Tagli alla Camera di Commercio,
anche i dipendenti dicono “no”

Preoccupati per il proprio futuro, ma anche per il venir meno del sostegno al mondo imprenditoriale, anche i dipendenti della Camera di Commercio di Bergamo si schierano contro il dimezzamento del diritto annuale e il trasferimento della gestione Registro Imprese al ministero dello Sviluppo Economico. Ecco il documento inviato dalla Rsu dell’Ente ai ministri e parlamentari bergamaschi.
 

Gentilissimi tutti,
con riferimento alle iniziative normative del Governo in materia di riforma della Pubblica Amministrazione, Vi sottoponiamo alcune osservazioni relative alle due norme che interessano il futuro delle Camere di Commercio:
• art. 28 del D.L.90/2014 attualmente all’esame del Senato della Repubblica in vista della necessaria conversione in legge,
• art. 9 del DDL PA di riforma della Pubblica Amministrazione recentemente predisposto dall’Esecutivo.
L’art. 28 del D.L. 90/2014 prevede, a partire dal 2015, la riduzione del 50% del diritto annuale pagato dai soggetti iscritti al Registro delle Imprese alle Camere di Commercio.
Tale riduzione porterà alla singola impresa un risparmio di circa 40/60 euro per anno, a fronte di una riduzione dei proventi del sistema camerale a livello nazionale di circa 400/500 milioni di euro all’anno.
Per la Camera di Commercio di Bergamo la riduzione dei proventi ammonterà a circa 9 milioni di euro a fronte di proventi correnti che annualmente sono pari a circa 26 milioni di euro.
Il taglio previsto dall’art. 28 comporterà l’impossibilità di garantire lo svolgimento di compiti e funzioni fissati dalla legge e soprattutto limiterà pesantemente la capacità degli enti di intervenire in sostegno alle produzioni locali, all’accesso al credito per le micro, piccole e medie imprese, in supporto all’internazionalizzazione e nell’ambito della regolazione del mercato (perplessità in proposito sono state evidenziate anche dalla X Commissione Attività Produttive Commercio e Turismo della Camera dei Deputati).
Secondo un recentissimo studio curato dalla Cgia di Mestre, si stima che la riduzione prevista dall’art. 28 DL 90/2014 potrebbe generare un effetto recessivo sull’intero sistema economico quantificabile in circa 2,5 miliardi di euro. Nel medesimo studio della Cgia di Mestre si evidenzia che la spesa complessiva del sistema camerale è pari allo 0,2% della spesa della pubblica amministrazione, mentre quella delle amministrazioni centrali pesa per il 24%. Dal 2007 al 2012, inoltre, il Sistema camerale ha aumentato del 47% l’ammontare degli interventi economici a favore delle imprese italiane, di converso, dal 2003 al 2012, il personale del sistema camerale si è ridotto dell’11,9% mentre la media di riduzione delle unità di personale impiegate nella PA nel medesimo periodo è pari al 6,9%.
Di fatto le Camere di Commercio valgono appena lo 0,2% dei costi del personale pubblico in Italia mentre le Amministrazioni Centrali pesano per il 56,2%.
Le conseguenze negative della riduzione del tributo sarebbero particolarmente pesanti per il nostro Ente e per le altre Camere di Commercio della Lombardia che hanno già assunto impegni finanziari importanti per onorare il pluriennale Accordo di Programma per la competitività delle imprese siglato con la Regione.
Le Camere lombarde e le loro aziende speciali sono inoltre fra i principali referenti di numerosi progetti legati ad Expo 2015, progetti la cui sostenibilità economica risulterebbe compromessa dal taglio della principale entrata camerale.
In considerazione del ruolo che siamo chiamati a svolgere in qualità di Organizzazioni sindacali, a tutela degli interessi dei colleghi camerali, non possiamo non manifestare a tutti Voi, la nostra preoccupazione circa il probabile svilimento delle elevate professionalità maturate in decenni di esperienza nella produzione dei servizi a imprese e utenti e le pesantissime conseguenze di tali misure normative sui livelli occupazionali garantiti dal Sistema camerale.
A livello nazionale si tratta di circa 2.600 unità di personale in esubero su un totale di circa 10.500 dipendenti che prestano servizio presso le Camere di Commercio italiane e le loro aziende speciali.
Non bisogna altresì sottovalutare che la riduzione del diritto annuale avrebbe conseguenze negative sui conti pubblici del nostro Paese, considerato che le Camere di Commercio figurano fra gli Enti inclusi nel Conto consolidato dello Stato. La previsione normativa in parola potrebbe infatti concorrere al superamento del limite massimo consentito dai vincoli europei per il rapporto deficit/PIL, nonostante la modesta incidenza del gettito garantito dal diritto annuale rispetto al valore complessivo delle entrate tributarie nazionali.
