Goccia dopo goccia: la carta degli oli al ristorate 

Come per i vini, valorizza le eccellenze olivicole italiane, guidando il consumatore nella scelta degli abbinamenti con i piattiL’olio fa da sempre parte delle nostre tavole e della nostra cultura. Ma possiamo davvero dire di conoscerlo, di saper distinguere le varietà, i passaggi di preparazione, le infinite differenze di gusto, colore e profumo? Ogni olio porta con sé una storia che è frutto del territorio: le varietà di ulivi, adattati nel corso dei secoli e, a volte, millenni, a fattori territoriali e climatici, danno origine alle varietà. Uno strumento nuovo permetterà al consumatore di destreggiarsi tra le fragranze frutto della biodiversità del Paese: la carta degli oli. Non un olio, ma tanti, ciascuno con una sua identità.

COS’E’ LA CARTA DEGLI OLI

La carta degli oli è uno strumento di conoscenza importante per diffondere le qualità organolettiche dell’olio e le peculiarità dei territori di produzione. Pensata per il mondo della ristorazione, proprio come la carta dei vini, può offrire un panorama variegato dei migliori oli italiani. Si tratta di oli non per il largo consumo, bensì che soddisfano il palato di una fascia medio alta di consumatori.  A promuovere l’iniziativa è «Oleario. Dove l’Italia lascia il segno», il progetto del Crea, il Consiglio per la ricerca di agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, che ha l’obiettivo di unire competenza e comunicazione per generare un’accelerazione dei processi culturali che riguardano il settore olivicolo.

L’ESEMPIO DELL’AZIENDA AGRICOLA SAN GREGORIO DI PREDORE

«Riscoprire i prodotti della propria terra non è tornare alle origini, ma nascere una seconda volta». Sono le parole di Stefano Modina che, nell’Azienda Agricola San Gregorio, a Predore, sul Lago d’Iseo che fa parte del Consorzio Dop Olio dei Laghi Lombardi – Sebino e Lario,  produce un olio extravergine di oliva dop di nicchia e dal gusto sopraffino. «Alcuni miei clienti – racconta Stefano, che proviene da anni passati nel mondo vitivinicolo – propongono nei loro ristoranti la carta degli oli con le relative referenze e gli abbinamenti suggeriti alle pietanze. La carta è uno strumento importante per diffondere la conoscenza del nostro patrimonio olivicolo, valorizzando le piccole produzioni e il legame tra cibo, agricoltura, territorio, cultura e tradizione». L’Agricola San Gregorio vanta circa 500 piante di ulivo di diverse varietà su una superficie di tre ettari di terreno. «Ho dato vita all’azienda nel 2020 – prosegue l’agricoltore –: negli appezzamenti di terreno c’erano oliveti impiantati negli anni ’50 e altre piante antecedenti, addirittura ultracentenarie». In Italia, e nel mondo, esistono ulivi millenari, basti pensare alla Piana degli ulivi, una porzione di territorio compresa tra Ostuni, Fasano, Monopoli e Carovigno, che ospita la più alta concentrazione di ulivi millenari. 

UNA RACCOLTA POSTICIPATA

A Predore, come nelle regioni del Centro Sud, dopo un’estate di siccità, l’elevata pioggia nei mesi di settembre e ottobre, ha ritardato la raccolta delle olive. Se, in passato questa iniziava dopo la ricorrenza dei morti e proseguiva fino a fine gennaio, negli ultimi tempi era stata anticipata ai primi giorni di ottobre. «Quest’anno, l’eccesso di pioggia – spiega Modina – ha posticipato la raccolta, che abbiamo iniziato con giorni di ritardo, a fine ottobre, rispetto al programma e che effettuiamo, altra nostra peculiarità, principalmente a mano, avvalendoci di soli abbacchiatori che “accarezzano” la pianta per far cadere le olive una volta raggiunta la giusta maturazione». Alla base di questo processo di raccolta ci sono sia la morfologia del terreno (l’oliveto è composto da parecchi terrazzamenti) sia la volontà di non far subire, attraverso lo scuotitore meccanico, tipico delle produzioni intensive di ulivi, traumi alla pianta che potrebbero compromettere le successive raccolte. Anche la pulitura da foglie, rametti e sassolini all’Agricola San Gregorio avviene esclusivamente a mano. Dopodiché le olive sono conferite al frantoio dove, a seconda delle cultivar, vengono frante seguendo rigorosamente le procedure richieste dal Disciplinare per la produzione di olio extravergine di oliva dop Laghi Lombardi – Sebino.

