Zero sprechi

Nella lotta allo sperpero alimentare il settore della ristorazione si distingue grazie a iniziative virtuose e all’impegno sempre crescente di Fipe. 

Se è vero che ci sono numeri da prendere con le pinze (specie quando si parla di ricerche condotte a campione), quelli che ci restituisce il Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024 «Lo spreco alimentare nei Paesi del G7: dall’analisi all’azione» – curato dall’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, dall’Università di Bologna insieme a Ipsos – sono così drammatici da far sperare in un abbaglio. L’argomento è serio, anzi serissimo: si parla di spreco alimentare, di cibo gettato nel cestino, un fenomeno che secondo i risultati della ricerca è in netta crescita tra le famiglie italiane, nonostante le tante campagne di sensibilizzazione promosse negli ultimi anni. Nel 2024 lo spreco di prodotti alimentari è aumentato al punto da far registrare una crescita pari addirittura al 45,6%. Un dato sconcertante, contro ogni auspicio e previsione, e come se gli appelli e le iniziative attorno alla lotta agli sprechi fossero stati spazzati via in un baleno. I dati d’altronde parlano chiaro: secondo la ricerca ogni settimana nelle case degli italiani finiscono nel bidone della spazzatura 683,3 grammi di cibo pro capite, rispetto ai 469,4 grammi rilevati nell’agosto 2023. Nella «top five» dei cibi più sprecati ci sono la frutta fresca (27,1 grammi), le verdure (24,6 grammi), il pane fresco (24,1 grammi), le insalate (22,3 grammi), cipolle, aglio e tuberi (20 grammi), vale a dire tutti prodotti fondamentali della Dieta Mediterranea.

Ora, indipendentemente dalle cause, che pure proveremo ad analizzare, i risultati dell’ultimo rapporto di Waste Watcher non possono che porre degli interrogativi. A determinare l’aumento dello sperpero alimentare nel nostro Paese si evidenziano, per esempio, alcuni elementi critici individuabili proprio nella scarsa qualità dei prodotti acquistati. Il 42% delle risposte individua la causa dello spreco familiare nel fatto di dover buttare la frutta e la verdura conservata nelle celle frigo perché una volta portata a casa va subito a male. O ancora, il 37% sostiene di buttare via gli alimenti perché i cibi venduti sono già vecchi. Elementi critici si riscontrano anche nel comportamento dei consumatori. Più di un terzo degli italiani (37%) dimenticano gli alimenti in frigorifero e nella dispensa lasciando che si deteriorino, solo il 23% è disposto a programmare i pasti settimanali, inoltre il 75% non è disposto o non è capace di rielaborare gli avanzi in modo creativo per evitare di gettarli.

Fin qui i numeri del fenomeno in ambito “privato”, un segmento che rappresenta il focus della ricerca. Nelle nostre case finisce nella spazzatura il 70% della quantità di cibo sprecato lungo tutta la filiera, a partire dalla terra. La buona notizia da leggere in filigrana è che in questo contesto così «drammatico» la componente virtuosa della filiera è quella degli operatori della ristorazione: nei bar e soprattutto nei ristoranti non viene buttato via quasi nulla e, anzi, sono tante le iniziative per tenere alta l’attenzione e sensibilizzare sul tema. Non a caso la campagna “Zero sprechi” si è avvalsa quest’anno di una testimonial presa in prestito dalla cucina di un ristorante, vale a dire la chef stellata Cristina Bowerman.

Ma torniamo ad analizzare i risultati dell’analisi condotta dall’osservatorio Waste Watchers, partendo da una considerazione di Andrea Segrè, direttore scientifico Waste Watcher International – Campagna Spreco Zero, Università di Bologna. «Abbiamo iniziato a studiare il fenomeno negli anni Novanta, quando era ancora poco conosciuto – dice –. Stiamo coinvolgendo da tempo anche le istituzioni, ma bisogna fare di più perché i dati sono tutt’altro che incoraggianti. Ciò che si spreca tra le mura domestiche non è purtroppo recuperabile. I numeri, per quanto sconfortanti, non riescono a fare breccia sulla nostra sensibilità. Stiamo parlando di pochi grammi al giorno pro capite e dunque le persone non si accorgono dello spreco. Se però moltiplichiamo quel dato per il numero dei consumatori, i giorni dell’anno e il valore medio dei prodotti, si arriva a cifre molto elevate».

Detto che serve uno sforzo maggiore per sensibilizzare la popolazione, tanto si sta già facendo nei ristoranti: «Con Fipe abbiamo un legame particolare attraverso lo “Sprecometro”, un’app che misura lo spreco alimentare – racconta Segrè –. Abbiamo poi attivato un particolare osservatorio sullo spreco extra domestico, monitorando mense e ristoranti. L’obiettivo è raccogliere dati che ancora non sono disponibili. I primi risultati dimostrano però come lo spreco nella ristorazione sia modestissimo, sia per una questione economica, sia perché ormai la maggior parte dei ristoratori danno la possibilità ai clienti di portare a casa il cibo avanzato».

