Parre, un tuffo tra mestieri e sapori antichi

Sabato 27 giugno Parre torna all’antico. Dalle 15 alle 22, tra le vie e i cortili più caratteristici di “Parre Sopra” si sviluppa infatti “Sapori e tradizioni” un percorso storico-culturale che riporta alle tradizioni e ai costumi tipici del paese della Val Seriana. Gli abitanti in abbigliamento tradizionale mostreranno i lavori di una volta e daranno luogo ad una ricostruzione di come appariva la vita quotidiana 100 anni fa.

Tanti artigiani e hobbisti mostreranno le proprie abilità e il frutto del proprio lavoro: artigianato in legno, argilla, ferro, gioielli, tessuti e tanto altro, con spettacoli folcloristici e musica di baghet, la tipica cornamusa bergamasca. E ancora degustazione e vendita di prodotti tipici bergamaschi, show cooking, passeggiata a cavallo per il centro.

Ecco il programma

  • Alle 16.30 visita guidata alla chiesa parrocchiale di Parre che conserva una tela del celebre pittore cinquecentesco di Giambattista Moroni
  • dalle 15.30 alle 18.30 apertura con visite guidate al Museo Archeologico in piazza S. Rocco
  • alle 16, alle 18 e alle 20.30 esibizione di Valter Biella che terrà una lezione concerto col baghet, la tipica cornamusa bergamasca
  • nel pomeriggio visite ad una antica casa contadina in via Quintavalle
  • alle 15.40, 17.15 e 18.40 presentazione del libro “50 anni della festa degli Scarpinocc” presso lo stand della pro loco

Alle 17 si aprono gli assaggi dei prodotti tipici, mentre dalle 19 nei ristoranti locali si possono gustare i tipici Scarpinocc e gli altri piatti della cucina bergamasca.

Menù convenzionati si possono trovane ai ristoranti Belvedere, Miravalle, Il Moro, La Pesa.


Bergamo, le origini dei casoncelli tra notai, mercanti e imperatori

L’intreccio delle vicende di tre singolari personaggi medievali, ricostruito grazie a recenti contributi storiografici e lessicologici, contribuisce a fare nuova luce su alcuni degli arcani che si celano nella misteriosa notte dei tempi del casoncello. L’eccentrico trio si compone di un notaio, pedante quanto si conviene ad un appartenente alla sua categoria professionale, di un mercante dalle pratiche commerciali tutt’altro che irreprensibili e di un imperatore appassionato di gastronomia.

Il notaio, che di nome faceva Castello Castelli, visse a Bergamo in quell’autentico parapiglia che fu seconda metà del quattordicesimo secolo. Al pari di molti altri colleghi dell’epoca, cui tra le altre incombenze era affidata quella di registrare i principali eventi locali dei quali erano stati testimoni, attraverso i suoi scritti ci ha trasmesso una gran copia di informazioni sulla cultura materiale di quei giorni. Tra queste compaiono appunto due dei più antichi cenni reperibili in letteratura a riguardo del nostro tortello.

Il primo dei passi riferisce che il 13 maggio 1386 in Città Alta si tenne una gran festa, allietata da musiche e danze, cui presero parte più di 2.000 abitanti – ovvero almeno un quarto della rada popolazione urbana di quel periodo. Il cronista riporta puntigliosamente che nell’occasione furono offerte agli astanti più di cento torte – termine che allora designava un timballo salato – e trecento taglieri di artibotuli, altrimenti detti casoncelli.

La seconda citazione, a tinte ben più fosche, allude invece ad una tresca rusticana il cui tragico epilogo si consumò a Stezzano nel 1393. Quivi un malcapitato villico, la cui consorte era stata concupita da un rampollo della casata dei Suardi, venne assassinato su commissione dell’aristocratico per mano di certo Tonolo. Colpiscono le modalità di esecuzione del delitto, perpetrato tramite la somministrazione di artibotuli, ossia casoncelli, avvelenati. Dal testo apprendiamo inoltre che all’omicida venne comminata la pena di morte, mentre il mandante – forte del proprio titolo nobiliare – se la cavò con il bando dalla città.

