Attività storiche, premiate in Camera di Commercio 56 insegne

Per il primo anno la cerimonia ufficiale si sposta da Palazzo Lombardia ai territori

Nel novero delle 2850 insegne storiche lombarde entrano 56 negozi, pubblici esercizi, attività e botteghe artigiane bergamasche. L’importante riconoscimento di Regione Lombardia è stato consegnato ieri, giovedì 15 dicembre, nel corso della cerimonia ufficiale organizzata in Camera di Commercio, nella sala Mosaico del Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni.

Tra le autorità presenti, Carlo Mazzoleni,  presidente della Camera di Commercio di Bergamo, l’assessore regionale allo Sviluppo economico Guido Guidesi, l’assessore regionale al Turismo, marketing territoriale e moda Lara Magoni e il consigliere regionale Niccolò Carretta. Il premio riconosce il lavoro, molto spesso tramandato di generazione in generazione, di imprenditori che hanno svolto la propria attività senza interruzioni per un periodo di almeno 40 anni. Negozi, locali e botteghe artigiane che hanno fatto la storia di piccoli centri, borghi e vie cittadine, dal 1850, questo l’anno di fondazione dell’impresa più longeva, a quella più recente, al 1982, anno che segna il requisito minimo dei 40 anni.
“Nelle precedenti edizioni– ha sottolineato l’assessore Guido Guidesi – questo evento si svolgeva in un’unica giornata a Palazzo Lombardia. Quest’anno abbiamo invece scelto di organizzare le premiazioni direttamente sul territorio perché queste imprese sono la linfa e l’anima delle comunità e garantiscono servizi fondamentali per la vita e la vivacità dei nostri centri storici. Queste attività testimoniano la tradizione ma anche la capacità di adattarsi e innovarsi per continuare ad essere competitive. Spesso le storie di queste attività coincidono con le storie familiari ed è stato emozionante vedere diverse generazioni riunite in questa occasione. Ho visto negli occhi dei premiati l’orgoglio per essere arrivati fin qui e la gratitudine per le generazioni che hanno dato il via all’attività”.  La vicinanza di Regione Lombardia non si limita al riconoscimento, ma prevede anche azioni di sostegno riservate alle attività storiche incluse nell’albo regionale. L’edizione di quest’anno ha infatti visto finanziati tutti i progetti presentati dalle attività e ritenuti ammissibili da Regione Lombardia grazie alla scelta dell’assessore allo Sviluppo Economico, Guido Guidesi, di aumentare la dotazione finanziaria portandola a 7,7 milioni di euro. Il bando “Imprese storiche verso il futuro 2022” mette a disposizione risorse da investire per l’innovazione, per favorire il ricambio generazionale e la riqualificazione dei locali. Nel dettaglio per la provincia di Bergamo sono stati concessi contributi pari a 1.290.369 euro per un totale di 61 imprese. Di questi, 1.213.038 euro per il settore del commercio e 77.330 euro per il settore dell’artigianato.

Carlo Mazzoleni ha fatto gli onori di casa: la sede scelta per l’evento è infatti, come ha sottolineato Guidesi, la casa di tutte le imprese. Il presidente della Camera di Commercio di Bergamo ha manifestato la sua vicinanza a tutti gli imprenditori presenti: “Rappresento anche io un’impresa storica e conosco le difficoltà che tutti voi potete avere affrontato in almeno 40 anni di storia. Se non negli ultimi 38 anni, negli ultimi terribili due”. Non ha nascosto l’emozione l’assessore regionale Lara Magoni che, prima di essere una campionessa di sci, ha ereditato una lunga tradizione nel settore dell’ospitalità alberghiera, nella sua Selvino. “Premiamo la passione e il lavoro di tanti commercianti ed esercenti che hanno dedicato la vita alla loro attività. I negozi storici della Bergamasca rappresentano un vero e proprio punto di riferimento per intere comunità e valorizzano il turismo dei territori, dei piccoli borghi e delle nostre città d’arte”. Sono 26 i riconoscimenti ad altrettante insegne Ascom Confcommercio Bergamo, che sono state premiate anche dal direttore dell’associazione Oscar Fusini e da Roberto Alvaro, segretario Aspan- Associazione panificatori aderente a Confcommercio. “Le insegne testimoniano la storia, i sacrifici, la passione e la capacità di adattarsi e trasformarsi nel tempo di generazioni di imprenditori. Rappresentano la tradizione del commercio” ha tenuto a ricordare il direttore Ascom.

L’elenco delle attività premiate nei comuni e in città

Albino

Acerbis Minimercati ed altri esercizi (1969)

Cugini 1850, Commercio al dettaglio di calzature e accessori (1850)

Almenno San Bartolomeo

Mobili Rota (1974)

Ristorante La Frasca (1891)

Alzano Lombardo

Cartolibreria Nani (1890)

Ditta Terzi Mercerie e Tessuti (1883)

Ravasio Moda (1960)

Ardesio

Albergo Ristorante Bar Da Giorgio (1968)

Bergamo

Abbigliamento Benzoni, Via Piatti (1968)

Conti Casalinghi, Via XXIV Maggio (1964)

Daverio 1933, Via Tasso (1982)

Italo Tresoldi Forno Artigianale, Via XXIV Maggio (1977)

Lavasecco arlecchino di Rota Luigi, Via Carlo Alberto (1963)

Mafioletti Giosuè Restauro e Antichità, Via Spino (1981)

P.t.b Centro Produzioni televisive, Via Suardi (1981) P

Salumeria Mazzoleni, Via Statuto (1966)

Tatum, Abbigliamento, Via Colleoni (1975)

Viaggi Lorandi, Largo Porta Nuova (1923)

Borgo di Terzo

Nicola Acconciature & Co. (1967)