Tutto questo a fronte di una contrazione assai modesta del carico fiscale sulle imprese.
Gentilissimi Parlamentari e Ministri, se l’intento del Governo è quello di garantire un maggior livello di competitività, riducendo i costi sostenuti dai soggetti privati e rendendo più efficace e meno “burocratica” l’organizzazione pubblica italiana, chiediamo:
– perché ridurre un tributo che viene totalmente finalizzato a sostenere le nostre produzioni in Italia e all’estero?
– perché provocare la paralisi di quella che, fra le Pubbliche Amministrazioni, ha il compito di tutelare l’interesse dei sistemi imprenditoriali locali?
– perché incidere così pesantemente sulle attività delle Camere di Commercio proprio ora in prossimità di EXPO 2015?
– perché non immaginare, al contrario, una riduzione di altre imposte (esempio imposta di bollo o IRAP)?
Infine e se possibile ancora più allarmante è la disposizione contenuta nell’art. 9 del DDL di riforma della PA recentemente predisposto dal Consiglio dei Ministri, che prevede il trasferimento delle competenze e della gestione del Registro delle Imprese dalle Camere di Commercio al Ministero dello Sviluppo Economico.
Anche in questo caso la scelta operata dal Governo lascia perplesso il popolo del sistema camerale e alcuni tra i più rappresentativi stakeholders del sistema.
Gli Enti camerali hanno dato prova di essere in grado di rivitalizzare il Registro delle Imprese facendo leva su:
– una rapida ed efficiente informatizzazione dei dati e la creazione di un sistema integrato di informazioni economico-giuridiche messo a disposizione degli utenti economici con l’utilizzo di strumenti telematici,
– una elevata professionalità del personale di front e back office dedicato, aumentandone in misura esponenziale il potenziale valore, per la collettività economica e non solo, del patrimonio di informazioni economico-giuridiche ivi contenute (il Registro italiano è considerato best practice a cui si ispirano molti Paesi).
Permetteteci di sottolineare ancora il ruolo determinante che nel raggiungimento di un simile risultato ha avuto il personale delle Camere, con la disponibilità dimostrata di accrescere le proprie competenze e la capacità di affrontare (e vincere) le sfide che la necessaria modernizzazione del settore pubblico impone al Paese.
L’avvio negli ultimi anni dello Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) ne è una chiara dimostrazione.
In considerazione del ruolo che siamo chiamati a svolgere in qualità di Rappresentanti sindacali, a tutela degli interessi dei colleghi dipendenti di Camere di Commercio, non possiamo non manifestare la nostra preoccupazione circa il futuro professionale dei 10.500 colleghi coinvolti.
Può davvero la riforma della Pubblica Amministrazione italiana fare a meno del contributo che il Sistema camerale, articolato e radicato sul territorio, è in grado di offrire al processo di modernizzazione del Paese?
È utile rischiare di paralizzare attività e funzioni di un ramo dell’Amministrazione Pubblica che da anni dimostra capacità di innovare e garantisce un’elevata qualità dei propri servizi operando in base al principio di sussidiarietà costituzionalmente sancito?
Serve al Paese sacrificare investimenti, professionalità, anni di lavoro, per varare una riforma che, pur di essere rapida ed avere tempi certi, rischia di dissipare patrimoni informativi e iniziative rilevanti per il rilancio economico del Paese e per il sostegno alla competitività delle nostre imprese?
È convinzione di chi scrive che occorra procedere con incisività, che occorra effettivamente cambiare l’Italia come intende fare il Governo, ma che sia utile procedere con razionalità, valutando le conseguenze di ogni singolo intervento da attuare e analizzandone con attenzione il reale rapporto costi/benefici.
Riteniamo indispensabile, e di conseguenza, che si proceda con il maggior coinvolgimento possibile di ciascuna delle parti in causa nelle riforme in atto, certi che i lavoratori della nostra e delle altre realtà camerali possano dare un contributo notevole al cambiamento, ma anche certi della necessità di difendere con orgoglio e determinazione il nostro lavoro e le peculiari competenze  professionali  acquisite in anni di servizio, perché anch’essi costituiscono un patrimonio irrinunciabile da utilizzare per il progresso del nostro Paese.
RingraziandoVi per l’attenzione che ci avete riservato e sicuri che saprete trasferire Le nostre osservazioni al Consiglio dei Ministri, Vi salutiamo cordialmente.

LA RSU della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bergamo