Natale in casa Cerea

L’immagine del Natale “Da Vittorio” è rappresentata da mamma Bruna coccolata dall’affetto dei cinque figli Chicco, Francesco, Barbara, Rossella e Bobo e dei 13 nipoti. Un punto di riferimento e il collante per tutta la famiglia, insieme ad una presenza che si sente ancora forte: la figura del grande Vittorio, imprenditore lungimirante che prima di tutti ha capito qual era la strada da percorrere per soddisfare con qualità e classe i palati più esigenti. Una stella che brilla ancora oggi e che compare quotidianamente nel ricordo e nei pensieri di tutti coloro che frequentano il suo locale alla Cantalupa.

Il trasloco dalla centrale via Papa Giovanni a Bergamo è stata una scelta obbligata, che ha lasciato il segno: da un lato uno choc per tutta la famiglia che alla città era ed è affezionata dopo essere cresciuta negli anni, fino ad affermarsi come una delle tavole più gloriose nel panorama enogastronomico mondiale. “Confermo che io e Vittorio non eravamo convinti dello spostamento – commenta mamma Bruna -. Lasciare Bergamo ci è pesato parecchio e il futuro era ricco di incognite. Grazie all’impegno di tutta la famiglia siamo stati capaci di crescere come imprenditori e toglierci delle grandi soddisfazioni”. Non solo dal punto di vista meramente economico, pur essendo Da Vittorio la prima impresa italiana per fatturato nel settore della ristorazione.

La realtà tristellata è molto di più: un’istituzione che sa regalare emozioni ai suoi ospiti. Sulla collina di Brusaporto la famiglia Cerea ha creato un mondo magico per i suoi ospiti, un grande successo favorito sicuramente dalla grande armonia che unisce tutti i componenti della famiglia.

Anche l’ambiente di lavoro è una grande famiglia e un’occasione di crescita per centinaia di ragazzi che in tanti anni sono passati da qui. “I giovani che si avvicinano al mondo della ristorazione e dell’accoglienza non devono illudersi con i reality e i format televisivi – prosegue Bruna -. Occorre avere le idee chiare e tanta determinazione per imparare al meglio un mestiere che non deve necessariamente essere lo chef, perché anche un cameriere ‘semplice’ ha l’opportunità di togliersi grandi soddisfazioni: è un ruolo fondamentale perché può valorizzare o danneggiare il lavoro della cucina. In televisione viene mostrata la parte più ludica e da show ma il lavoro è ben altro, è fatto di sacrifici che si superano solo con la passione giusta per lavorare in brigata o in sala anche 10/12 ore al giorno”.

Come diceva Gualtiero Marchesi “Siamo tutti cuochi, ma non possiamo essere tutti generali perché servono anche i colonnelli”. Imparare l’arte permette anche di viaggiare e i fratelli e i nipoti Cerea sono spesso all’estero, un fatto che mamma Bruna vive con alti e bassi. “Girare il mondo è una grande opportunità che i miei figli hanno sempre saputo cogliere, ma comporta anche il sacrificio di stare lontano dalla nostra grande famiglia. Ogni esperienza permette di crescere e raccogliere nuovi stimoli, per poi tornare a casa e portarsi indietro non solo una valigia ma un bagaglio di conoscenze. Mi auguro che anche i miei nipoti che oggi lavorano lontano, prima o poi rientrino a Brusaporto, anche perché qui abbiamo bisogno di giovani che mandino avanti l’azienda portando nuove idee e innovazioni”.

Chicco e Bobo sono al momento i fratelli che viaggiano maggiormente per eventi e consulenze in giro per il mondo, da Singapore a Macao, dal Brasile alle più vicine Francia e Germania. Ogni esperienza ha pro e contro, ma dipende spesso dallo spirito e dalla positività con cui la di vive. In famiglia ricordano come fosse ieri la prima volta a Giacarta. “Ci chiamarono per una consulenza e i primi ad arrivare furono alcuni collaboratori che tornarono spaventati. Allora ripartì Chicco che, a differenza loro, tornò entusiasta e con il ricordo di un paese fantastico”.

Il Natale è il giorno più bello dell’anno per la grande famiglia Cerea che riesce sempre a riunirsi al completo. “È sicuramente la festa più sentita – prosegue emozionata Bruna -. Finito il pranzo con i clienti, ci troviamo tutti insieme per la cena, dimentichiamo la stanchezza e spegniamo tutti i telefoni. Una grande famiglia finalmente riunita”.