Bossico

Trattoria Colombina (1979)

Branzi

Ristorante Bettina (1964)

Ristorante Hotel Corona (1953)

Brembate

Panificio Casati (1974)

Brignano Gera d’Adda

Lanzeni Mario Pietre da vivere (1970)

Capriate San Gervasio

La gabbia (1954)

Carona

Ristorante Carona (1954)

Casnigo

Panificio Zucca (1880)

Castione della Presolana

La Griglia Da Bramante (1977)

Pasticceria Presolana (1970)

Cerete

Savoldelli Maria Adelina (1960)

Clusone

Petrogalli Moto (1977)

Credaro

Abbigliamento Cadei (1975)

Ristorante pizzeria La Cascina (1982)

Dalmine

Gioielleria Cornali (1956)

Gandellino

Trattoria Da Martino (1956)

Lovere

Bar Centrale (1975)

Medolago

Panificio Cazzaniga (1939)

Piazzatorre

La Bottega di Aronne e Gabriele (1967)

Ponte San Pietro

Panificio Longaretti (1968)

Pradalunga

Tabaccheria n.3 Mologni (1950)

Rota d’Imagna

Panificio Mazzucco (1971)

Sarnico

Cerdelli (1979)

Seriate

Scaccabarozzi mobili (1959)

Sovere

Bar Roma (1968)

Stezzano

Daminelli (1982)

Suisio

Caglioni Carmela (1946)

La Rivierasca Bar Trattoria(1964)

Lavasecco Diana (1978)

Previtali A. & Figlio (1947)

Torre Boldone

Don Luis (1975)

Treviglio

Foto Attualità Cesni (1957)

Verdellino

Tabaccheria n.1 (1961)

Zanica

Cereda Mobili (1951)

Zogno

“Da Gianni” Ristorante (1956)

Ortofrutta Mazzola Fiori e Piante (1961)

 

 


Scrivere di cibo: che passione!

Cosa hanno in comune una bibliotecaria, una giornalista, un’avvocatessa e una graphic designer? La passione per la cucina e il desiderio di condividere tramite le loro pagine web ricette succulenti,
storie golose e fotografie che fanno venire l’acquolina in bocca. Spadellatissima, A Thai Pianist, Senza Sale ma con Gusto e Il Grande Cocomero sono i diari di cucina di quattro bergamasche che
ogni giorno raccontano i loro piatti preferiti accompagnandoli agli aneddoti della loro vita da donna, mamma, lavoratrice e viaggiatrice. Tante ricette spiegate passo dopo passo e corredate dalle
immagini che fanno venire la voglia di mettersi ai fornelli. Buon appetito.

Lina D’Ambrosio, la graphic design con la passione per gli gnocchi

È nata a Bergamo, ma vive a Milano. La sua passione per la cucina si è sviluppata grazie alla nonna che le ha insegnato a fare gli gnocchi. Nonostante i suoi studi e la sua carriera come graphic designer, il suo amore per la gastronomia non è mai finito. Anzi, è cresciuto ed è diventato un progetto colorato, profumato e saporito: Spadellatissima.com è un blog pieno di ricette sfiziose e di foto ‘golose’ che fanno venire l’acquolina in bocca.

Come è nata la tua passione per la cucina?
Per merito della mia famiglia. La mia è sempre stata una casa di ‘golosi’, amanti del buon cibo e delle tavolate chiassose. Quando ero piccola passavo molto tempo con la mia nonna materna. Con lei ho sempre avuto un contatto ravvicinato con il cibo, perché fin da piccola mi coinvolgeva in cucina e preparavamo un sacco di cose: la marmellata, il gelato, gli gnocchi.

Perché hai deciso di cominciare a scrivere il tuo blog di cucina?
Mi è sempre piaciuto leggere ricette. Piano piano mi sono detta che invece di leggerle e basta potevo aprire un mio blog da usare come una sorta di diario dove appuntare le ricette che preparavo e che mi piacevano. Mai però avrei pensato che anche gli altri iniziassero a leggerlo sul serio. Invece col tempo i lettori aumentavano e iniziavano a commentare i post, a scrivermi, a fare domande.

Perché hai deciso di chiamarlo così?
Trovare il nome è stata un’impresa. Un giorno mi è venuto in mente Spadellatissima, che è un mix fra il mio mondo di ‘padelle’ e qualcosa di un po’ pazzo e divertente.

Qual è stata la tua prima ricetta pubblicata?
Il mio primo post era un’introduzione sull’inizio di questa strana e nuova avventura, ho pubblicato il 29 settembre del 2011 la foto della mia gatta sul balcone in mezzo alle piantine di basilico. La prima ricetta è stata una marmellata di mele e cannella senza foto di preparazione; la prima vera ricetta completa di foto, anche se veramente inguardabile, era un tortino di riso venere e zucchine.

Da dove nascono le ricette che presenti nel tuo blog? A chi ti ispiri?
La maggior parte delle volte sono le ricette che cucino a casa, banalmente sono i miei pasti o i dolci che preparo per la colazione. Poi c’è una piccola percentuale di ricette che invece sono state pensate per qualche occasione specifica, qualche concorso o qualche “gioco” tra blogger con un tema definito da rispettare. Ad ispirarmi sono le amiche blogger, o le persone che seguo su Instagram che tutti i giorni determinano “la voglia della giornata” tramite quello che pubblicano.

Quale piatto è il tuo cavallo di battaglia e qual è il tuo piatto preferito?
Aiuto…golosa come sono potrei avere almeno 20 piatti preferiti! Però se devo proprio ridurre la rosa dei pretendenti al titolo, posso arrivare a due piatti pari merito, tra questi proprio non saprei scegliere e piacendomi così tanto potrei anche metterli tra i miei cavalli di battaglia. Sono gli gnocchi al pomodoro e basilico, uno dei miei comfort food per eccellenza. E poi Sua Maestà la parmigiana di melanzane, fatta alla napoletana, con le melanzane impanate con l’uovo e fritte, con il sugo fatto in casa con pomodoro fresco e tanto basilico…che meraviglia, sto immaginando il profumo e mi viene fame solo a pensarci!