“Rimpiattino” è il nome che nel 2018 è uscito da un concorso nazionale lanciato da Fipe tra centinaia di ristoratori per declinare all’italiana la cosiddetta “doggy bag”. Nato in collaborazione con Comieco da un’idea del presidente Amelio Cecchini, non è un vero e proprio neologismo (il termine, in fondo, è preso in prestito dal gioco del classico nascondino) ma un’espressione che riporta alla cultura, tutta italiana, del “rimpiattare”, ovvero del saper rielaborare gli avanzi del giorno precedente perché il cibo non si spreca non solo, o non tanto, per ragioni economiche ma anche per rispetto alla fatica e al lavoro necessari per portarlo in tavola e di tutti coloro che ogni giorno fanno fatica per procurarselo. Secondo tre ristoratori su quattro questa iniziativa – che consiste nel dare ai clienti una scatola contenente il cibo avanzato – è determinante per ridurre lo spreco alimentare e allo stesso tempo per migliorare la percezione del locale agli occhi del cliente. Ad oggi sono 24mila i rimpiattini distribuiti in 875 ristoranti di 22 città italiane, tra cui Bergamo.

«Nei ristoranti di spreco alimentare non ce n’è, oltre che per un’attenzione particolare da parte del ristoratore, anche per una questione economica – puntualizza Matteo Musacci, presidente del Gruppo Giovani di Fipe –. E ciò avviene soprattutto da quando i margini si sono ridotti notevolmente. Tanti ingredienti, se invenduti, vengono impiegati in modi diversi, ottimizzandone così l’utilizzo». Tuttavia a fronte di una percentuale di ristoratori in grado di consegnare il cibo avanzato ai loro clienti che sfiora ormai il 90%, i consumatori che chiedono di portare a casa quello che è rimasto nel piatto sono appena il 27%. «Al netto di chi si dichiara non interessato a farlo, c’è un 9% di persone che si vergognano a chiedere, come se fosse un “disonore” – racconta Musacci –. Stiamo parlando però di una pratica che è molto diffusa all’estero. Smarcandosi dall’accezione un po’ negativa della “doggy bag”, l’idea del “rimpiattino” è quella di ricordare che il cibo che si porta a casa potrebbe essere quello avanzato a tavola che siamo abituati a mangiare la sera o il giorno dopo».

La Fipe quest’anno ha lanciato anche un’altra campagna on line denominata “Love food don’t waste” per sensibilizzare soprattutto gli operatori del settore. «Attraverso le Fipe territoriali cerchiamo anche di promuovere incontri nelle province – dice ancora Musacci –. Questa è la nostra battaglia più grande, che deve passare necessariamente dalla sensibilizzazione del ristoratore. Non bisogna aspettare che sia il cliente a chiedere la box, si deve proporla e, naturalmente, essere attrezzati per farlo. Sono azioni semplicissime e a costo zero. E c’è anche un lavoro con le istituzioni locali per “premiare” i ristoratori più virtuosi con agevolazioni sulla raccolta dei rifiuti».

C’è infine un’altra collaborazione che Fipe ha avviato con la piattaforma danese “Too good to go”, approdata di recente anche in Italia. «È una risorsa importante – conclude Musacci – perché l’eventuale spreco, che non è quello del cliente al tavolo, ma eventualmente l’esubero di produzione della cucina, si può vendere a un prezzo più basso, generando comunque un’entrata». In questo caso il cliente che accede alla piattaforma, acquista un piatto senza sapere di cosa si tratta e lo ritira direttamente al ristorante.




Decreto Piantedosi, Giorgio Beltrami (Fipe): “Richieste insostenibili per gli esercenti”

Il decreto sulla sicurezza comporta nelle linee guida misure per il rafforzamento della sorveglianza che mettono in difficoltà i locali 

Videosorveglianza, individuazione di un responsabile per la sicurezza, esposizione del codice di condotta redatto dal Ministero dell’Interno sull’“avventore modello”, ovvero quel cliente che non introduce armi improprie all’interno del locale, né spray urticante o droghe, non fa danni e non tiene comportamenti molesti. Sono alcune delle indicazioni delle linee guida contenute in un decreto del Ministro dell’Interno a firma di Matteo Piantedosi, datato 21 gennaio e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio,  per la “prevenzione di atti illegali o di situazioni di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica all’interno o nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici” valorizzando “i comportamenti degli esercenti che intendono concorrere al mantenimento della legalità”. Immediate le reazioni di proprietari e gestori dei pubblici esercizi, oltre che le relative associazioni di categoria, preoccupati dal fatto di doversi prendere in carico in prima persona del controllo della legalità e sicurezza sia dentro che fuori dai loro locali. Fipe-Confcommercio, il 25 gennaio, è intervenuta sul tema esprimendo profonda “contrarietà” e “delusione” riguardo al decreto emanato dal Ministero dell’Interno. Giorgio Beltrami, vicepresidente Fipe Lombardia e presidente Fipe Bergamo, il sindacato che raggruppa i due Gruppi di categoria Confcommercio Bergamo, quello dei Ristoranti e quello del pubblici esercizi, sottolinea: “Il decreto Piantedosi ci ha lasciato sconcertati, sia nel contenuto che nelle modalità. Nel metodo perché le associazioni di categoria non sono state coinvolte e consultate prima. Nel contenuto perché questo decreto sposta responsabilità di ordine pubblico che spettano allo Stato, alle attività – molto spesso piccole e a conduzione familiare, che svolgono un servizio per la cittadinanza. Le nostre attività a sono già responsabili all’interno dei propri locali, e garantiscono la massima sicurezza alla clientela. Abbiamo sistemi di sicurezza, attività di formazione e prevenzione che rispondono alla nostra funzione: accogliere e servire i cittadini. Ma non possiamo occuparci di ciò che avviene all’esterno dei nostri spazi, perché non è pertinente alle nostre responsabilità e funzioni. Il decreto e le sue linee guida inoltre prevedono obblighi insostenibili per gli esercenti, quali l’installazione di costosi sistemi di videosorveglianza e la designazione di referenti per la sicurezza, imponendo ulteriori oneri a un settore già gravato da pesanti costi e adempimenti. Questo decreto, inoltre, insinua l’idea che i pubblici esercizi siano luoghi di pericolo o eccesso. Al contrario, le attività degli esercenti offrono un servizio alla cittadinanza, sono luoghi di socialità e non di rischio. La funzione di ordine pubblico è e deve rimanere una competenza esclusiva delle forze dell’ordine. Addossare ulteriori responsabilità agli esercenti, già schiacciati da obblighi gravosi, è una scelta che penalizza l’intero settore”. Una norma da rivedere: “E’ vero che abbiamo accolto con favore la precisazione del Viminale sulla volontarietà delle linee, ma chiediamo, come Fipe, che il decreto venga rivisto, e che si possa avviare un dialogo trasparente e costruttivo. Lavorando insieme con il Ministero e alle forze dell’ordine potremo sempre di più favorire una corretta attività di prevenzione. Per questo auspichiamo che quanto prima venga convocato un tavolo di lavoro per chiarire le modalità e gli ambiti, seppur su base volontaria, di queste linee guida sul territorio, evitando che responsabilità che nulla hanno a che vedere con la propria competenza ricadano sugli imprenditori”.