Consigli culinari per la giornata più magica dell’anno? “Il Natale regala emozioni differenti ad ognuno di noi. È giusto abbandonarsi ai ricordi più belli e ai sapori della tradizione. Ci sono piatti che ognuno di noi ha nel cuore e anche se mangiati una volta all’anno ti regalano emozioni uniche. Con una grande soddisfazione: aver trasmesso a figli e nipoti il senso di unione che permette a tutti noi di andar d’accordo e ai cugini di cercarsi e rincorrersi in giro per il mondo. Ecco la ricetta: quando si è uniti, ci si vuole bene, ci sono lealtà e rispetto, si possono superare tutte le difficoltà”.


Ernst Knam: Sono come in tv

Tedesco di nascita e milanese di adozione, Ernst Knam è uno dei volti più popolari della pasticceria italiana nonché uno dei migliori maestri dell’arte dolce d’Italia. Pasticcere, autore di libri (a gennaio uscirà un nuovo titolo dedicato al cioccolato, edito da Mondadori) e personaggio televisivo, è il giudice più temuto di Bake Off Italia talent di pasticceria in onda su Real Time, che conduce insieme a Benedetta Parodi, Clelia d’Onofrio e Damiano Carrara. Dalla sua pasticceria di via Anfossi a Milano ci ha raccontato come è nata la sua passione per i dolci e il cioccolato, le sue preferenze a tavola e un aneddoto divertente. 

Da dove nasce la sua passione per i dolci?

Mia mamma circa un mese prima di Natale sfornava i biscotti speziati, tipici della tradizione natalizia tedesca. In tutta la casa si diffondeva un profumo e una fragranza che ancora per me oggi significano “Natale”. Facevo a gara con i miei fratelli per scoprire dove venivano nascosti e rubarne alcuni nell’attesa delle Feste. Oggi spero di riuscire a portare nelle case di chi acquista i miei prodotti la stessa gioia e soddisfazione.

Quali sono i piatti che ama di più?

Sono curioso di natura, non c’è un solo piatto che prediligo in assoluto; mi piace assaggiare e provare pietanze diverse, da quelle dolci a quelle salate, soprattutto quando viaggio. Scoprire materie prime sempre nuove, abbinamenti inusuali e a volte anche azzardati è per me fondamentale per poi creare nuove ricette e continuare un percorso di evoluzione della mia cucina e pasticceria. Ho invece un dolce preferito, è legato a un ricordo di infanzia, quando la mia tata tedesca preparava la foresta nera, una ricetta tedesca di cui oggi propongo la mia versione.

C’è un ingrediente che proprio non tollera?

Cerco sempre di trovare la giusta composizione nella ricetta. Tra gli ingredienti che non utilizzo molto, c’è il kiwi.

Come è Ernst Knam in cucina?

Dietro ai fornelli bisogna cercare di mantenere sempre la calma. Quello che dico sempre, anche ai miei collaboratori, è che quando si entra in laboratorio bisogna prendere l’ansia, l’agitazione, il nervosismo, metterli in un cassetto e chiuderlo finché non si esce. Solo così si riuscirà a lavorare e a portare a termine un piatto, una scultura o una torta che sia.

È partito dalla Germania, il suo Paese natale, fino ad arrivare in Giappone e poi in Italia, quale di questi Paesi ha i dolci più buoni?

Tutti i luoghi in cui sono stato hanno delle peculiarità che rendono i loro dolci unici, sia nella forma che nell’accostamento di sapori. Il Giappone è sicuramente uno dei Paesi che mi ha lasciato qualcosa in più rispetto agli altri, infatti è proprio da qui che ho preso spunto e ispirazione per creare ricette particolari come la Sakura Cake, che è stata presentata in una prova a Bake Off Italia e che uscirà tra le tante ricette nel mio nuovo libro.

Preferisce il ristorante o la trattoria?

Dipende dalla compagnia e da come ho intenzione di trascorrere la serata.

Vino o birra?

Li apprezzo entrambi, in momenti diversi. La birra, preferisco sorseggiarla davanti alla televisione mentre guardo una partita del Bayern Monaco o dell’Inter. Per quanto riguarda il vino, preferisco le bollicine, che accompagnano un aperitivo o un’ottima cena.

Parliamo finalmente di cioccolato. Come e con quale altra pietanza ama mangiarlo?

Uno degli abbinamenti che preferisco è con la frutta, soprattutto se rossa come i lamponi o i frutti di bosco. Tra le mie torte più richieste e amate, dai bambini in particolar modo, c’è la fondo nero con lamponi: base di frolla nera, crema pasticcera al cioccolato, ganache e infine, uno strato di lamponi freschi.

