Covid, lavoro e nuovi profili: i segnali di ripresa ci sono ma non cantiamo vittoria troppo presto

Il recupero di occupati registrato negli ultimi mesi ha fatto gridare in questi giorni al nuovo miracolo italiano. Giusto pubblicare le notizie positive ma senza enfatizzare, anche perché la realtà è diversa da come emerge: pensare che tante persone abbiano trovato una nuova prospettiva lavorativa rappresenta un segnale positivo ma non può far trascurare alcuni elementi che emergono da un quadro che resta molto difficile.

La situazione economica di riferimento rende complicato l’aumento del lavoro a tempo indeterminato e questo impatterà molto presto sulle difficoltà delle famiglie a programmare gli acquisti più impegnativi. A livello nazionale poi a mancare nel recupero è la componente del lavoro autonomo ancora ben al disotto del numero pre Covid. Anche il parziale recupero, dove avvenuto, appare in alcune realtà ancora un fenomeno episodico collegato alla riapertura di attività stagionali oppure, come avvenuto dalle nostre parti, dalla spinta a cercare prima di altri i benefici della ripresa che oggi però sono ancora molto teorici.

Senza fare i catastrofisti, il lavoro è cresciuto negli ultimi mesi per la spinta propulsiva dell’industria e per il recupero del settore terziario dopo la catastrofe dell’ultimo anno. Né l’una né altro, temiamo, avranno vita così lunga da assicurare un percorso duraturo e il recupero dei livelli raggiunti nel 2019, nel quale non dimentichiamolo, non stavamo nemmeno così bene venendo da anni di crescita “zero”.

Infine, esiste il vero nodo delle competenze. Mancano i profili e soprattutto manca gente preparata. In ogni settore. L’incremento dei flussi in entrata ci potrà aiutare solo per le mansioni meno qualitative stante un sistema Italia non competitivo per attrarre “cervelli” o quanto meno figure formate. Dobbiamo trovare le modalità per far tornare a lavorare i “residenti” e trovare processi di superamento del gap tra le competenze richieste e offerte da imprese e lavoratori, che ad oggi, dopo la pandemia vede la forbice sempre più larga.

Altrimenti il “fuoco di paglia” del boom occupazionale si spegnerà presto. La crescita attesa del PIL nel 2022 sta diminuendo. Appena ci riassesteremo verso una crescita “normale” lavorerà solo chi sarà capace e dovremo preoccuparci per gli altri.

 


Pagamenti in contanti, il limite scende a 1.000 euro

Nuove regole per l’uso del denaro contante dal 1 gennaio 2022. Limite per gli stranieri a 15 mila euro

Giro di vite sull’uso dei contanti. Dal 1 gennaio l’Italia ha attivato una stretta per modificare la soglia per i pagamenti cash con la disposizione che riduce da 2.000 a 1.000 euro il valore soglia oltre il quale si applica il divieto di trasferimento del contante fra soggetti diversi (articolo 49, comma 3 bis, del decreto legislativo n. 231 del 2007, introdotto dal decreto legge n. 124 del 2019). Rimane confermata la disposizione che eleva a 15.000 euro il limite per i pagamenti in contanti per l’acquisto di beni e di prestazioni di servizi effettuati dalle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e che abbiano residenza fuori del territorio dello Stato (stranieri UE e extra UE), utilizzando un’apposita procedura.
Nulla cambia, invece, per quanto riguarda invece prelievi e versamenti in banca, poiché non si tratta di trasferimenti di denaro tra due soggetti diversi ma di movimenti che interessano una sola persona. In pratica, sarà perfettamente lecito andare in banca a ritirare 1.500 euro: quello che non sarà più consentito è di utilizzarli tutti insieme per fare un solo pagamento. Potranno essere tenuti in casa per essere spesi un po’ alla volta entro la soglia stabilita.

“Sebbene il provvedimento sia datato e l’entrata in vigore prevista da tempo, avrà un impatto negativo sui consumi, perché c’è ancora un mercato che non ha niente a che vedere con il nero ma nel quale il contate viene ancora utilizzato – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Ricordiamo che già alcuni anni fa la soglia del contate venne abbassata e poi rialzata per necessità operativa legate alle vendite. Infine, è vero che il turismo è esonerato, ma la procedura è troppo farraginosa e finirà per penalizzare gli acquisti da parte dei turisti stranieri”


Dal green pass ridotto a sei mesi alle mascherine all’aperto: tutte le novità del decreto Covid di Natale

Pubblicate in Gazzetta Ufficiale le nuove misure varate dal Consiglio dei ministri: super green pass anche al bar e in palestra, discoteche chiuse fino al 31 gennaio 

Fino al 31 marzo sarà obbligatorio possedere il super green pass per consumare al banco di bar e pubblici esercizi, nonché per poter accedere a piscine, palestre, sale bingo, musei, parchi tematici e divertimento, sale gioco, sale scommesse e sale bingo. È una delle disposizioni del decreto legge “Ulteriori misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali”, pubblicato il 24 dicembre in Gazzetta Ufficiale.
Il decreto rafforza le misure anti-Covid alla luce dell’aumento dei contagi spinto soprattutto dalla variante Omicron e introduce nuove misure urgenti per il contenimento dell’epidemia e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali.

Green pass
Dal 1° febbraio 2022 la durata del green pass vaccinale è ridotta da 9 a 6 mesi. Inoltre, con ordinanza del Ministro della salute, il periodo minimo per la somministrazione della terza dose sarà ridotto da 5 a 4 mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario.

Obbligo di indossare le mascherine all’aperto
Viene previsto l’obbligo di indossare le mascherine all’aperto anche in zona bianca.