 

 

 




Fondo per le Eccellenze Gastronomiche: click day da dimenticare

Dopo due anni di attesa per il bando Invitalia da 76 milioni di euro, oggi impossibile accedere alla piattaforma

Da due anni le imprese aspettavano l’apertura di questo bando promosso dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e gestito da Invitalia, del valore di 76 milioni di euro e quando finalmente è arrivato il giorno fatidico per presentare le domande, oggi 1°marzo, la piattaforma è andata in tilt. Da questa mattina migliaia di imprese sono in attesa di scaricare il modulo per presentare la domanda. Il problema interessa anche le imprese Confcommercio Bergamo, che da tempo facevano affidamento su questa misura.

L’ampia partecipazione da parte delle imprese della ristorazione e della pasticceria dimostra che c’è un grande bisogno di investire per rinnovare attrezzature, arredamenti e beni strumentali di vario genere ma anche che le risorse sono assolutamente insufficienti per rispondere a questa esigenza.

Il meccanismo del click day si sta dimostrando inefficace e penalizzante per migliaia di imprese. Il blocco della piattaforma impone che ci sia una sospensione dei termini e si riparta solo dopo aver risolto i problemi tecnici.




Bar, in crisi il format tradizionale del caffè sotto casa. In auge forme ibride e locali multitasking

Nel 2023 si spengono 90 insegne, 362 dal 2019. Crescono i locali flessibili o specializzati. In aumento catering e mense: +5,5% per effetto della crescita dei piatti prontiI servizi di ristorazione presenti in provincia di Bergamo al 31 dicembre 2023 sono 7.105. Rispetto all’anno precedente (fine 2022), dove erano attive 7.218 imprese, si perdono 113 insegne (– 1,6%). Rispetto a fine anno 2021, quello della ripartenza post pandemia dove erano attive 7.336 unità, la perdita è stata di 231 esercizi (– 3,1%). Quanto all’andamento delle imprese nei diversi settori della ristorazione si nota come in un anno – da fine 2022 a fine 2023-  si sono persi 90 servizi di bar (-2,8%), 42 servizi di ristorazione (-1,1%) e siano cresciuti invece di 19 (+ 5,5%) i servizi di preparazione pasti (mense, catering e banqueting, dark kitchen).  Osservando i settori in un periodo più lungo, dal 2019 cioè prima della pandemia, si evidenzia che i bar dal 2019 al 2023 hanno perso 362 imprese (-10,5%), i ristoranti hanno guadagnato 88 insegne (+2,5%) e i servizi di fornitura pasti 79 aziende (+27,5%). Sono questi i principali dati emersi dall’ultimo Osservatorio Cruscotto Dataviz (al IV trimestre 2023) su elaborazione dati Infocamere Fipe-Confcommercio Bergamo. I numeri sono emblematici del cambiamento in corso e della crisi di un modello. Il bar tradizionale è da anni in difficoltà non solo nei piccoli paesi, dove il rischio è la desertificazione dopo la chiusura anche dei negozi, ma anche nei centri più grandi e  in città .”Ogni insegna che si spegne lascia un vuoto, specialmente nei piccoli comuni montani dove il bar rappresenta quasi sempre l’unico punto di aggregazione sociale- spiega Diego Rodeschini, presidente del Gruppo, Bar Caffè e Pasticcerie Confcommercio Bergamo- . Non è solo una questione di eccesso di offerta, che pur con le liberalizzazioni delle licenze e la crescita dell’autoimpiego c’è stata, ma a cambiare sono le abitudini dei consumatori e dei consumi in generale, tra calo del potere d’acquisto e concentrazione nei fine settimana delle uscite. La clientela ora va a cercare prodotti particolari ed esperienze. La proposta deve essere personalizzata e distinguersi dalle altre”. Funzionano anche ibridazioni e contaminazioni: panifici con bar e bar ristoranti, ristoranti- pasticcerie, pasticcerie- catering e ampliamento dei servizi. Vince il modello flessibile e multitasking che sa diversificare l’offerta a seconda della fascia oraria o della clientela per soddisfare una domanda quanto più ampia possibile. “Bisogna cercare di assecondare e accompagnare il cambiamento dei consumi e della clientela, modificando la proposta in base alle esigenze del momento. Innalzare sempre la qualità e rendere unica e personale la proposta, dalla valorizzazione dei prodotti a km zero o particolari all’organizzazione e promozione di eventi e serate a tema”. Nemmeno la forte spinta della ripartenza del 2021 ha saputo invertire un trend inesorabile che ha visto perdere oltre il 10% degli esercizi negli ultimi 4 anni, pari a ben 362 insegne. La debolezza del sistema non è evidenziata solo dal saldo negativo di imprese, ma anche dal turnover che è rimasto comunque alto dopo il 2020.  In quest’ultima fase, si registra l’apertura di ristoranti e la chiusura di bar, ma questi ultimi dal 2003 al 2013 sono cresciuti notevolmente e oggi pagano pegno al cambio dei consumi in atto. Negli ultimi anni si è inoltre definitivamente affermata la cucina e i ristoranti fusion, da Poke e kebab per la somministrazione e asporto, ai sushi bar e ristoranti, ai locali etnici (dalla cucina eritrea a quella libanese, dall’indiana alla thailandese). Se il trend dei bar è lineare e purtroppo sempre negativo i servizi di ristorazione hanno registrato un cambiamento nel loro andamento. I ristoranti sono cresciuti negli ultimi anni, addirittura nel 2020 e in maniera notevole con la spinta post pandemia del 2021. Ma da due anni a questa parte (con particolare accentuazione nel 2023) stanno subendo un calo, dopo aver conosciuto una lunga e straordinaria curva di crescita, grazie all’aumento dei consumi fuori casa e del turismo nella nostra provincia. La crisi economica e finanziaria (prima con l’energia poi il caro mutui) sta portando ad un inevitabile crollo dei consumi. L’unico segmento che cresce- a seguito della esternalizzazione del servizio dalle imprese pubbliche e private e della tendenza a produrre piatti pronti- è quello legato alle mense, catering e banqueting che aumenta anno dopo anno, nel 2023 del 5,5% e dal 2019 addirittura del 27,5%. Questo segmento rappresenta però una nicchia nel settore, concentrando solo il 5,2% delle imprese complessive. “La crisi economica e finanziaria, tra rialzo dei tassi di interesse e inflazione, sta portando ad un inevitabile calo dei consumi- spiega Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo-. Un discorso a parte va fatto per Città Alta e le aree più turistiche della provincia. Nelle vie e quartieri più attrattivi della città, sul lungo lago di Sarnico e Lovere, i locali crescono, così come la presenza dei turisti. Ma sono aree limitate della Bergamasca”.

