Green pass, ecco servita un’altra corrida all’italiana

Ci risiamo. Come sempre in Italia la questione è prima di tutto politica e non di principio. Per sconfiggere la pandemia occorre vaccinare e quindi sull’obbligo di vaccino parte la “corrida” tra chi sostiene l’obbligo e chi no. Come se si morisse di vaccino e non di Covid.

L’intesa non c’è e allora si gira intorno all’ostacolo. Nessun obbligo di vaccino, ma se vuoi andare allo stadio, prendere l’aereo o mangiare al ristorante devi vaccinarti. “Mezzucci” anche un po’ puerili. Già che ci siamo potremmo mettere il divieto dell’ascensore o del WC. Se l’obiettivo è vaccinare coloro che hanno più di 60 anni non sarà senz’altro il divieto di entrare al ristorante o peggio ancora il divieto in discoteca le soluzioni. Chiesa e farmacia avrebbero più senso.

Senza dimenticare che l’obbligo del green pass al ristorante spaccherebbe le famiglie tra chi è vaccinato e può mangiare fuori e chi non lo è – i figli e non per colpa loro – e dovrà ricorrere all’asporto. In periodo di ferie con i turisti che sono tornati in Italia la potremmo definire una “genialata”. Per di più con l’ennesima discriminazione verso quei servizi che creano socialità e vengono considerati superflui e pericolosi per il contagio, mentre tutti gli altri luoghi frequentati da chicchessia sono indispensabili e sicuri.

Se non ce la facciamo proprio ad obbligare al vaccino usiamo almeno una modalità più efficace e non i palliativi. Lasciamo libere le persone di andare dove vogliono ma escludiamo dal sostegno del Servizio Sanitario Nazionale le spese di cure per Covid, mettendole a carico del diretto interessato che non vuole vaccinarsi anziché degli altri contribuenti.

Qualcosa per me potrebbe succedere.

 

Dino l’acidino

 

 

 


Il Green Pass è valido 9 mesi. Un’occasione per rilanciare anche il turismo di prossimità

 Giorgio Beltrami, presidente Visit Bergamo: “Il mondo dell’accoglienza dovrà cogliere le nuove esigenze adattando l’offerta con nuove regole in una logica di governance condivisa”

Il green pass, il certificato verde che fungerà da passepartout per spostarsi tra regioni di colore diverso, ma anche per partecipare a eventi, convegni, eventi civili e religiosi, avrà una validità di 9 mesi e non sei quindi, come inizialmente ipotizzato. Ma non solo: un’altra novità rispetto a quanto previsto è che sarà rilasciato già dopo la prima dose. È quanto prevede il Dl Covid pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore da oggi. Il pass (su cui è ancora in corso la discussione a livello europeo per varare un documento comune che consenta di spostarsi anche tra Paesi) verrà rilasciato “anche contestualmente alla somministrazione della prima dose di vaccino e ha validità dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione fino alla data prevista per il completamento del ciclo vaccinale”.

Una buona notizia per il settore turistico, di fatto tra i più colpiti dalla crisi, e chiamato a seguire un processo di rinnovamento importante come ricorda Giorgio Beltrami, presidente di Visit Bergamo e e presidente del Gruppo Bar, Caffè e Pasticcerie di Ascom Confcommercio Bergamo, intervenuto alla tavola rotonda del 17 maggio “Partiamo dai luoghi e facciamo rete. La rivincita dei territori per un turismo responsabile” di Bergamo Next Level, la rassegna organizzata da Università degli studi di Bergamo e Pro Universitate Bergomensi: “Nel mondo dell’ospitalità non èaffatto vero, come spesso si sente dire, che a fine pandemia, tutto tornerà come prima. Sono convinto, infatti, che questa maledetta esperienza modificherà i comportamenti del turista per lungo tempo, cambierà le sue abitudini e determinerà nuove aspettative che chiamano in causa noi operatori turistici ma anche enti e istituzioni. Per questo si deve guardare al futuro turistico con occhio diverso e innovativo come suggerisce anche la Fipe-Confcommercio che si sta orientando verso un nuovo modello di società turistica improntata sull’adattamento dei servizi alle nuove esigenze, partendo da percorsi diversi improntati principalmente alla sicurezza per l’utente. In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un continuo mutare della fruizione turistica conseguenza anche del maggior tempo libero e le modalità di lavoro legate allo smart-warking, determineranno per molte persone una rivoluzione nell’utilizzo dello spazio-tempo in una sorta di lavoro itinerante. Tutto ciò coinvolgerà inevitabilmente il mondo dell’accoglienza che dovrà cogliere per tempo le modificate esigenze adattando l’offerta al nuovo che avanza. Se questa visione è condivisibile allora, tutti questi cambiamenti non possiamo subirli, dobbiamo saperli leggere per tempo e soprattutto governarli attraverso nuove regole”.