A chi ti ispiri?
Principalmente ad ispirarmi sono le amiche blogger, o le persone che seguo su Instagram per esempio, che tutti i giorni determinano “la voglia della giornata” tramite quello che pubblicano. Le immagini hanno un grande potere su di me, se vedo la foto di una cosa che mi fa venire l’acquolina, stai sicura che di lì a poco tempo proverò a prepararlo.

Qual è il tuo segno distintivo?
Non lo so. È una domanda difficile perchè non ho una tipologia di cucina che preferisco, mi piace spaziare e sperimentare in più campi. Mi sposto dal dolce al salato, passando dalla tradizione alla cucina etnica in base a quello di cui ho voglia, come fosse il vestito della giornata che cambia quotidianamente. Il denominatore comune è sicuramente cercare di fare piatti che siano sempre replicabili a casa, fattibili da tutti e con le attrezzature che comunemente ci sono nella maggior parte delle cucine.

Sei bergamasca, c’è un piatto della tradizione al quale sei particolarmente legata?
Legata legata no, nel senso che i piatti di casa mia erano altri e quindi sono più legata agli gnocchi, ai risotti o alle polpette di mia nonna, ma mi piace molto la cucina bergamasca e vado matta per un buon piatto di casoncelli fatti bene. Mi piace tantissimo anche la polenta taragna ben condita e accompagnata dallo strinù!

Qual è la tua ricetta più apprezzata?
Sul blog la più cliccata è il pollo al curry con riso basmati, è una ricetta semplice che riesce sempre, io poi lo adoro quindi lo faccio molto spesso.

Chi inviteresti a cena e cosa gli cucineresti?
Inviterei Frida Kahlo: è un personaggio che mi piace moltissimo, una grande donna che non si è mai arresa nonostante la vita le abbia remato contro prepotentemente. Le preparerei uno dei miei cavalli di battaglia, la parmigiana di melanzane.

Qual è la tua destinazione “food” preferita?
Appena ho letto questa domanda ho pensato a qualche gita fuori porta o a qualche weekend gastronomico e mi è venuta subito in mente la Toscana. Poi mi son detta che forse non era questo ciò che mi chiedevi e allora ho pensato ad un ristorante…però onestamente non riesco a trovarne uno specifico, la destinazione food preferita, indipendentemente da dove mi trovo, è una buona trattoria casereccia. Adoro gli ambienti casalinghi, informali e amichevoli. Le signore che impastano la pasta fresca e vengono al tavolo a dirti cosa ti hanno preparato di buono come se fossi una nipote che non vedono da tanto. Mi piace l’ambiente caldo, semplice e accogliente che questi posti regalano. A Bergamo, mi ricordo che quando ero piccola con mio papà andavo spesso a mangiare alla “Osteria D’Ambrosio Da Giuliana”, che giuro non è mia parente anche se abbiamo lo stesso cognome!

Progetti per il futuro/nuovi progetti per il tuo blog?
Progetti ce ne sono parecchi ma non solo per il mio blog. Spadellatissima è un mio spazio che continuerò a coltivare con passione e che spero di riuscire a far crescere sempre di più, ma il progetto con la P maiuscola lo stiamo portando avanti in un altro modo. Con altre 4 amiche food blogger abbiamo deciso di aprire una società e di lanciare un portale che si chiama Say Good. La community racchiude molte blogger provenienti da tutta Italia e su saygood.it scriviamo di cibo, viaggi, eventi e molto altro. Abbiamo in cantiere nuovi progetti e siamo molto felici di poter lavorare con una passione comune che ci lega. Se volete rimanere aggiornati seguitemi sui social cercando i profili “Spadellatissima” e “Say Good”.

Roberta Lochis, la bibliotecaria gourmet

Roberta Lochis classe 1975 di Credaro è una food blogger un po’ per caso. Laureata in Scienze dei Beni Culturali alla Cattolica di Brescia, sposata con una figlia di 8 anni di nome Viola, di professione fa la bibliotecaria. Un anno fa ha creato Senza sale ma con gusto, contenitore di ricette apprezzato da chi segue diete ipotoniche ma anche da vegetariani e cuochi alle prime armi o con poco tempo a disposizione.

Come è nata la tua passione per la cucina?
Mi è sempre piaciuto cucinare. Mia mamma è una brava cuoca, l’ho vista spesso ai fornelli. Quando ero al liceo preparavo torte e le vendevo per pagare la gita. Negli anni dell’Università ho lavorato nella cucina di un servizio catering e ho migliorato la tecnica.

Cosa c’entrano i libri con la cucina?
Mi rilassano entrambi. E poi negli ultimi anni i libri che parlano di cucina sono molto richiesti, anche in biblioteca. Consiglio a tutti di leggere “Alla tavola di Yasmina” un romanzo storico in cui la protagonista seduce il sovrano Ruggero I con i suoi racconti e la sua cucina da Mille e una notte.

Come è nata la tua passione per la cucina?
Me l’ha trasmessa mia mamma, è una buona cuoca, l’ho vista spesso ai fornelli. Durante gli anni del liceo realizzavo torte e le vendevo per raccogliere fondi per la gita e quando studiavo all’Università ho fatto esperienza lavorando nella cucina di un servizio catering.