Il dato: l’identikit dell’impresa della ristorazione

La fotografia del settore

Imprese giovanili, femminili e straniere

Le imprese femminili dei servizi della ristorazione a Bergamo sono 1.845, pari al 32%, e sono in percentuale più alte del totale della Lombardia, 27% e dell’Italia 28%. Le imprese femminili attive del settore sono 1.630. Il saldo del IV trimestre è negativo -9: le iscrizioni sono 22 (+4,8%) e le cessazioni 31 (+19,2%). Sono giovanili per il 14% e straniere per il 22%.  Le imprese giovanili (con proprietà o controllo in prevalenza under 35), sono 695, pari all’11,9% del totale (allineate alla percentuale regionale 12,0% e nazionale 12,0%). Le imprese attive del settore in bergamasca sono 619. Il saldo del IV trimestre è -2, frutto di 17 iscrizioni (+ 70,0%) e 19 cessazioni + 72,7%. Sono per il 39% imprese femminili e per il 28% straniere con percentuali quindi molto alte.  Le imprese straniere, 1.085, sono il 18% del totale inferiore al dato lombardo 23% e superiore al dato nazionale 13%. Nel IV trimestre ha registrato un saldo negativo – 1 frutto di 15 aperture (-34,8%) e di 16 cessazioni (-11,1%). Sono femminili per il 37% e giovanili per il 18%.

La forma societaria

Il settore presenta 2.826 ditte individuali attive (39,8%), 1.886 società Snc e Sas (26,5%) e 2.116 Srl, Srls e Spa (29,8%). Non mancano altre forme 277 (3,9%). Come negli altri settori del commercio, si registra il calo vistoso della costituzione di società di persone a favore delle forme di società di capitale e in particolare della società a responsabilità limitata semplificata (Srls), introdotta nel nostro ordinamento a partire dal 2012 con l’obiettivo di rendere più accessibile e meno costosa la costituzione della società.

Le dimensioni delle imprese

Il settore dei servizi di ristorazione è fortemente caratterizzato dalle dimensioni micro e piccole. Il 37,5% delle imprese ha fino a 3 addetti (ma la stima è più alta e sfiora il 50%, dato che è alto il numero delle imprese per cui non è disponibile l’informazione sul numero degli addetti); le imprese dai 4 ai 9 addetti sono il 21,8%. Solo il 12,4% delle imprese è di dimensione media (fino a 49 addetti), mentre solo il 2,5% ha un numero di addetti superiore a 50.

Segmenti di servizi erogati

I bar e pubblici esercizi che non hanno cucina, ma solo tavola fredda e bevande, sono 3.070 (pari al 43,2% totale), le imprese che somministrano o vendono cibo sono 3.669 (pari al 51,6%) e Gli esercizi del catering e delle mense sono 366 (pari al 5,2%). Mentre il settore dei bar con licenza di pubblico esercizio, pur con caratteristiche e vocazioni diverse, costituisce un unico comparto, quello del catering si compone di tre micro settori: 296 mense, 15 catering su base contrattuale e 55 imprese di catering per eventi e banqueting. Il settore più frammentato è quello della ristorazione che è formato da 3.669 unità locali. Le unità con somministrazione, ristoranti e pizzerie, sono 2.305 (32,4%), 859 sono senza somministrazione e di asporto (12,1%), 370 pasticcerie e gelaterie (5,2%), 94 (1,3%) imprese di ristorazione e pasticcerie ambulanti, oltre a 41 imprese (0,6%) di altri microsettori.

