Alle origini del cioccolato: il ritorno alla torrefazione delle fave di cacao

Se la pressoché totalità del cioccolato – sia industriale che artigianale – in commercio parte da un semilavorato, una massa che viene plasmata dal singolo scioglitore, negli ultimi anni un piccolo gruppo di cioccolatieri avventurosi ha deciso di opporsi all’omologazione del gusto e di tornare alle origini del cacao. La ricerca della qualità inizia dal campo: dal terreno alla pianta, dalle cabosse (il meraviglioso frutto del Theobroma cacao) alle preziose fave, fino al momento in cui in grandi sacchi di juta prendono la via del mare. Dalla selezione delle fave si passa alla tostatura e torrefazione, procedura fondamentale per esaltare gli aromi del cacao e infondere carattere, la vera firma di ogni cioccolatiere. Ma c’è anche chi, come Claudio Corallo, propone cioccolato crudo, per esaltare al massimo il prodotto e trasforma in loco, in tavolette, il cacao, oltre a proporre sul mercato le favas de cacao torrado, le fave semplicemente tostate. 

La lavorazione artigianale sovverte i tempi dell’industria per ripiegarli a quelli naturali. Solo così, senza fretta né compromessi, si  restituiscono al gusto le sensazioni catturate nelle foreste equatoriali, unitamente alla gratitudine per chi cura piantagioni e fincas.
Piccole imprese e piccoli produttori sono a fianco in questa battaglia per un cioccolato migliore e anche più equo. Sono diversi i progetti di cooperazione che offrono ai cioccolatieri la possibilità di sviluppare un rapporto diretto con i produttori, tagliando un anello della catena dell’importazione, dai broker alle multinazionali, e riconoscendo agli agricoltori un prezzo superiore. La piccola impresa può arrivare così a controllare tutta la filiera e a disporre di un prodotto di origine certa e qualità eccellente. 

 

Il cacao funzionale e nutraceutico di Silvio Bessone

Il cibo degli dei è più che un alimento per Silvio Bessone (www.silviobessone.it), cioccolatiere per vocazione e scienziato etico per scelta, responsabile scientifico del Fine Cocoa Research Institute degli Stati Uniti. A solide conoscenze – laurea alla Jean Monnet di Bruxelles e collaborazioni universitarie, a partire dall’insegnamento di microbiologia all’Università di Caracas– Silvio Bessone intreccia la cultura naturalistica ayurvedica, incontrata in Sri Lanka, e l’antroposofia steineriana. «Il cioccolato del futuro oltre a piacere farà anche bene, a patto che si inverta la marcia dai principi di iperproduzione e sfruttamento delle risorse ambientali e manodopera, a partire da quella infantile. Dietro al sorriso di un bimbo che gusta una tavoletta di cioccolato, non ci possono essere le lacrime di un suo coetaneo privato del diritto all’infanzia. Sono cinque i cardini che ispirano Five, l’organismo internazionale che ho fondato: Buono, Sano, Sicuro, Giusto e Sostenibile» racconta dal suo laboratorio di Santuario di Vicoforte (Cuneo), dove produce tutto, perfino il latte in polvere con vacche piemontesi. Qui si lavorano fave provenienti da piantagioni avviate dall’altra parte del mondo, dalla selvaggia foresta pluviale della Mata Atlantica (dove è coltivato in cabruca per evitare la deforestazione) al Perù, alla Tanzania.  Quanto al movimento “from beans to bar(dalle fave alla tavoletta), Bessone ha fatto da pioniere, allestendo nel 2004 in Piazza Castello a Torino una vera e propria “fabbrica di cioccolato”, ispirazione per una generazione di tostatori e torrefattori di cacao, che in realtà in Italia sono una decina. «I macchinari per la torrefazione sono costosi, le spese di trasporto delle fave anche e la lavorazione richiede pazienza e cura, ma solo così si fa il cioccolato, controllando ogni fase, dalla raccolta alle cabosse, dalle fave alle barrette. E’ un investimento in coerenza e in differenziazione, perché ci sono comunque ottimi prodotti sul mercato e i processi di lavorazione sono lunghi e sinceramente non sempre ben riusciti- spiega Bessone- . Cresce la voglia di lavorare il cacao ma ci sono ahimè tentativi artigianali che arrecano più difetti di quanti ne fa l’industria, che però, a differenza dell’artigiano, riesce a coprire con additivi e trattamenti, a scapito ovviamente di aromi e profumi naturalmente presenti». In Ecuador a Babahoyo lo scienziato del cioccolato ha messo a punto con un pool di ingegneri il “Bessone Method Patent” per un cacao biodinamico: «I metodi di coltivazione rispettano la natura, le persone e l’ambiente e producono cacao nutraceutico, con valori biochimici interessanti alla lavorazione di un cacao funzionale». Nel 2021 si appresta a lanciare una vera e propria linea della salute: barrette da 12 grammi e mezzo, messe a punto con un medico esperto in preparazioni galeniche, promettono di tenere sotto controllo, in diverse versioni, ipertensione, stress, insonnia e cali energetici. 