Obbligo di indossare le mascherine Ffp2 al chiuso
Viene introdotto l’obbligo di indossare le mascherine di tipo FFP2 su tutti i mezzi di trasporto nonché in occasione di spettacoli aperti al pubblico che si svolgono all’aperto e al chiuso in teatri, sale da concerto, cinema, locali di intrattenimento e musica dal vivo (e altri locali assimilati) e per gli eventi e le competizioni sportivi che si svolgono al chiuso o all’aperto. In tutti questi casi è vietato il consumo di cibi e bevande al chiuso. Quindi dove sarà organizzato un evento ammesso e accessibile al pubblico sarà vietato vendere o somministrare cibi e bevande.

Somministrazione al banco
Fino alla cessazione dello stato di emergenza (per ora fissato al 31 marzo 2022) è esteso l’obbligo di certificazione verde rafforzata (il super green pass) anche per il consumo di alimenti e bevande al banco, al chiuso.
Per bar e ristoranti non sarà quindi più ammesso alcun consumo interno per chi non possiede un green pass rafforzato. La legge parla di divieto di consumo e, pertanto, è ammessa per coloro che consumeranno all’esterno l’entrata nel locale per i servizi igienici e per il pagamento.

Feste all’aperto
Fino al 31 gennaio 2022 sarà vietato lo svolgimento di feste, comunque denominate, gli eventi a queste assimilati e i concerti che implichino assembramenti in spazi aperti. Questa disposizione si estende anche ai locali assimilati (bar, ristoranti ville ecc.) per eventi organizzati sia all’aperto sia al chiuso. Sarà ammesso solo il consumo al tavolo pranzo o cena nel rispetto delle linee guida con eventuale musica d’ambiente ma non concerti, spettacoli ecc.

Discoteche e sale da ballo
L’attività delle discoteche, sale da ballo e locali assimilati è sospesa sino al 31 gennaio 2022. Alla riapertura l’accesso sarà consentito solo a coloro in possesso di certificazione con booster di richiamo (terza dose) oppure in possesso della certificazione rafforzata unitamente all’esito di un tampone negativo.

Palestre, piscine, musei, terme, etc.

La certificazione verde rafforzata sarà necessaria anche:

  • al chiuso per piscine, palestre e sport di squadra;
  • per musei e mostre;
  • al chiuso per i centri benessere;
  • per i centri termali (salvo che per livelli essenziali di assistenza e attività riabilitative o terapeutiche);
  • per i parchi tematici e di divertimento;
  • al chiuso per centri culturali, centri sociali e ricreativi (esclusi i centri educativi per l’infanzia);
  • per sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò.

Corsi di formazione
Per la partecipazione ai corsi di formazione privati in presenza sarà necessario il cosiddetto green pass “base”.


Dal Green pass ai fondi del Pnrr: il terziario bergamasco plaude l’azione del Governo Draghi

I risultati del rapporto di ricerca Format Research che sonda lo status quo del settore in merito alla gestione della crisi Covid

Sei imprese su dieci, circa il 64%, sono soddisfatte dell’azione svolta dal Governo nella gestione della crisi (il 25% molto soddisfatto e il 39% abbastanza soddisfatto). Solo il 36%, invece, e cioè poco più di un terzo si ritiene poco o per nulla soddisfatto. È quanto emerge dal Rapporto di ricerca sulle imprese del terziario realizzato da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo finalizzato a sondare lo status quo del settore in merito all’operato del Governo Draghi in termini di gestione della crisi da Covid-19, sia dal punto di vista sanitario sia dal punto di vista economico.

Il giudizio sull’operato del Governo è dunque positivo per oltre il 60% degli intervistati, vale a dire due imprenditori su tre. In questo caso il giudizio negativo di qualcuno rispetto al giudizio più lusinghiero espresso dall’opinione pubblica sui meriti del Governo in materia sanitaria ed economica potrebbe essere stato influenzato dalle risorse considerate esigue, rispetto alle perdite, stanziate dagli ultimi due Governi. È importante sottolineare che la ricerca è stata condotta dopo l’introduzione del green pass (15 ottobre) e mentre si discuteva dell’entrata in vigore del green pass rafforzato e prima della recente decisione del Governo sulle restrizioni per i turisti.

Green pass

Il giudizio sul green pass è abbastanza uniforme: il 61,7% degli intervistati sostiene che il certificato verde ha influito positivamente sui ricavi dell’impresa e crede che la clientela sia aumentata perché i clienti si sentono più sicuri. Il 21,0% dichiara, invece, che il Green pass non ha avuto alcun impatto sul proprio giro di affari, mentre il 17,3% dichiara che il certificato verde ha avuto un effetto negativo sui ricavi e, quindi, che la clientela sia diminuita perché i clienti sprovvisti di Green pass non hanno potuto accedere al locale al chiuso.
Pienamente promosso, inoltre, il provvedimento varato dal Governo sull’obbligo del Green pass per accedere sui luoghi di lavoro entrato in vigore il 15 ottobre: l’87,1% è d’accordo, di cui ben l’80,6% è favorevole completamente senza distingui, mentre solo il 12,9% non è d’accordo.

Fondi PNRR

Infine, gli imprenditori hanno un’aspettativa molto alta dei fondi stanziati dal PNRR ritenendo che possano costituire una svolta per diversi settori, a cominciare da ricerca-istruzione e transizione energetica. Nel dettaglio, quasi sette imprenditori su dieci ritengono che i fondi stanziati nel PNRR rappresentino una svolta dal punto di vista dell’istruzione e della ricerca, transizione ecologica, salute, infrastrutture, inclusione sociale e digitalizzazione. In particolare, il 69,1% ritiene che le risorse del Pnrr siano fondamentali per l’istruzione e la ricerca, il 68,0% per la transizione ecologica, 67,8% per la salute, il 67,5% per le infrastrutture, il 66,5% per l’inclusione sociale, e il 65,1% per la digitalizzazione.