Dimensioni dei segmenti

Incrociando i dati delle dimensioni e delle categorie, emerge che i bar sono nella maggior parte di piccola dimensione. Confcommercio Bergamo stima che oltre il 70% dei bar rientri nella categoria delle microimprese (fino a 3 addetti). I ristoranti hanno per quasi il 50% tra i 4 e i  9 dipendenti. Il 20% ha fino a 3 addetti e un altro 20% ha più di 10 dipendenti. La ristorazione senza somministrazione o per asporto, salvo qualche caso di impresa di grande dimensione, si esprime oltre il 90% nella categorie fino a 9 addetti, con una forte concentrazione che sfiora il 70% fino a 3 addetti. Le gelaterie si distribuiscono abbastanza uniformemente, senza grandi variazioni dalla media, su tutte le dimensioni dalla micro alla più grande. Il settore del catering e delle mense è rappresentato da tutte le categorie della micro, piccola e media dimensione. Ha una forte accelerazione nelle grandi, dove esprime quasi il 40% delle imprese grazie alla presenza di 8 imprese sopra i 50 dipendenti che gestiscono 350 unità locali sul territorio.

 




Ristoranti e pizzerie, menù per bambini anti-inflazione a 10 euro

Il progetto “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più” lanciato da Fipe nell’ambito della campagna del Ministero delle Imprese e Made in Italy

Fino al 30 giugno i piccoli ospiti di ristoranti, pizzerie e locali avranno un menù dedicato a 10 euro, nei pubblici esercizi aderenti alla campagna “Aggiungi un posto a tavola che c’è un bambino in più”. Il progetto, lanciato da Fipe-Federazione Italiana Pubblici Esercizi Confcommercio, rientra in una campagna di promozione e valorizzazione della buona ristorazione promossa dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy che ha l’obiettivo di favorire l’utilizzo dei servizi di queste imprese da parte delle famiglie con figli. L’iniziativa vede anche la partecipazione del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, del Ministero della Salute, del Ministero del Turismo e con il Dipartimento per le politiche della famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per i più piccoli (fino a 10 anni) è previsto un menù fisso a 10 euro . I locali aderenti  (l’elenco è consultabile sul sito dedicato del Ministero https://www.mimit.gov.it/it/aggiungi-un-posto-a-tavola/elenco-aderenti) assicurano la disponibilità di un menù a prezzo calmierato. Si va dal primo piatto con bibita o acqua al secondo piatto con contorno e bevanda, alla pizza baby e bevanda, fino al menù completo. La campagna valorizza il ruolo sociale dei Pubblici Esercizi come luoghi di convivialità e ospitalità, segnando la volontà e l’impegno di contenere gli effetti dell’inflazione e di offrire opportunità di socializzazione e svago alle famiglie con bambini.
“La proposta di menù baby è da anni presente nella maggior parte dei ristoranti e pizzerie- commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. La campagna del Ministero con Fipe offre un’occasione in più per dare un segnale di vicinanza alle famiglie e fidelizzare la clientela tra le più colpite dal caro-vita e dall’inflazione”.
L’iniziativa si è aperta il 1°febbraio e prosegue fino al 30 giugno 2024.
Info e adesioni: consulenza@ascombg.it




Giornata della ristorazione, il punto sull’ospitalità con il convegno Ascom il 27 aprile, ore 15.30

Enogastronomia e ospitalità, tipicità e identità di un territorio” è in programma giovedì 27 aprile a partire dalle 15.30 in Sala Conferenze

In vista della giornata della Ristorazione per la cultura dell’Ospitalità italiana promossa a livello nazionale da Fipe Confcommercio e in programma il 28 aprile, Ascom Confcommercio Bergamo ha organizzato un convegno rivolto ai pubblici esercizi per fare il punto sull’enogastronomia, tra tradizioni e innovazione nell’accoglienza. L’incontro “Enogastronomia e ospitalità, tipicità e identità di un territorio” è in programma giovedì 27 aprile a partire dalle 15.30 in Sala Conferenze, nella sede Ascom Confcommercio Bergamo in Via Borgo Palazzo 137.  L’appuntamento, nato con lo scopo di raccogliere con testimonianze di valore e relatori d’eccezione riflessioni e spunti, si apre con i saluti di Petronilla Frosio, presidente Gruppo Ristoranti Ascom Confcommercio Bergamo e di Diego Rodeschini, presidente Gruppo Caffè Bar Pasticcerie Ascom Confcommercio Bergamo, pronti a fare gli onori di casa. Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo, presenta i risultati del sondaggio effettuato tra i pubblici esercizi, raccogliendo alcune prime conclusioni sul valore dell’enogastronomia per il territorio. Sul tema “Tradizioni, innovazione e accoglienza per una proposta di valore” interverranno Roberta Garibaldi, professore di Tourism Management all’Università degli Studi di Bergamo e vicepresidente del Comitato Turismo OECD (OCSE), Mauro Carbone, direttore Centro Nazionale Studi del tartufo di Alba e Valerio Massimo Visintin, critico enogastronomico de Il Corriere della Sera.