Non sfugge che in entrambi gli incisi Castelli abbia deliberatamente accostato al vocabolo casoncello, ancor oggi di agevole intelligibilità, l’oscuro sinonimo di artibotulo. Quest’ultimo è un raro termine di conio medievale, decifrabile come insaccato in sfoglia di pane. L’articolazione semantica prescelta dal cronista induce peraltro a presumere che la voce lessicale a noi più familiare designasse una pietanza ampiamente diffusa nella Bergamasca, come documentato dal fattaccio avvenuto nel contado, ma apparentemente ignota ai lettori residenti altrove.

Ulteriori dettagli sull’originaria morfologia della vivanda sono forniti proprio dalla decriptazione del termine artibotulo. Da questa si ricava che, più che un raviolo da sottoporre a bollitura, il casoncello dei primordi dovesse essere una sorta di panzarotto rassodato tramite frittura o infornatura. Tale deduzione pare avvalorata dalle modalità di servizio riferite dal Castelli: il tagliere menzionato dal notaio è un piatto da portata sprovvisto di bordatura, inadatto dunque a raccogliere un alimento cotto in mezzo umido e generosamente irrorato di burro fuso. Il passaggio dal tortello in crosta trecentesco al raviolo da lessare giunto sino ai nostri giorni pare quindi essersi realizzato nel corso del XV secolo: risale infatti alla prima metà del cinquecento la menzione nel Baldus di Teofilo Folengo di cento calderoni pieni di casoncelli, maccheroni e folade, che ad ogni evidenza presuppone il perfezionamento della transizione.

Il secondo dei personaggi cui siamo debitori delle rivelazioni ricevute è un mercante del quale in realtà sappiamo assai poco. Ne conosciamo il nome di battesimo di Giovanni; ci è inoltre noto che fosse originario della nostra città, e dovesse aver visto la luce qualche decennio prima del notaio Castelli. Consta infine che per qualche tempo avesse risieduto a Venezia, in contrada Sant’Apollinare, ma fosse poi dovuto repentinamente riparare a Mantova.

Le ragioni della precipitosa dipartita sono esposte in paio di missive inviate tra il 1366 ed il ’67 dal doge Marco Cornaro a Francesco Gonzaga, provvidenzialmente recuperate dal brillante linguista Alessandro Parenti. In esse il reggente della Serenissima lamentava di essere stato raggirato dal faccendiere bergamasco il quale, dopo aver carpito la sua fiducia, gli aveva preso a credito una grossa partita di tessuti ed altre mercanzie da rivendere in Lombardia. Superfluo soggiungere che il notabile veneziano non rivide indietro il becco di un quattrino, lagnandosi con il Gonzaga dell’aver appreso che il truffatore potesse scorrazzare impunemente nel centro sulle rive del Mincio.

Tra le pieghe di quella che parrebbe una tutt’altro che memorabile frode commerciale si cela nondimeno un dettaglio di considerevole importanza: all’imbroglione, identificato come Johannes de Pergamo, è appioppato l’insolito epiteto di Casoncellus. Il prof. Parenti è indotto a ritenere che il soprannome sottendesse una certa tendenza alla pinguedine dell’assegnatario, ma non sfugge come molti dei nomignoli appiccicati alle enclavi culturali siano storicamente derivati dalla singolarità dei loro usi alimentari. Se ne ricava dunque che già nel cuore del XIV secolo il tortello bergamasco dovesse rappresentare una ben distinguibile icona gastronomica del nostro territorio.

Vale qui soggiungere che le prime testimonianze bresciane a riguardo della pietanza datano ad un’epoca ampiamente posteriore, risalendo alle cronache di Giacomo Melga sulla pestilenza del 1478. Pur non rappresentando una prova risolutiva, è comunque innegabile che l’ampio divario temporale tra le fonti documentali finisca per sminuire l’attendibilità della tesi secondo cui la vivanda possa aver visto la luce sulla sponda orientale dell’Oglio.