L’esperienza televisiva l’ha resa una persona molto conosciuta. C’è un aneddoto che può raccontarci a questo riguardo?

È ancora molto strano per me quando le persone mi riconoscono per strada, mi fermano per una foto o…mi rincorrono in bagno. In questi anni mi è successo anche questo e non finisco mai di sorprendermene.

In TV appare come un giudice severo e incute soggezione. Esigenza televisiva o è davvero così?

Molte persone pensano che dietro al grande schermo ci siano delle regole o delle etichette da indossare come appunto quella del ‘giudice severo’. Non ho mai avuto particolari difficoltà davanti alla telecamera, neanche quando ho iniziato il mio primo programma televisivo, “Il Re del Cioccolato”. Quindi, il Knam che vedete a Bake Off Italia è il Knam pasticcere, quello che incontrate per strada, agli eventi, nel negozio di Via Anfossi 10 e non un attore come tanti possono pensare. Per me Bake Off Italia è come una scuola di cucina in cui i concorrenti partecipano per imparare, osare, rischiare e soprattutto sbagliare. È quindi opportuno essere anche severi, ma non troppo, per cercare di fornire buoni insegnamenti e un metodo a chi vuole realmente imparare questo mestiere.

Chi inviterebbe a cena e perché?

Tom Hanks, è un attore che mi piace molto, sia per le sue interpretazioni nei film che per la sua intelligenza e simpatia: penso che da una cena tra di noi potrebbero nascere tante idee, tanti spunti. Inoltre ho letto che, come me, è una buona forchetta…

Quali sono gli ingredienti per fare un buon dolce?

Conoscenza, apprendimento e tecnica: non sono commestibili, ma rappresentano secondo me le pratiche fondamentali per fare questo mestiere. Alla base di un buon dolce c’è la conoscenza delle materie prime, essenziali per comprendere ed eseguire ogni ricetta. Subito dopo viene l’apprendimento. Corsi di aggiornamento, convegni, fiere e tanti altri eventi possono essere un ottimo strumento per accrescere le proprie competenze. Dopotutto, non si smette mai di imparare. Infine, c’è è la tecnica, la manualità, che permette al pasticcere di eseguire con precisione e accuratezza la preparazione che prima era solo nella sua mente.

Qual è l’errore più grande in pasticceria?

Non saper ascoltare e andare avanti per la propria strada, ignorando i consigli dei maestri, ma anche rimanere intrappolati nella tradizione senza osare mai qualcosa di nuovo che vada oltre gli schemi.

Conosce la pasticceria bergamasca?

Nel mio libro La Versione di Knam, edito da Giunti, ho raccolto ricette rivisitate di alcuni dei dolci della tradizione da tutte le regioni italiane. Ho ripreso la ricetta degli inizi del ‘900 di polenta e osei, con qualche leggera modifica: la mousse al cioccolato con le nocciole caramellate al posto della crema al burro e nocciole e la bagna del pan di Spagna con il rum invece che con il cognac.

 


Gourmarte premia le eccellenze del territorio

Sandra Midali del ristorante K2 di Foppolo ha ricevuto il premio alla carriera all’interno della manifestazione Gourmarte, che si è svolta alla Fiera di Bergamo lo scorso fine settimana. Il riconoscimento è stato consegnato dalla presidente dei ristoratori di Ascom Confcommercio Bergamo, Petronilla Frosio, per il lavoro portato avanti in valle brembana in tema di sviluppo turistico. Pioniera dell’imprenditoria al femminile, è ai fornelli da più di 50 anni, operando per lo più dietro le quinte nella massima discrezione.

Insieme ad Alessandra Midali accompagnata dalla figlia Gabriella, a Gourmarte è stato premiato, in collaborazione con il Gustavo di Elio Ghisalberti e L’Eco di Bergamo, anche il giovane pasticcere Matteo Manzotti come “Giovane under 30 dell’anno”, che proprio durante la fiera dedicata all’enogastronomia ha presentato un prodotto innovativo, ideato e già brevettato, il tiramisushi, un tiramisù scomposto e confezionato in otto piccole porzioni con roll di pan di spagna e mousse al mascarpone accompagnato da un vasetto di bagna al caffè e le irrinunciabili bacchette per mangiarlo in compagnia. Matteo Manzotti gestisce il Caffè Milano a Treviglio, insieme alla sorella Francesca.