Perché hai deciso di scrivere il tuo blog di cucina?
È stata una conoscente a darmi l’idea. L’ho creato con l’intenzione di aiutare le persone che come me devono seguire un’alimentazione iposodica. All’inizio della dieta avevo ridotto all’osso le cose che mangiavo. Non mi piaceva nulla senza sale. Quando non ce l’ho fatta più a nutrirmi solo di insalata ho deciso di fare di necessità virtù! Mi è sempre piaciuto mangiare bene. Nel blog mostro come creare o modificare ricette per rendere gustosi piatti senza usare il sale.

Perché l’hai chiamato così?
Per trasmettere il messaggio che si può mangiare bene e con gusto anche senza sale. All’inizio non è facile ma ci si abitua presto e con alcuni trucchi si impara ad apprezzare il vero gusto dei cibi. In famiglia mangiamo tutti senza sale, anche la mia bambina. Forse sono stata proprio io quella che ha fatto più fatica.

Qual è stata la prima ricetta che hai pubblicato?
Degli hamburger di verdure veramente molto buoni. Li ho impiattati con cura e li ho postati sul mio profilo personale. Da dove nascono le ricette che presenti nel tuo blog? A chi ti ispiri? Seguo il blog “Fatto in casa da Benedetta”, riprendo ricette vecchie di Benedetta Parodi, preparazioni prese da riviste, articoli letti a caso. Alcuni piatti li invento di sana pianta. Li sperimento con mio marito e mia figlia, se piacciono li pubblico.

Qual è la tua ricetta più apprezzata?
I dolci sicuramente, ma anche le ricette vegetariane e dei panini con grana, che sono piaciuti molto.Chi inviteresti a cena e cosa gli cucineresti? Il Re Sole, alla sua corte si mangiava di tutto di più. Sarebbe una bella sfida. Gli preparerei ‘L’arrosto del commendatore’, una ricetta di mia mamma. È un arrosto semplice accompagnato da una salsina fatta con tantissime verdure frullate insieme al brodo.

Come è nata la tua passione per la cucina?
Durante il periodo del liceo ho coltivato la passione della cucina grazie anche a una vendita di torte per raccogliere fondi per la gita. La mia mamma è una buona cuoca, l’ho vista spesso ai
fornelli. Durante l’università ho lavorato nella cucina di un servizio catering e ho fatto esperienza.

Perché hai deciso di scrivere il tuo blog di cucina?
In verità è stata una conoscente a buttarmi l’idea. L’ho fatto con l’intenzione di aiutare le persone che come me devono seguire una dieta iposodica. Senzasalemacongusto nasce dall’esigenza personale di creare e/o modificare ricette per rendere gustosi anche dei piatti senza sale. All’inizio della dieta avevo ridotto all’osso le cose che mangiavo. Nulla mi piaceva senza sale. Quando non ce l’ho fatta più a nutrirmi solo di insalata ho deciso di fare di necessità virtù! Mi è sempre piaciuto mangiare bene.

Perché l’hai chiamato così?
Per trasmettere il messaggio che si può mangiare senza sale ma con gusto. Si pensa non sia possibile, ma ci sono molti escamotage. All’inizio non è facile ma ci si abitua presto e si impara ad apprezzare il vero gusto dei cibi. La mia bambina mangia senza sale come noi. Tutta la nostra famiglia mangia senza sale. Forse sono stata proprio io quella che ha fatto più fatica. Io cucino così
anche per i miei invitati. Poi metto in tavola il sale per chi lo desidera, ma molti finiscono con non usarlo. I miei lettori non necessariamente hanno problemi di dieta e apprezzano i piatti molto semplici senza avere particolari abilità.

Qual è stata la prima ricetta che hai pubblicato?
Ho fatto degli hamburger di verdure veramente molto buoni, li ho impiattati in modo carino e li ho postati sul mio profilo personale…

Da dove nascono le ricette che presenti nel tuo blog?
La cucina ai giorni nostri ci circonda, la troviamo dappertutto in tv, in edicola, sui social. Mi piacciono le ricette semplici, a portata di tutti o quasi. Seguo “Fatto in casa da benedetta”, tante
ricette vecchie di Benedetta Parodi, 55Winston55. Ricette prese da riviste quando sono in coda, articoli letti a caso o che mi invento di sana pianta.

Qual è il tuo segno distintivo?
Direi che l’omettere il sale dalle ricette è un bel segno distintivo. E’ difficile abituarsi ad apprezzare il gusto degli alimenti senza sale.

Qual è la tua ricetta più apprezzata?
I dolci sicuramente, ma anche le ricette vegetariane. Ricordo anche dei panini con grana con più di 500 like! Dalla dieta iposodica sono esclusi tutti gli insaccati, per questo i vegetariani mi amano. Anche se la carne la cucino e la mangio.

Quale piatto è il tuo cavallo di battaglia e qual è il tuo piatto preferito?
Direi che la sacher torte mi esce molto bene! Difficile dire quale sia il mio piatto preferito. Amo le verdure. Forse tra le ricette che ho provato, si sono rivelate una vera sorpresa le zucchine
ripiene di carne, ma anche il cavallo con trevisani, gli hambugher di melanzana.

Sei bergamasca, c’è un piatto della tradizione al quale sei particolarmente legata?
Mi piace tantissimo andare a Monte Isola e mangiare il persico del lago panato e fritto! Anche se fritto è buono tutto! Così, magari insieme a degli amici prima si fa una bella passeggiata e poi
si mangia. La cucina è stare insieme.

Qual è la tua destinazione “food” preferita a Bergamo?
Se intendi Bergamo città…mi metti in difficoltà. In provincia mi piace la “Cascina Latini” a Grumello del Monte perchè hanno un’ottima scelta di secondi di carne, anche ai Burattini ad
Adrara San Martino mi piace andare per la ricerca accurata della materia prima cucinata in modo semplice.