L’ultimo componente dell’imprevedibile trio di méntori gastronomici risponde nientemeno che al nome di sua maestà Federico II di Svevia, timoniere del Sacro Romano Impero nella prima metà del XIII secolo. È risaputo che il vulcanico monarca, oltre a doti di impareggiabile stratega, mostrasse un’incorreggibile inclinazione a stili di vita piuttosto eccentrici per i suoi tempi. Affascinato dalla cultura araba tanto da infarcire il proprio seguito di eunuchi mammalucchi e di danzatrici saracene, l’imperatore era perennemente accodato da uno strampalato caravanserraglio di saltimbanchi mori e di animali esotici – tra cui elefanti, dromedari, scimmie e leopardi.

Tra quelle che all’epoca dovevano apparire come incomprensibili stravaganze per un sovrano, risalta l’interesse per le arti conviviali, profondo al punto da tradursi nella codificazione di proprio pugno di diverse ricette di cucina. Nel Liber de coquina – testo redatto intorno al 1300 presso la corte Angioina di Napoli a compendio dell’eredità gastronomica federiciana – compaiono infatti le indicazioni per la preparazione di una pietanza di cavoli secundum usum Imperatoris, che risultano personalmente dettate dal monarca. Se un francamente incolore stufato di verze e finocchi non può trarre immortalità che dall’universale rinomanza del suo ideatore, assai più convincenti paiono le fritelle da Imperatore magnifici riportate nel Libro di Cucina redatto a Venezia nel XIV secolo, il cui approntamento prevede che del formaggio fresco venga fritto in pastella di chiara d’uovo montata a neve con l’aggiunta di pinoli.

Sempre il testo veneziano racchiude due ricette di timballi che rimandano a re Manfredi di Sicilia, figlio prediletto dello Svevo nonché suo designato successore gastronomico: la torta manfreda bona e vantagiata e la torta di re Manfredi da fava frescha. E proprio grazie al rampollo cadetto dell’Imperatore, ed alla traduzione dall’arabo del Taqwim al Sihha di Ibn Buṭlān eseguita su suo impulso verso la metà del XIII secolo, è finalmente dato di chiudere il cerchio gastro-lessicologico che congiunge Federico II al casoncello. L’accostamento per affinità del sembusuch moresco – un raviolo fritto del califfato di Bagdad – all’italico calizon panis, decifrabile come calzoncello di pane, rende infatti perspicua la stretta parentela intercorrente tra quest’ultima vivanda, ad evidenza affermata presso la corte federiciana, ed il pressoché speculare artibotulo del notaio Castelli.

Resta infine da chiarire come sia riuscita a prender piede dalle nostre parti una pietanza che in realtà rivela precipui addentellati con la tradizione gastronomica meridionale. Ancor oggi nelle aree del mezzogiorno – segnatamente Puglia e Campania – che più profondamente subirono l’influsso della corte Sveva, si registra invero una profusione di tortelli fritti, morselletti e focacce imbottite denominati kalzoni, calcioni, calcioncelli e cazuncielli, tutti accomunati dall’involucro di pasta lievitata che caratterizzava anche l’artibotulo bergamasco.

In assenza di evidenze documentali a tale riguardo, balza comunque all’occhio che Bergamo e Cremona fossero schierate al fianco di Federico nella contesa che lo opponeva ai riottosi rimasugli della Lega Lombarda. E proprio a Cremona, storicamente legata alla nostra città da una ferrea alleanza, sono documentati prolungati soggiorni del monarca con il suo bizzarro seguito di eunuchi, odalische e giocolieri. È dunque suggestivo lasciarsi blandire dalla lusinga che il casoncello possa aver rappresentato un simbolico lascito dell’Imperatore ai nostri avi a riconoscimento della fedeltà dimostrata. Se l’antica preparazione non rappresenta pertanto sola farina del sacco bergamasco, è pur vero che per l’ammutinata Brescia la principale memoria legata allo Svevo resti quella della disfatta patita a Cortenuova nel 1237, resa ancor più agra dal risolutivo apporto prestato dalle milizie di Bergamo al trionfo dei lealisti.


