Italy Beer Week, la Settimana della birra artigianale si trasferisce sul web

Dal 22 al 28 marzo su Italybeerweek.com le novità e le iniziative online e offline del mondo birrario artigianale 


Per anni quello della Birra Artigianale in Italia è stato uno dei pochi settori in ascesa della nostra economia. La contrazione dei consumi dovuta alla pandemia sta mettendo a dura prova i microbirrifici, che risentono principalmente delle restrizioni applicate ai locali specializzati. Anche per supportare il comparto in questo momento delicato, dal 22 al 28 marzo 2021 si terrà la Italy Beer Week, il più grande “evento diffuso” dedicato alla birra di qualità.  La Italy Beer Week è infatti l’evoluzione della Settimana della Birra Artigianale, manifestazione nata nel 2011, organizzata da Cronache di Birra, sito e testata giornalistica.

L’undicesima edizione sarà la prima con la nuova denominazione: un cambiamento non solo formale ma anche di contenuto, con eventi pensati per un mercato più maturo. “La birra artigianale non è più un prodotto di nicchia da far scoprire al grande pubblico. Tanti sono i bevitori abituali, sempre più esigenti e vogliosi di seguire le evoluzioni di un mondo in continuo fermento” afferma Andrea Turco, direttore editoriale di Cronache di Birra.

Quest’anno le attività promosse dai singoli aderenti saranno inevitabilmente condizionate da possibili restrizioni, tante iniziative assumeranno una veste digitale, ma non mancherà il consueto contributo di idee ed entusiasmo da parte dei professionisti del settore. “Per forza di cose ci siamo ritrovati ad accelerare un ripensamento del format che era già in programma – dice Salvatore Cosenza, organizzatore insieme ad Andrea Turco della manifestazione – Una sfida interessante per noi e per tutti gli aderenti: le attività on line saranno tante ma speriamo di non dover abbandonare del tutto l’idea di vivere momenti conviviali, con tutte le precauzioni del periodo”.

Contenuti e obiettivi della Italy Beer Week

La Italy Beer Week vuole continuare a supportare il movimento birrario italiano e verranno coinvolte realtà diverse su tutto il territorio nazionale. Birrifici, pub, beer shop, ristoranti e associazioni potranno segnalare liberamente le iniziative sul sito Italybeerweek.com. Come sempre l’adesione sarà gratuita e ogni partecipante potrà contribuire con degustazioni, cotte pubbliche, incontri con birrai, tap takeover, presentazioni di nuove birre, webinar, dirette sui social e altro ancora.

L’obiettivo finale è quello di suscitare la curiosità dei neofiti, tenere alto l’interesse di chi è già fidelizzato e soprattutto sostenere i consumi, in un momento estremamente delicato per l’intera filiera.

Il “Ballo delle debuttanti”

Come da tradizione, anche l’edizione 2021, sarà preceduta dal “Ballo delle debuttanti” delle birre inedite italiane. In mancanza dell’omonimo festival, che si teneva annualmente a Roma, è prevista una “Home Edition”: la vendita on line di una box di 13 birre di altrettanti produttori, acquistabile su 1001birre.it sito di e-commerce specializzato.

“Il Ballo è sempre stato il “calcio d’inizio” della Settimana, un appuntamento tanto atteso per assaggiare le novità dei birrifici italiani. Senza mutarne lo spirito, lo abbiamo reso fruibile comodamente da casa” commenta Andrea Turco.

“L’idea di una box, con 13 birre nuovissime, acquistabile da tutti gli appassionati italiani rende ancor più nazionale la nostra festa, con l’evento inaugurale che abbandona la sua dimensione romanocentrica” aggiunge Salvatore Cosenza.

Tra le 13 novità, nella box c’è anche la “Debuttante del debuttante” ovvero la nuova birra del vincitore del Premio Lallemand, dedicato ai produttori che hanno iniziato l’attività nell’ultimo anno.