“Veniamo da un lungo periodo di crisi, interrotto quest’estate con diversi segnali di ripartenza – commenta Giovanni Zambonelli, presidente Ascom Confcommercio Bergamo . È chiaro che questo risultato è merito di quanto messo in atto dal Governo nei mesi scorsi ma anche della stessa sensibilità delle persone attente e per questo, un vista delle feste, non dobbiamo disperdere tutti i sacrifici fatti con comportamenti meno prudenti che metterebbero a repentaglio la sicurezza e la ripresa economica. I nostri comparti sono stati messi in ginocchio e penso in particolare al turismo che in questi giorni sta vivendo un ulteriore fermo dovuto alle tante prenotazioni annullate, soprattutto dall’estero“.
E sul Pnrr Zambonelli ritiene che “i fondi saranno una grande opportunità per il Sistema Paese. La vera criticità sarà capire e valutare se la macchina statale sarà in grado di gestire i fondi e le incombenze burocratiche”.


Lavoro, in Bergamasca oltre 7000 imprese del terziario fanno fatica a reperire personale

I settori più penalizzati sono quelli della ristorazione e dell’accoglienza: tutti i dati della ricerca di Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo

Oltre 9000 aziende del terziario stanno cercando di inserire una figura nel proprio organico e il 77,5% di queste (circa 7.100) sta registrando difficoltà tnel reperirla. Il settore più penalizzato è quello della ristorazione e dell’accoglienza. Dalle risposte raccolte dagli imprenditori risulta che il rifiuto dipende dalla retribuzione ritenuta poco sufficiente dai candidati, dalla concorrenza di altre imprese e dalle mansioni ritenute poco attrattive. Le aziende richiedono in particolare diplomati. La tipologia contrattuale offerta è il contratto a tempo determinato, a cui segue il tempo indeterminato, il contratto di apprendistato. Il 65% dei contratti a tempo determinato prefigurano un’assunzione successiva. Sono questi alcuni dei dati emersi dalla ricerca sulle Risorse umane contenuta nel Rapporto di ricerca sulle imprese del terziario realizzato da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo.

La ricerca di personale

Nonostante le difficoltà del periodo, il 34,7% delle imprese del terziario bergamasco ha avviato azioni per la ricerca di nuovo personale; il profilo maggiormente richiesto è il diplomato (47%), di età tra i 18 e i 24 anni (39%) e senza preferenza per il sesso (57,9% contro il 18% che vuole assolutamente un uomo e il 24% una donna). La tipologia contrattuale offerta è il contratto a tempo determinato (50%), a cui segue il tempo indeterminato (23,8%), il contratto di apprendistato (15,9%). Il 65% dei contratti a tempo determinato prefigurano un’assunzione successiva.

La difficoltà di reclutamento

Tra le imprese che stanno cercando nuovo personale il 39% sta registrando molte o abbastanza difficoltà e il 38,5% poche difficoltà. Solo il 22,5% non registra alcuna difficoltà.

Tra le prime, cioè le imprese che registrano difficoltà, il 60,2% ritiene che l’incapacità di trovare il profilo stia producendo un impatto forte o comunque consistente sull’attività, mentre il 39,8 poco e pur nulla.

Queste difficoltà sono superiori a quelle già riscontrate prima della pandemia: per il 43% molto superiori, il 7,8% superiori e il 25,4 le stesse difficoltà. Solo il 4,1% dichiara minori difficoltà.

Le ragioni

Le imprese che rilevano difficoltà a identificare i profili ricercati imputano le ragioni a retribuzione considerata insufficiente dai candidati per il 38,2%, concorrenza delle altre imprese per il 35,0%, mansioni considerate poco attrattive per il 32,0%, scarsità di personale con competenze adeguate per il 26,9%, orari di lavoro ritenuti pesanti per il 24% e ricollocamento presso settori non colpiti dalla crisi per il 18,0%.

“La pandemia ci ha restituito una crisi occupazionale senza precedenti, un mostro bifronte – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Se molti faticano a trovare lavoro, moltissime imprese non trovano lavoratori. Più di un’impresa su tre del terziario orobico sta cercando almeno una nuova figura da inserire nell’organico. Rapportate all’universo del settore stiamo riferendoci ad oltre 9.100 aziende del terziario bergamasche. Di queste circa 7.100 sta registrando difficoltà di reperimento. Gli impatti presumibili sono l’incapacità di crescere con i volumi di vendita, turno di lavoro massacranti per i titolari ed anche per gli altri dipendenti, rinuncia di parte degli ordini. In un momento di ripresa del commercio paradossalmente il problema delle imprese non è nei consumi, ma nella mancanza di manodopera. L’incapacità di completare gli organici impedisce di cogliere a pieno la ripresa e a volte crea un circolo vizioso ulteriore, perché coloro che lavorano lo fanno a condizioni di maggiore pesantezza”.