La Valle Imagna mette in mostra i suoi sapori

formaggio - tesoro della brunaNel fine settimana dal 5 al 7 giugno la Valle Imagna mette in mostra i suoi gioielli gastronomici con “Valle Imagna in Gusto” che vede fianco a fianco come promotori l’Associazione di imprenditori Isot, la cooperativa agricola Il Tesoro della Bruna, la rete Agrimagna, il Comune di Corna Imagna, la Comunità montane e il Centro studi Valle Imagna.

Si comincia venerdì 5 giugno (ore 20.30 nella sala della Comunità della Parrocchia di Corna Imagna) con la presentazione del libro “Cibo e identità locale” edito dal Centro Studi Valle Imagna, studio articolato sui processi virtuosi innescati in sei distretti lombardi grazie alla riscoperta dei prodotti tipici dell’enogastronomia. I sei campioni sono la perla locale, ossia lo stracchino all’antica di Corna Imagna, il mais Spinato di Gandino, il grano saraceno di Teglio, il vitigno urbano Pusterla di Brescia, l’asparago di Mezzago e il bitto della Val Gerola. La serata farà incontrare gli autori – Stella Agostini, Michele Corti e Sergio De la Pierre – e i rappresentanti dei comuni da cui provengono le eccellenze e sarà seguita dalla degustazione dei prodotti caseari del Tesoro della Bruna.

Sabato 6 giugno sarà la volta della cena in piazza “Sapori e saperi di Valle”, sempre a Corna Imagna, dalle 19, a cura dei ristoratori di Corna Imagna, Isot e Agrimagna. Il menù si apre con salumi tipici e formaggi, prosegue con il primo piatto preparato dal ristorante Salvi, gnocchetti di pa e paruk e fonduta de strachì, le costine in cgausset del ristorante La Roncaglia accompagnate dalla polenta rimestata con la forza delle pedalate grazie ad un’originale e coreografica attrezzatura, per finire con il dolce. Il costo è di 15 euro per gli adulti e 7 euro per i ragazzi sotto i dieci anni. Sono compresi i vini, delle cantine Ca’ Verde e Oikos, pane, caffè e un simpatico gadget (è consigliata la prenotazione a agrimagna@gmail.com). Ci saranno anche balli e musica e lo schermo gigante per seguire la finale di Champions League tra Juventus e Barcellona.

Domenica 7 giugno sarà la volta del mercato agricolo di Agrimagna (dalle 9 alle 13 nella piazza di Corna Imagna) e dei festeggiamenti, alle 11, per i cinque anni di vita della cooperativa Il Tesoro della Bruna, che ha unito i produttori e rilanciato le specialità preparate con quello che viene identificato come un autentico tesoro, il latte delle mucche di razza bruno alpina. La celebrazione vedrà la partecipazione delle autorità, tra cui è atteso anche il ministro Maurizio Martina.


Col festival dei burattini arrivano i menù del Gioppino

Ha anche un volto goloso il Baraca Festival, prima edizione del festival internazionale dei burattini promosso dal distretto del commercio Morus Alba, che riunisce i comuni di Stezzano, Azzano San Paolo, Grassobbio, Orio al Serio e Zanica, paese, quest’ultimo, che secondo la tradizione popolare ha dato i natali alla maschera di Gioppino, personaggio centrale della manifestazione.

Accanto agli spettacoli, due in ogni paese a partire dal 5 giugno, le attività commerciali e della ristorazione si sono sbizzarrite nel creare il menù del Gioppino, che sarà possibile gustare nel corso degli eventi.