 

Le evoluzioni del settore

I numeri delle passate edizioni sono importanti: 3145 aderenti, 2450 eventi, 1653 promozioni e scontistiche speciali. Cifre che hanno seguito di pari passo la crescita del comparto. Nel 2010 in Italia si potevano contare solo 311 birrifici artigianali, attualmente sono oltre 800, con conseguente aumento esponenziale anche dei volumi di vendita nel mercato interno (il 4% del totale dei consumi di birra) e delle esportazioni. Da prodotto di nicchia, la birra artigianale è entrata a far parte del paniere di beni quotidiani per molti.


A Sanremo l’Italia se la canta e se la balla. Ma anche fuori dall’Ariston serve un lavoro d’orchestra

Tutti a casa a vedere Sanremo. L’Italia se la canta e se la balla tra canzonette e colori vecchi e nuovi.

Tutti a casa a vedere Sanremo. L’Italia se la canta e se la balla tra canzonette e colori vecchi e nuovi. L’arancio scuro preludio del rosso che sta per arrivare. Ci manca il blu dipinto di blu simbolo della canzone italiana e di Sanremo.

È tutto così surreale che sembrerebbe un film ma è vero. Il festival della canzone italiana come il campionato a porte chiuse. L’oppio per i popoli che non ce la fanno più ma devono rasserenarsi e sopravvivere fino all’estate. Ormai l’hanno capito anche i sordi (non ce ne vogliano gli siamo vicini).

Dobbiamo cantare in coro. C’è luce in fondo al tunnel ed è l’uscita.

Canteremo per ingranare la marcia. Avanti con i vaccini, serve un lavoro d’orchestra dietro un grande maestro. Un drago!

Un nostalgico di Nilla Pizzi


Clubhouse dà voce al turismo enogastronomico

Proseguono gli incontri sul nuovo social network promossi da Roberta Garibaldi: venerdì 12 febbraio si scoprirà l’Italia del gusto

Social e turismo vanno a braccetto con Clubhouse e Roberta Garibaldi. Un sodalizio che vede coinvolti per tutto febbraio il nuovo social da poco approdato in Italia e che si basa esclusivamente sulla comunicazione vocale (al momento disponibile solo per iOS di Apple e accessibile tramite invito) e Roberta Garibaldi, presidente Associazione Italiana Turismo Enogastronomico e che da tempo si occupa di ricerche e di progetti applicati per territori e realtà imprenditoriali relative al turismo enogastronomico.

Una nuova occasione di confronto che Roberta Garibaldi ha colto al volo, proponendo nell’ambito della sua “stanza” sul turismo enogastronomico un calendario di incontri, in cui approfondire argomenti specifici, prospettive e opportunità del settore, insieme a esperti del settore. Il primo incontro venerdì scorso 5 febbraio ha trattato il tema dell’evoluzione della ristorazione per i turisti in epoca Covid, mentre ieri (martedì 9 febbraio) si è trattato il tema delle esperienze digitali, trend che ha visto un’accelerazione a causa della pandemia, ma che dimostra di essere ormai una modalità consolidata per vivere il turismo enogastronomico.

Prossimi appuntamenti

Il prossimo incontro è in programma venerdì 12 febbraio alle ore 14: si scoprirà l’Italia del gusto con Giovanni Bastianelli – Direttore Generale dell’Enit, Cristiano Casa – Assessore al Turismo della Città di Parma, Mauro Carbone – Direttore dell’Ente Turismo Langhe, Roero e Monferrato, e Bruna Caira – Coordinatrice della Strada del Vino Nobile di Montepulciano. Un confronto per approfondire le evoluzioni delle strategie turistiche in epoca Covid-19 delle destinazioni a vocazione enogastronomica.

