Pnnr, la sfiducia delle imprese del terziario. Solo il 17,8% lo conosce, per il 38,2% il suo impatto sarà irrilevante

Il divario Nord-Sud nella distribuzione dei fondi, l’impiego nel settore pubblico e la scelta di privilegiare l’edilizia gettano sconforto nel privato 

Pnrr, un acronimo ostico per le imprese del terziario. Solo il 17,8% delle imprese del terziario di Bergamo dichiara di conoscere il Piano nazionale di ripresa e resilienza- Pnrr ( tra queste, il 3,2% “molto bene” e il 14,6% “abbastanza bene”). La ragione è che, eccezion fatta per il bando alberghi, non vi sono in sostanza investimenti previsti per il settore privato. L’impatto del Piano è valutato come sostanzialmente irrilevante per la propria impresa per il 38,2% degli imprenditori. Queste le principali evidenze dell’indagine affidata da Ascom Confcommercio Bergamo a Format Research.

“Il piano punta molto sull’edilizia, settore che oggi sconta per effetto dei bonus l’eccessiva domanda, oltre a rincari delle materie prime, energia e gas- commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. L’impiego dei fondi del Piano nazionale nel solo settore pubblico sta mortificando le imprese, così come la ripartizione delle risorse che va a penalizzare il nostro territorio. La guerra in Ucraina e la burocrazia della retrovia amministrativa stanno già accumulando forti ritardi e sono sempre di più gli enti che chiedono tempi più lunghi per la realizzazione dei progetti”. Preoccupa la scarsa capacità di reazione delle imprese: “Il terziario di mercato, costituito quasi esclusivamente da micro e piccole e medie imprese del commercio, turismo e servizi, non sta reagendo agli sforzi del governo perché al settore sono destinati fondi irrisori- continua Fusini-. Consulenti e associazioni sono pronti ad aiutare le imprese. Non resta che confidare in un monitoraggio dell’avanzamento dei progetti finalizzato alla ridistribuzione delle risorse non spese alle imprese del nostro territorio”.

L’indagine

Un’impresa su tre (33,6% delle imprese) si aspetta un impatto positivo del Pnrr a lungo termine per l’economia in generale, il 18,3% delle imprese per l’effetto sul territorio. Quasi quattro imprese su dieci (38,2%) temono che il Piano non abbia alcun impatto rilevante sulla propria impresa.

Il 62% delle imprese non è consapevole del divario tra Nord e Sud nell’assegnazione dei fondi. A tal riguardo, oltre la metà delle imprese del terziario (50,4%), ritiene che la distribuzione delle risorse dovrebbe essere stabilita più sulla base della qualità dei progetti e meno sulla territorialità e addirittura ben l’81,7% richiederebbe una distribuzione più equa dei fondi. Solo il 4,6% è d’accordo che le risorse siano destinate al Sud per colmare il divario.

Il terziario di mercato non sta reagendo

Solo il 23% delle imprese, soprattutto del turismo, ha in programma di effettuare investimenti nelle aree di intervento previste dal Piano nel prossimo biennio. Elevate le percentuali degli indecisi (48%) e di coloro che non investiranno (29%).

Il 7,6% delle imprese ha richiesto il supporto di professionisti per informarsi in merito alle agevolazioni previste dal Pnrr; il 16,8% ha intenzione di farlo, mentre il 75,6% non lo farà.

Le imprese per effettuare gli investimenti ammessi si stanno rivolgendo, o hanno intenzione di affidarsi, alla consulenza di esperti e associazioni di categoria. Il 60,6% degli intervistati ritiene che l’associazione potrebbe supportare l’impresa nelle operazioni volte ad ottenere i fondi del Pnrr. Le consulenze richieste sono per la redazione delle pratiche burocratiche, supporto nell’accesso ai finanziamenti, preparazione linee guida e formazione.