Ad Azzano San Paolo ci sono il Cocktail del Giopì, polenta e salàm, pà e strinù e gelato ai tri gòs (tre gozzi, caratteristica della famiglia di Gioppino). A Grassobbio si va dall’antipasto gioppiniano al piatto unico, dalla polenta condita alla bergamasca al dolce dei tre gozzi (bicchierino con polenta e osèi), fino alla pizza e a due tipi di biscotto ispirati alla maschera e alle tradizioni gastronomiche della bergamasca. A Orio al Serio si può spaziare dai fusilli zucchine e salsiccia ai casoncelli alla scatoléra, al brasato d’asino e ancora tra pizze, cocktail e pà e codeghì. Si potrà trovare inoltre la polenta pedalata, mescolata cioè attraverso uno speciale attrezzo alimentato dalla forza delle gambe, insieme a formaggi e salame.

La rassegna sia apre ad Azzano il 5 giugno, prosegue a Stezzano il 6 e a Grassobbio il 7. Il 13 giugno tornerà a Stezzano, mentre il  20 e 21 giugno farà tappa per il gran finale a Orio al Serio e Zanica.

Obiettivo dell’iniziativa è valorizzare la figura di Gioppino, protagonista di tante avventure del teatro di figura bergamasco, e le altre antiche maschere bergamasche, Arlecchino e Brighella, allo stesso tempo promuovere il territorio bergamasco, ricco di cultura e di tradizione popolare. La manifestazione si completa con incontri e convegni e una mostra (nei mesi di giugno e luglio a Zanica, al civico 15 di piazza XI febbraio) di oggetti da collezione, burattini, copioni, scenari, documenti e tante curiosità sul mondo dei burattini bergamaschi e lombardi.

Per i dettagli


Camminata alla scoperta dei monti e dei sapori della Val Gandino

sapori di montagna - val gandinoDomenica 10 maggio fra i monti della Val Gandino è in programma la terza edizione della camminata gastronomica “Sapori di Montagna”. Il ritrovo è al santuario di San Gottardo a Cirano dalle 8.30 alle 9.30. Si percorrono sentieri e tratti asfaltati per arrivare in località Fontanei, si sale in Valle Piana e si prosegue fino alla Baita del Monte Alto, passando per Val di Fondi, direzione Monte di Sovere. Il rientro è previsto scendendo alla Foppa Cornaclì, proseguendo verso il Monte Corno, per raggiungere Cirano, passando in località Pradel e Clusven.

L’idea è far conoscere sentieri montani poco noti e per questo molto suggestivi, unendo la degustazione di prodotti tipici della Val Gandino. Oltre ai ristori alle tappe intermedie, è previsto il pranzo alla Baita con polenta di Mais Spinato, strinù (cotechini), formaggi e salumi nostrano, Spinette di Mais e Pane Garibalda.

In caso di maltempo la manifestazione sarà rinviata al 17 maggio.

Iscrizioni (a numero chiuso) entro l’8 maggio 2015  contattando via e-mail consulta.cirano@gmail o inviando un sms al numero 347 8417129. La partecipazione è gratuita per i bambini fino a 7 anni, costa 6 ero per i ragazzi fino alla terza media euro 6 mentre il prezzo intero è 12 euro. Il pagamento si effettua al ritrovo di partenza.


Erbe del casaro, sei giorni tra i sapori locali dell’Altobrembo

erbe deò casaroE’ giunta ormai alla sua sesta edizione la rassegna gastronomica e culturale Erbe del Casaro che ravviva gli undici paesi di Altobrembo: Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo, Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brembana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigida e Valtorta. Sei giorni – sabato 23 e domenica 24 maggio e da sabato 30 maggio a martedì 2 giugno – saranno dedicati ai prodotti e alle tradizioni gastronomiche della Valle Brembana con un programma di iniziative e appuntamenti che valorizzeranno le erbe spontanee, i formaggi brembani e i vini della bergamasca. Ristoranti, aziende agricole e operatori di Altobrembo metteranno in mostra le ricchezze non solo gastronomiche della Valle, la cultura, i saperi e le tradizioni del territorio e delle sue genti.