Altri riconoscimenti sono andati all’apicoltore Walter Volpi di Adrara San Rocco per il prodotto dell’anno, il miele di millefiori di alta montagna; ai fratelli Cornolti dell’azienda Cor-Market di Sorisole, che sono stati eletti bottega dell’anno; a Gustavo Vandsberg del ristorante Gù di Bergamo come novità dell’anno; al vignaiolo Antonio Lecchi di Tenuta Casa Virginia di Villa d’Almé, che si è aggiudicato il premio come vino dell’anno grazie al Bergamasca IGT 2015 “Il Drago di Santa Brigida”; al pizzaiolo Ian Spampatti del ristorante La Lanterna di Dorga come miglior pizza dell’anno; alla famiglia Cristini del ristorante Tre Noci di Spirano come miglior piatto della tradizione 2018 (trippa in umido con carciofi); a Stefano Gelmi e Stefano Arrigoni del ristorante La Brughiera di Villa d’Almè per il piatto dell’anno (zuppa toscana di coratella di agnello da latte, tataki di capriolo al pesto di pistacchi, tè matcha e wasabi) ed infine Mario Cornali e Giovanni Beretta del ristorante Collina di Almenno San Bartolomeo per la categoria Pranzo dell’anno grazie al “Lucioperca in olio di cottura con menta e lime candito; dentro il bosco; lumache, ceci e prezzemolo; agrumeto.

 


Il Natale del cuoco in ricordo del presidente Roberto Benussi

E’ stata una serata diversa dalle solite, nella quale hanno prevalso le emozioni e i ricordi del presidente Roberto Benussi, recentemente scomparso a causa di una breve malattia.

Parole toccanti e ricche di affetto hanno scandito la serata, cui hanno preso parte più di 300 ospiti tra chef, amici e sponsor.

Il vicepresidente Fabrizio Kamer ha sottolineato come “quella di quest’anno è l’edizione più difficile. Siamo andati avanti perché sappiamo che questa era la volontà di Roberto ed era il suo desiderio. In questi giorni abbiamo ricevuto centinaia di attestati di stima, arrivati in federazione dal mondo dei cuochi. Un’ulteriore dimostrazione di come la forza e gli insegnamenti, che ci ha dato Roberto negli anni della presidenza, rimarranno vivi in tutti noi”.

Per ricordare il presidente è stato deciso di devolvere in beneficenza parte del ricavato della lotteria per la ricerca contro il cancro. Dopo aver ringraziato la famiglia e il figlio presenti in sala, anche il presidente nazionale dei cuochi, Rocco Pozzulo, ha ricordato Roberto come compagno di avventure che si dava da fare quotidianamente sul territorio, senza mai trascurare la formazione degli allievi. “Se ne va un pezzo importante di storia e un grande uomo” – ha concluso Pozzulo. Emozionante anche l’intervento del presidente regionale e amico di Roberto Benussi, Carlo Cranchi “Sono sicuro che l’associazione dei cuochi bergamaschi crescerà in memoria di Roberto, che per me è stato come un fratello e a cui veramente tutti volevano bene”.

Il programma culinario ha visto la partecipazione degli chef Philippe Léveille del Miramonti L’Altro e di Giancarlo Morelli del Pomiroeu e degli allievi della scuola alberghiera di San Pellegrino.

Durante la serata è stata celebrata anche la vittoria di Francesco Gotti e della nazionale italiana cuochi (Nic) che ha concluso in Lussemburgo la Culinary World Cup con un ricchissimo medagliere: oro e argento con la valorizzazione delle eccellenze gastronomiche italiane, oltre ad una serie di altri prestigiosi premi nelle diverse categorie.

Sullo sfondo la casacca del presidente Roberto Benussi.


L’alta cucina incontra il benessere e la solidarietà

Lo chef Ezio Gritti, patron dell’omonimo ristorante in Piazza Vittorio Veneto, nel cuore di Bergamo, firma l’happy hour benefico organizzato venerdì 30 novembre, dalle ore 19.30, all’Istituto Sant’Alessandro da “L’Essenza – Alimentiamo il Benessere”, associazione senza scopo di lucro che vede nella corretta cultura alimentare e nei sani stili di vita risorse fondamentali di prevenzione primaria e sostegno nelle varie fasi della vita. La serata, a ingresso gratuito presenta e raccoglie fondi a sostegno del progetto “Noi col Fiocco Rosa”, dedicato alle donne che hanno vissuto direttamente o indirettamente l’esperienza del tumore al seno. Gritti farà uno show-cooking e per l’occasione cucinerà ravioli di farina integrale farciti con zucca e amaretti al tartufo nero, fiori eduli e caviale di liquirizia, e un buffet a cura degli Chef della Salute, in collaborazione con il food specialist Sergio Cornolti. Ingresso gratuito. Per informazioni e prenotazioni: prenotazioni.lessenza@gmail.com

