Val Seriana,
«la svolta può arrivare» 

Con il terzo “compleanno”, caduto lo scorso 21 novembre, si è chiuso ufficialmente il primo mandato di Promoserio, l’agenzia per lo sviluppo della Valle Seriana che è riuscita ad unire soggetti pubblici (44 comuni, da Ranica e Villa di Serio fino alla Val di Scalve, e 2 comunità montane) e privati (circa 200 operatori turistici e 50 aziende di produzione e servizi) nell’ardua sfida di trovare nuovi modelli e strategie per il rilancio di un’area pesantemente segnata dalla crisi del manifatturiero. Il rinnovo delle cariche è fissato il prossimo 18 gennaio, intanto l’associazione ha messo in campo, sabato scorso all’auditorium Modernissimo di Nembro, il suo annuale workshop economico dedicato, in questa edizione, allo sviluppo sostenibile.
Il presidente (che si ricandida) Guido Fratta non si lancia in facili ed entusiastici proclami, ma risponde (numeri e azioni realizzate alla mano), a chi pensava ad una “fabbrica” di incarichi e poltrone in sovrapposizione alle iniziative e agli enti già presenti sul territorio, che Promoserio «in questi tre anni ha dato un segnale di vitalità e di forza e mostrato che forse una sua utilità ce l’ha».
Che cosa ha dato la scossa per l’aggregazione?
«La spinta iniziale è stata data dall’assessorato al Turismo della Comunità montana della Valle Seriana, che riteneva insufficienti e scollegate le attività di promozione. Il primo passo è stato rinnovare l’ufficio turistico, realizzando uno Iat, quindi una struttura riconosciuta della Provincia, attorno a cui si è concretizzato un progetto solido di rete. Ne è nata una sinergia tra soggetti pubblici e privati mai realizzata in precedenza, un modello unico in Bergamasca e in Lombardia».
Che Valseriana ha visto in questi tre anni?
«Una realtà che culturalmente fa ancora fatica ad uscire dal particolarismo e dalle logiche di campanile che l’hanno caratterizzata per secoli. Contrasti e divisioni possono anche starci in tempi di ricchezza e benessere, ma in un periodo di crisi sono fallimentari. L’area inoltre ha sempre avuto una connotazione produttiva, il che non è affatto un male, anzi, ma ha fatto perdere di vista il valore del territorio, che solo ora si sta pian piano riscoprendo non solo come luogo di produzione e residenza».
Premesse non certo ottimali per impostare un progetto di rilancio che parte dal turismo…
«Abbiamo gettato le basi, ma c’è ancora tanto da fare. Ci sono versanti strettamente operativi, ma anche ostacoli infrastrutturali e soprattutto bisogna superare la visione del passato se vogliamo dare vita ad un’area ad alta vocazione turistica. Si può fare, come di dimostra la Romagna, che ha probabilmente meno attrattive di noi ma ha sviluppato la cultura dell’accoglienza. Credo che ci vorrà almeno una generazione, ma comincia ad intravedersi un’unità di intenti, per questo mi sento di dire che il bicchiere è mezzo pieno».
È vero però che proporsi come meta turistica oggi significa confrontarsi con una concorrenza globale. Anche con budget ridotti, in effetti, si vola ovunque.
«Proprio per questo occorre ragionare in termini di sistema turistico. I nostri paesi, singolarmente, non hanno certo il richiamo di Venezia o Madonna di Campiglio, alle quali basta quasi solo il nome. La nostra dimensione deve essere per forza l’arco delle Orobie e l’obiettivo è sviluppare progetti comuni, un prodotto integrato composto da montagna, natura, sport, eventi. Lavorando in quest’ottica abbiamo due vantaggi che possono fare la differenza a livello competitivo: la maggiore vicinanza e accessibilità da un capoluogo come Milano, rispetto ad esempio al Trentino e alla Valle d’Aosta, e la varietà di opportunità, la neve d’inverno, il verde d’estate, le attività sportive, il trekking, la pista ciclabile, le manifestazioni. L’idea del pacchetto è concorrenziale».
Quali sono invece i punti deboli?
«La competitività degli alberghi. In Trentino hanno ormai tutti un centro benessere, mentre da noi sono ancora pochi. Ma parliamo anche di politiche di prezzo, mancano ad esempio offerte sul non venduto, e di tecnologia, dal badge per l’accesso alle camere al wi-fi. E poi torniamo alla cultura dell’accoglienza e del fare sistema: capita ancora che una struttura al completo non pensi di fare il nome di qualche altra insegna della zona al turista che cerca ospitalità…».
Ammetterà anche che in Valle il fascino della natura è stato compromesso dalla cementificazione.
«Non c’è dubbio. È stato un errore. Si è pensato di fare turismo con gli strumenti più semplici, puntando su un ritorno a breve, su una logica solo finanziaria. Il risultato sono migliaia di seconde case (solo a Castione sono 6mila e anche a Selvino la densità è altissima) sottoutilizzate che oggi riducono le potenzialità. Purtroppo ci si è concentrati solo sulla produzione e il territorio è passato in secondo piano. Un peccato perché quando c’erano le risorse si sarebbero anche potute investire nella promozione della Valle».
Il futuro è nel turismo?
«No, il futuro è nel territorio, in tutto ciò che da esso può derivare. L’ho definito il “made on Serio”, ma mi hanno detto che l’espressione non è proprio corretta… Vuol dire comunque integrare la componente produttiva, con tutta la parte di innovazione che sta portando con sé, il laboratorio di nuove idee e servizi che sta nascendo, il commercio, l’enogastronomia, il recupero delle piccole produzioni agricole e artigianali. La Valle ha dato vita a vere e proprie eccellenze che si sono affermate nel mondo, la chiave è una valorizzazione a 360 gradi di ciò che nasce qui».
Come stanno le aziende? E come guardano al futuro?
«La crisi si è fatta sentire, ma ci sono realtà che in silenzio hanno continuato a lavorare, hanno realizzato innovazioni che le hanno aiutate a vivere dentro la crisi. Sono realtà giovani o che hanno saputo riorganizzarsi, rispondere alle difficoltà con dei contenuti. Guardano al futuro con prudenza, sapendo però che non basta curare il proprio orticello o il proprio segmento, ma occorre tenere conto del territorio».
Il lavoro resta l’emergenza…
«Sì, l’allarme c’è. Come agenzia di sviluppo del territorio abbiamo gestito per la Provincia lo Sportello lavoro con sede ad Albino, dedicato all’orientamento delle persone in cerca di occupazione. Purtroppo per l’anno prossimo non ci saranno più risorse. In realtà qualche opportunità di riconversione ci potrebbe già essere nelle professioni legate al turismo, nell’accoglienza, nel commercio, nelle attività museali e culturali».
Bisogna lanciare un appello?
«L’appello è che tutti credano in Promoserio come ad un modello di aggregazione nuovo tra pubblico e privato per la governance del territorio. In fondo è la realizzazione delle tre P (public – private – partnership) indicate dalla Commissione europea per contrastare le conseguenze della crisi globale».

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