Chi inviteresti a cena e cosa gli cucineresti?
Il Re Sole. Alla sua corte si mangiava di tutto di più. Sarebbe una bella sfida. Gli preparerei l’arrosto del commendatore, una ricetta di mia mamma. Ha fatto la cuoca per un commendatore
e gli preparava spesso questo piatto che poi ha preso il suo titolo. È un arrosto semplice ma accompagnato da una salsina fatta da tantissime verdure frullate insieme al brodo. Per una
cena con gli amici mi piacciono tanto i finger food che permettono di mangiare e conversare insieme, muoversi, servirsi del vino. All’ultima cena per 5/7 persone che ho organizzato ho
preparato del chili con carne, con la ciotola da servizio al centro del tavolo, le varie salse e ognuno che si serviva da solo.

Progetti per il futuro/nuovi progetti per il tuo blog?
Ultimamente è stata dura seguire la pagina Facebook. Ho un lavoro che in alcuni periodi dell’anno mi occupa anche tutta la gioranta. Per cucinare serve veramente tempo e oltretutto ho
molti interessi tra cui giostrarmi. Cucinare senza sale resterà una costante nella mia vita, per questo mi piacerebbe fare altri corsi di aggiornamento. Ho frequentato dei corsi in Bakelab a
Paratico con Rosalind e Carlo vincitore dell’ultima edizione di Bakeoff (mi piace molto questa trasmissione). Ho fatto dei corsi anche con “Dai Cuciniamo con la Iaia”. Ora mi piacerebbe fare
qualcosa per migliorare la qualità di miei lievitati. Forse questa passione un giorno diventerà il mio lavoro. Nella vita non si sa mai come va a finire.

Laura Ceresoli, la giornalista blogger che ama le torte

Laura Ceresoli è una giornalista con una grande passione per la cucina, la musica rock e la scrittura. Laureata in Lingue e letterature straniere con indirizzo in Scienze dell’editoria, ha collaborato con L’Eco di Bergamo, Il Corriere della Sera, il settimanale nazionale Visto, e anche per la nostra rivista. Ora scrive per Bergamo Post, vive ad Azzano San Paolo con la figlia Margot e cura Il Grande Cocomero, blog di cucina, itinerari golosi e interviste gastronomiche a personaggi famosi.

Come è nata la passione per la cucina?
Da piccola osservavo mia nonna Anna mentre impastava gnocchi e ravioli a mano. Anche mia madre Lori preparava spesso torte fatte in casa e mi divertivo ad aiutarla. Il mio sogno era di aprire una cioccolateria come quella del film “Chocolat”. Invece nel 2012 mi sono trasferita per un breve periodo a Nizza e ho aperto un ristorante. Un’esperienza ormai conclusa che però mi ha dato la possibilità di far conoscere alcuni dei miei piatti ai francesi. Perché hai deciso di scrivere un tuo blog di cucina? Quando mi recavo in una città nuova amavo visitare i ristoranti tipici, scoprire i segreti delle ricette locali. Tornata a casa cercavo di riprodurre a modo mio alcuni dei piatti che avevo assaggiato. Prima annotavo le ricette su un quadernetto. Poi, dieci anni fa, ho iniziato a fotografare i miei piatti e a diffondere le ricette attraverso un blog collegato alla mia pagina Facebook, in modo che tutti potessero consultarle, condividerle e lasciare qualche commento.

Perché l’hai chiamato così?
Sono sempre stata un’appassionata lettrice dei fumetti di Charles M. Schulz, il creatore di Snoopy e Charlie Brown. La saga del “Grande Cocomero” è ricorrente nelle strisce dei Peanuts che festeggiavano Halloween travestiti da fantasmi e andavano di casa in casa chiedendo”dolcetto o scherzetto?”. La zucca, con la sua polpa duttile adatta sia alle preparazioni dolci che salate, ha una certa connotazione magica che mi affascina da sempre, forse perché sono nata ad ottobre.

Qual è stata la prima ricetta che hai pubblicato?
Probabilmente una delle mie torte.

Da dove nascono le ricette che presenti nel tuo blog? 
Quando sei mamma, devi per forza essere creativa a tavola. Per fare apprezzare le verdure a mia figlia ho iniziato a sperimentare: gnocchi di zucca, ravioli ricotta e spinaci, frittatine a forma di Hello Kitty. A volte il pomeriggio prepariamo insieme dolci o biscotti e le foto finiscono immancabilmente sul blog. Alcuni piatti invece sono ispirati alle ricette del cuoco e conduttore televisivo Jamie Oliver, che amo molto.

Qual è la tua ricetta più apprezzata?
Lo strudel di pasta frolla alle mele.

Chi inviteresti a cena e cosa gli cucineresti?
L’attore bergamasco Alessio Boni. Visto che ha interpretando il ruolo di Don Chisciotte a teatro potrei sorprenderlo con una cena spagnola a base di paella e sangria.

Vatinee Suvimol, dalla Thailandia alla toga e ai fornelli

 

La sua vita sembra tratta da un romanzo o un film Hollywoodiano. Ha la Thailandia nel cuore ma da anni la sua città è Bergamo. Nata a Bangok, si è trasferita in Italia con la mamma. È diventata avvocato e ha cominciato la sua avventura nel mondo digitale della gastronomia per un bisogno di esprimersi e un desiderio di raccontare la sua storia personale. Ha dedicato il suo blog “A Thai Pianist” al padre thailandese che non ha mai conosciuto ma da sempre immagina come un’artista, un pianista. Il suo ‘diario’ ha avuto enorme successo e Vatinee Suvimol è ormai una tra le foodblogger più apprezzate in rete.

Come è nata la tua passione per la cucina?
In realtà non sono un’esperta di cucina, ma mi mancano tanto i piatti thai e ho pensato di provare a proporre le ricette tipiche per cercare di ricordare la mia infanzia attraverso il cibo, i profumi e i gusti tailandesi.

