Tra recupero
urbano e rilancio
della cultura
la svolta è possibile 

Di recente, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha nominato quattro nuovi senatori a vita:  l’architetto Renzo Piano, la ricercatrice Elena Cattaneo, il Nobel della Fisica Carlo Rubbia, il direttore d’orchestra Claudio Abbado. Non mi soffermerò sulle biografie dei nominati che tutti conosciamo bene , ma sul significato culturale e “politico” di queste nomine, che io leggo come un tributo alla scienza e alla ricerca, all’arte, alla conoscenza e alla valorizzazione della bellezza. Un riconoscimento, insomma, alle direttrici necessarie ed essenziali per l’Italia di domani. E, io credo, anche per Bergamo.
Il rapporto Ocse del 2001, che verrà aggiornato, già suggeriva, per la Bergamasca, di investire in ricerca, cultura e formazione. In quell’occasione Roberto Sestini chiarì bene il concetto: “Siamo belli, ricchi, ma poco dediti all’investimento nel sapere”. Da allora, nonostante la crisi, abbiamo fatto notevoli passi avanti sul questo fronte. Molti “soggetti” del territorio oggi navigano sicuri sulla rotta dell’innovazione e dell’internazionalizzazione: penso al Kilometro Rosso, al polo universitario di Bergamo, all’Istituto Mario Negri, a molte attività del nostro ospedale (dalla trapiantologia all’ematologia, dalla nefrologia al laboratorio di terapia cellulare, solo per citarne alcune) e all’Unità di ricerca per la Maiscultura. Tante altre innovazioni, sparse nel tessile come nella meccanica o elettronica, hanno portato alcune aziende del nostro territorio a diventate leader a livello internazionale. La domanda, allora, nasce spontanea: possiamo caratterizzare questo territorio per la ricerca e l’innovazione? Io penso di sì.
Se poi convintamente crediamo (e io lo credo) che la bellezza sia tra “le merci più ricercate”, Bergamo non manca di disponibilità paesaggistiche, monumentali e museali, né di patrimoni preziosi, nella pittura e nella musica, di Festival importanti da Bergamo Scienza a Bergamo Film Meeting.
L’Expo del 2015 deve costringere Bergamo a fare sistema (obiettivo sempre dichiarato e difficilmente perseguito), riconoscendosi e caratterizzandosi per alcuni fattori e promuovendosi nel tempo. In un’ottica simile, la cultura potrebbe diventare non solo volano del settore turistico, ma soprattutto un tratto distintivo di un territorio accogliente, che non teme le innovazioni necessarie per preservare e far conoscere la sua autenticità e storicità. Nel quinquennio tra il 2004 e il 2009 l’Amministrazione Bruni ha investito molte energie nel riconoscimento Unesco e nella caratterizzazione di Bergamo come la città di Gaetano Donizetti. Non era solo un dovuto tributo alla storia, ma un passo importante per costruire un’identità forte, che fosse riconoscibile nei circuiti culturali e turistici internazionali. Lo slancio verso questo percorso è stato, purtroppo, smorzato negli anni recenti, ma Bergamo può rimettersi in carreggiata e ripartire verso questo obiettivo.
Strettamente legato al rilancio della nostra città a livello internazionale, c’è il tema del recupero delle aree dismesse e della riqualificazione urbana. L’assenza quasi totale di concorsi internazionali per riprogettare i nuovi comparti urbani oltre a rappresentare una perdita di competitività è, come afferma Renzo Piano, “un altro schiaffo ai giovani talenti, con il limite di essere esclusi nella scala internazionale”. Ora, finalmente coscienti  che è finita la stagione della realizzazione di grandi insediamenti  abitativi, consapevoli che il suolo è un patrimonio da salvaguardare e che è sempre la bellezza, l’armonia, la vivibilità dei luoghi a garantire il ben-essere, dovremmo puntare alle periferie, alle aree in disuso, alla qualità delle ristrutturazioni, all’attenzione ossessiva per l’arredo e la qualità urbana, a sostenere i distretti del commercio e dei servizi qualificati, perché interi quartieri – molti dei quali a Bergamo ricchi di tessuto sociale e di progettualità – non siano appendice di un centro distante e distinto. 
In questi anni mi sembra smarrita la preoccupazione di porre rimedio all’inversione della curva demografica su cui anche la città di Bergamo si trova a fare i conti da tempo. La nostra città per essere più dinamica, più propensa all’apertura, economicamente e mentalmente più vitale, ha bisogno di giovani: dobbiamo fornire loro le ragioni e le opportunità per consentirgli di realizzare le loro ambizioni professionali e umane. Altrettanto, mi pare sia calata l’attenzione sull’emorragica chiusura di molti negozi di vicinato, con conseguente perdita di un ‘servizio’ e di un presidio sociale  per le famiglie e le classi più deboli. 
La relazione tra le persone, gli spazi e l’ambiente, l’accessibilità e la fruibilità dei luoghi, le sue connessioni con le reti di trasporto, oggi diventano un fattore di crescita anche economica fondamentale per tanti settori (penso all’edilizia e alla componentistica) che specialmente nel nostro territorio hanno pagato un prezzo inimmaginabile in questa crisi. Bergamo ha tutte le carte in regola per guardare con fiducia a un futuro di innovazione, di crescita e di apertura internazionale, mantenendo e rafforzando il senso e i rapporti di comunità, una ricchezza immateriale imprescindibile.

di Elena Carnevali
deputata del Partito Democratico

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