(ph Marco Quaranta)
 


Omaggio alla selvaggina, al via sei tappe nei ristoranti

Dopo il successo della prima edizione ritorna l’iniziativa culturale-gastronomica ‘Selvatici e buoni…a tavola’ realizzata nell’ambito del progetto scientifico Selvatici e buoni una filiera alimentare da valorizzare sostenuta da Fondazione UNA con capofila l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Un nuovo percorso alla scoperta delle esclusività del territorio bergamasco a base di grossa selvaggina certificata proveniente dal territorio e dai centri di lavorazione della selvaggina (CLS) riconosciuti.

Saranno sei le tappe che si svolgeranno tra fine novembre e i primi mesi del 2019. Il via è fissato per giovedì 29 Novembre presso l’osteria Al Gigianca di Bergamo dove sarà possibili degustare i primi piatti a base di selvaggina proposti in modo innovativo affiancati ad altri prodotti della tradizione, vini compresi.
Seguiranno altre due tappe nel 2018: giovedì 6 dicembre al ristorante Peccati di gola di Vilminore di Scalve e venerdì 14 dicembre alla Trattoria gastronomica Selva di Gelso di Clusone. La rassegna riprende poi a fine gennaio con altre 3 serate presso Chalet Engadina di Vilminore di Scalve, Locanda Blum In di Rovetta e Agriturismo Cascina Lorenzo di Costa Volpino.

Inizio ore 20. Per info e prenotazione obbligatoria direttamente ai ristoranti. 

LocandinaSelvaticiATavola2018


Guida Michelin 2019: “Super star” la Lombardia con più stelle in tutta Italia

E’ stata presentata oggi a Parma la Guida Michelin 2019 e Lombardia risulta la “super star” della “bibbia rossa” con 60 ristoranti stellati!

Nove i protagonisti stellati nella bergamasca, tra cui Da Vittorio a Brusaporto che conferma le tre stelle, Frosio ad Almè, Il Saraceno a Cavernago, Casual a Bergamo, A’anteprima a Chiuduno, Florian Maison a San Paolo d’Argon, LoRo a Trescore Balneario, San Martino a Treviglio e Osteria della Brughiera a Villa d’Almè che conquistano o confermano una stella.

La 64a edizione della Guida Michelin Italia sarà disponibile a partire da lunedì 19 novembre in libreria e sull’app Michelin Ristoranti che è scaricabile gratuitamente per iOS e Android.
Nell’anno in cui l’omino Michelin festeggia il suo 120° compleanno, la nuova Guida Michelin Italia festeggia i ristoranti tre stelle con un voto pieno: 10. Nel linguaggio della Guida, le 3 stelle sono un’indicazione per gli appassionati gourmet di tutto il mondo, che, quest’anno, li orienta verso 10 destinazioni di viaggio in Italia.

Nella 64a edizione della Guida, oltre alle nuovissime 3 stelle Michelin che brillano sulla cucina dello chef Mauro Uliassi, dell’omonimo ristorante di Senigallia, confermano di avere una cucina che “vale il viaggio”, e quindi le 3 stelle Michelin, i ristoranti dell’edizione 2018: Piazza Duomo ad Alba (CN), Da Vittorio a Brusaporto (BG), St. Hubertus, a San Cassiano (BZ), Le Calandre a Rubano (PD), Dal Pescatore a Canneto Sull’Oglio (MN), Osteria Francescana a Modena, Enoteca Pinchiorri a Firenze, La Pergola a Roma, Reale a Castel di Sangro (AQ).

Come nota il direttore internazionale Guide Michelin, Gwendal Poullennec: “Anche quest’anno, le stelle che i nostri team di ispettori hanno attribuito a 367 ristoranti sono un indubbio riconoscimento della ricchezza e diversità regionale della gastronomia italiana, fatta di prodotti, territorio e genuinità. Ed è sempre appassionante vedere come gli chef e tutte le persone alla guida di questi ristoranti diano vita e linfa alla scena culinaria italiana, armonizzando rispetto delle tradizioni e innovazione”.


Il GattiMassobrio 2019 fotografa una ristorazione in fermento

Giunta alla sua quarta edizione e in continua interazione col web (IlGolosario.it) e l’app, per gli aggiornamenti continui di Marco Gatti e Paolo Massobrio e dei loro 90 collaboratori, nasce dall’esigenza di fotografare una ristorazione sempre più eterogenea, contaminata e in evoluzione, raccontando non solo i migliori ristoranti ma anche le migliori trattorie, che hanno una tipologia di offerta diversa, fino alle pizzerie moderne.

