Bergamo, Alba e Parma: tre Ascom insieme per promuovere la creatività gastronomica

Siglato il protocollo di intesa nell’ambito del Distretto delle Città Creative Unesco per la Gastronomia: in arrivo azioni comuni per ristorazione e turismo

È stato siglato ieri, venerdì 21 gennaio, presso la Sala del Consiglio comunale di Alba il “Protocollo di intesa nell’ambito del Distretto delle Città Creative Unesco per la Gastronomia” tra Associazione Commercianti Albesi,  Ascom Bergamo e Ascom Parma. L’accordo segue la firma di un analogo documento avvenuta in ottobre tra le tre città italiane, uniche a essere insignite del riconoscimento che premia la creatività culinaria.

La firma in calce all’intesa è stata apposta dai presidenti delle tre Ascom: per Alba Giuliano Viglione, per Bergamo Giovanni Zambonelli, per Parma Vittorio Dall’Aglio, presenti anche il direttore e il vice direttore ACA, Fabrizio Pace e Silvia Anselmo, il direttore del Consorzio Turistico Langhe Monferrato Roero Elisabetta Grasso e i direttori di Ascom Bergamo Oscar Fusini e di Ascom Parma Claudio Franchini, nonché gli organi di informazione. L’impegno comune sarà quello di realizzare iniziative ed eventi che colleghino ulteriormente i tre territori italiani all’insegna della loro vocazione, nell’ottica di imprimere forza e rappresentatività ai sistemi economici sia in senso individuale che unitario nel panorama nazionale.

«L’incontro di oggi – afferma il presidente di Ascom Bergamo, Giovanni Zambonelli – sancisce l’unione di tre territori ad alta vocazione enogastronomica che condividendo una visione desiderano dare un ulteriore sviluppo alla cultura del settore ed aumentare l’attrattività turistica. L’estate scorsa ci ha insegnato quanto sia forte il desiderio di tornare a viaggiare, con un ritorno di un turismo estero (Francia, Svizzera, Germania che avevamo un po’ perso) e con un’esplosione di flussi dai Paesi dell’Est, particolarmente sensibili al richiamo enogastronomico».

«Bergamo, Alba e Parma si promuovono come un’unica, allargata destinazione turistica creando collaborazioni e alleanze tra le rispettive associazioni di categoria, gli operatori economici e le istituzioni formative, a conferma che la relazione tra le amministrazioni comunali può essere rafforzata attraverso alleanze tra i “corpi intermedi” delle rispettive città, interessati al tema enogastronomico, anche, quindi, commerciale e turistico – sottolinea Giorgio Gori, sindaco di Bergamo -. Non posso che ringraziare Ascom di aver colto questa opportunità, dando l’esempio perché queste sinergie possano svilupparsi anche nell’ambito di altre categorie».

«Creative Cities – sottolinea il presidente ACA Giuliano Viglione – è un network nel quale sono state ammesse 295 località di tutto il mondo, nei vari settori dell’economia e della cultura. Uno dei temi che l’Unesco pone alla base di questa rete è la collaborazione per una crescita comune, attraverso regolari scambi di esperienze. Tredici sono le città italiane riconosciute per le proprie peculiarità e Bergamo, Parma ed Alba sono quelle individuate per l’enogastronomia, una fama che le accomuna: la firma del protocollo di intesa rinsalda la volontà di cooperare con azioni condivise».

«In un Paese come l’Italia – aggiunge Vittorio Dall’Aglio, Presidente Ascom Parma – primo nel mondo proprio per l’eccellenza e la qualità dei suoi prodotti enogastronomici, queste tre città si ritrovano oggi accumunate da un prestigioso riconoscimento che deve essere promosso e valorizzato il più possibile. Cultura del cibo e qualità dei prodotti gastronomici costituiscono infatti un grande patrimonio di visibilità che, unitamente agli altri punti di forza che queste città naturalmente possiedono (come arte, storia e natura) deve essere valorizzato e messo a sistema per attrarre flussi di turismo principalmente dai mercati  internazionali. L’accordo sottoscritto oggi conferma ancora una volta  che unire le forze nella promozione turistica dei nostri territori è l’arma vincente».

«Ci fa piacere che le Ascom di Alba, Bergamo e Parma abbiano deciso di firmare la loro alleanza nella nostra città – considerano il sindaco di Alba Carlo Bo e l’assessore albese alle Città Creative Unesco Emanuele Bolla -. Il network delle Città Creative nasce proprio per creare sinergie e collaborazioni e questa iniziativa dimostra ancora una volta che il grande lavoro svolto in rete contribuisce a rafforzare i territori. Il Comune di Alba, insieme all’Associazione Commercianti Albesi, sta investendo molto nel settore della gastronomia, che rappresenta sempre più un prodotto turistico da valorizzare in modo coordinato con tutti gli enti e le istituzioni locali: nel 2022 ci aspettano grandi sfide e l’alleanza tra Alba, Bergamo e Parma è uno strumento in più per affrontarle al meglio».

Nell’occasione, oltre ai vertici delle rispettive realtà associative di ambito Confcommercio-Imprese per l’Italia, hanno partecipato il presidente e il direttore generale di Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi), Lino Stoppani e Roberto Calugi. «Alba, Bergamo e Parma – afferma Stoppani – sono i tre lati di un distretto gastronomico italiano unito da materie prime e prodotti tipici straordinari. Ma sono anche tre territori con una storia e un potenziale eccezionale dal punto di vista della ristorazione, dove qualità, creatività e cultura si uniscono creando quel patrimonio dell’umanità che l’Unesco tutela e promuove. Fipe è felice di far parte di questa storia di valore e valori, interpretati dai pubblici esercizi quali “beni culturali viventi” e raccontati anche dalla nostra Carta dei Valori della ristorazione che mettiamo a disposizione di questo progetto».


Imballaggi, proroga di altri sei mesi per l’etichettatura ambientale

L’entrata in vigore era prevista per gennaio ma il Governo ha deciso di far scattare le nuove regole il 1° luglio

La sospensione degli obblighi di etichettatura ambientale degli imballaggi proseguirà per altri sei mesi. È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Milleproroghe, in vigore dal 31 dicembre 2021, che proroga al 30 giugno 2022 la sospensione degli obblighi di etichettatura ambientale degli imballaggi (che era in scadenza a fine anno). L’entrata in vigore era infatti prevista per gennaio ma il Governo ha deciso di far scattare le nuove regole il 1° luglio.