Perché hai deciso di cominciare a scrivere il tuo blog di cucina?
Ho iniziato a scrivere il blog perché avevo il desiderio di parlare della mia storia. Sono diventata mamma e avvocato e cercavo di ricostruire un po’ la mia vita partendo dalle mie origini: dall’infanzia in Thailandia, la mancanza del mio padre e una vita vissuta in povertà. Ho creato la pagina pensando che nessuno l’avrebbe letta. Invece a mio stupore sono state tantissime le persone che l’hanno letta. Tra cui anche i miei genitori che erano rimasti male perché non volevano che si parlasse della nostra vita. Ho dovuto virare quindi e ho cominciato a scrivere ricette tailandesi.
Sono stata molto perfezionista e ho capito che per avere consenso era presentare bene le ricette, quindi accompagnarle con fotografie. Allora ho pensato di rendere il piatto molto bello e suggestivo che facesse venire l’acquolina in bocca. Quindi mi sono messa a studiare fotografia in modo dilettante e ho comprato la macchina fotografica, senza fare corsi, ma mi sono informata sul web e ho fatto foto molto belle. Molti bloggers si fermavano sul mio blog per le foto ampie, molto nitide e luminose. Ho iniziato a condividere il mio backstage su come fotografavo perché non mi interessava nascondere tutto ciò che ho imparato. Cosi ho creato una piccola community su Facebook e in poco tempo siamo arrivati a 400 foodbloggers. Essendo già avvocato tutelavo i loro diritti sul copywrite ecc.

Perché hai deciso di chiamarlo così?
Ogni volta che vedo un pianoforte mi emoziono, quindi ero convinta che mio padre facesse il pianista. Ho chiamato quindi il blog “A Thai Pianist”. Chi ha letto il mio libro si è emozionato così tanto che ha cercato di aiutarmi a trovare mio padre. Una delle mie amiche è riuscita a rintracciarlo: vive in Thailandia e fa… il pianista!

Qual è stata la tua prima ricetta pubblicata?
Una delle prime ricette che ho pubblicato e una delle più cliccate è il riso col pollo molto semplice che l’ho imparato dalla mia nonna che mi insegnava a mangiare tre bocconi grandi-grandi di riso perché costava poco e solo un pezzettino di pollo perché era caro.

Da dove nascono le ricette che presenti nel tuo blog? A chi ti ispiri?
Non so cucinare bene, ma mi focalizzo sui piatti tailandesi. Mi piace provare le ricette delle mie amiche bloggers e poi le fotografo.

Qual è la tua ricetta più apprezzata?
Il curry tipico tailandese con la noce di cocco. È un piatto molto facile da fare e chi lo prepara lo ripete.

Quale piatto è il tuo cavallo di battaglia e qual è il tuo piatto preferito?
Il riso col pollo ovviamente.

Chi inviteresti a cena e cosa gli cucineresti?
Inviterei Giorgio Gori, il sindaco di Bergamo e mi piacerebbe preparargli un piatto thailandese.

Qual è il suo segno distintivo?
Le foto. Ci sono persone che riescono a riconoscerle. Tra i bloggers anche ChiaraPassion, che è molto famosa ma si è ispirata a me. Ha visto le mie foto e le ho dato i consigli per il suo blog. Come lei, ho preso anche tanti altri bloggers sotto la mia ala. E questo ha portato alla nostra crescita. Come in un classico film americano eravamo molto affiatiate e all’improvviso è arrivato l’editore di Giallo Zafferano chiedendoci di creare un bellissimo progetto con delle foto bellissime. E così è stato. Siamo arrivati a un milione di visite al mese. Nel 2018, però, sono uscita dalla piattaforma e con me sono venute anche tutte le bloggers. Quindi, ho creato Say Food con le food bloggers e ho pubblicato tre libri, tra cui “La mia storia Thai”.

Qual è il tuo piatto preferito della tradizione bergamasca?
I casoncelli e polenta con coniglio.

Qual è la tua destinazione food preferita a Bergamo?
Al ristorante San Vigilio perché ci mangio molto bene, e ha un atmosfera molto romantica, di altri tempi. Ci ho portato anche la mia mamma per festeggiare il suo compleanno.

Quali i tuoi progetti futuri?
Un nuovo libro che si pubblicherà a dicembre prossimo dove condivido con tutti il mio percorso e miei consigli su come fotografare.


Vava77: “Inviterei a cena Freddie Mercury e gli cucinerei i casoncelli”

“Vava77, pò cunusit come Ol Vava. L’è ü creadùr de parodie in bergamasch che lü al realìsa in furma de dopiàgio e de cansù”. Inizia così, in bergamasco perfetto, la descrizione su Wikipedia di Daniele Vavassori, in arte Vava77. Musicista, doppiatore, cantante, attore. Chi è Vava77 che spopola in rete, rivisitando unicamente, la canzone “We Are The World” che segnò una delle tappe più importanti nel mondo della musica? Un John Belushi all’italiana che con la sua straordinaria capacità di esprimersi utilizza la lingua e le note per creare video divertenti e ironici in bergamasco doc mantenendo viva la tradizione e il dialetto. Ma qual è la sua relazione con la cucina? Quale la pietanza italiana a cui non resiste? Sarà bravo ai fornelli come nei video che crea? Vava77 ha parlato con noi e ha raccontato tutto.

A quali piatti della cucina bergamasca non rinunci? Forse ai casoncelli visto che gli hai dedicato anche una canzone?
In realtà c’è un altro piatto che non è bergamasco ma nazionale: pasta aglio, olio e peperoncino. Lo adoro. Mia moglie, però, non è contentissima perché puzza tutta la casa e io (ride).