 

Sabato 23 e domenica 24 maggio

L’apertura della rassegna presenta uno degli eventi di punta di Erbe del Casaro: il 23 maggio ad Averara, “Formaggi di…vini”: un percorso enogastronomico di altissima qualità che permetterà ai visitatori di scoprire e degustare le eccellenze casearie della Valle Brembana in abbinamento ai vini della bergamasca, con la presenza di aziende agricole e consorzi di produzione, il tutto in una location di grande fascino: la via Mercatorum. Farà inoltre da cornice “L’Antica Via dei Formaggi”, lungo la suggestiva via porticata ci sarà infatti l’esposizione e la vendita delle eccellenze casearie della Valle Brembana, con la presenza delle aziende agricole.

Domenica 24 maggio

Un’intera giornata dedicata ai più piccoli alla scoperta del passato e della natura con “C’era una volta…”. I bambini saranno impegnati a Cassiglio in un laboratorio sulla lana per scoprire l’antico mestiere e in una passeggiata nel bosco per conoscere le bellezze che ci circondano e, dopo il pic-nic con prodotti tipici, potranno scoprire in compagnia degli asinelli l’Ecomuseo di Valtorta con le sue strutture (i mulini, il maglio e la segheria) e infine fare una merenda genuina con prodotti a base di latte d’asina.

Sabato 30 e domenica 31 maggio

Sabato un’intera giornata dedicata alle erbe: la mattina un’interessante visita all’Orto Botanico di Carona, struttura comunale finalizzata a una valorizzazione ambientale, culturale e storica della realtà dei paesi di montagna, e nel corso del pomeriggio le Donne di Montagna di Ornica e Slow Food Valli Orobiche vi accompagneranno in un’escursione alla scoperta delle erbe spontanee alla quale seguirà la conferenza “Le erbe Spontanee delle nostre Valli” e la cena itinerante con gustosi piatti a base di erbe. Domenica 31 maggio potrete invece farvi accompagnare dagli accompagnatori-informatori del Parco delle Orobie Bergamasche o partecipare, ai Piani dell’Avaro di Cusio, a “4 passi tra Erbe e Formaggi”: pranzo a tappe tra le baite d’alpeggio alla scoperta dei gusti e sapori delle erbe spontanee abbinate ai prodotti locali dell’Alta Valle Brembana. L’intero pomeriggio invece lo potrete trascorrere a Olmo al Brembo dove, presso l’Info-point, vi aspetta “Intrecciamo la Natura”, appuntamento durante il quale potrete scoprire come tessere con piante e erbe, seguirà “Erbe in Padella”, una dimostrazione di cucina con erbe del territorio e infine “Happy Casaro”, serata di aperitivo a base di prodotti locali accompagnati da musica di sottofondo dal vivo.

 Lunedì 1 e martedì 2 giugno

Gli ultimi due giorni della rassegna prevedono ancora numerosi appuntamenti per tutti i gusti. Lunedì 1 giugno, una serie di attività dedicati al benessere con le erbe a contatto con la natura. A Piazzolo, “Shiatsu in natura”, presentazione della disciplina e possibilità di trattamenti short con gli operatori Shiatsu della Scuola Internazionale di Shiatsu sede di Milano, “Yoga all’aria aperta” per respirare in modo consapevole nella Natura, attraverso la pratica dello Yoga e “Cullati dalla Natura”, attività di movimento dolce nella Natura, dedicato alle persone della terza età e a tutti coloro che amano muoversi ed ascoltare il proprio corpo. Nel pomeriggio, invece a Olmo al Brembo “Tarassaco che delizia!”, dimostrazione e preparazione di marmellata al tarassaco. La sera, Serata Slow , proiezione cinematografica e degustazione di prodotti legati al film, a cura di Slow Food Valli Orobiche.