Confcommercio Professioni entra nel Portale “inPA”. Mongelli: “Portatori di competenze nuove”

L’obiettivo è individuare e coinvolgere il maggior numero possibile di professionalità e alte specializzazioni per la realizzazione dei progetti del Pnrr

“Siamo molto soddisfatti del nuovo protocollo con la P.A perché i liberi professionisti non ordinistici possono finalmente giocare un ruolo chiave nel rilancio del Paese. Adesso sarà importante capire quali saranno le competenze necessarie per poi avviare un piano di informazione-formazione adeguato del quadro delle competenze dei professionisti che dovranno lavorare con la Pa. Ad ogni modo siamo pronti per questa grande sfida che è frutto dell’incontro tra pubblico e privato: una sinergia che confidiamo sia continuativa perché rinsaldare con un protocollo il rapporto tra il pubblico impiego e l’universo di chi lavora nel terziario di mercato è interpretare pienamente la sfida che oggi serve al Paese”.
Esprime soddisfazione Matteo Mongelli, presidente del gruppo Libere Professioni di Ascom Confcommercio Bergamo, nel commentare il protocollo d’intesa firmato ieri dal ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, con i presidenti di Confcommercio Imprese per l’Italia e Confcommercio Professioni, Carlo Sangalli e Anna Rita Fioroni, che allarga la platea di professionisti nella rete del Portale del reclutamento “inPA”.

Il protocollo impegna le parti a collaborare attivamente dal punto di vista tecnico e organizzativo per incrementare le opportunità professionali per gli iscritti a “inPA”, lo spazio digitale dedicato al lavoro pubblico, realizzato dal Dipartimento della Funzione pubblica in collaborazione con Almaviva. L’obiettivo è individuare e coinvolgere il maggior numero possibile di professionalità e alte specializzazioni nelle procedure indette dalle pubbliche amministrazioni per la selezione del personale necessario alla realizzazione dei progetti del Pnrr.
Confcommercio Professioni – che rappresenta le associazioni professionali socie e affiliate, per un totale di 30mila professionisti non ordinistici – si candida quindi a diventare un interlocutore chiave per la migliore attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Grazie a questo protocollo – sottolinea Anna Rita Fioroni, presidente di Confcommercio Professioni – le associazioni aderenti saranno attive nel promuovere il Portale del reclutamento inPA e l’iscrizione dei propri professionisti, che sono portatori di competenze fondamentali e nuove che possono giocare un ruolo decisivo per il Pnrr in molti ambiti, come quello della digitalizzazione, della formazione e consulenza manageriale e di una nuova cultura della salute e sicurezza”.


Il turismo come risorsa della Valle Seriana

“Vivere bene, un domanda politica” è stata la due giorni di eventi promossi da Confcooperative Bergamo, Diaforà La Fenice e la Comunità montana Valle Seriana, in collaborazione con l’editore il Mulino, che ha avuto luogo ad Albino lo scorso fine settimana.
Molti i problemi emersi tra cui il più grave quello legato alla viabilità che vede il collegamento con il capoluogo Bergamo al limite del collasso. Eppure la Valle Seriana ha un grande potenziale, sebbene ci sia molto da costruire e da ricostruire. Non è una caso che il territorio considerato la “Silicon valley” dell’economia bergamasca degli anni ’80 costituisca oggi il simbolo e la principale esperienza del cambiamento che ha caratterizzato il sistema economico e produttivo bergamasco. La Valle Seriana ha pagato caro il dazio della caduta del settore tessile di qualche lustro fa.

Del resto la ricerca “Bergamo smart land. Fare rappresentanza nella transizione del capitalismo intermedio”, elaborata dal Consorzio AASTER di Aldo Bonomi nel 2017 per conto del comitato Imprese & territorio, evidenziava già la transizione e le difficoltà emergenti. Lo studio sottolineava come la scena “industriale” e “sociale” proponesse anche da noi due grandi fratture, la prima “interna” al campo produttivo, la seconda riguardante i rapporti sociali complessivi.
La prima era rappresentata dalla polarizzazione tra l’èlite manifatturiera particolarmente dinamica e la maggioranza delle imprese in strutturale difficoltà, mentre la seconda faglia, più sociale che economica, evidenziava che nei territori manifatturieri l’avanguardia industriale non riusciva più a mettersi sulle spalle anche il resto della società, come accadeva, nonostante tutto, fino a dieci anni prima. Tendenze che la pandemia ha rafforzato ed accelerato. Questo è il quadro nel quale è inserita oggi la Valle Seriana che resta tra i più ricchi territori a livello nazionale, scosso da un crescente dualismo tra eccellenza e nuove povertà, tra cui quella di posti di lavoro che obbliga molti giovani a cercare in pianura (e in coda sulla strada) uno sbocco occupazionale.