Nell’edizione 2019, dei 3.300 locali recensiti, le corone sono in tutto 335, mentre i faccini radiosi 567, a segnalare che più di un terzo dei ristoranti citati ha un valore alto di offerta dal punto di vista qualitativo. Seguono a ruota i locali con il faccino contento, ovvero sulla soglia del radioso, e infine quelli col solo faccino contento e il faccino normale.

E sono tante le tipologie di locali raccontate: 230 pizzerie, 67 locali polifunzionali (ovvero con un’offerta che si declina in modi differenti durante tutto l’arco della giornata), 145 agriturismi oltre a ristoranti (suddivisi come trattorie, trattorie di lusso e ristoranti, in base a servizio e prezzi), negozi con cucina, cantine con ristorazione, enoteche con cucina. Ad aggiudicarsi la miglior tavola dell’anno quest’anno è in Piemonte: La Madernassa di Guarene (Cuneo), che in cucina vede all’opera Michelangelo Mammoliti.

A Bergamo i locali premiati con la corona radiosa sono: Al Carroponte e Arti di Bergamo, Frosio di Almè, Collina di Almenno San Bartolomeo, Antica Osteria dei Cameli di Ambivere, Da Vittorio di Brusaporto, Saraceno di Cavernago, Pizzeria dei 7 Ponti di Cenate Sopra, Osteria del Conte di Dalmine, Al Vigneto di Grumello del Monte, Cucina Cereda di Ponte San Pietro, Trattoria Falconi di Ponteranica, Opera Restaurant di Sorisole, Loro di Trescore Balneario, La Corte del Noce di Villa d’Adda e l’Osteria della Brughiera di Villa d’Alme.

Con circa 10mila referenze in tutta Italia
Per i cultori delle cose buone, l’appuntamento dell’anno è con la nuova edizione de ilGolosario, la guida del giornalista Paolo Massobrio che da 25 anni racconta in 1.000 pagine il meglio del gusto italiano con i suoi territori, i prodotti tipici e le storie dei suoi preziosi artigiani. Un unicum che si è evoluto nel tempo e che ha trasformato le botteghe alimentari in imprese complesse; una gamma ampia di negozi che spaziano dalle boutique del gusto alle gastronomie, dalle pasticcerie alle macellerie ai negozi di frutta e verdura, categorie apparentemente distanti l’una dalle altre, ma tutte accomunate dalla ricerca della qualità di prossimità nelle proposte e dalla professionalità dei loro artigiani.

“Dal 1994, prima edizione del Golosario, all’anno 2000, che segna la pubblicazione annuale fino a oggi – spiega Massobrio – l’offerta enogastronomica è cambiata. Il Golosario ne è lo specchio fedele, tant’è che dalle 200 pagine iniziali è arrivato a quasi 1.000 pagine. E tutto nacque da quell’incontro fortuito con Giorgio Onesti, il guru delle cose buone d’Italia che di fatto è stato il mentore di questo libro: ha selezionato i migliori artigiani italiani, ma li ha anche fatti conoscere a quei negozi di alimentari che sono diventati nel tempo le boutique del gusto. Per questo ilGolosario ha da sempre una doppia sezione, con il corollario corposo delle migliori cantine e delle aziende che producono olio. Ma per i 25 anni abbiamo voluto stilare un Manifesto dedicato al cuore del Golosario, che è un punto di professionale valorizzazione di tutta questa qualità: la bottega”.

Ebbene, con circa 10.000 referenze, ilGolosario 2019 (Comunica Edizioni, 25.00 euro) vuole portare il vessillo della qualità diffusa italiana, confermandosi un libro cult che negli anni è diventato un punto di riferimento per gli enogastronomi del Bel Paese, sempre più curiosi e attenti all’origine e alla qualità dei prodotti. Tante le novità di questa edizione, ufficialmente la ventesima, che vanta la presenza di oltre 1.875 produttori di qualità, suddivisi in microbirrifici, acetifici, torrefazioni, liquorifici, caseifici, salumifici, produttori ortofrutticoli, artigiani del dolce, produttori di confetture e marmellate, apicoltori, produttori di pane e farine, pastifici e riserie, trasformatori di prodotti ittici e produttori di sfiziosità. Quindi 4.374 Botteghe e Boutique del Gusto che costellano il territorio italiano, oltre 700 produttori di olio e 2.771 cantine, simbolo della qualità diffusa del vino italiano; tra queste anche i 1.500 Top Hundred selezionati da Paolo Massobrio e Marco Gatti. Ma a contraddistinguere ilGolosario è anche l’interattività con il portale ilgolosario.it, la versione online di questo vademecum del gusto, che giorno per giorno racchiude e raccoglie in real time tutte le scoperte fatte da Paolo Massobrio e dal suo staff di collaboratori, compresi gli ispettori del GattiMassobrio, il taccuino dei migliori ristoranti d’Italia.