A chiudere il primo ciclo di incontri ci sarà un dibattito su workation tra smartworking e turismo rurale, martedì 16 febbraio alle ore 18 con Alessandra Priante – Direttore Europa Unwto, Francesco Palumbo – Direttore Generale Toscana Promozione, Alberto Mattei – fondatore di Nomadi Digitali, e Federico Pisanty – fondatore di Borgo Office.

I temi dei quattro incontri verranno riproposti sul podcast di Roberta Garibaldi, per condividere dati, riflessioni e best practices con una platea allargata.

“Innovazione, esperienza e networking sono da sempre concetti a cui mi ispiro nel mio lavoro – dice Roberta Garibaldi -. Clubhouse ha aperto nuovi orizzonti, permettendo di confrontarsi e sentirsi più vicini, anche in un periodo come quello che stiamo vivendo ormai da quasi un anno. La voce, infatti, ha una valenza relazionale superiore a quella di un video in un webinar. Questa nuova opportunità di comunicazione e formazione – aspetto a cui sono sempre sensibile – è anche una sfida sia per le destinazioni, sia per le imprese per creare awareness ed engagement”.

Cosa è Clubhouse

Clubhouse è un’app di social networking interamente basata sulla voce. Nessun post, nessun commento, nessun video: sulla piattaforma si parla – e si ascolta, soprattutto – all’interno di stanze gestite dai moderatori. Entrare in una room è come ritrovarsi dentro un podcast. Gli utenti possono chiedere di intervenire nella discussione, ma solo l’ospite (o un moderatore) può concedere loro la parola. L’ambiente è molto educato, e dichiaratamente esclusivo: per accedere all’app, infatti, è necessario passare attraverso l’invito di un altro utente. Nonostante questo rigido sistema di selezione della community (unito al fatto che l’applicazione funziona per il momento solo su IPhone) gli iscritti a Clubhouse aumentano in modo esponenziale da settimane, contribuendo a cambiare – forse – il futuro dei social network.


I migliori pasticceri del mondo sono giapponesi

L’Oriente batte l’Occidente. Per la seconda volta il Giappone è campione del mondo nell’arte della pasticceria, bissando il titolo conquistato nella prima edizione del 2015. Al secondo posto la Cina, mentre l’Italia, detentrice del titolo, si piazza al terzo posto.
È questo il verdetto del Campionato Mondiale di Pasticceria, Gelateria e Cioccolateria Fipgc, che si è tenuto lunedì 21 e martedì 22 presso Host Milano, il salone internazionale dell’ospitalità. 17 squadre provenienti dai 5 continenti si sono sfidate per vincere l’ambito trofeo: per dimostrare alla scrupolosa giuria le proprie abilità tra glassa, zucchero e cioccolato, ogni nazionale si è dovuta cimentare in tre diverse categorie, ovvero: praline, monoporzione gelato, torta moderna e vere e proprie sculture da fare invidia a un museo. Il tema di quest’anno è stato “Arte e tradizione nazionale”: ogni team ha dovuto realizzare dolci e sculture in grado di rappresentare la storia, l’arte e la cultura del proprio Paese.

 

Il podio: terzo posto per l’Italia

Il team giapponese, già vincitore del M0ondiale di Pasticceria, Gelateria e Cioccolateria FIPGC nel 2015 così ha realizzato una scultura in zucchero che riproduce con un affascinante color vermiglio il tradizionale portale giapponese di accesso a un’area sacra – Torii – con accanto un Wagasa, ombrello tipico nipponico. La scultura in pastigliaggio riproduce invece un’affascinante Geisha, mentre quella in cioccolato è un fantastico Samurai, il guerriero simbolo della cultura giapponese. In più, il Giappone vince anche il premio “Miglior Torta Moderna”.

Al secondo posto il team cinese, con delle opere alte ben 180 cm che riprendono i personaggi più rappresentativi di uno dei grandi classici della letteratura del Celeste Impero, ovvero “Viaggio in Occidente” (Xiyou Ji). I protagonisti dell’opera, Sun Wukong, il Re Toro e il Bimbo Rosso, sono ritratti in zucchero e in cioccolato in un’entusiasmante lotta. La Cina vince anche il “Miglior Pezzo Artistico” e il premio della critica giornalistica Pastry Magazine.