La norma prevede che i prodotti privi di etichettatura già immessi in consumo a quella data potranno essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte. Il governo ha previsto inoltre sei mesi di ulteriori finanziamenti per le imprese coinvolte e lo stesso Ministero dell’Istruzione per rimuovere i dubbi interpretativi che ancora oggi accompagnano la lettura e l’applicazione della disciplina. Si tratta infatti della terza proroga delle misure introdotte dal decreto n. 116 del 2020, che ne prevedeva l’attuazione già dal 26 settembre dello stesso anno.

I nuovi requisiti previsti dal decreto 116/2020 interessano sia il settore B2B che il settore B2C. Per il primo, scatterà l’obbligo di indicare sugli imballaggi i materiali di composizione attraverso un codice alfanumerico; per le transazioni B2C sarà anche necessario applicare un’etichettatura sugli imballaggi per favorire la raccolta, il riutilizzo, il recupero e il riciclo e per fornire corrette informazioni al consumatore.

 


A cena, in due e prenotando da app: come cambiano le abitudini al ristorante in tempi di Covid

Quanto durerà la ripresa e quali saranno i trend gastronomici del nuovo anno? The Fork fa un bilancio del 2021 e traccia le prossime tendenze nella ristorazione

 

È un bilancio della ristorazione italiana in chiaro scuro quello tracciato da The Fork, piattaforma leader nella prenotazione online dei ristoranti, che ha analizzato le performance in termini di domanda e risultati e ha identificato quali saranno le tendenze della ristorazione, al fine di definire alcuni dati rilevanti, utili ai ristoratori per uscire dalla situazione di crisi e assicurarsi una ripresa durevole.

“Anche quest’anno è stato particolarmente difficile per il settore, ma vogliamo continuare a essere fiduciosi: la tanto attesa ripresa sembra essere finalmente vicina e i nostri utenti ancora una volta mostrano il desiderio di andare al ristorante anche in un contesto sanitario non ancora del tutto stabile – spiega Damien Rodière, Country Manager Italia di TheFork – La nostra missione è quella di sostenere i ristoratori nella digitalizzazione delle loro attività e di contribuire alla loro crescita. Per tornare definitivamente ai livelli pre-Covid e superarli, continueremo sulla via dell’innovazione, soprattutto sul fronte dei pagamenti digitali con il nostro servizio TheFork PAY, ribadendo il trend positivo e portando ancora più clienti nei ristoranti”.

Le prenotazioni in Italia tornano a crescere

La riapertura dei ristoranti nel 2021 ha portato risultati incoraggianti: nel 2021 TheFork Italia ha registrato infatti +11% di prenotazioni rispetto al 2020. In particolare, nonostante l’iniziale incertezza dovuta all’introduzione del pass sanitario, i livelli di prenotazione in Italia hanno iniziato a risalire nel trimestre estivo, registrando da giugno a agosto un +15% di prenotazioni rispetto al 2020, con un picco in agosto (+4,5% rispetto allo stesso mese del 2020 e, soprattutto, +4% rispetto al 2019). Trend che è proseguito anche nei mesi successivi grazie alla nuova edizione del TheFork Festival, evento che sostiene il settore con uno sconto del 50% valido in più di 2.000 ristoranti in Italia e che ha consolidato la tendenza positiva della scorsa estate. In ottobre, infatti, TheFork ha registrato in Italia il record di prenotazioni: +31% rispetto allo stesso mese del 2020 e +5% rispetto al 2019.

Per quanto riguarda il turismo in Italia, il 14% delle prenotazioni sono state effettuate da stranieri, tornando ai livelli del 2019 (nel 2020 erano al 9%). Nell’intero anno il numero di prenotazioni effettuate da stranieri è cresciuto del 46% rispetto al 2020. La provenienza dall’estero degli utenti di TheFork è molto variegata e copre diversi Paesi europei e non solo: Francia (2%), Canada e Stati Uniti (1,6%), Germania (1,6%), Svizzera (1%), Spagna (0,9%), Regno Unito (0,7%). Nei tre mesi estivi del 2021 sono state effettuate +75% prenotazioni di coperti da parte di stranieri rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Guardando in valore assoluto le prenotazioni nell’intero corso del 2021 in Italia, la top 5 delle regioni in cui si è prenotato di più sono: Lombardia, Lazio, Toscana, Piemonte e Campania. Le città con più prenotazioni, invece, sono Roma, Milano, Firenze, Torino e Napoli.

Le abitudini al ristorante: a cena, in due e prenotando da app

Nel 2021 il 30% degli utenti di TheFork ha prenotato per pranzo ma è la cena a confermarsi il momento prediletto per recarsi al ristorante: nella prima parte dell’anno il tasso di prenotazione era al 52%, passato al 76% nei sei mesi successivi. Anche quest’anno il sabato risulta essere il giorno preferito per prenotare fuori (26%), seguito dalla domenica (19%) e dal venerdì (15%). Il 41% degli utenti della piattaforma tende a prenotare con 4 ore o meno di anticipo (la media dell’anno è di 6,7 ore) e nel 2021 sono stati soprattutto i tavoli da 2 persone (61%) a esser favoriti, seguiti da quelli per 4 o più persone (22%) e da quelli da 3 (13%). Per quanto riguarda il tipo di cucina preferita, il 15% degli utenti ha scelto la cucina mediterranea, il 13% le pizzerie, il 12% la cucina italiana, l’11% i ristoranti di pesce e il 6% quelli giapponesi.

Una prenotazione su quattro è stata rivolta ai ristoranti della selezione INSIDER e il 4% verso i ristoranti della Guida MICHELIN. Passando allo scontrino medio, il 70% degli utenti ha speso tra i 25 e i 50 euro e il 27% meno di 25 euro. Poco meno della metà delle prenotazioni (45%) è stata effettuata usufruendo di sconti mentre la quasi totalità (90%) è avvenuta tramite l’applicazione, con solo il 4% da desktop e il 6% da sito mobile. Da gennaio a dicembre 2021 notevole crescita anche per il metodo di pagamento contactless TheFork PAY, il cui utilizzo è raddoppiato.

I trend della ristorazione nel 2022

Negli ultimi due anni abbiamo assistito a molti cambiamenti a causa della pandemia che ha completamente stravolto abitudini e stili di vita, il tutto acuito da un incremento dei problemi ambientali ma anche da un ulteriore sviluppo di tecnologie in cui il mondo virtuale continua a soppiantare il nostro rapporto con la realtà. Questi cambiamenti stanno mettendo gli individui di fronte a un contesto incerto, si tratti di salute, ambiente, economia o identità. La nostra società è come sospesa tra due tendenze opposte: una slow, in cui hanno la precedenza l’ascolto di sé stessi e degli altri così come la conservazione delle risorse, e una fast, per cui le nostre relazioni sono sempre più modificate dalla tecnologia in chiave di velocità e immediatezza. TheFork, in collaborazione con NellyRodi, ha decifrato l’impatto di queste evoluzioni nel mondo della ristorazione e del food individuando quattro macro tendenze.