Convivio solidale alla Terrazza Manzotti di Canonica d’Adda

Ristoranti Regionali – Cucina DOC www.ristorantiregionali.it il sodalizio nato in provincia di Bergamo nei primi anni settanta per salvaguardare la cucina del territorio, costituitosi associazione no profit alcuni anni fa, ha inserito tra le regole del suo statuto la realizzazione di convivi a scopo benefico. Francesco Manzotti quarta generazione titolare dello storico ristorante Terrazza Manzotti di Canonica d’Adda (Bg), socio del gruppo, dopo aver ricevuto il testimone dalla mamma Enrica, guida con passione l’elegante locale che, nei giorni scorsi, ha curato il“ convivio solidale” per : Gli Amici di Chiara onlus www.gliamicidichiara.org.

L’Associazione, che ha sede a Vercurago (LC), è nata in seguito alla scomparsa della piccola Chiara di 19 mesi, malata di leucemia. Malgrado il dolore per la perdita della figlia, mamma Giusy e papà Roberto hanno deciso di trasformare la sofferenza in generosità, impegnandosi nella lotta a questa terribile malattia, mettendo a frutto le loro capacità :mamma Giusy con il canto e papà Roberto con la competenza organizzativa.

Un primo concerto realizzato poco dopo la scomparsa di Chiara ha dato inizio, in breve tempo, alla formazione di un gruppo di persone disposte ad offrire il loro aiuto per la lotta alla leucemia infantile. Oggi i volontari che mettono a disposizione tempo e competenze sono sessanta e realizzano eventi ed attività a sostegno del comitato “Maria Letizia Verga” www.comitatomarialetiziaverga.it. I fondi raccolti sono destinati alla ricerca e allo sviluppo del reparto di ematologia pediatrica del Nuovo Ospedale San Gerardo di Monza.

Eccellente il pranzo realizzato in collaborazione con l’associazione Strada del Vino e dei Sapori della Valcalepio (BG) e dell’Azienda Vitivinicola Bera di Neviglie (CN) ha visto protagonisti i sapori di autunno . Lo Sformatino di ricotta su vellutata al basilico e scaglie di tartufo nero ha aperto il menù, abbinato a Manzoni bianco Terre del Colleoni DOP prodotto da Villa Domizia-Quattroerre Group, premiato tra i migliori cento vini d’Italia nell’ultima edizione di Golosaria, come ha sottolineato Giorgio Lazzari, segretario della Strada del Vino, che ha presentato anche gli altri vini di Villa Domizia in menù : il Valcalepio rosso DOP sposato ad un perfetto Risotto mantecato al Branzi con funghi porcini e il Valcalepio rosso riserva DOP , vino importante con ampi sentori di frutta e delicate note speziate che ha accompagnato il Filetto di vitello in manto di culatello e sfoglia tartufata su galletta di patate al timo. La crostata al cacao con crema frangipane e coulisse di zucca e zenzero con il profumatissimo Moscato d’Asti DOCG 2017 di Bera ha chiuso elegantemente il convivio.

Valore aggiunto all’iniziativa, l’interpretazione emozionante di alcuni brani di mamma Giusy con la sua voce potente e melodiosa di soprano, accompagnata dalla violinista Chiara Ballabio e dal maestro Franco Zapelli alla tastiera .

I soci bergamaschi di Ristoranti Regionali : la trattoria Del Tone di Curno, il ristorante Posta al Castello di Gromo, il ristorante La Trota di Laxolo di Brembilla hanno dato il loro contributo offrendo dei buoni pranzo/cena sorteggiati, insieme ad altri premi per incrementare il ricavato della donazione. Ha commosso il gesto della brigata di sala, guidata con impeccabile professionalità da Diego Martinelli, che ha donato le mance di un’intera settimana alla raccolta dei fondi. Al termine del pranzo è stata consegnata la somma di € 825,00 in un clima di partecipata, festosa solidarietà.

 

Nella foto da sinistra : Marinella Argentieri, Francesco Manzotti, mamma Giusy, Enrica Manzotti, Giorgio Lazzari e alle sue spalle papà Roberto. 


Doggy bag, e se ci abituassimo a chiederla al ristorante?