Credito, il terziario fa i conti con la liquidità. Mille imprese a rischio con la fine della moratoria

Dall’indagine Ascom con Format Resarch emerge una situazione in chiaro scuro e anche nell’ultimo semestre 2021 1 imprenditore su tre ha chiesto un nuovo prestito

La liquidità continua ad essere la reale criticità per le imprese del terziario di Bergamo: anche nell’ultimo semestre dell’anno circa un imprenditore su tre si è visto costretto a ricorrere a un nuovo prestito e, da inizio pandemia, l’indebitamento è andato crescendo nonostante sia leggermente calato il numero di imprese che hanno chiesto un finanziamento rispetto al primo semestre 2021. Un trend che graverà sulle spalle delle imprese non appena le moratorie si interromperanno il 31 dicembre, nonostante la quasi totalità delle imprese non ha aderito alla proroga del DL Sostegni bis perché non ne ha ravvisato la necessità. Una situazione che parrebbe in miglioramento, quindi, ma se il fabbisogno finanziario del terziario è leggermente in calo siamo di fatto ancora lontani dai livelli pre covid, soprattutto nel turismo e nelle imprese sotto i 6 addetti.
È quanto emerge dal nuovo Rapporto di ricerca (Osservatorio sulle imprese del terziario) realizzato da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo sulle imprese del terziario. Il rapporto conferma il trend in atto da ormai più di un anno: l’indicatore, rispetto al semestre precedente, è migliorato di 3 punti da 33 a 36 e in prospettiva salirà a 38 a fine anno secondo il giudizio degli imprenditori. Il dato provinciale è inferiore di 5 punti rispetto al dato nazionale dove la situazione, più pesante nello scorso semestre, è migliorata rispetto a Bergamo.
L’indice a 36 è ancora troppo basso ancora rispetto al livello pre Covid del II° semestre 2019 quando era a 59 (-39,0%). Il dato è fortemente condizionato dai numeri drammatici del settore turismo (24), mentre il commercio (42) e i servizi (48) hanno già in parte recuperato e stanno tornando ai livelli pre pandemia. A soffrire sono soprattutto le micro e le piccole imprese fino a 5 addetti, nettamente sotto la media.

Domanda di credito
In leggera diminuzione la percentuale di imprese che ha chiesto un finanziamento negli ultimi 6 mesi. Sono il 32% contro il 35,0% di aprile 2021 (-8,6%). Di queste, il 55% ha vista accolta la sua domanda, il 32% accolta con ammontare inferiore, l’8,3% non accolta e il 4,7% è in attesa.
Rispetto al semestre precedente è aumentato da 52 a 55 la percentuale delle pratiche accolte (+5,8%) e ridotto il numero delle pratiche in sospeso (erano 5 ora al 4,7), segnale che le reazioni tra banca impresa si stanno normalizzando dopo la pandemia. Sono diminuite di 3 punti attestandosi al 32% (-8,6%) quelle accolte con importo inferiore e aumentate dall’8,0% al 8,3%% le pratiche respinte. Al netto di coloro che respinti ritenteranno nel trimestre successivo, l’11,3% delle imprese non ottengono una risposta positiva dal sistema bancario a fronte del bisogno di credito.

Costo del finanziamento e dell’istruttoria
Gli imprenditori del terziario bergamasco fanno segnare un miglioramento del sentiment con riguardo il costo del finanziamento. Da 48 a 52 (+8,3%). Il miglioramento ha portato l’indice al dato del secondo semestre 2019, quindi a prima della pandemia, e l’indice è migliore di 3 punti rispetto al dato nazionale. È il segnale di una maggiore consapevolezza degli imprenditori orobici oppure di un effettivo miglior trattamento economico.
Anche il costo dell’istruttoria viene giudicato in leggero miglioramento rispetto al semestre precedente. L’indice è salito da 37 a 38 (+2,7%) rispetto al I° semestre 2021. L’indice è migliore di quello nazionale che si attesta a 35 e confermato rispetto ad aprile.

Durata dei prestiti e garanzie richieste
Per quanto riguarda la durata temporale del credito la situazione è stabile con un indice che sui conferma a 41. Da inizio pandemia si registra proprio nella minore durata dei finanziamenti il crollo dell’indice, quando era 50, con 9 punti in più (-18%). La situazione bergamasca resta comunque nettamente migliore a quella nazionale il cui indice è a 23, con 18 punti percentuali più bassi rispetto al dato orobico.
In leggero miglioramento anche il giudizio delle imprese bergamasche rispetto alle garanzie richieste con 43 e +1 punto (+2,4%) rispetto al primo semestre 2021. L’indice resta più alto rispetto a prima della pandemia ma è quasi tornato alla normalità dopo che nell’anno 2020 era cresciuto a seguito dell’estensione della garanzia del Fondo Centrale di garanzia con il decreto Legge liquidità (Legge 5/06/2020 n. 40). L’indice è nettamente migliore a quello nazionale che si attesta a 35.

Costo dei servizi bancari
In leggero peggioramento l’indice relativo al costo dei servizi bancari registrato presso le imprese di Bergamo che si porta a 45 con -1 punto (-2,2%) rispetto al semestre precedente. L’indice è nettamente migliore di quello nazionale che si attesta a 33 ed è in peggioramento.

“Il bisogno di liquidità delle imprese bergamasche rappresenta un problema più sentito rispetto al dato nazionale e la pandemia è stato un “bagno di sangue” per la liquidità delle micro e piccole imprese del terziario – sottolinea Cristian Botti, presidente Fogalco, la Cooperativa di Garanzia di Ascom Confcommercio Bergamo -. Dopo il trauma del primo semestre 2020 stanno normalizzandosi i rapporti banca impresa sia nel numero di pratiche accolte sia nella riduzione di quelle in attesa tornate ad un livello normale ma l’indebitamento è andato crescendo e questo graverà sulle spalle delle imprese non appena le moratorie si interromperanno. A questo si aggiunge il fatto che resta preoccupante la difficoltà di una percentuale di imprese significative di attingere al prestito bancario. Circa i costi e le condizioni del credito, il giudizio degli imprenditori bergamaschi del terziario sui servizi bancari è in miglioramento forse anche per una maggiore competizione del sistema bancario sul territorio. E il dato è nettamente migliore a quello nazionale”.