LE CITTA’ DELL’OLIO E L’OLIO DEI LAGHI LOMBARDI

Attualmente le città dell’olio italiane sono 375: prevalentemente sono concentrate nelle regioni del centro-sud  dove le condizioni climatiche favoriscono la coltivazione dell’ulivo. Il 40% della produzione nazionale si concentra, infatti, in Puglia.
L’olio dei Laghi Lombardi dop è la denominazione riservata alle produzioni di olio extravergine di oliva delle zone limitrofe al Lago d’Iseo (Sebino) e al Lago di Como (Lario). La zona del Sebino comprende 24 comuni in provincia di Bergamo e 24 in quella di Brescia. La zona del Lario coinvolge 33 comuni in provincia di Como e 12 in quella di Lecco. Le varietà di olive sono cinque: leccino, frantoio, pendolino, sbresa (autoctona della sponda bergamasca del Lago d’Iseo, poi coltivata anche in quella bresciana) e casaliva. Quest’ultima non è presente all’Agricola San Gregorio. Si tratta di produzioni di nicchia che rappresentano circa l’1%  della produzione nazionale. Per questo motivo, si punta all’ alta qualità per scelta aziendale. «L’olio esalta le preparazioni culinarie – spiega Stefano Modina – in base alle sue caratteristiche organolettiche». Ogni varietà possiede specificità che derivano dal modo in cui sono state raccolte le olive, dalla maturazione del frutto, dal clima, dalla composizione del terreno.
Ecco perchè ci sono sentori diversi. Nel caso dell’olio della sponda bergamasca del Sebino, c’è un fruttato leggero, mediamente percepito, con sentori di erba di campo appena tagliata e un gusto dolce associabile alla mandorla. «Il nostro olio – prosegue Modina – presenta un amaro medio leggero, con un’alta presenza di polifenoli, molecole antiossidanti che gli conferiscono la sua personale struttura organolettica.  A questo contribuisce la morfologia del terreno, in una zona morenica sempre assolata, la coltivazione a terrazzamenti che non comporta ristagno di acqua, la qualità del frutto e la cura delle piante». 

COME FARE UNA CARTA DEGLI OLI DOP

Nel redarre una carta degli oli vanno considerati gli abbinamenti tra olio evo e le sue varie intensità e i piatti del menù. Esistono tre tipi di intensità dell’olio: fruttato leggero indicato per piatti semplici, dal sapore poco intenso come pesce al vapore o bollito, insalate delicate, stuzzichini di carne o pesce; fruttato medio ovvero oli saporiti, complessi, con gusto leggermente amaro e piccante, indicati per verdure cotte, antipasti di carne, pesce arrosto, pizze e sughi rossi. E fruttato intenso, oli corposi, profumati e dal gusto deciso, con note di piccante e amaro anche evidenti, adatti a carni e verdure alla griglia, zuppe di legumi, bruschette. Per iniziare a creare la carta degli oli si possono privilegiare le eccellenze locali oppure scegliere per ciascuna categoria di fruttato tre produttori tra Nord, Centro e Sud. La carta va tenuta aggiornata in modo costante, seguendo la stagionalità dei piatti, proprio come la carta dei vini.