Ritorno alle origini: la riscoperta di prodotti antichi e la rinascita delle cucine del mondo diventano una presa di coscienza culturale. In un contesto incerto il ritorno ai valori e ai prodotti di un tempo corrisponde al bisogno di sicurezza e stabilità. Cereali antichi, pane e prodotti di panificazione, caffè sono alimenti rifugio che stanno riconquistando centralità. Il ritorno alle origini coinvolge anche le tradizioni culinarie, con l’affermazione di nuove scene gastronomiche come quella africana e sudamericana.

Cibo per un futuro migliore: l’evoluzione delle pratiche sostenibili viene fatta propria dai protagonisti e dai talenti del mondo food, supportati dalla tecnologia, per promuovere processi responsabili e consapevoli. Poiché la richiesta globale di cibo genera dal 22 al 37% di emissioni di gas serra, le abitudini alimentari e produttive devono cambiare in una prospettiva più virtuosa e tutti gli operatori del settori possono avere un ruolo fondamentale. Riduzione degli sprechi, coltivazioni urbane, prodotti plant-based e progetti sostenibili sono i trend di un movimento che vuole rendere il cibo più rispettoso dell’ambiente. Anche i grandi nomi del mondo gastronomico stanno prendendo consapevolezza del loro impatto e vogliono porre rimedio. David Humm, chef tre stelle MICHELIN del ristorante 11 Madison Square di New York, ha deciso di non servire più carne, consapevole del suo impatto ambientale e ha aperto una mensa per i poveri. In Francia Nadia Sammut è la prima chef gluten-free ad aver ottenuto la stella MICHELIN, nel suo tentativo di rivendicare una cucina slow food fatta di ingredienti biologici, locali, stagionali e da filiera sostenibile.

Self Food: l’impatto del cibo sul nostro benessere, sia psichico che fisico, è sempre più importante. Nel contesto di una crisi sanitaria globale, l’importanza del benessere personale e del prendersi cura di sé (self care) è sempre più centrale nella nostra società. La cura personale dipende molto dalle nostre fonti di energia e il cibo è la risorsa primaria da cui attingere le energie migliori. Tra le tendenze in questo senso troviamo la creazione di certificazioni che attestino la qualità del cibo offerto, forniture alternative agli alcolici e alcune limitazioni ai piaceri della tavola.

Cibo oltre al piatto: le più recenti innovazioni tecnologiche possono portare benefici al mondo del food. Nel bene e nel male il Covid-19 è stato un acceleratore della trasformazione digitale già in atto. L’urgenza di agire di fronte alla pandemia ha dato a molte aziende l’opportunità di fare innovazione ma anche di trovare nuovi modi per attirare utenti in cerca di nuove esperienze quando le limitazioni contraevano le opportunità in presenza. Il lancio del metaverso, lo sviluppo degli NFT e le criptovalute sono tutte novità pronte a rivoluzionare la nostra quotidianità, ma cosa c’entrano col mondo del cibo? Alcune tecnologie, come la stampa 3D di alimenti, la realtà aumentata e le NFT culinarie, proseguiranno il loro percorso fino a risultati inaspettati. Queste innovazioni ovviamente non sostituiranno le esperienze gastronomiche tradizionali ma in qualche modo le sublimeranno e trascenderanno, in modo da offrire pratiche sempre più emozionanti e durature.


Covid, lavoro e nuovi profili: i segnali di ripresa ci sono ma non cantiamo vittoria troppo presto

Il recupero di occupati registrato negli ultimi mesi ha fatto gridare in questi giorni al nuovo miracolo italiano. Giusto pubblicare le notizie positive ma senza enfatizzare, anche perché la realtà è diversa da come emerge: pensare che tante persone abbiano trovato una nuova prospettiva lavorativa rappresenta un segnale positivo ma non può far trascurare alcuni elementi che emergono da un quadro che resta molto difficile.

La situazione economica di riferimento rende complicato l’aumento del lavoro a tempo indeterminato e questo impatterà molto presto sulle difficoltà delle famiglie a programmare gli acquisti più impegnativi. A livello nazionale poi a mancare nel recupero è la componente del lavoro autonomo ancora ben al disotto del numero pre Covid. Anche il parziale recupero, dove avvenuto, appare in alcune realtà ancora un fenomeno episodico collegato alla riapertura di attività stagionali oppure, come avvenuto dalle nostre parti, dalla spinta a cercare prima di altri i benefici della ripresa che oggi però sono ancora molto teorici.

Senza fare i catastrofisti, il lavoro è cresciuto negli ultimi mesi per la spinta propulsiva dell’industria e per il recupero del settore terziario dopo la catastrofe dell’ultimo anno. Né l’una né altro, temiamo, avranno vita così lunga da assicurare un percorso duraturo e il recupero dei livelli raggiunti nel 2019, nel quale non dimentichiamolo, non stavamo nemmeno così bene venendo da anni di crescita “zero”.

Infine, esiste il vero nodo delle competenze. Mancano i profili e soprattutto manca gente preparata. In ogni settore. L’incremento dei flussi in entrata ci potrà aiutare solo per le mansioni meno qualitative stante un sistema Italia non competitivo per attrarre “cervelli” o quanto meno figure formate. Dobbiamo trovare le modalità per far tornare a lavorare i “residenti” e trovare processi di superamento del gap tra le competenze richieste e offerte da imprese e lavoratori, che ad oggi, dopo la pandemia vede la forbice sempre più larga.

Altrimenti il “fuoco di paglia” del boom occupazionale si spegnerà presto. La crescita attesa del PIL nel 2022 sta diminuendo. Appena ci riassesteremo verso una crescita “normale” lavorerà solo chi sarà capace e dovremo preoccuparci per gli altri.

 


L’Ue dà il via libera al Prosek croato. E la Fipe si schiera a difesa del Prosecco

 Circa 350 mila locali pronti a garantire e difendere l’eccellenza della Doc italiana

 

I bar e i ristoranti italiani sono pronti a schierarsi in difesa del “made in Italy” e dei prodotti di qualità contro quello che vuole essere a tutti gli effetti un tentativo di sdoganare l’italian sounding anche in Europa. In particolare, la Fipe-Confcommercio, Federazione italiana dei Pubblici Esercizi è pronta a sostenere il governo e le associazioni di categoria, nella battaglia contro il riconoscimento del Prosek croato da parte dell’Unione europea, che metterebbe in difficoltà il variegato mondo imprenditoriale e agricolo che ruota attorno al Prosecco Doc italiano.