Fine delle moratorie
Le imprese bergamasche del terziario avevano aderito per il 22,8% alle moratore del D.L. “Cura Italia”: circa una su 4, pari a oltre 5.450 imprese orobiche. Di quelle che non avevano aderito, la stragrande maggioranza (90,3%) perché non ne avevano la necessità, il 6,1% perché mancante dei requisiti e il 3,6% per mancanza di informazione o ritardi.
L’84,7% delle imprese non ha aderito alla proroga del Dl Sostegni bis. Anche qui la quasi totalità 88,3% perché non ne avevano la necessità, il 4,8% per mancanza di requisiti e il 6,9% per mancanza di informazione o ritardo.
Il giudizio degli imprenditori circa la scadenza resta interlocutorio. Riguardo all’impatto sul settore il 46,9% resta negativo, il 34,1% moderatamente negativo e il 12,8% molto negativo. Riguardo l’impatto sulla propria impresa, il giudizio non è così negativo con il 20,6 che ritiene che l’impatto sarà moderatamente negativo mentre il 4,2 sarà molto negativo.

“Alle moratorie hanno aderito un quarto circa delle imprese bergamasche del terziario, ovvero 5.000-6.000 imprese – afferma Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Di queste circa 3.600-4.000 hanno richiesto proroga. Sono numeri comunque elevati ed è chiaro che il giudizio negativo è di coloro che la moratoria l’hanno richiesta e, più in generale, anche di chi non l’ha chiesta se inserito in una filiera nella quale la debolezza economica potrebbe portare difficoltà. La preoccupazione è per coloro 4,2% che esprimono un giudizio di impatto molto negativo sulla propria impresa, che corrispondono a poco più 1.000 imprese bergamasche del terziario, circa un quarto di quelle che hanno richiesta la proroga, che con la fine della moratoria, potrebbero incontrare grosse difficoltà a sostenere di nuovo i debiti contratti”.


Quanto costa aprire un negozio a Bergamo? Dai 40 agli 80mila euro

Quest’anno quasi 300 aperture in più. Ma bisogna fare i conti con gli investimenti necessari per avviare l’attività e le difficoltà legate all’accesso al credito

È una ripresa in chiaro scuro quella che sta vivendo il terziario bergamasco. Se da un lato infatti i numeri sorridono al settore in termini di nuove aperture, dall’altro bisogna fare i conti con gli investimenti necessari e l’accesso al credito.
Entrando nel merito dei numeri, si sta registrando l’aumento del numero delle imprese (+ 283 imprese nei primi tre trimestri del 2021). Il dinamismo imprenditoriale bergamasco deve però fare i conti con l’investimento necessario per aprire un’attività commerciale: secondo un’analisi di Ascom Confcommercio Bergamo, infatti, per chi si vuole mettere in proprio l’investimento iniziale è sostenibile per le attività svolte tra le mura domestiche, mentre quelle esercitate in un punto vendita richiedono investimenti più robusti.
“Sono molte le persone che alla ricerca di un lavoro o di una nuova opportunità stanno aprendo nuove imprese commerciali – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Le aperture più gettonate riguardano in questo momento i negozi di prodotti non alimentari (abbigliamento, calzature, cartolerie, casalinghi, articoli regalo ecc); mentre si stanno risvegliando piano piano le aperture relative a nuovi bar, attività tra le più colpite dalla pandemia”.

Quanto costa aprire un negozio

Secondo Ascom Confcommercio Bergamo, per aprire una nuova impresa l’investimento varia a seconda della tipologia: si va dai 2.000 euro per aprire un’attività di vendita on line (per avvio di impresa e iscrizioni alle principali piattaforme), ai circa 40.000 euro per un negozio di 50 mq non alimentare (dove l’acquisto di merci iniziali, i mobili e gli arredi e l’anticipo del canone sono le principali voci di spesa preventiva), ai 70.000 euro – investimento minimo – per un bar di circa 80 mq (dove spesso la voce mobili e arredi è sostituita dalla quota di avviamento pagato anticipatamente al cedente).
“In questo momento la spinta ad aprire nuove imprese e a investire i propri risparmi è alta – conclude Fusini (guarda qui l’intervista su Bergamo Tv) -. Il paradosso è che questi investimenti, che sono significativi per le persone che li realizzano quasi sempre senza sostegno né pubblico né del sistema bancario, risultano per lo più insufficienti per fronteggiare una situazione di mercato di grande concorrenza e di difficoltà. In altri termini aprire costituisce spesso un azzardo. L’entusiasmo della ripartenza non deve far perdere la bussola rispetto alla realtà nella quale il recupero delle attività commerciali e dei pubblici esercizi non è completa rispetto a prima della pandemia. Infine, la richiesta di contributi a fondo perduto non è la soluzione del problema perché le nuove imprese devono rendersi economiche a lungo termine. Meglio puntare a una decisa riforma del sistema fiscale che tocchi tutte le imprese, anche quelle già in attività”.

 

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Caro gas ed elettricità: rischio stangata da 70 milioni di euro sul terziario bergamasco

A ottobre previsti aumenti “shock” delle bollette. Per le imprese aumenti del 42% per l’elettricità e del 38% per il gas

Una stangata da 70 milioni di euro rischia di gravare sul terziario bergamasco. È quanto potrebbe abbattersi sulle imprese del commercio, turismo, servizi e ristorazione a seguito alla preannunciata crescita del costo dell’energia per le imprese. Numeri che spaventano e gettano un’ombra sulle speranze di ripartenza dopo i tanti mesi bui della pandemia: “Il mese di ottobre rischia di assumere i contorni di un autunno nero del terziario per i nostri associati – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. C’è una fortissima preoccupazione per la prossima stangata sulle bollette. Il Prezzo Unico Nazionale potrebbe registrare un incremento di quasi il 50% rispetto al trimestre precedente”.