IL COSTO RIVELATORE DI QUALITA’

Oggi il costo di un buon olio extravergine di oliva si attesta attorno ai 25/30 €uro al litro; l’attenzione al confezionamento che può essere effettuato in vari formati (100 ml, 200 ml  e mezzo litro) oltre alla cura ed alla scelta delle cultivar prodotte, possono incidere sul prezzo finale, soprattutto quando si sceglie di ricercare una maggior qualità, come nel caso della produzione degli oli dop, generalmente piccole produzioni (1.500 / 2.500 litri l’anno a seconda della campagna di raccolta) con costi produttivi più importanti per certificazioni, prelievi e controlli da sostenere a garanzia di un prodotto finale di qualità controllata, con prezzi finali ben superiori.

La carta degli oli potrebbe prevedere l’assaggio di due-tre oli nella prima voce del menù, con relativo prezzo. Oppure si potrebbe considerare il pairing o arte di abbinare, in questo caso l’olio, ai piatti o il finissage con oli selezionati un’opzione supplementare in un percorso gastronomico, descrivendone qualità sensoriali, cercando di chiarire come la convivialità possa avvenire anche degustando dell’olio, piatti semplici e freschi a pranzo, cena o all’aperitivo, con un prezzo a sé. Proprio come si fa per i calici dei vini in abbinamento durante un percorso di degustazione. Per non perdere il filo (d’olio).




Olio d’oliva, quattro incontri per conoscerlo e degustarlo

OLIO OLIVAQuattro incontri, di giovedì, per saperne di più sull’olio di oliva e imparare a degustarlo. Li organizza la Comunità montana dei laghi bergamaschi dal 19 gennaio al 9 febbraio nell’ambito dei “Laboratori del saper coltivare”.

Le serate, tenute Marco Antonucci – assaggiatore professionista, iscritto nell’elenco nazionale dei tecnici ed esperti in oli extravergini e vergini d’oliva del Mipaf con qualifica di capopanel internazionale nonché coordinatore dell’International Oil Expert Association – hanno carattere tecnico/pratico. Oltre ad approfondire i principali aspetti produttivi, passeranno in rassegna diversi tipi di oli, valutandone pregi e difetti, dando poi spazio a suggerimenti per eliminare errori di produzione.

Gli appuntamenti si tengono nelle sedie della Comunità montana di Lovere, Casazza e Villongo. Sono aperti a tutti e l’entrata è libera.

Il calendario

Giovedì 19 gennaio – ore 20.30

Lovere, via del Cantiere 4

“L’olio del frantoio è sempre extravergine?”

Giovedì 26 gennaio – ore 20.30

Casazza, via Don Zinetti 1

“L’olio del frantoio è sempre extravergine?”

Giovedì 2 febbraio – ore 20.30

Villongo, via Roma 35

“L’olio del frantoio è sempre extravergine?”

Giovedì 9 febbraio – ore 20.30

Villongo, via Roma 35

“La resa, le piante, i costi, i frantoi, i contenitori, gli errori… Parliamone”




Olio d’oliva, ma come si fa a capire quando è buono?

olio oliva - generica

È su tutte le nostre tavole, ma siamo in grado di stabilire se un olio d’oliva è buono o scadente? E, non meno importante, lo conserviamo nel modo giusto? Perché la dicitura “olio extravergine di oliva” da sola non garantisce che siamo di fronte a un olio di qualità.

Marco Antonucci - olio (1)
Marco Antonucci

Con l’aiuto di Marco Antonucci, da molti anni impegnato a livello internazionale nella diffusione della cultura dell’extravergine e dell’analisi sensoriale attraverso seminari, corsi, incontri, guide, articoli e pubblicazioni di carattere sia divulgativo che universitario, abbiamo realizzato un vademecum fatto di piccoli trucchi che vi aiuteranno a riconoscere un olio buono da uno che non lo è. E a conservarlo in modo corretto. Tanto per iniziare, sfatiamo subito una convinzione diffusa: il colore non è importante.