“Il Prosecco è un’eccellenza del nostro Paese e qualifica lo stile di vita italiano al pari del caffè espresso e degli spaghetti – sottolinea con forza Giancarlo Deidda, presidente di Fuoricas@, Fipe-Confcommercio -. Uno stile di vita che si sublima nei 350mila locali italiani, dove la sapienza di migliaia di lavoratori, bartender e sommelier, consente di somministrare il prosecco alla giusta temperatura e nelle giuste modalità. Noi siamo il terminale ultimo di una filiera agroalimentare che produce, distribuisce e infine somministra uno spumante di qualità eccellente e come tali siamo pronti a fare la nostra parte in questa battaglia”.

Delle oltre 378 milioni di bottiglie prodotte nel 2019, 108 milioni sono state destinate al mercato italiano e di queste il 32% è stato servito nei pubblici esercizi.


Da oggi in vigore il Green Pass in Italia: bar, ristoranti, alberghi ed eventi. Ecco cosa cambia

Obbligatorio per entrare e consumare nei locali al chiuso. Fipe: “Pronti sul Green Pass ma non a controllare i documenti di identità, non siamo pubblici ufficiali”

Scatta da oggi il green pass obbligatorio per entrare nei ristoranti al chiuso e consumare al tavolo anche nei bar. Ad imporlo è l’articolo 9 bis del decreto 105 del 23 luglio 2021, che prevede l’impiego della certificazione verde anche per:

· spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportive;

· musei e altri istituti e luoghi di cultura;

· piscine, palestre, centri benessere – compresi quelli collocati all’interno di strutture ricettive – al chiuso;

· sagre, fiere, convegni e congressi;

· centri termali, parchi tematici e di divertimento;

· centri culturali, sociali e ricreativi limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i centri estivi e le relative attività di ristorazione;

· sale gioco, scommesse, bingo e casinò;

· concorsi pubblici

Come noto, rimane altresì ferma la disposizione di cui all’art. 8 bis del “Riaperture” che impone il possesso di una delle certificazioni verdi per i partecipanti alle feste conseguenti a cerimonie civili e religiose. I verificatori di cui all’art. 13, comma 2 del DPCM del 17 giugno u.s. sono tenuti ad accertare la validità di tale certificazione esclusivamente attraverso l’App “Verifica C19”, scaricabile gratuitamente, da installare su un dispositivo mobile (qui il video illustrativo).

Come si ottiene il Green Pass

Il pass viene rilasciato dopo la prima dose di vaccino – passati 15 giorni dalla somministrazione – o a conclusione del ciclo vaccinale e quindi dopo la seconda dose, (valido 9 mesi), con il certificato di guarigione dal Covid (valido 6 mesi), con l’esito negativo di un tampone effettuato nelle 48 ore precedenti. L’obbligo di avere il green pass non si applica a tutti coloro che hanno meno di 12 anni – per i quali non è autorizzata la vaccinazione – e, dice il decreto, “ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del ministero della Salute”.

Chi è esonerato

L’obbligo di esibire il green pass non si applica ai bambini di età inferiore ai 12 anni compiuti (in quanto esclusi per età dalla campagna vaccinale) e ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri saranno individuate le specifiche tecniche per trattare in modalità digitale le predette certificazioni, al fine di consentirne la verifica digitale, assicurando contestualmente la protezione dei dati personali in esse contenuti. Nelle more dell’adozione del predetto decreto, per le finalità di accesso ai servizi e attività elencati all’articolo 3, possono essere utilizzate le certificazioni rilasciate in formato cartaceo.

Ristoranti e bar

Il certificato servirà per le consumazioni al tavolo al chiuso in ristoranti e bar, dove non sarà invece necessario per il servizio al bancone. Il decreto prevede che “i titolari o i gestori dei servizi e delle attività ” per le quali serve il certificato “sono tenuti a verificare che l’accesso ai predetti servizi avvenga nel rispetto delle prescrizioni”. Dunque spetta ai titolari degli esercizi controllare il pass, attraverso ‘Verifica C19’, la app ufficiale del ministero della Salute. Controlli che, ovviamente, potranno esser svolti anche dalle forze di polizia.

Alberghi

Nel decreto non c’è una norma specifica ma il Cdm ha confermato quanto già previsto: i clienti che vogliono accedere ai ristoranti e ai bar al chiuso all’interno delle strutture non dovranno utilizzare il green pass che è invece richiesto ai non ospiti delle strutture alberghiere. Nel caso in cui però i servizi di ristorazione della struttura ricettiva siano aperti anche a clienti che non alloggiano nella struttura, l’accesso sarà riservato soltanto a chi è in possesso di una certificazione verde in caso di consumo al tavolo al chiuso. Il Green Pass in questo caso sarà richiesto sia al cliente della struttura che al cliente esterno.
Per i centri benessere degli alberghi, invece, il pass servirà, come stabilito dal decreto di luglio.

Cinema e teatri

Arriva l’obbligo di green pass per cinema e teatri, ma aumenta il numero di spettatori ammessi ad assistervi. In zona gialla si entrerà con green pass, mascherina e distanziamento, ma gli spettatori potranno salire all’aperto dagli attuali 1000 a un massimo di 2500 e al chiuso da 500 a 1000. Mentre in zona bianca, dove ora sono fissati limiti di capienza, viene fissato un tetto all’aperto di 5000 persone e al chiuso di 2500 persone.

Verifiche 

I titolari o i gestori dei servizi e delle attività per cui è richiesto il green pass, sono tenuti a verificarne il possesso con le modalità indicate dal Dpcm 17 giugno 2021. Al riguardo, si rammenta che la verifica del possesso del green pass si effettua mediante la lettura del codice a barre bidimensionale, utilizzando l’applicazione “VerificaC19”, scaricata su un dispositivo mobile. Tale applicazione consente di verificare la validità delle certificazioni senza la necessità di avere una connessione internet (offline), garantendo inoltre l’assenza di informazioni personali memorizzate sul dispositivo. L’interessato mostrerà al verificatore il relativo QR Code (in formato digitale oppure cartaceo).
L’ App VerificaC19 legge il QR Code, ne estrae le informazioni e procede con il controllo del sigillo elettronico qualificato. L’App mostra graficamente al verificatore l’effettiva validità della certificazione nonché il nome, il cognome e la data di nascita dell’intestatario della stessa. L’interessato, su richiesta del verificatore, esibisce un proprio documento di identità in corso di validità ai fini della verifica di corrispondenza dei dati anagrafici presenti nel documento con quelli visualizzati dall’App. Si ricorda infine che tra i soggetti verificatori, deputati quindi alla verifica del possesso del green pass (quando il possesso del green pass è richiesto dalle norme vigenti per attività da svolgersi all’interno delle strutture ricettive), sono ricompresi i titolari delle imprese coinvolte che possono delegare soggetti terzi, incaricandoli con atto formale recante le necessarie istruzioni sull’esercizio dell’attività di verifica.