Secondo una stima di Confcommercio a ottobre, ci saranno incrementi dei costi per le imprese che potranno attestarsi sul 42% per l’elettricità e sul  38% per il gas. L’aumento del costo dell’energia, se non ci fossero interventi correttivi, si abbatterebbe sul settore terziario bergamasco che conta complessivamente circa 25 mila imprese. Secondo le stime di Confcommercio con Nomisma energia, per un negozio con potenza impegnata di 35 chilowatt e consumo annuo di 75 mila chilowattora, la maggiore spesa per la bolletta elettrica sarebbe di oltre 6 mila euro. Per un ristorante con potenza impegnata di 50 chilowattora e consumo di 100 mila chilowattora in un anno, la maggiore spesa per la bolletta elettrica sarebbe intorno ai 8,5 mila euro annui mentre per un albergo con potenza impegnata di 90 chilowattora e consumo 260 mila chilowattora in un anno, la maggiore spesa per la bolletta elettrica sarebbe intorno ai 20 mila euro annui.

Fusini: “Servono misure strutturali”

“Una crisi energetica di queste dimensioni è senza paragoni – prosegue Fusini -. Non è sufficiente l’impegno annunciato dal Governo per ammorbidire l’effetto. Servono misure strutturali sulla fiscalità per poter assorbire gli aumenti e abbattere così un rincaro che sarebbe davvero insostenibile per le nostre imprese”. Insomma una vera e propria Spada di Damocle incombe sul terziario che oltre a essere il settore più colpito dagli effetti della pandemia ora rischia di essere quello maggiormente esposto agli effetti dei rincari energetici.
“Infine – conclude Fusini – questa stangata rischia di neutralizzare anche le politiche di convenzionamento delle associazioni di categoria che da anni anni perseguono il risparmio energetico alle migliori condizioni economiche contrattuali a favore dei propri associati”.


Bergamo, commercio e servizi vedono la luce: gli imprenditori scommettono sulla ripresa

Nel II trimestre cresce il fatturato delle imprese dei servizi e del commercio al dettaglio. Bene soprattutto l’alimentare mentre restano ancora indietro ristorazione e alberghiero

Nel secondo trimestre il fatturato delle imprese dei servizi e del commercio al dettaglio “rimbalza” rispetto ai minimi dell’anno scorso con segnali positivi su occupazione, ordini e aspettative. È quanto emerge dai dati della Camera di Commercio di Bergamo secondo cui il confronto con i valori minimi raggiunti nell’analogo periodo del 2020, durante la fase più difficile dell’emergenza sanitaria, genera nel secondo trimestre un vistoso rimbalzo del fatturato del settore terziario bergamasco: l’incremento su base annua è pari al +35,4% per le imprese con almeno 3 addetti dei servizi e del +25,2% per quelle del commercio al dettaglio.

La variazione calcolata rispetto ai primi tre mesi dell’anno, pur di entità molto inferiore, si conferma comunque positiva (rispettivamente +1,6% per i servizi e +1,1% per il commercio) e in miglioramento rispetto agli ultimi due trimestri. I progressi sul fronte sanitario, determinati dalla riduzione dei contagi, e il parallelo venir meno delle restrizioni alle attività economiche hanno creato le condizioni per l’avvio di una fase di recupero in un settore che era stato molto colpito dalla crisi innescata dal Covid-19. La crescita registrata nell’ultimo trimestre consente al numero indice del commercio al dettaglio, calcolato ponendo pari a 100 il livello medio del 2010, di raggiungere quota 86,5 e di completare sostanzialmente il recupero dei valori precedenti alla pandemia. I servizi invece, dove l’impatto negativo delle misure di distanziamento è stato più forte, registrano un indice pari a 90,8, ancora lontano dai livelli medi del 2019.

Bergamo meglio di altre province lombarde

Non tutte le attività dei servizi sono state colpite allo stesso modo: nei servizi alle imprese e nel commercio all’ingrosso l’utilizzo dello smart working ha evitato ripercussioni troppo pesanti e in questi due comparti il giro d’affari ha già superato i valori del 2019. Le attività di alloggio e ristorazione sono invece ancora molto indietro nel recupero dei livelli persi in seguito agli effetti della pandemia, con perdite di fatturato che sfiorano il 30%. Il rimbalzo del fatturato a Bergamo è stato superiore rispetto alla media lombarda, dove la variazione su base annua si è “fermata” al +29,8%; si conferma in questo modo la maggiore resilienza che le imprese dei servizi attive nella provincia hanno mostrato durante l’emergenza sanitaria, riducendo il divario storico rispetto all’indice regionale.
I prezzi confermano la maggiore velocità di crescita (+1,5% sul trimestre precedente) già evidenziata nei primi tre mesi dell’anno. L’accelerazione è evidente soprattutto nel commercio all’ingrosso, per via delle tensioni che la ripresa sta generando sui mercati delle materie prime, ma si registrano rincari anche nell’alloggio e ristorazione, legati all’avvio della stagione turistica.

Crescono gli addetti

Dopo un anno e mezzo di saldi occupazionali negativi, con una breve pausa nell’estate 2020, nel secondo trimestre si registra una marcata variazione positiva del numero di addetti tra inizio e fine periodo (+2,2%): i valori risultano maggiormente significativi nei comparti più colpiti dalla crisi e in particolare nell’alloggio e ristorazione, dove gli imprenditori devono colmare le posizioni lasciate scoperte durante la fase di emergenza, anche in vista dell’avvio di una stagione turistica che si spera su livelli prossimi alla normalità.
Gli imprenditori dei servizi sembrano scommettere sul proseguimento della crescita anche nel prossimo trimestre, con aspettative che confermano il trend di miglioramento già evidenziato nei primi tre mesi dell’anno: i saldi tra previsioni di aumento e diminuzione risultano infatti positivi sia per il volume d’affari (+9,8) sia per l’occupazione (+7,3), tornando sui livelli che avevano caratterizzato il 2019.