Il team italiano, composto da Gianluca Cecere, Umberto Soprano e Barbara Borghi, ha conquistato il terzo posto grazie a delle opere che riprendono invece il cinema, la musica, e le tradizioni del nostro bel paese. Così vediamo un’aerografia di Sofia Loren, del Leone di Venezia, ma anche pellicole e cineprese in finissimo cioccolato lavorato. A rappresentare la musica italiana nel mondo, il maestro Luciano Pavarotti riprodotto in cima a una colonna del teatro greco di Taormina, l’interno della Scala completamente aerografato e uno Stardivari interamente edibile, con delle finissime corde in gelatina. Per finire, vediamo un’opera in isomalto che riproduce le maschere dell’Ottocento di Venezia, i suoi canali e le gondole.

Infine, il premio “Miglior pralina” va alla Romania, e il premio “Miglior Monoporzione Gelato” va alla nazionale thailandese.

A decretare i vincitori una rigorosa e scrupolosa giuria costituita da tutti i coach di tutte le squadre. Tanti gli aspetti che sono stati presi in considerazione, l’attinenza al tema, la difficoltà d’esecuzione, le tecniche utilizzate, l’innovazione. Ma anche l’originalità nell’accostamento degli ingredienti, caldo/freddo, dolce/salato. Ma non solo: i giudici hanno valutato attentamente anche la pulizia del piano di lavoro, la divisione dei compiti e l’affiatamento tra i membri della squadra.


Dell’Europa siamo l’aliquota selvaggia e “sacrificabile”

L’Italia fa certamente parte dell’Europa. Ne è una porzione consistente e, se mi consentite, ne rappresenta l’aliquota che i generali definiscono “sacrificabile”.

Non sto scherzando: quel conglomerato assortito che decide le linee guida della politica europea, ragiona esattamente come un generale della Grande Guerra. In ogni esercito ci sono perdite: alcune di queste vengono considerate, per così dire, fisiologiche. Si deve conquistare quella quota? Perdere mille o duemila uomini, nella prima ondata d’attacco, è un prezzo ragionevole. Dunque, si manda avanti la carne da cannone: i “sacrificabili” appunto.

Ecco, noi siamo proprio quei poveracci della prima ondata: i sacrificabili. Perché, diciamocela tutta: noi siamo Europa per modo di dire. Un olandese, un tedesco, perfino un francese, non è che ci considerino europei doc, continentali al 100%: siamo degli ibridi, gente con una percentuale creola consistente nel dna, meticci.

Infatti, nei felpati consessi internazionali, ci trattano un po’ con sussiego e un po’ con simpatia curiosa: proprio come avveniva per il negro alla corte di Pietro il Grande. E, se uno di noi parla un inglese accettabile, tutti subito a fargli i complimenti: a dirgli che è bravissimo, ullallà, perché riesce a dire ‘gullible’ anziché ‘idiot’, che per un italiano è più facile.

Insomma, siamo considerati degli imbecilli, dei semiselvaggi: i “terroni” dell’Unione Europea. E veniamo trattati esattamente come i piemontesi trattavano i “terroni” nel 1861: dei selvaggi. In Europa ci accolgono con ceste di braccialetti di perline colorate: ci dicono sì sì, avete ragione. Ma poi non contiamo un belino. E lo sappiamo benissimo. Credete davvero che Renzi, quando va a fare la marionetta davanti agli impassibili burosauri di Bruxelles non si accorga che è lì solo per fare intrattenimento? E di quanto poco conti la signora Mogherini? Lo sa benissimo: ma che ci può fare? Noi siamo “sacrificabili”: e non saranno le battute al pistacchio a cambiare le cose. Perché da noi, come dappertutto, comandano i banchieri: e, per i banchieri, l’Europa è un affare da non lasciarsi sfuggire. Dove lo trovi, per esempio, un governo nazionale tanto stupido da ripianare i debiti delle banche, trasformandoli in debito pubblico? Invece, siccome l’Europa è qualcosa di astrattamente supernazionale, la gente se la beve, ed accetta di stringere la cinghia per aiutare gli arpagoni ad essere sempre più ricchi. E potenti. E la potenza è quella di decidere, appunto, chi sia sacrificabile e chi no.