Partecipazione libera previa registrazione. Info: 0354120320, direzione@ascombg.it

Stampa e tv sono invitate.




Pubblici esercizi, avvio positivo per il 2023. A Bergamo 5149 imprese

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Nel Rapporto Ristorazione 2023 Fipe la fotografia del settore. Ascom aderisce alla Giornata della ristorazione il 28 aprile 

Petronilla Frosio, presidente del Gruppo Ristoratori Ascom Confcommercio Bergamo-. Se la ristorazione, dopo tre anni da dimenticare, sta vivendo un momento positivo con un ritorno della clientela, le problematiche del settore restano quelle di sempre e sono anzi acuite dalla crisi generale. Il problema del personale e delle competenze emerge in tutta la sua urgenza. Occorre rimettere al centro il lavoro di qualità e ripensare i modelli organizzativi delle imprese in termini di sostenibilità”.

La giornata della ristorazione: appuntamento il 28 aprile

Iniziativa solidale a favore della Caritas. Ricetta nei locali a base di pane, simbolo della convivialità e della condivisione e solidarietà


Ascom Confcommercio Bergamo aderisce alla prima “Giornata nazionale della ristorazione” (www.giornatadellaristorazione.com) promossa dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi, in programma venerdì 28 aprile. L’iniziativa vede uniti i ristoratori italiani e i ristoranti italiani all’estero (finora hanno aderito oltre 5mila ristoranti in Italia e 500 all’estero e 85 associazioni territoriali) per costruire una grande rete di valori e di solidarietà. L’idea è quella di dar vita a un appuntamento a cadenza annuale che coinvolga in veste di protagonisti ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie e taverne, intese come agenzie culturali capaci di ri-educare l’uomo a vivere assieme. Un segnale forte, in tempi difficili, per esprimere come il mondo della ristorazione possa farsi testimone e portavoce del valore dell’ospitalità e del senso di comunità.
Il piatto da realizzare quest’anno avrà come tema il “Pane”, simbolo del convivio, dalla forte valenza simbolica come elemento per eccellenza di condivisione e protagonista assoluto, fin dai tempi antichi, dei momenti conviviali. Ciascun ristorante potrà realizzare una ricetta personale che esalti l’alimento-base per antonomasia. Ascom Confcommercio Bergamo organizzerà uno o più eventi a livello locale per sostenere l’iniziativa e celebrare, grazie alla capitale della Cultura 2023, l’alto livello dell’accoglienza e della ristorazione bergamasca. L’iniziativa prevede la donazione di 1 euro per ogni piatto a base di pane consumato. Intesa Sanpaolo contribuirà a sostenere l’attività di charity in favore di Caritas Italiana e contro la povertà alimentare con una raccolta fondi sulla piattaforma di crowdfunding “ForFunding”. Inoltre, nei giorni che precedono e seguono la Giornata della Ristorazione sarà possibile donare anche attraverso gli ATM di Intesa Sanpaolo.
Sono 30 i locali bergamaschi che hanno aderito finora all’iniziativa




Buoni pasto, il tetto al 5% delle commissioni in capo agli esercenti vale un risparmio di 1,5 milioni

Fusini: “Maggiore sostenibilità per gli esercenti e miglior servizio per i lavoratori”

Il taglio alle commissioni per i buoni pasto dei dipendenti pubblici fissato al 5% sta per diventare realtà. Con le aggiudicazioni della gara Consip “BP10” (ancora non efficaci, ma rese pubbliche al 27 febbraio, aggiudicate in Lombardia da “Up Day” e “Welfare Pellegrini”) Fipe- Federazione italiana pubblici esercizi italiani stima un risparmio per gli esercenti per il 2023 di circa 150 milioni di euro a livello nazionale e di 14,1 milioni in Lombardia.  Un primo importante  risultato del lavoro che ha visto unite le associazioni della ristorazione e del commercio per rispondere al disagio di migliaia di imprese costrette a pagare una tassa occulta del valore di centinaia di milioni di euro per assicurare il servizio ai lavoratori che utilizzano ogni giorno il buono pasto. Basti pensare che le commissioni della precedente gara lombarda erano al 16,17%, con punte in altre regioni dal 19,80% in Sicilia e Campania al 21,07% in Calabria. Ascom Confcommercio Bergamo esprime tutta la sua soddisfazione per questo primo risultato raggiunto. L’associazione ha diffuso un vademecum per informare dell’importante novità tutti gli accettatori di ticket (esercenti, bar, ristoranti,  esercizi di vicinato a supermercati) . I nuovi contratti di convenzione legati a una committenza pubblica sia che si tratti di Consip che di altra amministrazione pubblica potranno richiedere una commissione massima del 5% del valore nominale del buono pasto senza alcun costo accessorio. L’emettitore non potrà infatti richiedere alcun costo aggiuntivo né per la dematerializzazione dei buoni cartacei, né per i Pos di lettura per i ticket elettronici, né per la gestione di fatture ed emissione.
La normativa  secondo le stime Ascom interessa circa 21mila lavoratori pubblici bergamaschi ( il dato, su elaborazione dato Inps non comprende i dipendenti scolastici, universitari e altri comparti che normalmente non percepiscono buoni) e oltre 800 tra trattorie, bar, ristoranti e negozi di alimentari che accettano ticket. Il risparmio complessivo per gli esercenti bergamaschi stimato da Ascom è di circa 1,5 milioni di euro. Una cifra considerevole in un mercato dal valore complessivo (includendo tutti i lavoratori beneficiari, pari a 58.200, di cui 21mila pubblici) di oltre 70,3 milioni di euro (dato 2022, in crescita di oltre 4 milioni di euro rispetto al 2021, secondo stime Ascom).  In tempi di costi e burocrazie crescenti è un primo segnale di tutela degli operatori commerciali e, di pari passo, dei beneficiari e utilizzatori dei ticket. “ Dare sostenibilità all’esercente significa migliorare la qualità del servizio e aumentare il valore reale del buono anche per il lavoratore- sottolinea il direttore Ascom Confcommercio Bergamo Oscar Fusini-.  Resta comunque la necessità di una riforma strutturale del sistema dei buoni pasto, per intervenire anche sulle gare private che oggi non sono interessate dal provvedimento  e che, tuttavia, valgono quasi  due terzi del mercato. Occorre adottare modelli di regolazione mutuati da altri Paesi europei, mettendo al centro la salvaguardia del valore reale del buono pasto, da quando viene acquistato dal datore di lavoro a quando viene speso dal lavoratore. Ed è bene ricordare che questo strumento prevede già importanti vantaggi sia per il datore di lavoro con la decontribuzione, sia per il lavoratore con la defiscalizzazione”.