Sanzioni 

In caso di violazione delle disposizioni previste, è applicabile la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 1.000, sia a carico dell’esercente sia dell’utente. Dopo due violazioni commesse in giornate diverse, si applica, a partire dalla terza violazione, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività̀ da uno a dieci giorni.

Fipe: “Pronti sul Green Pass ma non a controllare i documenti di identità, non siamo pubblici ufficiali”

I 270mila bar e ristoranti sono pronti a controllare i green pass dei clienti che consumeranno al tavolo all’interno dei locali, pur tra notevoli difficoltà organizzative. Anche se non manca chi, soprattutto tra i bar, ha scelto di eliminare il consumo al tavolo perché non in grado di garantire il controllo dei certificati. Ma è l’ipotesi di dover controllare anche i documenti di identità che viene vissuta con profondo disagio dagli esercenti, perché rappresenta un atto di sfiducia nei riguardi dei clienti e una forzatura, visto che imprenditori e addetti non possono svolgere funzioni di pubblico ufficiale.

“La responsabilità dell’uso improprio del green pass – spiega Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio – non può ricadere sulle imprese ed è per questo che fin dall’inizio abbiamo sostenuto la procedura dell’autocertificazione che è stata alla base di tutte le norme varate nei momenti più complicati della pandemia. Occorre immediatamente mettere mano al decreto legge per correggere una distorsione che le imprese faranno fatica ad applicare”.

La Federazione segnala infine la difficoltà di quel 40% di imprese che non ha spazi esterni e che si troverà costretto a respingere i turisti che provengono da quei Paesi che hanno somministrato vaccini non riconosciuti dall’Ema. Un bel paradosso in piena stagione turistica.

 

Federalberghi: “Bene la scelta sui ristoranti degli alberghi”

Le persone alloggiate nelle strutture ricettive possono consumare i propri pasti al chiuso nei ristoranti delle strutture stesse anche se non sono in possesso della certificazione verde. Lo ha confermato la cabina di regia, specificando che il “green pass” dovrà invece essere esibito dai clienti non soggiornanti.

“Possiamo quindi rassicurare i nostri ospiti – commenta il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca – sulla possibilità di usufruire normalmente dei servizi di food and beverage presso le strutture turistico ricettive, sia per la prima colazione sia per l’accesso al ristorante e al bar. Ringrazio il ministro del Turismo, il Governo e la Conferenza delle Regioni per aver risposto alle istanze di Federalberghi con una soluzione che consente alle famiglie di trascorrere in tranquillità le proprie vacanze”.

Nuovo decreto sul green pass, novità per scuola e trasporti

Il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo decreto che rende obbligatorio l’uso del green pass per scuola, università e trasporti a lunga percorrenza. Il testo è entrato in vigore il 6 agosto scorso. Vediamo il dettaglio delle misure.

SCUOLA E UNIVERSITÀ

L’obbligo della certificazione varrà anche per gli studenti universitari, un’ipotesi che non era emersa nei giorni scorsi. A scuola, professori e personale non docente dovranno avere ed esibire la certificazione e se non lo faranno scatteranno le sanzioni: il mancato rispetto delle disposizioni, dice la bozza del decreto, “è considerata assenza ingiustificata” e dopo cinque giorni il rapporto di lavoro “è sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento”. I controlli spetteranno ai dirigenti scolastici. Il decreto raccomanda poi il rispetto del distanziamento di un metro, “salvo che le condizioni strutturali-logistiche degli edifici lo consentano” e ribadisce l’obbligo di mascherina per tutti gli studenti, ad eccezione dei bambini sotto i 6 anni e per chi ha patologie incompatibili con l’utilizzo. Il governo non esclude però che si possa stare in classe senza mascherina: per le classi di studenti “che abbiano tutti completato il ciclo vaccinale o abbiano un certificato di guarigione”, i protocolli possono prevedere delle deroghe all’obbligo. Il decreto è invece molto restrittivo sulla possibilità di derogare alla presenza in classe degli studenti. I governatori potranno disporre la Dad solo per “specifiche aree del territorio o per singoli istituti…esclusivamente in zona rossa o arancione” e “in circostanze di eccezionale e straordinaria necessità dovuta all’insorgenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus o di sue varianti nella popolazione scolastica”.

TAMPONI A 8 EURO DA 12 A 18 ANNI

Sempre nell’ottica di favorire il rientro a scuola, il Commissario per l’Emergenza, Francesco Figliulo, ha siglato un protocollo d’intesa con le farmacie per i tamponi antigenici a prezzi calmierati: i giovani da 12 a 18 anni pagheranno 8 euro, gli over 18 invece 15. Nelle prenotazioni le farmacie dovranno dare la precedenza ai ragazzi e avranno una remunerazione complessiva di 15 euro, 7 dei quali saranno coperti con un contributo dello Stato.

TRASPORTI A LUNGA PERCORRENZA

L’altro punto centrale del decreto è l’obbligo del green pass per i trasporti a lunga percorrenza, che scatterà dal primo settembre. Dovrà essere esibito per salire sugli aerei, sulle navi e sui traghetti, sui treni ad alta velocità e sugli intercity e anche sugli autobus di linea che collegano regioni diverse o su quelli a noleggio con conducente. Ad effettuare i controlli saranno i gestori dei servizi e chi sarà trovato senza il pass avrà una sanzione da 400 a 1000 euro. Nessun obbligo, invece, per i collegamenti con le isole minori e per lo Stretto di Messina, per bus e metropolitane del trasporto pubblico locale e per bus e treni regionali. Sia per la lunga percorrenza sia per il trasporto pubblico locale la capienza salirà dal 50 all’80%, sia in zona bianca che in zona gialla.

ALBERGHI

Nel decreto non c’è una norma specifica ma il Cdm ha confermato quanto già previsto: i clienti che vogliono accedere ai ristoranti e ai bar al chiuso all’interno delle strutture non dovranno utilizzare il green pass. Per i centri benessere degli alberghi, invece, il pass servirà, come stabilito dal decreto di luglio.