Il turismo della valle

Oggi il sistema politico ed economico punta ad un rilancio attraverso il turismo, ma la strada, come si vuole in montagna, sarà certamente in salita. In primo luogo perché la valle è eterogenea. Da un punto di vista turistico esiste una “bassa valle” che gravita sull’area omogenea e sulla città e le cui attrattive possono essere ricondotte ad un’offerta di prossimità della città. In essa fa storia a sé l’altopiano di Selvino Aviatico. Una “alta valle” che trova nei tre comprensori quello dell’altopiano di Clusone, l’asta del Serio con Valbondione e il comprensorio del turismo invernale di Castione, Presolana e Pora. Infine una “media valle” turisticamente tutta da decifrare dal momento che ha una vocazione manifatturiera. Il sistema turistico della valle è quindi complesso ed ogni sottosistema, nelle sue debolezze, condiziona gli altri.

Ma c’è un altro fattore che influisce: l’industria turistica, se la si vuole chiamare così, è ancora limitata e basata su imprese molto piccole. Basti pensare che in Valle Seriana sono presenti solo 52 imprese della ricettività in senso stretto (esclusi B&B e affitti turistici che non sono imprese) dislocate su comprensori molto ampi: 16 a Castione e Presolana, 10 nell’asta del Serio, 7 in valle di Scalve, 7 a Selvino e Aviatico, 6 nell’altopiano di Clusone, 4 nella media valle e 2 nella bassa valle.

Esiste un’economia dell’attraversamento che caratterizza le nostre basse e medie valli, come dimostra il recente caso della variante di Zogno. Molte imprese creano ricchezza e posti di lavoro lavorando sul passaggio. Sembrerebbero vestigia del passato, ma non è così, visto che gli studi recenti del Politecnico di Milano sulla realizzazione del nuovo PGT di Bergamo, sottolineano come nelle aggregazioni lineari (vie di comunicazione tra quartieri) il commercio resista più che all’interno dei quartieri stessi.

Un turismo diverso

Il turismo montano è variegato e spesso non si comprende la mancanza di coincidenza tra i suoi diversi segmenti. Il turismo invernale in senso stretto, cioè il turismo della neve, è uno spazio che coinvolge pochi luoghi e poche comunità. È fondamentale per la sopravvivenza delle comunità che oggi sono vocate a questa destinazione, ma non esaurisce lo spazio del turismo montano. Lo spazio bergamasco del turismo delle neve è piccolo e molto denso. Nel suo ciclo di vita è in stato avanzato, in maturità. Va cercata una fase di rinnovamento per permettergli di tornare a crescere, evitando il declino. Un rinnovamento che potrebbe anche passare attraverso il turismo montano antistagionale. Altrimenti occorrerà trovare nuovi benefattori, come per il recente caso del banchiere bergamasco che ha fatto fortuna a Londra e che ha comprato gli impianti di Colere per rilanciarli

Resta invece lo spazio per il turismo montano alternativo alla neve: il cosiddetto slow e green, arricchito dall’enogastronomia, ancora tutto da riempire. Potrebbe costituire la leva su cui poggiare il rilancio turistico di molte destinazioni. Lo suo sviluppo turismo non è però legato ad un investimento singolo (sia pur molto gradito e importante), ma alla creazione di un ecosistema del luogo che coinvolge una filiera lunga e larga che sposta la sua attenzione all’ospitalità.
Una seconda difficoltà nasce dal fatto che i risultati arriveranno dopo gli sforzi, contrariamente a quanto succede vicino ad un aeroporto che cresce, dove è più facile vedere subito i frutti dei nuovi investimenti, più difficile credere che uno sforzo comune orizzontale possa produrre risultati futuri immediati.

Una nuova legge sulla montagna

Questo però richiede a priori l’opportunità di definire una nuova legge quadro sulla montagna, valorizzandone il ruolo economico, sociale e sanitario e la sua importanza strategica ai fini della tutela dell’ambiente, delle risorse naturali e del paesaggio e delle loro peculiarità storiche e culturali.
Per questo occorre che l’attenzione si focalizzi sui nuovi spazi della montagna a beneficio di molti luoghi e comunità. I fondi licenziati dal PNRR sono fondamentali per gli investimenti nell’offerta ricettiva del nostro paese, migliorano i servizi ma non generano nuovi spazi, che è quello di cui l’economia di alcune valli, come la Valle Seriana, hanno la necessità.