La Omicron rovina il Cenone di Capodanno. Prenotazioni dimezzate in pochi giorni

A lanciare l’allarme è la Fipe-Confcommercio. Fine anno “freddo” anche per i bar che registrano a dicembre un crollo degli affari del 40-50%

 

Prenotazioni dimezzate per Capodanno, con tanto di disdette in aumento: è il pesante quadro in cui si ritrova il settore della ristorazione in provincia e non solo. In settimane e giorni in cui i locali navigano a vista e quotidianamente si ritrovano ad affrontare disdette dell’ultimo minuto causate dai contagi, difficoltà nel reperire personale e nella programmazione dell’attività, quest’anno a rovinare il Capodanno ai ristoratori ci sta pensando la variante Omicron.

Fra contagi in salita e quarantene a pioggia le disdette per la serata di San Silvestro fioccano e nei ristoranti sale la preoccupazione. Anche le associazioni di categoria lanciano l’allarme. L’impennata di contagi degli ultimi giorni e i tempi imposti dalla quarantena stanno avendo l’effetto di moltiplicare le disdette. Il 25-30% circa di media, secondo Fipe Confcommercio, la Federazione dei Pubblici esercizi cui nelle ultime ore arriva il grido d’allarme di centinaia di imprenditori.

Un altro anno senza contare sul periodo più redditizio dell’anno

Per la Fipe siamo di fronte a “un quadro inaspettato fino solo a pochi giorni fa. Ci sono locali che in tre giorni hanno visto disdire la maggior parte delle prenotazioni senza riuscire a rimpiazzarle. Questo significa che il mese di dicembre, il più importante dell’anno e che da solo vale il 10% del fatturato dei ristoranti, è in buona parte compromesso e si aggiunge ad un periodo prolungato di crisi che stava finalmente vedendo una via di uscita. Ecco perché non esitiamo a chiedere al governo di dispensare misure urgenti come ad esempio le proroghe delle moratorie bancarie e della cassa Integrazione. Interventi che dovranno sostenere quei comparti che stanno soffrendo di più. Come la ristorazione nei luoghi turistici, quella legata agli eventi o alle feste private o le discoteche e i locali da ballo, letteralmente mortificati dall’ultimo provvedimento che li ha chiusi senza alcun preavviso fino al 31 gennaio”.

«Il 2021, rispetto al 2019, sulle feste natalizie segna un crollo del 70%, sperando che non seguano ulteriori disdette – commenta Giorgio Beltrami, prresidente del Gruppo Bar Caffè di Ascom Confcommercio Bergamo e vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia -. Di conseguenza ci sono diversi imprenditori che stanno valutando di richiamare i prenotati e disdire la cena, chiudendo per mettere in ferie il personale. Dal 15 dicembre i bar hanno registrato un crollo degli affari nell’ordine del 40/50 per cento».

Eppure, i dati raccolti dall’Ufficio Studi della Federazione subito prima di Natale erano incoraggianti e parlavano di quattro milioni di italiani pronti a festeggiare l’ultimo dell’anno nei ristoranti aperti. I ristoratori avevano previsto una riduzione dei prezzi rispetto a due anni fa per favorire il trend di ripresa: 78 euro in media per il cenone rispetto agli 80 del 2019, mentre per cena e brindisi di mezzanotte con sottofondo musicale il calo era più evidente, 90 euro contro 105. In virtù di questi numeri la spesa totale prevista si sarebbe attestata intorno ai 325 milioni di euro, a fronte dei 445 milioni spesi due anni fa.




Ristoratori, agricoltori e produttori insieme per rilanciare la filiera agroalimentare

All’assemblea Fipe presentata la “Carta dei Valori” della ristorazione italiana. Beltrami: “Sono necessarie politiche lungimiranti di sostegno alle filiere”

Un patto di filiera tra ristoratori, produttori e agricoltori che vuole essere anche un appello al governo e alla politica intesa nel suo insieme. Obiettivo: istituire un tavolo di coordinamento che si occupi delle politiche dell’intera filiera agroalimentare, indispensabile in una fase di ripartenza di un settore che vuole tornare ad essere trainante ed attrattivo, superando alcuni gap strutturali che non consentono di sfruttare a pieno le grandi potenzialità. È stata presentata all’assemblea della Federazione dei Pubblici Esercizi la “Carta dei Valori” della ristorazione italiana, documento che vuole tracciare le linee guida del rilancio del settore nel post pandemia sono stati i rappresentanti di Fipe, Confagricoltura, Coldiretti, Unione Italiana Food e Siae per il ruolo della musica nei Pubblici Esercizi.

