanto riguarda il comparto terziario, tenendo conto della minore affidabilità del campione statistico provinciale rispetto a quello regionale, Bergamo registra un risultato positivo nel commercio al dettaglio e una perdurante situazione di debolezza del volume d’affari nei restanti servizi. Le vendite dell’intero commercio al dettaglio di Bergamo nel quarto trimestre 2016 sarebbero in crescita su base annua del +2,9% (il più robusto dato medio regionale indica un calo del -0,4%) come risultato di una flessione del -0,9% nel settore alimentare, un aumento del +2,9% in quello non alimentare e del +3,6% nel commercio non specializzato. L’incremento delle vendite risente anche della dinamica dei prezzi, per effetto dei primi cenni di risveglio dell’inflazione e per fattori più stagionali. Il consuntivo dell’anno 2016 segna un aumento del +0,7% a livello provinciale ma solo del +0,1% per l’intera Lombardia. Informazioni di altra fonte (IRI – Information Resources) segnalano a Bergamo per le vendite di prodotti del largo consumo confezionato in ipermercati e supermercati una crescita tendenziale nell’ultimo trimestre del 2016 del +0,7% in volume e del +3,2% in valore. Nell’intero 2016 le vendite di largo consumo a Bergamo sono state pari a 992 milioni in valore con una flessione del -0,4% sul 2015.

Nel campione dell’indagine congiunturale, il saldo tra le imprese commerciali di Bergamo che indicano una variazione positiva o negativa delle vendite torna ad avvicinarsi alla parità con un miglioramento sensibile nelle ultime rilevazioni Sostanzialmente invariato è il volume d’affari nei servizi a Bergamo (-0,1% su base annua) contro un incremento medio regionale del +1,5%. Il differenziale a sfavore di Bergamo pare derivare in specifico dal commercio all’ingrosso e dai servizi alle imprese, mentre alberghi e ristoranti limitano al minimo le perdite in confronto alla Lombardia. L’anno 2016 si chiude a Bergamo con una variazione negativa (-0,7%) di contro a una moderata crescita (+0,6%) in Lombardia. L’occupazione risulta sostanzialmente invariata nel commercio come nei servizi. Infine, nell’edilizia un risultato negativo ma non in peggioramento emerge dall’intero campione regionale. Anche per l’edilizia, l’elevata mortalità delle aziende, soprattutto artigiane, testimonia di una situazione ancora critica.


Bergamo, c’è turismo dopo Expo

Dopo il balzo in avanti registrato nel 2015 grazie a Expo, nel 2016 il turismo bergamasco mantiene il trend positivo. È quanto emerge dal monitoraggio dei flussi turistici registrati nel periodo gennaio-settembre 2016 ed elaborati dall’Osservatorio turistico del Settore Welfare, Turismo e Cultura della Provincia di Bergamo.

Grazie all’altissima percentuale di esercizi che hanno fornito i movimenti relativi alla propria clientela, si tratta di una fotografia del turismo provinciale che, seppur provvisoria, difficilmente differirà da quella che si delineerà a seguito del consolidamento dei dati da parte di Istat.

Di fronte alla crescita a due zeri del 2015, dovuta soprattutto ad Expo, l’aspettativa quasi naturale era quella di una flessione. Invece non è stato così. Il monitoraggio evidenzia che la destinazione turistica bergamasca è ormai consolidata, al di là dei grandi eventi.

I dati complessivi mostrano una sostanziale tenuta rispetto allo stesso periodo del 2015 (+0,5% arrivi -0,5% presenze) con una lieve flessione del turismo domestico (-0,9% arrivi e -4,5% presenze) e un incremento dei flussi da parte di clienti stranieri (+2,4% arrivi e +5,8% presenze). Gli arrivi totali nei primi nove mesi del 2016 sono stati 802.906 contro i 799.169 dello stesso periodo del 2015. Le presenze sono scese a 1.602.464 da 1.610.486 nel 2105. Gli arrivi dall’estero sono saliti dai 333.332 del 2015 ai 341.237 del 2016, le presenze sono passate da 623.763 a 659.999. In calo invece, come detto, il turismo domestico. Nel 2015 gli arrivi sono stati 465.837 contro i 461.699 del 2016, le presenze sono passate da 986.723 a 942.465.

Per quanto riguarda il tipo di sistemazione, aumenta chi sceglie le strutture extra-alberghiere a scapito di hotel e pensioni. Le presenze totali negli esercizi alberghieri sono infatti scese da 1.189.249 a 1.154.410. Bed & breakfast, case vacanze e appartamenti, pur restando su valori assoluti inferiori di oltre la metà, hanno totalizzato 448.054 presenze contro lo 421.237 del 2015.

tabelle flussi turistici - bergamo - 2016 - gennaio settembre - osservatorio provincia bergamo

«Negli ultimi due anni, in particolare, si sono raggiunti traguardi in termini di pernottamenti mai toccati nella storia del turismo bergamasco – sottolinea il presidente della Provincia Matteo Rossi -. I dati relativi ai flussi turistici registrati nel periodo gennaio-settembre 2016 fanno ben sperare di poter addirittura superare il record di presenze annuali registrato nel 2015, anno in cui il nostro territorio ha subito in modo deciso i positivi influssi dell’Esposizione Universale di Milano. Di notevole importanza anche il fatto che il livello di internazionalizzazione turistica nella nostra provincia faccia registrare una crescita annuale costante, portando ricchezza non solo in termini economici ma anche dal punto di vista sociale e culturale».

Un’indagine statistica della Banca d’Italia in tema di turismo internazionale evidenzia come nel periodo gennaio-ottobre 2016 in terra bergamasca i turisti stranieri abbiano speso circa 185 milioni di euro (19 milioni in più rispetto allo stesso periodo nel 2015). «Il settore turistico si configura sempre più come una parte essenziale della nuova economia bergamasca – aggiunge Rossi – e l’aggregazione territoriale, la promozione e il costante miglioramento dei servizi offerti sembrano essere la chiave giusta per poter cogliere al meglio l’opportunità offerta anche dalla presenza sul nostro territorio del terzo scalo nazionale».

Per quanto riguarda la provenienza degli stranieri, sono i tedeschi a farla da padrone, con il 13,8% dei pernottamenti; da segnalare l’incremento del 75,7% rispetto all’anno precedente, fattore che risalta in modo consistente nelle aree che hanno beneficiato degli effetti dell’evento “The Floating Piers”.