“I dati della Camera di Commercio confermano quella ripresa a due velocità che contraddistingue il settore del terziario – aggiunge Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo -. Le imprese dei servizi e dei grossisti – quest’ultime al netto delle perdite pesanti che hanno subito – stanno recuperando i livelli pre-pandemia. Il settore del dettaglio non alimentare e dei pubblici esercizi mettono a segno un rimbalzo notevole rispetto al 2020, ma sono ancora al di sotto dei livelli di fatturato del 2019. Inoltre, il recupero rispetto alla Lombardia è più alto perché più forte era stato il crollo nel 2020. Infine, l’occupazione dopo un anno e mezzo di pesanti saldi negativi, ad eccezione dell’estate scorsa – torma a crescere a ritmi più bassi rispetto alla crescita del fatturato, segnale che gli operatori sono ancora timorosi del consolidamento della crescita. Ora il sistema ha bisogno della certezza che la vaccinazione di massa scriva la parola fine a quello che è successo”.

L’alimentare traina il commercio al dettaglio

Nel commercio al dettaglio il rimbalzo registrato su base annua è guidato soprattutto dai negozi non alimentari, che erano stati molto penalizzati nel secondo trimestre del 2020: nonostante il significativo recupero, i livelli di fatturato di questo comparto risultano ancora inferiori a quelli che avevano caratterizzato il 2019. All’opposto gli esercizi non specializzati, che comprendono la grande distribuzione a prevalenza alimentare e che erano stati avvantaggiati durante il lockdown per via della crescita dei consumi alimentari domestici, mostrano una crescita tendenziale più moderata ma su livelli di fatturato significativamente superiori a quelli pre-pandemia.

L’incremento del volume d’affari registrato su base annua dalle imprese commerciali bergamasche risulta allineato a quello evidenziato in regione (+24,8%), sebbene nel confronto con i livelli dell’ultimo trimestre la Lombardia metta a segno una crescita più marcata (+2,1%), allargando lievemente il vantaggio sull’indice provinciale rispetto al periodo pre-Covid19.

Sul fronte dei prezzi si assiste a un’accelerazione dell’inflazione rispetto ai ritmi degli ultimi due anni: l’incremento sul trimestre precedente è pari al +1,5%, con punte superiori ai due punti percentuali nei negozi non alimentari. Importanti segnali di ripresa vengono anche dagli ordini ai fornitori: il saldo tra dichiarazioni di aumento e diminuzione assume segno positivo (+16,1) come non avveniva da oltre cinque anni, con un contributo anche in questo caso determinante degli esercizi non alimentari. Le scorte di magazzino si posizionano su livelli analoghi a quelli registrati negli ultimi due trimestri (saldo tra giudizi di eccedenza e scarsità pari a +11,8), inferiori rispetto ai picchi raggiunti nella prima metà del 2020 ma ancora sopra i livelli pre-pandemia.

Come già visto per i servizi, anche nel commercio al dettaglio il secondo trimestre mostra una significativa crescita del numero di addetti, con un saldo tra ingressi e uscite che raggiunge il +2,3%. L’incremento maggiore si verifica, ancora una volta, nei negozi non alimentari e conferma la fiducia degli imprenditori di questo comparto nella possibilità di una ripresa robusta dopo le difficoltà vissute durante l’emergenza sanitaria.

Le aspettative degli imprenditori

Gli indicatori congiunturali sono coerenti nel delineare una situazione di ripresa nel commercio al dettaglio, più intensa nei comparti che sono stati maggiormente colpiti dalle misure anti-Covid e che presentano livelli di fatturato ancora inferiori a quelli pre-pandemia. Le aspettative degli imprenditori per il prossimo trimestre si orientano verso la conferma della fase positiva in corso, con saldi tra previsioni di crescita e diminuzione in miglioramento per fatturato (+8,5) e ordinativi (-6). Fanno eccezioni le previsioni occupazionali (-0,8 dopo il valore positivo dei primi tre mesi dell’anno), probabilmente per un fenomeno di assestamento dopo il significativo incremento registrato nel consuntivo del trimestre.

“Come per la produzione manifatturiera, anche il fatturato del terziario registra una forte variazione rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno perché da una parte il grosso delle restrizioni è stato rimosso, dall’altra i dati attuali si confrontano con il punto di minimo nel 2020 – commenta il presidente della Camera di Commercio di Bergamo, Carlo Mazzoleni -. La differenza tra il commercio al dettaglio e i servizi è che il primo ha recuperato i livelli medi precedenti la crisi, ma non così i secondi, sebbene a Bergamo siano cresciuti di più che al livello regionale. Anche nel terziario si nota una tensione sui prezzi e un diffuso clima di fiducia circa il mantenimento del recupero.”