QUARANTENA VACCINATI E REITHERA

La cabina di regia tra i capigruppo di maggioranza ha anche dato il via libera ad altri due provvedimenti. Il primo riguarda la quarantena per chi ha completato il ciclo vaccinale ed entra in contatto con un positivo al Covid: dovrà rimanere in isolamento non più dieci giorni ma sette, al termine dei quali dovrà fare un tampone. Un’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, definisce invece la procedura per chi fatto la sperimentazione con il vaccino di Reithera e ha avuto una o due dosi di quel farmaco: ci sarà un certificato di esenzione temporanea alla vaccinazione valida fino al 30 settembre. A rilasciare il certificato sarà il medico responsabile del centro dove è stata fatta la somministrazione.


Green Pass o obbligo vaccinale? Anche con Draghi siamo al solito paradosso italiano

Il solito paradosso italiano è servito. Per non usare altri termini. Non vogliamo mettere l’obbligo vaccinale, come del resto la maggior parte dei Paesi occidentali, ma ricorriamo a tutte le possibilità per imporre (e non incentivare) la vaccinazione, come la Francia che ha fatto da apripista.

Da venerdì 6 agosto 2021 il Green Pass sarà obbligatorio nei bar e ristoranti per il consumo al tavolo al chiuso, nelle palestre e nelle piscine e, tra pochi giorni, su treni, aerei e in altri luoghi. In alcuni casi, la contraddizione delle norme è totale. In fabbrica non sarà obbligatorio il Green Pass per lavorare, ma per andare in mensa. Al ristorante ci saranno seduti solo clienti immunizzati, ma potrebbero non esserlo i camerieri e il loro datore di lavoro nemmeno può saperlo prima ancora che imporlo.

Ma che Paesi siamo? L’orientamento del Governo resta ondivago. Obbligo per qualcuno o per fare qualcosa, ma libertà di scelta per tutti gli altri assottigliando sempre di più il numero dei non vaccinati fino a cosa non si capisce. In questa linea di azione che definiremmo di “galleggiamento” emerge sempre e comunque il pregiudizio che il ristorante e la palestra siano ambienti pericolosi e allo stesso tempo superflui nell’economia di questo Paese, mentre andare in 6 su un furgone o lavorare insieme per 8 ore sia meno pericoloso.

La stragrande maggioranza dei lavoratori autonomi e dei piccoli imprenditori si sta vaccinando. Quando devi “mangiare” con il tuo lavoro non puoi perderti con inutili e sterili elucubrazioni social sui vaccini e sui complotti internazionali. Un mix tra non ne so nulla o ne so più degli esperti. Qualcuno ha le sue convinzioni e le manterrà fino al punto di rottura, a spese sue e della sua attività.
Nel frattempo invece, resta ancora aperta la partita sul vaccino degli operatori sanitari e scolastici. Noi mandiamo i nostri malati negli ospedali dove esistono molti operatori non vaccinati e da settembre a scuola, dove molti insegnati ancora rifiuteranno il vaccino. Loro del resto non rischiano mai.

Però il Governo non sembra orientato a porre l’obbligo vaccinale per il personale della scuola e ancora non ha deciso come affrontare con fermezza il problema del personale della sanità non vaccinato. Il sindacato chiede di non licenziare persone che inadatte a svolgere il loro servizio dovrebbero essere ricollocate a spese dei contribuenti in un altro ruolo e, intanto, restano dove sono. Vorrebbe invece imporre l’obbligo sui settori economici coinvolti dall’obbligo di Green Pass per l’accesso, come il personale dei ristoranti e delle palestre. Come già detto: “Due pesi e due misure”. Così si capisce chi governa realmente in Italia.

A questo punto, caro Presidente Draghi, servono scelte coraggiose. Vuoi rispettare la scelta di tutti e non imporre un obbligo osteggiato da una minoranza? Allora agisci sul portafoglio con l’inasprimento fiscale per chi non ha Green Pass.

Tassa di scopo per i tecnici. Di civiltà per (quasi) tutti gli altri.

 


Green pass: vademecum per essere in regola con il certificato digitale

Pubblicato il decreto che definisce le regole comuni per l’emissione, il rilascio e la verifica. Ancora dubbi su minori e bambini sotto i 6 anni

 

Green pass, ormai ci siamo. È stato pubblicato giovedì in Gazzetta ufficiale il DPCM del 17 giugno 2021 in materia di attuazione della piattaforma nazionale per l’emissione, il rilascio e la verifica delle certificazioni verdi Covid-19. Il decreto segue l’approvazione del Regolamento (UE) 2021/953 che istituisce il cosiddetto “certificato verde digitale” volto a uniformare le condizioni di sicurezza per la libera circolazione dei cittadini all’interno dell’UE. Sono già 13 oltre l’Italia, i Paesi europei che hanno attivato il rilascio del certificato(sul sito del Governo è possibile consultare gli allegati del Dpcm)

Chi dovrà verificare i certificati

Oltre ai pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni, la legge stabilisce che tra i soggetti deputati allo svolgimento della attività di verifica ci siano anche il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, iscritto nell’apposito elenco prefettizio (art. 3, comma 8, L. n. 94/2009); i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali è prescritto il possesso di una delle certificazioni verdi, nonché i loro delegati (i quali dovranno essere incaricati con atto formale recante le necessarie istruzioni sull’esercizio dell’attività di verifica); il proprietario o chi detiene legittimamente i luoghi o i locali in cui si svolgono eventi e attività per la partecipazione ai quali è prescritto il possesso del green pass, nonché i loro delegati (anche in questo caso, incaricati con atto formale).

“Il controllo andrà quindi fatto solo quando la legge renderà obbligatorio questo adempimento, cosa che non vale per gli ospiti dell’albergo, bar o ristorante – spiega Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. L’obbligo vale per le feste conseguenti a cerimonie civili o religiose, in relazione alle quali l’art. 9, comma 2, del D.L. n. 65/2021 (“Riaperture-bis”) prevede che i partecipanti siano muniti di una delle certificazioni verdi. Pur non essendo ancora confermata, Ascom Confcommercio segnala come probabile che la procedura sarà applicabile anche per l’accesso a sale da ballo, discoteche e locali assimilati, nel momento in cui verrà stabilita una data per la loro riapertura. Riguardo alla gestione dei minori c’è il vuoto normativo, che ci auguriamo che sia presto colmato dal legislatore”.

In merito a questo tema, Fipe stabilisce – facendo riferimento all’articolo 6 comma 2 dell’Ordinanza del Ministero della Salute del 18 giugno 2021 – che i bambini sotto i sei anni siano esclusi dalla presentazione di qualsiasi documento che attesta tampone o guarigione da Covid-19. Il problema resta per i chi ha tra i 6 e i 18 anni. Il consiglio di Fipe, ove non ci siano certificati di vaccinazione o tampone, è che valga l’autocertificazione da parte del genitore.