Martedì 2 giugno

La giornata di chiusura di questa ricca edizione a Piazza Brembana, a partire dall’ora di pranzo con il percorso gastronomico “Alla scoperta degli Antichi Sapori”, una serie di tappe vi aspettano per scoprire e degustare gli antichi sapori della tradizione. E nel corso del pomeriggio il laboratorio per bambini “Trasformazione dal latte al formaggio” a cura delle Donne di Montagna di Ornica e infine “Danze Popolari di gruppo con Folkinvalle”. Faranno da cornice all’intera giornata i mercatini di artigianato e hobbistica. I ristoranti di Altobrembo proporranno menu a tema a base di erbe spontanee e formaggi per esaltare i gusti e i sapori protagonisti di questa rassegna, presso i bar potrete gustare ottimi aperitivi a base di  prodotti locali e la merenda della nonna, dal sapore genuino con un bicchiere di latte accompagnato da torte e biscotti fatti in casa al Burro di Malga e, infine, grazie ad alcune attività commerciali potrete provare gelati e pane alle erbe.


Formaggio Silter, in arrivo la Dop definitiva

Il Formaggio Silter camuno sta tagliando il traguardo della Dop, riconosciuta definitivamente anche dall’Unione Europea. A Natale 2013 si erano svolte le audizioni pubbliche dalle quali era emerso con chiarezza il percorso: il Ministero per le politiche agricole aveva dato il parere positivo, quindi era stata la volta dell’Unione Europea che dalla primavera 2014 aveva dato l’autorizzazione provvisoria alla Dop comunitaria ed ora a giorni è attesa quella definitiva, dopo di che anche il Silter entrerà nel novero dei formaggi tutelati.

Il formaggio Silter è prodotto durante tutto l’arco dell’anno con latte crudo di vacche di razza Bruna, allevate nei territori della Valle Camonica e del Sebino Bresciano. La tracciabilità è perfetta anche grazie al simbolo che il Consorzio del Silter imprime sullo scalzo delle forme.


Anche la cicoria ha la sua sagra

È un’erba spontanea quella alla quale Cazzano Sant’Andrea, il più piccolo dei cinque paesi della Val Gandino, dedica la propria sagra. La cicoria, nome con il quale in Bergamasca si indica il tarassaco, è un vero e proprio simbolo della tavola primaverile, ghiotto bottino di tanti raccoglitori (e raccoglitrici) curvi nei campi nonché ingrediente immancabile – crudo, tagliato fine, in compagnia delle uova sode – della scampagnata di Pasquetta.

La sesta edizione dalla Sagra della Cicoria, organizzata dall’Associazione “Amici di Aurora” con il patrocinio di Comune, Gruppo Alpini e Parrocchia, si tiene dal 7 al 10 maggio nella struttura allestita presso la casetta degli Alpini in via Tacchini. Ogni sera, a partire dalle 19, saranno proposti piatti a base di cicorie e piatti della cucina tipica locale, all’insegna della semplicità e della genuinità. L’intrattenimento musicale è affidato al gruppo Mismountain Boys.

La manifestazione è preceduta – mercoledì 6 maggio, nella sala polivalente dell’Oratorio alle ore 20 – da un incontro con esperti di alimentazione ed erboristeria che approfondiranno gli aspetti legati alla tradizione alimentare e alle proprietà nutrizionali e terapeutiche della cicoria. Interverranno il farmacista Enrico Carrara, il docente di scienze alimentari Alain Zanchi e la studiosa di erbe spontanee Isabella Brasi. La serata sarà allietata dal poeta dialettale Amadio Bertocchi e dalla Compagnia teatrale stabile Città di Albino.


Salame bergamasco, il migliore è di Mornico

vincitori concorso salame bergamascoUn agriturismo, un norcino ed una macelleria si sono aggiudicati le prime tre posizioni alla quinta edizione del concorso provinciale del salame tradizionale bergamasco, organizzato il primo maggio dall’Associazione norcini bergamaschi nel corso della Fiera agricola della Bassa bergamasca di Treviglio.