Cogliere i segnali del cambiamento

La condizione indispensabile nell’affrontare una tale sfida rimane la capacità, da parte degli attori in campo, di cogliere per tempo i segnali del cambiamento. Chi saprà interpretare prima degli altri competitors le nuove aspettative del visitatore godrà di un vantaggio sull’attrattività dei propri territori. Ecco perché’ dobbiamo fare squadra in modo che tutte le notizie riguardanti le aspettative del turista confluiscano il più rapidamente possibile ad una sorta di cabina di regia, agile e reattiva che possa mettere subito in campo tutti gli accorgimenti utili allo scopo e potrà essere di grande utilità – prosegue Beltrami che riveste anche il ruolo di vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia -. Le associazioni di categoria, proprio grazie a questo vantaggio, sono i primi soggetti a poter cogliere il mutamento della richiesta e pertanto devono riuscire ad attivare forme di stretta e agile collaborazione con gli enti turistici del territorio e con le amministrazioni comunali, in modo da concretizzare rapidamente azioni che soddisfino queste nuove richieste che ci troveremo a dover governare. Probabilmente non basterà più pensare alla sola destagionalizzazione ma, approfittando della maggiore discrezionalità di utilizzo del tempo libero, all’alleggerire, attraverso adeguate promozioni, sia nel campo dell’accoglienza che nel campo degli spostamenti, la pressione delle presenze dei fine settimana a favore delle altre giornate infrasettimanali. Tutto questo avrebbe il merito innanzitutto di ridurre gli assembramenti del week-end”.

L’altro importantissimo risultato sarebbe di migliorare l’offerta dei servizi  e terzo, ma non ultimo per importanza, la trasformazione della qualità occupazionale da precaria a indeterminata, grazie alla costanza del lavoro. “Abbiamo all’orizzonte nel breve due appuntamenti che porranno i nostri territori all’attenzione del mondo intero e cioè nel 2023 Bergamo e Brescia capitali della cultura e nel 2026 le olimpiadi invernali. Saranno questi gli eventi che segneranno la vera ripartenza turistica del dopo pandemia e rappresenteranno il ritorno alla cosiddetta normalità ma, credo, sarà una normalità diversa”.


Green Pass, sicuri che la privacy è l’unico problema?

Ma quale privacy? Il problema del “Green Pass” non sarà la gestione dei dati personali (salvo che, come sempre, in Italia non ci si voglia far male da soli). Abbiamo, a colpi di decreto, limitato – forse distrutto – la libertà delle persone e il diritto d’impresa e pensiamo ora di avere dei problemi a toglierci il “falso” problema della riservatezza. Con un decreto in più dei duecento emanati finora. Di quale tutela di riservatezza avremmo necessità? Di far sapere di essere vaccinati, come lo sarà il 95% delle persone, di essere guariti dal Covid come milioni di italiani o di avere fatto un tampone dall’esito negativo? Insomma di far conoscere agli altri che non si è malati di Covid? Che peraltro in periodo di pandemia è un dovere civico, prima ancora che legislativo.

Diciamocelo. Il problema non è la privacy ma è sempre lo stesso in Italia, chiunque governi. Annunciamo la novità e la castriamo subito dopo. Complichiamo le cose semplici con la burocrazia e alla fine cadiamo sempre sulle stesse cose, indipendentemente dal colore politico. Giusto per essere bipartizan: penso all’appalto del sistema informatico, come la piattaforma cashback nazionale o la piattaforma regionale per la prenotazione dei vaccini, e sulla incapacità di muovere la macchina pubblica per un pezzo in più di lavoro.

Partendo da queste ipotesi, forse dovremmo essere più semplici e attendere il pass europeo senza complicazioni. Per richiamare il turismo straniero sarebbe forse sufficiente togliere questi benedetti colori alle regioni che frenano gli stranieri che nemmeno li capiscono, oltre ad eliminare il coprifuoco, che è l’aberrazione del contrasto alla pandemia, salvo che qualcuno ci spieghi perché a mezzanotte il virus si propaga più che a mezzogiorno. Questo sì che sarebbe il miglior passepartout per aprire i ristoranti definitivamente.

Concludendo, quello che serve e che hanno capito tutti è il sacrosanto controllo del rispetto delle regole, sistemi informativi e “olio di gomito”….guarda caso l’atavico e citato problema italiano.

 

Dino l’acidino