Procedure di verifica

I soggetti tenuti ad effettuare tale attività di verifica devono scaricare l’App “VerificaC19” (già disponibile su AppStore e PlayStore), che consente di controllare la validità delle certificazioni senza la necessità di avere una connessione internet, e senza che vengano memorizzate sul dispositivo le informazioni personali. In particolare, l’interessato mostrerà il QR Code (in formato digitale oppure cartaceo), che sarà “letto” dal verificatore attraverso l’App in parola, che, a quel punto, mostrerà graficamente l’effettiva validità della certificazione, nonché il nome, il cognome e la data di nascita. Sul punto, è previsto che, su richiesta del verificatore, l’interessato debba dimostrare la propria identità personale mediante esibizione di un documento di identità.

Sanzioni e controlli

Le sanzioni nel caso di inadempimento restano confermate. II controllo relativo alla corretta esecuzione delle verifiche è svolto dalle forze di pubblica sicurezza individuate all’art. 4, comma 9 del D.L. n. 19/2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 35/2020, quindi le Forze di polizia, il personale dei corpi di polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza. La sanzione pecuniaria va dai 400 ai 1000 euro, sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. Infine, permane l’astratta configurabilità di gravi ipotesi di reato, come delitti colposi contro la salute pubblica di cui all’art. 452 c.p.

Cosa fare nell’immediato

Nonostante la piattaforma sia già attiva, e le disposizioni del provvedimento siano già efficaci, ci sono problemi nell’emissione dei certificati (dal portale del Governo dedicato al tema in commento, emerge, ad esempio, che tutte le certificazioni associate alle vaccinazioni saranno rese disponibili entro il 28 giugno) e quindi anche della relativa procedura di verifica. La Fipe consiglia agli organizzatori/gestori dell’evento di utilizzare quantomeno la modulistica di autodichiarazione e tutela dei dati personali già trasmessa nei giorni scorsi.


Prosecco? Chiamatelo Glera

Il vitigno autoctono a bacca bianca è la cultivar perfetta per diversi vini frizzanti e spumanti

 

Glera è un vitigno autoctono per uno dei vini spumanti italiani più conosciuti ma la sua origine non è ancora chiara e, infatti, sono molti quelli che sostengono provenga da un piccolo paese del Carso triestino ubicato al confine con la Slovenia, Prosecco, dove il vitigno veniva chiamato appunto Glera. Da lì si sarebbe poi diffuso nella provincia di Treviso, fino poi ai Colli Euganei. Un’altra tesi vede invece il suo percorso all’esatto inverso. Di certo, questo vitigno trova la sua principale diffusione e fortuna sulle colline della provincia di Treviso, tra Conegliano e Valdobbiadene. Proprio qui vengono coltivati i circa 6500 ettari dei 7000 totali di impianto censiti in Italia.

È un vitigno molto rustico e di gran vigore, è considerato un vitigno semi-aromatico. Si coltiva bene sia in collina che in pianura, ma proprio sulle ripe scoscese delle zone limitrofe a Valdobbiadene, per la difficoltà di lavorazione dei terreni, è possibile trovare anche piante molto vecchie. Per la sua trasformazione in vino, si presta molto bene alla spumantizzazione, ma anche alla produzione di vini frizzanti e fermi. Il Veneto e la zona del Carso Triestino (Friuli-Venezia Giulia) sono dunque le zone in cui è diffusa la coltivazione di questi vitigno e viene impiegato in diverse quantità per la produzione di vini che appartengono a diverse Denominazioni d’Origine. Non di solo Prosecco si tratta. È un vitigno che regala al vino tenui aromi fruttati e floreali, con un corpo leggero e un’acidità interessante. 

I Prosecchi, non il Prosecco

Spesso si parla di Prosecco in senso generico (a volte con riferimento perfino alla categoria del vino spumante, e questo è un grave errore) senza considerare che esistono diverse tipologie di vino spumante commercializzato con un nome simile, ma non identico. Esiste il Prosecco DOC, che deve contenere una percentuale di Glera non inferiore all’85% del totale e viene prodotto in un territorio molto vasto: in tutte le provincie del Veneto, con esclusione di Rovigo e Verona, e in parte del Friuli-Venezia Giulia.

All’interno della zona ove è possibile produrre il vino DOC, sono presenti ristrette aree dove si produce l’Asolo Prosecco DOCG e il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore DOCG. Quest’ultima denominazione comprende anche due “cru”: Rive, che si riferisce a 43 micro aree presenti in diversi comuni o frazioni della zona, e Cartizze, che comprende il vino prodotto con le uve coltivate in soli 106 ettari ubicati attorno alla località Cartizze. Questo è il “prosecco” più pregiato, con caratteristiche aromatiche più complesse rispetto al vino spumante prodotto nella restante zona. L’errore più ricorrente è la dicitura “Conegliano superiore di Cartizze”: non esiste il Cartizze di Conegliano e non solo per toponomastica, ma soprattutto per legge (il disciplinare della DOCG). Il Cartizze prende il nome da una ristrettissima zona del Comune di Valdobbiadene (circa 106 ettari, con circa 140 piccoli proprietari). 

Gli altri vini con denominazione prodotti con la Glera

La Glera è utilizzata comunemente anche per produrre altre tipologie di vino e non solo il famoso vino spumante. Sempre nella zona collinare della provincia di Treviso, tra Valdobbiadene e Conegliano, sono prodotti i vini appartenenti alla DOCG Colli di Conegliano e, nel passito bianco Torchiato di Fregona, è possibile utilizzare una percentuale di uva proveniente dalla cultivar Glera. Nelle provincie di Gorizia e Trieste, esiste la denominazione Carso DOC, che comprende anche il vino Carso Glera DOC: un vino fermo prodotto con almeno l’85% di Glera.
Infine, la zona dei Colli Euganei, che si trova in provincia di Padova, ospita l’omonima DOC, che comprende il Serprino DOC, un biotipo del vitigno Glera con cui si producono un vino spumante e uno frizzante.