La competizione era aperta ad amatori che preparano per il consumo familiare il proprio salame, norcini e laboratori artigianali di macellerie o spacci agricoli. Ad imporsi sui 44 campioni presentati alla gara sono stati nell’ordine il salame dell’agriturismo Villa Delizia dei fratelli Dolci di Mornico, quello preparato dal norcino Davide Merisio di Mozzanica e, al terzo posto, quello della macelleria Riccardo Giuliani di Almè. In quarta e quinta posizione due produttori privati, Lauro Medici ed Ernesto Maffeis, ottentenne di Seriate che si era già classificato al primo posto nel 2011, forte di una valida cantina per la stagionatura e del lavoro del maestro norcino Giuseppe Pezzotta. Mentre nel salame vincitore, preparato con le carni allevate in proprio nell’agriturismo e stagionato in loco, c’è la firma di Paolo Luisoni, presidente dei Norcini bergamaschi, che ha curato la produzione e l’asciugatura.

Il distacco tra i “concorrenti” è stato comunque minimo, nemmeno trenta punti tra il primo (arrivato a quota 694) e il quinto (668). «Anche gli altri campioni in concorso si sono ben comportati – evidenzia Gualtiero Borella, responsabile dei corsi di formazione dell’Associazione -. Abbiamo riscontrato una qualità eccellente in tutti, l’assenza di grandi difetti, il che testimonia una crescita dell’attenzione e della qualificazione nella produzione tradizionale del salame bergamasco. Pur differenti per aspetto, i salami hanno risposto agli standard previsti dal disciplinare, lasciando però anche spazio alla personalizzazione». La giuria era composta da dieci esperti, tra cui assaggiatori Onas, che hanno seguito una serie di incontri per assicurare criteri di giudizio omogenei.

Sono in miglioramento, quindi, le competenze del settore ed è proprio questo uno degli obiettivi dell’Associazione con sede a Calcinate, nata per salvare la figura tradizionale e il mestiere del norcino (ol masadur) e promotrice di numerose occasioni di formazione e aggiornamento.


Salame bergamasco, a Treviglio si elegge il migliore

Il salame bergamasco. Per tanti è un’autentica passione, che spesso innesca una ricerca tra cascine e macelleria per trovare il proprio ideale. Già, perché se la ricetta base è quella – che prevede l’impiego delle carni nobili del suino -, le varianti e sfumature sono pressoché infinite e sono legate a fattori diversi, dalla selezione degli animali alla macinatura dei pezzi, alle proporzioni degli ingredienti, all’impiego degli aromi fino alle condizioni di stagionatura.

Ad eleggere il miglior salame tradizionale bergamasco torna il Concorso provinciale promosso dall’Associazione norcini bergamaschi e giunto alla quinta edizione. L’appuntamento è a Treviglio, alla Fiera agricola della Bassa bergamasca dove l’associazione è presente per l’intera durata della manifestazione (dal 30 aprile al 3 maggio) con dimostrazioni del mestiere di norcino, prodotti, abbigliamento e attrezzature. La giornata che vedrà protagonista il salame è venerdì primo maggio e, oltre al concorso, propone una gara alla “stima del peso di un salame oltre misura” e una di “bravura e velocità nella legatura del salame bergamasco”, con le premiazioni di tutte le competizioni a partire dalle 14.

L’evento è atteso come qualificato momento di confronto dagli amatori che preparano per il consumo familiare il proprio salame, dai norcini, ma anche da diversi laboratori artigianali di macellerie o spacci agricoli, in rappresentanza di metodi, gusti e tradizioni di tutta la provincia, valli, città e pianura. E non mancano gli allievi dei corsi di norcineria organizzati dall’Associazione – nata per salvare la figura e il mestiere del norcino (ol masadur), come elemento di continuità delle tradizioni del territorio – , che cominciano a misurarsi con i norcini più esperti.

Chi è a caccia di sapori tradizionali non manchi di fare un giro.