Chi inviteresti a cena?
Bellissima domanda. Inviterei Freddie Mercury. Lui aveva dei gusti molto speziati, ha fatto anche la scuola a Bombay, quindi gli cucinerei qualcosa di quel tipo. E ovviamente i casoncelli.

Cucini? Qual è il tuo cavallo di battaglia?
Aglio, olio e peperoncino. È l’unico piatto che mi riesce. È un piatto povero, con pochi ingredienti ma difficile da realizzare e basta poco per rovinarlo.

C’è un ingrediente che ami in cucina e nella vita?
Il peperoncino.

Raccontaci una storia legata alle tradizioni e alla cucina che ricordi dalla tua infanzia.
Le croste di polenta da staccare dallo stegnat, il paiolo della polenta.

Ristorante o trattoria?
Trattoria.

Qual è la tua preferita nella bergamasca?
L’Osteria “Al Gigianca” che è di un mio amico e ci vado molto volentieri.

Hai mai partecipato a un concorso di cucina?
Sì, a quello dell’Accademia del Gusto di Ascom. Puoi immaginare cosa ho cucinato: aglio, olio peperoncino (ride). Mi confrontavo con degli chef di alto livello. Uno dei giudici era Pierangelo Cornaro, “Chef Patron” del Ristorante Colleoni in Città Alta e mi diede qualche dritta sulla cottura. Andò bene.

Parliamo del tuo successo assoluto: la rivisitazione bergamasca di “We are the world” che ha ricevuto 5.300 likes, 13.000 shares e 457.000 views. Perché ha avuto così tanto successo secondo te?
Sicuramente c’è l importanza del brano, che è uno dei più famosi degli ultimi 50 anni. Credo che la “viralità” sia stata data dall’accostamento tra questo mastodonte della musica e dal fatto di averlo portato con i piedi per terra in un contesto locale. Mi piace sempre giocare con il dialetto e la contrapposizione con i pezzi così famosi e storicamente grandi. In realtà, spesso ci si aspetta che quello che viene dal dialetto sia un pò rozzo, poco strutturato. Invece noi abbiamo lavorato questa canzone in un modo molto serio, professionale e ognuno di noi ha dato il massimo. Le voci a cui ho chiesto di partecipare sono tutte molto importanti. Credo che ce l’abbiamo fatta. Siamo riusciti a far venire la pelle d’oca anche se i contenuti sono parodistici.

“Orgoglio bergamasco”, “Sei fantastico”, “Mi piace da matti”, ma anche “Non penso sia il modo migliore per valorizzare il nostro dialetto”, “Luoghi comuni e occasione sprecata”, sono alcuni dei commenti sulla tua pagina. Cosa rispondi a entrambi?
Questi sono pareri. Sull’ “occasione sprecata” credo volessero dire “hai in mano un pezzo così bello perché non usare un tono consono?”. Io rispondo di no perché si può anche scherzare con serietà e responsabilità. Se sono consapevole di una parodia non vuol dire che questa non ha dignità. Può non piacere, però se uno va più a fondo, aldilà del linguaggio da bar, si rende conto che io ho parlato di una certa tipologia di atteggiamenti che sono condivisibili dal mondo femminile. Non punto il dito per distruggere, faccio parodia. Non c’è una demonizzazione della donna, anzi la stessa presenza delle donne nella canzone è proprio a dire “guardate che queste mezze f…e non sono le donne, ma una tipologia. Ci sono anche i mezzi uomini”. La classica che “se la tira” dà fastidio sia alle donne che agli uomini.

Sei riuscito a riunire 40 bergamaschi, tra calciatori, cantanti, musicisti per il solo scopo di divertirsi e fare divertire. È questo che manca dalla nostra vita quotidiana? La leggerezza e il divertimento?
Vedo l’utilizzo che la gente fa dei social. È una bella cosa quando si crea un’interazione costruttiva. Quando però ci si confronta sui social come leoni da tastiera diventa sempre brutto. Sicuramente c’è da sorridere un po’, bisogna anche sforzarsi. Uno che sorride non vuole dire che ha il vuoto nel cervello, a volte costa fatica sorridere ma è anche bello cercare di farlo, ovviamente con una certa educazione.

Sei considerato una super star nella provincia di Bergamo. Non vuoi superare i confini della bergamasca? Hai rifiutato l’invito ad una nota trasmissione televisiva perché non volevi fare il “solito cliché bergamasco”.
Quando vuoi una cosa non è detto che succede. Il fatto che io utilizzi il dialetto non è sempre un confine per forza, a volte capita che io faccia delle cose in dialetto che vanno a “bucare” oltre Bergamo, perché probabilmente comanda il pezzo, come “We are the world”. La lingua nel fatto musicale non è un limite così grosso. Quanti sono i tormentoni che ascoltiamo e non capiamo nulla?Riguardo la TV, ha ancora un effetto leva sulla gente, però non è che se vado in onda ho un’occasione per forza. Se ti chiama un autore che a malapena sa chi sei ma sa che hai qualche numero e lo può sfruttare per muovere il proprio stagno, e tu devi fare il pagliaccio per 30 secondi non ha senso. Ho risposto se devo fare il cretino faccio quello che dico io (ride). Questo è stato interpretato come un mio essere virtuoso. Invece no, è una questione di volere fare una cosa e la TV non fa bene per forza.

Facebook è stata la catapulta e tu sei arrivato a migliaia di followers. Come hai gestito inizialmente la situazione di essere diventato famoso?
La rete è impressionante. Fai delle cose, le pubblicizzi e non ti rendi conto di quanta gente le veda. La gente ha cominciato a fermarmi per strada, a salutarmi e a sorridermi. Questo è bellissimo, quando mi parlano è meraviglioso. “Bello l’ultimo video che hai postato”, mi dicono. L’altro giorno hanno mandato in onda la canzone su RadioDeejay e hanno commentato la parodia che ho fatto sui Golden Globes durante la premiazione di Rami Malek. Dopo la trasmissione ho scritto un’email a Linus ringraziandolo e mi ha risposto: “SuperVava, avresti dovuto fare tu Bohemian Rapsody”.