Leggere con attenzione l’etichetta

Il primo consiglio è leggere bene l’etichetta. Più informazioni sono riportate, più chiare sono, e più possiamo fidarci del prodotto. L’indicazione Igp o Dop, che garantisce che l’olio è di una determinata area, e il marchio di consorzi locali possono essere buoni indici di qualità, oltre a tutte le indicazioni di legge.

È importante verificare anche la provenienza delle olive: non c’è una regione di provenienza migliore dell’altra, ma esistono tecniche virtuose di gestione dell’oliveto, raccolta, trasformazione e conservazione che permettono di avere un olio di qualità. Se le olive sono lavorate in frantoio aziendale, ad esempio, è una garanzia in più (il frantoio aziendale consente la lavorazione delle olive dopo poche ore dalla raccolta, conferendo agli oli alti valori nutrizionali). Altre informazioni importanti sono i dati del confezionatore (se non è lo stesso produttore), il numero del lotto (che facilita la rintracciabilità), il contenuto in acido oleico, di polifenoli, di vitamina A, D ed E. La trasparenza informativa tra produttore e consumatore è un elemento decisivo nel mercato di oggi. Il consiglio di Coldiretti è di guardare anche la data di scadenza e preferire l’extravergine nuovo guardando l’annata di produzione che molti indicano volontariamente in etichetta.

«Da qualche anno c’è scritto se l’olio è comunitario o non comunitario – dice Antonucci -. L’indicazione da cercare è “prodotto e confezionato da”. È questa “e” a fare la differenza. Anche la scritta “olio italiano al 100%” va benissimo ed è garanzia di qualità. Al contrario, la scritta “olio proveniente da Comunità europea” deve far pensare che l’olio può essere spagnolo o greco. Se è riportato anche l’anno di raccolta è un altro segno di qualità. Se non c’è scritto, è facile che nella bottiglia siano presenti anche oli di altri anni». «Il colore, invece, non va considerato – aggiunge – non dà né gusto né profumo».

olive - generica 2
Il profumo deve ricordare l’oliva

Quello che leggiamo in etichetta non basta a garantire la qualità. È importante anche valutare la componente olfattiva. L’olio deve avere un profumo che ricorda l’oliva, perché alla fine non è altro che una spremuta di olive (in gergo si dice che l’olio deve avere un “fruttato maggiore di zero”). Sembra una banalità scriverlo, però è utile e da tenere sempre a mente. Se profuma di erba appena tagliata, di pomodoro, carciofo, mela o mandorla, siamo in presenza di un buon prodotto.

Deve avere un gusto amaro e piccante

«L’olio è come il vino, per capire se è buono va assaggiato – spiega Antonucci -. Se all’assaggio si nota una sensazione di amaro in bocca, leggermente tendente al piccante in gola, allora l’olio è buono». Amaro e piccante, insieme al fruttato, sono i tre pregi che un buon olio extravergine deve avere e garantiscono anche le proprietà salutistiche del prodotto: alcuni composti nobili dell’olio come l’oleuropeina e l’oleocantale (l’uno antinfiammatorio, l’altro antiossidante potentissimo) garantiscono la loro presenza nel prodotto proprio attraverso il gusto, il primo di amaro e il secondo di piccante. Per assaporare bene l’olio lo si tiene su palato e lingua almeno 20 secondi, quindi si deglutisce.

olio oliva - bottiglietta paneNon deve essere rancido né acido

Uno dei difetti più comuni dell’olio è il “rancido”, dovuto all’invecchiamento dell’olio che è causato dalla luce, dal calore o dall’ossidazione (come sapore e odore assomiglia al grasso del prosciutto crudo lasciato una giornata al caldo a contatto con l’aria). «Per bene che lo si conservi, a un certo punto muore, come il burro – spiega Antonucci -. Dipende da come è conservato, ma in generale la durata media di un olio è un paio di anni».