Confcommercio Lombardia incontra l’assessore Guidesi: “Sostenere il terziario per tornare a crescere”

Confronto costruttivo ieri tra l’assessore allo Sviluppo economico, il presidente Carlo Sangalli e i presidenti delle Confcommercio territoriali lombarde 

“La ripresa economica si sta consolidando ma occorre tempo per recuperare il terreno perduto. Le imprese del terziario sono state le più colpite dall’emergenza sanitaria ed è necessario continuare a sostenere questo settore che rappresenta in Lombardia oltre il 60 per cento del Pil. Puntare, dunque, su accesso al credito – continuando anche a valorizzare il ruolo dei Confidi – semplificazioni, digitalizzazione, sostenibilità e internazionalizzazione per rafforzare commercio, turismo e servizi. Bene, inoltre, le risorse stanziate per il Salone del Mobile e le ulteriori misure che vanno nella direzione di supportare la nascita di nuove imprese, sostenendo imprenditori che, con coraggio e visione, sfidano il momento guardando con fiducia al futuro”. Così il presidente di Confcommercio Lombardia, Carlo Sangalli, in occasione dell’incontro di lunedì 26 luglio con l’Assessore allo Sviluppo Economico di Regione, Guido Guidesi, e i Presidenti delle Confcommercio territoriali della Lombardia.

Un’opportunità di confronto che, a poco più di trenta giorni dall’entrata della Regione in zona bianca, ha permesso di delineare il quadro dei primi sei mesi dell’anno dal punto di vista del terziario lombardo e di guardare alle iniziative comuni più urgenti per accompagnare la ripartenza. “Con l’Assessore Guidesi c’è condivisione di obiettivi e strategie per sostenere e facilitare la ripartenza delle migliaia di imprese che rappresentiamo – ha affermato Sangalli – Per questo, occorre continuare a garantire l’accesso al credito e la patrimonializzazione, così come gli investimenti sulla transizione digitale e sulle politiche sostenibili, guardando alle risorse che arriveranno dal PNRR. Fondamentale, inoltre, puntare sul comparto del turismo, delle fiere e degli eventi, in vista di appuntamenti importantissimi come le Olimpiadi 2026 e Bergamo e Brescia capitali della Cultura 2023”.“Sarà inoltre essenziale mettere al centro le politiche di rigenerazione urbana, per consolidare da un lato quella rete di territorio nata e cresciuta con i distretti del commercio, dall’altro per contrastare la desertificazione delle città affinché siano sempre più punti di attrattività per l’insediamento di nuove imprese, anche dall’estero”.

Ottimismo delle imprese anche sul fronte dell’occupazione: il sondaggio di Confcommercio Lombardia

L’incontro è stata inoltre l’occasione per tracciare il quadro della ripartenza grazie ai risultati di un sondaggio che Confcommercio Lombardia ha diffuso tra oltre 350 imprese del terziario. Più di un imprenditore su due (51%) si è detto ottimista sulle prospettive della propria attività. Percentuale che sale al 58% tra le imprese della ristorazione, anche a seguito della caduta della maggior parte delle restrizioni.

Segnali confortanti dal punto di vista dell’occupazione: per 8 imprese su 10 il numero dei dipendenti o collaboratori nei prossimi mesi dovrebbe restare stazionario, o aumentare, con picchi di fiducia nei servizi. Le debolezze maggiori in questo caso si riscontrano tra le imprese della ricettività, per il 40% delle quali l’organico potrebbe andare incontro ad una diminuzione, anche alla luce delle incognite sui flussi turistici e per le conseguenti ricadute sull’occupazione stagionale. Per la continuità del proprio business, quasi un’attività di ristorazione su due si è rivolta ad attività di food delivery, e oltre un’impresa del commercio su tre ha attivato un canale di e-commerce. Sul fronte delle eredità post pandemia, se la maggior parte degli imprenditori intervistati manterrà attenzione a sicurezza e prevenzione (63%), l’accelerazione sul digitale è vista come un’opportunità in particolare dal 35% delle imprese under 42, una percentuale più alta della media del totale delle imprese.

“È evidente che le prospettive positive sono legate soprattutto al successo della campagna vaccinale. Si tratta però di segnali che dimostrano la reattività delle nostre imprese decise ad essere protagoniste della ripartenza” ha concluso il presidente Sangalli.

 

Approvato il bando “Nuova Impresa”

L’incontro è stato anche l’occasione per presentare “Nuova Impresa”, la misura approvata dalla Giunta di Regione Lombardia su proposta dell’assessore Guidesi. Con un contributo di 4 milioni di euro, Regione sostiene l’avvio di nuove imprese lombarde del commercio, terziario, manifatturiero e artigiani e l’autoimprenditorialità quale opportunità di ricollocamento dei soggetti fuoriusciti dal mercato del lavoro. Si procederà attraverso l’erogazione di contributi a fondo perduto sui costi connessi alla creazione delle nuove imprese.

La misura è rivolta a chi vuole aprire una micro piccola media impresa del commercio, terziario, manifatturiero e artigiani dei medesimi settori. L’agevolazione consiste nella concessione di un contributo a fondo perduto fino al 50% della spesa ritenuta ammissibile, che dovrà essere pari ad almeno 5.000 euro, e comunque nel limite massimo di 10.000 euro per impresa. Sono ammissibili esclusivamente le spese sostenute per l’avvio della nuova impresa sostenute e comprendono ad esempio gli oneri notarili per la costituzione dell’impresa, gli onorari per prestazioni e consulenze relative all’avvio, l’acquisto di beni strumentali, macchinari, attrezzature, arredi anche finalizzati alla sicurezza; inoltre rientrano nei costi anche l’acquisto di software e hardware, i canoni di e spese di comunicazione. Sarà riconosciuto il contributo per metà di spese in conto corrente e per metà in conto capitale.

L’apertura dello sportello per la presentazione delle domande è prevista a dicembre così da consentire alle imprese di terminare gli adempimenti amministrativi per l’avvio dell’attività di impresa, nonché per sostenere le spese prima della presentazione della domanda. Potranno attingere al bando tutte le imprese aperte dopo questa delibera. Il termine di conclusione del procedimento di concessione con la relativa erogazione sarà di 90 giorni a decorrere dalla scadenza per la presentazione delle domande comprensiva della rendicontazione.