Curata da Davide Rampello, storico e curatore del padiglione Italia a Expo 2021 Dubai, la “Carta dei Valori” è un documento che contiene le linee di azione per la promozione e la valorizzazione delle nostre eccellenze enogastronomiche, definiti beni culturali viventi a cui la ristorazione dà corpo, rinnovamento e racconto. Tra i firmatari, Massimo Giansanti, presidente di Confagricoltura, David Granieri, vice presidente Coldiretti, Marco Lavazza, presidente di Unione italiana Food, Giulio Rapetti Mogol, presidente Siae e, oltre a Lino Enrico Stoppani presidente di Fipe-Confcommercio, Carlo Sangalli, presidente nazionale Confcommercio e il ministro Massimo Garavaglia.

Un tavolo di coordinamento

“La ristorazione è pronta ad andare oltre i drammi e le incognite del recente doloroso periodo, riprendendo il suo ruolo strategico per le filiere dell’agroalimentare e del turismo – sottolinea Giorgio Beltrami, presidente gruppo Caffè Bar e Gelaterie Ascom Confcommercio Bergamo e consigliere Fipe nazionale -. Per farlo meglio è necessario adottare una strategia unitaria in grado di valorizzare l’intero Sistema Paese. Come? Istituendo un soggetto ad hoc che svolga una funzione di regia e un lavoro di raccordo e integrazione di filiera, tra agricoltura, industria alimentare, distribuzione e ristorazione e turismo, anche per favorire il nostro export. Di fatto, per la nostra categoria poter contare su un unico interlocutore potrebbe aprire unaa nuova fase di rappresentanza per tutto il mondo dell’Horeca, dell’agroalimentare e del turismo, settori di fatto strettamente interconnessi e vanto del made in Italy”.

Scenari di crescita che trovano conferma anche nei numeri. Nel 2021, dicono i dati dell’associazione aderente a Confcommercio, la spesa degli italiani per consumi alimentari fuoricasa tornerà ad oltre 63 miliardi di euro, con un incremento del 17,2% rispetto al 2020, ma ancora sotto i livelli pre-covid per oltre 20 miliardi di euro. Più contenuto l’aumento della spesa alimentare domestica: +0,8% rispetto allo scorso anno.
Rilanciare e valorizzare nuove politiche dell’intera filiera agroalimentare diventa quindi indispensabile in una fase di ripartenza di un settore che vuole tornare ad essere trainante ed attrattivo, superando alcuni gap strutturali che non consentono di sfruttare pienamente le grandi potenzialità. “Il settore presenta due principali problemi: produttività e attrattività – ha ricordato Lino Enrico Stoppani presidente di Fipe-Confcommercio -. Se a questi aggiungiamo l’incertezza delle prospettive post Covid e le distorsioni create da generose politiche di sussidio sono spiegate le difficoltà di reperimento di risorse umane adeguate e l’emorragia di competenze”.

Il rinnovo del contratto nazionale di categoria

Il rinnovo del contratto nazionale di categoria, in scadenza il 31 dicembre, sarà un passaggio decisivo per affrontare questo problema, ma parallelamente sono necessari interventi di breve periodo. Dalla decontribuzione dei salari a tempo determinato o almeno fino alla fine della crisi pandemica, alla revisione del Decreto flussi, indispensabile per il reperimento di quella manodopera necessaria a svolgere le mansioni per le quali non si trovano persone disponibili tra i nostri connazionali.

Il lavoro principale, tuttavia, è quello di ricostruire la fiducia in un comparto che per guardare al futuro sa di dover investire anche sulla digitalizzazione e sullo sviluppo di servizi sostenibili. Strumento strategico per facilitare questa trasformazione 4.0 saranno i bandi contenuti nel PNRR riservati alle imprese del turismo, primi tra tutti quelli sull’ammodernamento e sull’efficientamento energetico. Una quota di questi fondi potrà essere richiesta anche dai Pubblici Esercizi, come assicurato dal ministro del Turismo, Garavaglia.

La paura dell’inflazione e della risalita dei contagi

All’orizzonte, rimangono tuttavia due spauracchi: l’inflazione e la risalita dei contagi. “Le nostre imprese – ha spiegato Stoppani – segnalano forti tensioni sui prezzi di acquisto delle materie prime e in taluni casi difficoltà di approvvigionamento ed è pertanto necessario un attento presidio da parte del Governo proprio per contrastare eventuali fenomeni speculativi”.

Mentre sul fronte della risalita dei contagi, il Presidente ha ribadito l’assoluta fiducia nel vaccino come argine a ogni nuova ipotesi di chiusura, anche parziale, dei Pubblici Esercizi e ha lanciato un appello alla responsabilità a chi da mesi manifesta ogni settimana, contro il green pass, infrangendo regole e aggiungendo rischi pericolosi. “A forza di proteste senza regole – ha precisato – si rischia di condannare la lotta contro il virus all’irresolubilità”.

“Basta chiusure – conclude Beltrami -. Non possiamo più permettercelo. In questi mesi la Fipe ha giocato un ruolo chiave per la difesa di tutta la categoria: la sua voce è stata forte e la pandemia ha consentito alla Federazione di consolidarsi e di acquisire una nuova visibilità. Merito anche, come ricordato dallo stesso presidente Stoppani, del lavoro svolto da Confcommercio e in particolare del nostro presidente Carlo Sangalli”.