Un altro difetto è la fermentazione. «Le olive si raccolgono la mattina e si portano al frantoio il pomeriggio. Se si lascia passare più tempo e le olive vengono ammassate in ambienti poco aerati e umidi, fermentano. In questo caso l’olio assume un leggero odore di aceto». In generale, se si percepiscono odori che richiamano verdure o frutti passati o peggio ancora l’odore della salamoia o di rancido, è segno che il prodotto è scadente e forse non è nemmeno extravergine.

Non deve avere il fondo

«Un terzo difetto che può avere l’olio è di presentare il fondo. «Come per il vino, anche per l’olio, la bottiglia non deve avere il fondo. Se l’olio è novello va bene, ma va consumato subito. In generale però è sempre bene filtrare l’olio ed evitare di acquistare oli che presentano uno strato sul fondo della bottiglia», consiglia Antonucci.

Non può costare meno di 12 euro

«Il detto “costa poco, vale poco” nel caso dell’olio d’oliva va tenuto sempre a mente. Bisogna diffidare degli oli a prezzi bassi. Un buon olio extravergine di oliva, lavorato con metodi artigianali e di qualità, deve avere un costo minimo di 12 euro al litro. Se il prezzo è più basso, quasi di sicuro la sua qualità non è eccellente ed è composto da un mix di oli provenienti da Paesi europei ed extra-europei, non soltanto da olio extravergine di provenienza italiana. La cosa migliore è acquistare l’olio direttamente dal produttore, sia per risparmiare accorciando la filiera, sia per avere la possibilità di assaggiare il prodotto prima dell’acquisto e per verificare personalmente come avviene la produzione».

Va conservato come il vino

Una volta acquistato un buon olio extravergine, è importante conservarlo nel modo corretto. «L’olio è più delicato del vino. La prima accortezza è evitare di sottoporlo a temperature elevate e dividere la damigiana in tante bottiglie. Se lo acquisto in Puglia in damigiane e lo metto nel baule dell’auto a una temperatura di 40 gradi e poi, arrivato a casa, lo ripongo in cantina lo uccido». Anche la conservazione in casa richiede alcune attenzioni. «Molti conservano male l’olio – avverte Antonucci -. La bottiglia deve essere riposta lontano dai fornelli e al buio, a una temperatura tra gli 11 e i 16 gradi, altrimenti si guasta. Inoltre quando si apre una bottiglia bisogna richiuderla subito, cosa che non si fa di solito. A differenza del vino, infatti, l’olio non ha conservanti quindi se si lascia aperto si ossida. Infine, quando la bottiglia è finita la si deve buttare perché sulle pareti si forma dell’olio ossidato». «Se si conserva l’olio come il vino non si hanno problemi» garantisce l’esperto.




Marone in festa per l’olio novello

marone-citta-dellolioMarone, Comune sulla sponda bresciana del lago d’Iseo che aderisce all’associazione Città dell’Olio, sabato 26 e domenica 27 novembre celebra la nuova spremitura con la terza edizione della “Festa dell’olio novello”, kermesse che permette di conoscere da vicino il territorio ed i suoi prodotti con stand, mestieri in piazza, passeggiate negli uliveti, visite al frantoio e al mulino storico di Panigada, show cooking, apericena, degustazioni, laboratori per i bambini, castagnate e vin brulè.

Quest’anno l’appuntamento si accompagna alla prima Expo dell’olio sebino e Dop Laghi Lombardi e approfondirà in un convegno (sabato alle 18) il tema delle olive da tavola e del loro potenziale. L’evento coinvolge anche i ristoranti, che dal 18 al 27 novembre offrono menù degustazione con prodotti tipici esaltati dall’oro verde locale. Sono sei insegne (i ristoranti Ai Frati, Alla Galleria, A Lago, la trattoria Glisenti e gli agriturismi El Giardì e Cascina Lert) con proposte dai 25 ai 40 euro. In primo piano il pesce di lago, l’extravergine declinato dal condimento ai dolci, ma anche salumi, formaggi e lo stinco di maiale.

www.saporidimarone.it