Turismo, cultura, commercio e agricoltura: l’ipotesi green e slow

Il modello su cui puntare è ormai noto: la crescita di una economia agricola e agroalimentare di qualità. Agricoltura di qualità, turismo, commercio, enogastronomia e filiere del gusto legate alle tipicità verranno considerate unitariamente come anelli di una nuova filiera del valore, un nuovo settore complesso in cui possono confluire diverse attività tradizionalmente riferite a settori differenti ma che oggi devono essere considerate tutte afferenti ad una economia delle esperienze, ormai un fenomeno della società terziaria. E’ a partire dall’intreccio tra settore agricolo, turismo di qualità, enogastronomia, cultura che stanno prendendo forma alcuni fenomeni interessanti.

La domanda politica

Se questo è il modello, allora occorre capire chi e come, potrà essere l’iniziatore di questo nuovo sviluppo. Ad oggi manca una cabina di regia o un’agenzia chiamata a coordinatore gli sforzi che molti attori potrebbero riservare allo sviluppo.
Il tema infrastrutturale non è però secondario. Quale è lo spazio di posizione della Valle Seriana rispetto al territorio più vasto nel quale è inserita? Lo slittamento della centralità territoriale in basso verso la città che si congiunge con Treviglio, con il nodo ferroviario di Orio la Serio, con l’Alta velocità, come riposiziona la valle? Infine, il territorio è una dimensione che non è più limitata allo spazio locale: è insieme di relazioni che ci mettono nelle condizioni di chiedere quale sia, nell’ecosistema produttiva provinciale, il grado di connessione della Valle Seriana e dei suoi spazi rispetto agli investimenti collettivi di pregio: aeroporto, Kilometro rosso, Point di Dalmine, Fiera di Bergamo ecc. Il vivere bene infatti è oggi ancora di più una domanda politica.


Libere professioni non ordinistiche, più opportunità legate al Pnnr ma anche un equo compenso per tutti

Mongelli, presidente del gruppo Libere Professioni di Ascom Bergamo: “Politiche su misura per i professionisti che possono essere i nuovi protagonisti della ripresa”

Valorizzare il ruolo delle libere professioni non ordinistiche nella gestione del Pnrr, purché vengano riconosciuti ruoli, competenze e, soprattutto un equo compenso. Il futuro delle libere professioni assume contorni più definiti in vista dell’attuazione del Pnnr e delle opportunità professionali per le partite Iva non aderenti a un Ordine. Stiamo parlando di tutti quei professionisti del settore ambiente e sicurezza, amministratori di condominio, wedding planner, professionisti dell’ICT, designer, consulenti aziendali, formatori, professionisti del wellness, optometristi e guide turistiche: un “esercito” che dal 2008 al 2019 è cresciuto dell’89%, arrivando a quota 429.000 unità, e che plaude la decisione del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando di puntare ad estendere l’equo compenso ai contratti della P.a ed estenderlo anche ai contratti nell’ambito del Pnrr.

“Siamo soddisfatti che il ministro Orlando, intervenuto durante i lavori del convegno di Confcommercio Professioni dedicato alla ripartenza e alle prospettive delle professioni non ordinistiche, ha confermato la possibilità di coinvolgere le libere professioni non ordinistiche nei progetti del Pnnr” sottolinea Matteo Mongelli, presidente del gruppo Libere Professioni di Ascom Confcommercio Bergamo, presente al convegno a Roma.

Il tasso di incremento elevato è confermato anche dal +10% del 2019 rispetto al 2018 con i liberi professionisti ordinistici e non ordinistici che a fine 2019 erano oltre 1 milione e 400 mila lavoratori (di cui circa 400 mila non ordinistici). Numeri che si rispecchiano anche in Bergamasca dove nel primo semestre di quest’anno sono state aperte 4.804 nuove partite Iva, ovvero 1.093 in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Il rovescio della medaglia è nell’andamento inversamente proporzionale tra la crescita dei professionisti e il loro reddito: quello generato da queste professioni cresce di oltre il 40% nel periodo 2009-2019 mentre quello pro capite diminuisce di oltre il 25%, fermandosi a poco più di 15.900 euro.

“Per ripartire occorrono innanzitutto politiche su misura per i professionisti che con le loro competenze possono essere i nuovi protagonisti dell’attuazione del Pnrr – conclude Mongelli -. In quest’ottica, il Ministro ha aperto uno spiraglio per definire un equo compenso per le prestazioni professionali anche per le professioni non ordinistiche e soprattutto nei confronti della Pubblica amministrazione. Altrettanto importante sarà il tema del welfare integrativo: Orlando ha annunciato infatti l’intenzione di convocare un tavolo con il mondo delle professioni per discutere sui temi più importanti come le politiche attive per la formazione e riqualificazione professionale”.