Se chiedete a dieci persone, 9 rispondono che la doggy bag è utile per non sprecare cibo e bevande già pagate, eppure la maggior parte al ristorante non chiede di portare a casa il cibo e le bevande avanzate. Farlo provoca imbarazzo nei confronti del cameriere, ma soprattutto verso chi ci vede portare via gli avanzi. l problema è culturale. Crediamo sia poco elegante e di venir considerati taccagni, maleducati o addirittura rozzi. In realtà la vera vergogna è quella di gettare cibo ancora utilizzabile. Da parte loro I ristoratori obiettano che il cibo viene preparato per essere ordinato e consumato sul posto e che le porzioni sono adeguate.

Secondo gli ultimi dati, nei ristoranti italiani si sprecano ogni anno 185mila tonnellate di cibo. Un’enormità. Lacosiddetta legge Gadda (L.166) contro gli sprechi alimentari, introducendo procedure semplici e chiare per la donazione di alimenti commestibili ma non più commerciabili, ha portato a un significativo miglioramento circa il quantitativo di cibo sprecato (le donazioni sono aumentate del 20%). Ma bisogna lavorare anche sull’ultimo anello della catena: la pratica della doggy bag deve diventare un’abitudine, come lo è già in molti paesi.

NEL RESTO DEL MONDO CHIEDERE IL CIBO AVANZATO È NORMALE

In India, in Cina, Malesia, nelle Filippie e in Sudafrica la doggy bag è una pratica comune (è assolutamente normale chiedere di portare via il cibo non mangiato) anche nei ristoranti di lusso, dove si usano confezioni sofisticate. Negli Stati Uniti portare a casa il cibo avanzato è un’abitudine molto diffusa, già dagli anni ’40, anzi spesso sono gli stessi camerieri a proporlo (risparmiando ai clienti l’imbarazzo di chiederlo. Addirittura esistono anche le wine- bag per le bottiglie di vino non terminate. In Francia i ristoranti con più di 180 coperti sono obbligati a mettere a disposizione la vaschetta per i propri clienti. Anche se sono più reticenti, i britannici seguono l’esempio americano In Germania, molti ristoranti su richiesta della clientela preparano un pacchettino da asporto e non per il cane. Nel resto d’Europa, compresa l’Italia, questa pratica stenta a prendere piede.

SPRECHI ALIMENTARI: E GUERRA SIA!
UNA DOGGY BAG PER FERMARE LO SPRECO A PARTIRE DAL NOME

Per incentivare l’uso della ‘sportina’, nel 2015 Fipe, insieme a Comieco (il consorzio per il recupero e reciclo degli imballaggi di cellulosa) ha lanciato con successo il progetto ‘Doggy bag se avanzo mangiatemi”, distribuendo contenitori appositi in oltre 200 ristoranti tra Milano, Bergamo, Varese e Roma. Per vincere la reticenza, le aziende hanno realizzato scatole-cestini di design ed ecologiche (la più rispettosa dell’ambiente è in ‘crush mais’, un cartoncino ecologico che utilizza sottoprodotti di lavorazioni industriali, in grado di sostituire fino al 15% della cellulosa ricavata dagli alberi; quindi per cominciare non si spreca in natura). Se si vuole dare il via davvero a un percorso virtuoso il primo passo da fare è uscire da un equivoco (rinforzato anche da molti servizi in tv): il nome doggy bag è fuorviante: gli avanzi sono per noi, non per un nostro ipotetico cane!
Fipe, la federazione italiana dei pubblici esercizi, ha lanciato nei mesi scorsi un concorso per trovare un nuovo nome, tutto italiano alla sportina anti-spreco
. Anche Ascom Bergamo ha partecipato proponendo il simpatico termine ‘ovetto’. Ora si tratta di capire quale idea vincerà e come chiameremo in futuro la sportina.
Intanto, può essere più facile chiedere già ora una scatola da asporto invece che una doggy bag. L’invito è duplice: i ristoratori propongano ai clienti di portare via ciò che hanno ordinato e non consumato, i clienti non si vergognino di chiedere un contenitore adatto per gustare in un secondo momento ciò che non si è consumato. Un’idea per condividere davvero l’esperienza, anziché su Facebook e Instagram.

Dida Una pratica virtuosa che prenderà sempre più piede nella nostra cultura

dida Le origini romane delle doggy bag

La doggy bag ha origine antiche, la pratica è nata nel sesto secolo. I romani avvolgevano gli avanzi in fazzoletti puliti e consideravano scortese chi non lo faceva perchè si pensava non apprezzasse il cibo