 

 


Novel food e insetti commestibili? Il dado è tratto (anche in Ue)

Via libera all’impiego delle larve della farina gialla negli snack e come ingrediente. E all’Istituto agrario di Treviglio c’è già chi alleva insetti stecco e grilli 

Novel Food, sapete cosa sono? I “nuovi alimenti” come le larve gialle essiccate del tenebrione mugnaio, meglio noto come tarma della farina. Fantascienza? No futuro prossimo. Il cambiamento delle abitudini a tavola sembra infatti essere sempre più vicino dopo che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha dato il suo primo parere scientifico favorevole all’utilizzo alimentare umano di un insetto intero, ai sensi del regolamento Ue 2015/2283 sui Novel Food, ovvero tutti quei prodotti – e sostanze – alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo significativo all’interno dell’Unione europea. Il dado è ormai tratto si potrebbe dire ed entro sette mesi la Commissione europea dovrebbe presentare una proposta da far approvare ai paesi membri per il via libera al consumo della larva gialla della farina (Tenebrio molitor) essiccata termicamente, intera o sotto forma di farina, che può essere mangiata senza rischi come snack o ingrediente di preparati per biscotti, barrette proteiche e pasta.

Le valutazioni Efsa in termini di sicurezza sono una tappa necessaria per la regolamentazione dei nuovi alimenti in quanto la sua consulenza scientifica affianca il lavoro degli enti europei e nazionali che autorizzano tali prodotti per il mercato europeo. Siamo, quindi, alle porte di rivoluzione normativa prima che culturale. Fino al 2018, infatti, la licenza per commercializzare grilli, larve e locuste a tavola era di competenza nazionale, con mercati di nicchia ben radicati in Belgio, Olanda, Danimarca, Finlandia e Regno Unito (quando faceva parte dell’Ue). La richiesta di autorizzazione al commercio (presentata da un’azienda francese) potrebbe valere per tutti i paesi dell’Unione Europea. E non è l’unica: dall’entrata in vigore del regolamento sui nuovi alimenti il 1° gennaio 2018, l’Efsa ha ricevuto un gran numero di richieste di valutazione in merito a un’ampia varietà di fonti di alimenti sia tradizionali che inedite e, attualmente, l’Autorità sta valutando dieci domande sugli insetti come alimenti: si va dai grilli e cavallette essiccati, interi o macinati e altre larve simili alle larve delle tarme della farina.

Insetti a tavola? Noi italiani non siamo ancora pronti

Ovviamente schizzinosi, buongustai e alfieri delle tradizioni hanno già storto il naso: la conferma arriva da un recente sondaggio della Coldiretti, secondo cui “il 54% degli italiani considera gli insetti estranei alla cultura alimentare nazionale”. In giro per il mondo – rileva la Coldiretti – si possono trovare molti esempi che vanno dalla pasta all’uovo artigianale ai grilli ai millepiedi cinesi arrostiti al forno per renderli croccanti e poi affumicati, dalle tarantole arrostite senza conservanti né coloranti dal Laos ai vermi giganti della farina dalla Thailandia che sono arrostiti e dicono che abbiano un gusto simile alle patatine con un leggero aroma di pollo. Ma ci sono anche il baco da seta all’americana, la vera “star” degli insetti commestibili, le farfalle delle palme dalla Guyana francese, fritte e condite, le cimici d’acqua dalla Thailandia, ricche di fibre, proteine e vitamine, fino agli “aperinsetti”: vermi della farina aromatizzati alla paprica, al curry e al sale marino “made in Belgio”, magari da mandare giù con un sorso di Vodka con bachi da seta. E per i palati più temerari i anche scorpioni dorati dalla Cina e neri dalla Thailandia, scarabei consigliati come aperitivo servito in spiedini, anch’essi thailandesi. Vastissima la scelta di grilli, da quelli al curry e cocco a quelli piccanti al gusto barbecue, fino a quelli al peperoncino dolce, tutti made in Thailandia.

All’Istituto agrario Cantoni di Treviglio un allevamento di grilli

E in Italia? Siamo ancora agli albori ma lo sguardo è rivolto al futuro. E così se in Piemonte è nata la prima fattoria di insetti italiana e nel Veronese ci sono già diversi allevamenti, anche da noi c’è chi sta provando ad andare controcorrente: Claudia Tondolo, professoressa di tecnologie agrarie dell’Istituto agrario Cantoni di Treviglio, ha allestito nel laboratorio un allevamento di 400 esemplari di Acheta domesticus, il grillo domestico, e altri insetti che troviamo alle nostre latitudini e non solo. “Nel corso degli anni ho approfondito le tecniche di allevamento applicata all’entomologia – spiega la professoressa -. Da Entomodena abbiamo portato a scuola le prime coppie di insetti fogliasecca, insetti stecco peruviano e il bacillus Rossius, l’insetto stecco italiano. Gli alunni si sono appassionati tantissimo e quindi abbiamo realizzato un piccolo allevamento a scuola. Ovviamente si tratta di entomologia agraria senza nessun fine alimentare anche se gli insetti e le loro farine sono ricchi di proteine nobili, privi di colesterolo e contengono il chitosano che riduce l’assorbimento dei grassi. A differenza delle proteine vegetali, si tratta di proteine complete di alta qualità contenenti tutti gli amminoacidi essenziali. ono inoltre una forma di allevamento ecosostenibile. Allevare insetti, infatti, consente un risparmio di acqua molto elevato. I grilli, ad esempio, bevono pochissimo: basta una spugnetta inzuppata d’acqua per circa 200 insetti”.

Per Tondolo, la zootecnia applicata al mondo degli insetti ha pochi segreti: “È importante dar loro il cibo giusto – conferma la docente -. Si nutrono di rovi, che ci sono tutto l’anno, e rose e rosacee mentre gli Acheta domestica (i grilli, ndr) mangiano scarti vegetali e alimentari e spesso gli diamo le verdure delle nostre serre”. Gli insetti hanno un ciclo di vitale di circa un anno e creare le condizioni ottimali per la loro crescita è essenziale: “Vanno accuditi tutti i giorni e non solo per il nutrimento ma anche per la temperatura: mantenere un clima caldo tra i 20 e 25° aumenta il loro metabolismo, favorisce lo sviluppo e quindi il ciclo riproduttivo. In queste condizioni e al sicuro da predatori come rettili e uccelli siamo in grado di allungare loro la vita anche di un anno”.

E ovviamente i grilli possono diventare farina: “Abbiamo ottenuto due cucchiaini di farina da due allevamenti da circa 400 grilli ciascuno – conferma Tondolo -. Il procedimento è semplice: vanno messi in una pentola a pressione con un separatore per la pastorizzazione a 120 gradi, poi in un fornetto a 90° per l’essicazione ed è incredibile il profumo di nocciole e cioccolato che emanano”. Et voilà pronti per la degustazione: “Con un pizzico di farina di grillo abbinata a quella di grano – conclude Tondolo – abbiamo prodotto una focaccia molto proteica e che condita con olio e sale nutre quanto una bistecca ai ferri. Ma la farina di grillo è ottima anche per torte e biscotti”.