In effetti gli assomigli. Il baffo sembra ispirato proprio da Freddie.
È parecchio ispirato da Freddie, anche se il mio papà ha sempre avuto il baffo quindi è di famiglia.

Grazie ai tuoi nonni hai imparato il dialetto locale, che è una vera e propria lingua ma che sta scomparendo tra i giovani. Potrebbe sopravvivere anche grazie a te?
Non sono legato al dialetto in maniera forzata. Faccio anche delle cose che non c’entrano col dialetto. Grazie ai miei nonni l’ho imparato, sì. Spero di dare un piccolo contributo. Ci sono tanti adolescenti che mi seguono e che magari non sono quelli della città. L’adolescente che vive in città è molto diverso da quello che vive in un paese piccolo. Il vero lavoro è di non allargare molto la macchia di scomparsa del dialetto, di oblio. Secondo me sarebbe bello se i ragazzi capissero che è un arma in più. Cent’anni fa si parlava in dialetto perché era l’unico strumento per comunicare, adesso abbiamo tanti strumenti e lingue da imparare e in questo scenario il bergamasco è un’arma in più, che magari non ti porta in America, ma è un contatto con le nostre radici.

Nonostante il bergamasco aspirato, la tua pronuncia britannica è perfetta. Hai vissuto in Inghilterra?
Ho avuto amicizie e ho vissuto in Inghilterra. Tutto il mio inglese salta dalla musica. È passione. Se ti piace una cosa in qualche modo ce la fai.

*Vava77 con capelli e baffi neri e denti sporgenti si mette di nuovo nei panni di Freddie Mercury e prepara un remake tutto italiano della canzone “Somebody to love” per i 20 anni dello Zoo di 105. Il testo per la sigla è stato scritto da Vava77 con lo spirito e l’umorismo che lo contraddistingue, mentre il video divertente che accompagna la rivisitazione della canzone vede partecipi anche tutti i membri della trasmissione radiofonica più ascoltata in Italia nella fascia pomeridiana.


Nembro, chiude il ristorante “del manichino”

coq d'or- manichinoChi ha percorso almeno una volta la strada provinciale della Val Seriana non può non averlo notato. La figura di cameriere a grandezza reale in bella vista sull’angolo di un complesso immobiliare in zona San Faustino, tra Nembro e Albino.

È lo speciale testimonial scelto dal ristorante Coq d’Or quando nel 1967 i coniugi Milesi hanno aperto l’attività. Ben pettinato, elegante nella sua divisa bianca, un tempo recava un vassoio dove di volta in volta venivano esposti in bella vista i piatti che richiamavano l’attenzione sulle specialità del momento. Si avvicendavano il pollo, il fagiano, la trota, polenta e uccelli e per i bambini era un classico scommettere su quale portata sarebbe stata “servita” al momento del passaggio in auto. Con gli anni l’aggiornamento del menù è venuto meno ed è sparito anche il vassoio, ma il cameriere è rimasto un punto di riferimento, una sicurezza in un paesaggio in continuo mutamento. Per 48 anni.

Ora i titolari hanno scelto di chiudere. Lo faranno il 16 agosto. «Fortunatamente abbiamo raggiunto l’età della pensione – racconta Christian Milesi, 60 anni, che con la moglie Gabriella ha portato avanti la gestione dopo i genitori -. Certo, un po’ dispiace perché in questa attività ci sono cresciuto, ma dall’altro lato siamo contenti di prenderci finalmente un po’ di tempo per noi, cosa che non è mai stata possibile prima, per via dell’impegno col ristorante. I nostri tre figli hanno preso altre strade, è stata una decisione serena. Ora siamo alla ricerca di qualcuno che prenda in affitto i locali, ma vogliamo che sia un progetto serio, che porti in qualche misura avanti la tradizione».

Una tradizione cominciata nel ’59 quando papà e mamma Milesi, emigrati in Francia, tornarono a Nembro ed aprirono una trattoria in via Ronchetti. «Nel ’67 ci siamo trasferiti qui – spiega – e il manichino è arrivato poco dopo. Ce n’erano tre versioni, la signora, il bambino e l’uomo, abbiamo scelto quest’ultimo». Il nome del locale non lo si deve invece all’esperienza in Francia o almeno non direttamente. «È stato un cliente che veniva a mangiare il “coq au vin” a suggerire di chiamarlo Coq d’Or», ricorda.

ristorante coq d'orAi fornelli Christian ha raccolto il testimone della madre e portando avanti i piatti forti della cucina bergamasca, casoncelli, scaloppine ai funghi e poi brasati, di asino, di cavallo, di cervo, con l’immancabile polenta, oltre alle proposte più classiche della cucina italiana.

Collocato su una via di grande passaggio – fino all’apertura della superstrada Seriate-Cene -, ha rappresentato un approdo sicuro per tanti viaggiatori e per il pranzo di mezzogiorno, con clienti abituali che anche per 10 o 15 anni hanno mangiato lì tutti i giorni. E adesso che fine farà il cameriere? «Se lo vorranno, lo cederemo volentieri ai nuovi gestori – dice Milesi -, altrimenti gli farò indossare una giacca da Carabiniere e lo metterò sul terrazzo di casa nostra, abitiamo sopra il ristorante. Visto il problema della sicurezza, chissà che non serva da antifurto… – scherza -. In fondo, dopo tanti anni è venuto anche per lui il momento di cambiare mestiere!».