Guardate cosa succede oggi, con l’incredibile vicenda degli immigrati che cercano di entrare in Gran Bretagna: una storia che sarebbe comicamente surreale, se non fosse vera. Quando, per anni, l’Italia ha chiesto un intervento europeo per arginare il fenomeno dell’immigrazione selvaggia, le hanno riso in faccia: alla fine hanno mandato navi su navi per prendere dall’Africa gli africani e portarceli direttamente qui. Una discreta presa per i fondelli. Adesso, che quattro disperati cercano di forzare i penetrali d’Europa, quelli veri, quelli non sacrificabili, non terroni, non meticci, osservate attentamente dove vanno a finire i diritti dell’uomo, il buonismo, le belle frasi ad effetto sull’accoglienza.

Cameron, quello che ci faceva restare a bocca aperta, perché andava al lavoro con la Tube, parla di muri da innalzare, di frontiere da difendere, di intervento europeo in Africa, di forze armate a vigilare. Se lo dice Salvini, è una carogna xenofoba che cerca voti: se lo dice un nobiluomo scozzese da Downing street, per magia, tutto diventa sensato, comprensibile, molto europeo. Perché l’Inghilterra non è “sacrificabile”: perché per gli Inglesi l’Europa non è un dogma, imposto da un ciccione di economista bolso a suon di tasse, ad un Paese un po’ riluttante e un po’ incompetente. L’Europa, per gli Inglesi è un’opportunità: oppure, non è. Punto. La Gran Bretagna non è “sacrificabile”, innanzitutto perché non permette che la si sacrifichi: infatti, sta nell’Europa senza stare nell’Euro. Mica scemi! Provate ad andare in Provenza a calpestare la lavanda, perché ne producono troppa: rovesciate qualche milione di tolle di latte danese, e guardate come reagiscono gli affabili inventori del Lego!

La gran panzana, l’errore di fondo di questa Europa che, ormai, scricchiola da tutte le parti, è sempre lo stesso: ed è un errore filosofico, politico, antropologico. L’uguaglianza obbligatoria. Nelle teorie liberali, dall’Illuminismo in qua, si è andata via via elaborando questa idea suicida dell’uguaglianza: dell’essere tutti uguali perché è giusto così. Certo, sarebbe giusto: solo che non è affatto così. Non siamo per niente tutti uguali: e questa Europa lo sta dimostrando ad abundantiam. Quando i nodi vengono al pettine, chi sa nuotare si salva e chi annaspa affoga: alla faccia della democrazia liberale. Così, quando gli africani invadono le nostre città, va tutto bene: è il dovere dell’accoglienza fraterna. Quando provano ad entrare in Francia o in Gran Bretagna, diventano una minaccia per il Paese. Perché non siamo per nulla tutti uguali: noi siamo il pavement e loro la penthouse, per dirla alla Cameron. Noi siamo abituati al degrado, alla sporcizia, all’Africa, già per conto nostro: un po’ di degrado in più o in meno cosa volete che ci cambi? È un po’ il ragionamento dei nostri politici, che inondano le borgate di immigrati, ma che vivono ai Parioli: il borgataro all’immondizia è aduso, ohibò! Solo che il borgataro è aduso anche al coltello: occhio. La storia ci insegna che, alla fine, a forza di essere sacrificati, i “sacrificabili” si rivoltano contro i propri generali: e, se va bene, viene Caporetto. Se va male, viene la rivoluzione…