Claudio Corallo, dalla piantagione alla tavoletta nell’isola Principe (Sao Tomè)

E’ l’unico produttore al mondo ad accompagnare il suo cioccolato dalla piantagione, a Terreiro Velho nell’isola paradisiaca di Principe nel Golfo di Guinea, alla tavoletta (from soil to bar, dal terreno alla barretta), con un processo di produzione effettuato interamente a mano. Il suo cioccolato -definito il migliore al mondo- sprigiona al meglio i suoi aromi a temperature tropicali, dai 27 ai 29 gradi. Claudio Corallo (www.claudiocorallo.com), fiorentino, con una specializzazione in agronomia tropicale in tasca, ha preso la via dell’Africa a 23 anni, quasi 50 anni fa, iniziando a lavorare come broker di caffè in Zaire prima di diventarne produttore, avviando una piantagione nella zona fluviale selvaggia vicino al parco Salonga, dove ha esportato la robusta più ricercata (e costosa, pagata il doppio dell’arabica) del globo. Le rivolte degli anni Novanta, l’hanno spinto a trasferirsi, mettendo in sicurezza la famiglia, a Sao Tomè, dove ha avviato piantagioni di caffè, cacao (sull’isola di Principe) e pepe. 

«Il cacao Forastero Amelonado venne introdotto sull’isola dal re portoghese nell’Ottocento, che vedeva avvicinarsi la fine della colonia in Brasile- spiega Claudio Corallo, bloccato in lockdown forzato nel Chianti-. Coltivarlo è stato naturale: la pianta del cacao è meravigliosa e la sua potatura mi ricorda quella dell’ulivo, anche se confesso di non avere mai avuto una grande passione per il cioccolato, almeno prima di produrre il mio». Il cacao viene raccolto da maggio a gennaio, lavorato subito, fermentato, accuratamente stoccato ed essiccato in modo lento e progressivo, poi tostato o lavorato a crudo. La fava di cacao viene macinata cruda per andare all’essenza di un prodotto eccezionale, privo naturalmente di asperità e amarezza:« E’ il migliore modo per assaporare, dal 75% al 100%, il lavoro fatto dal momento della raccolta allo stoccaggio, con la complicità di un clima ideale- continua Corallo-. Il cacao sprigiona così un’esplosione di sapori e aromi». Da provare le fave di cacao tostate per fare un viaggio ideale, dopo aver rotto e gettato il tegumento, a Terreiro Velho. Tutta la produzione di cioccolato di Claudio Corallo, affiancato dalla figlia Ricciarda, avviene dietro ordinativi e su misura, anche se al momento è bloccata dallo stop ai cargo imposto all’aeroporto di Sao Tomè per il mancato rispetto dei protocolli internazionali di sicurezza. «Un danno enorme- commenta, sconsolato-. Siamo riusciti a imporci sul mercato mondiale con un prodotto nato e trasformato nella sua terra d’origine, ma ora paghiamo lo scotto dell’insularità e dell’isolamento dal resto del mondo». 

 

Il cioccolato slow e naturale

“From beans to bar” è lo slogan che accompagna ogni creazione della fabbrica di cioccolato di Guido Castagna (www.guidocastagna.it), a Giaveno (To), che ha conquistato l’oro all’Italian Med Chocolate Awards per l’Italia e il Mediterraneo quest’anno con la crema “+55”, i “Giuinott”(sei volte oro agli International Chocolate Awards) e le praline menta e liquirizia, argento per le praline Cardamomo e Malva, Cannella e Calendula e Pistacchio. Per vedere le fave trasformarsi in tavolette, giuinott e praline secondo il “Metodo Naturale Guido Castagna”, codificato punto per punto dal cioccolatiere, bisogna avere un anno di pazienza. Le fave di cacao fine provenienti da cooperative selezionate dal Madagascar all’Ecuador al Venezuela, vengono lasciate fermentare all’80% circa e riposano per tre mesi in laboratorio. «La torrefazione avviene a bassa temperatura, a 110 gradi per un’ora per ottenere una perfetta tostatura e non a 200 gradi come avviene nell’industria» spiega Guido Castagna. Al bando sali o altri additivi derivanti dalla potassatura o alcalinizzazione del cioccolato. «È il tempo, attraverso l’affinamento delle tavolette, con una maturazione di almeno sei mesi, a smussare le asperità e favorire lo sviluppo di aromi pregiati» continua. L’idea di tostare direttamente le fave di cacao, segue il progetto di ritorno alle origini, con la lavorazione della nocciola Piemonte Igp direttamente dalla pianta. «A Trieste e a Genova trovavo solo cacao industriale di bassa qualità- spiega-. Così ho iniziato a visitare piantagioni in Repubblica Domenicana, Venezuela, Honduras, Salvador e Guatemala e grazie anche a una piccola molassa che infilo sempre in valigia, oltre a prendere accordi con i produttori, abbiamo avviato in loco la lavorazione». All’etica e al rispetto per il cacao e chi lo lavora si abbina l’eco-sostenibilità, con l’utilizzo degli scarti di lavorazione, dalla produzione di birre al compost per agricoltura e dai sacchi nascono originali borse in juta. 

 


A Pasqua si mangeranno meno uova e colombe

A Pasqua quest’anno si mangeranno meno colombe e più in generale meno dolci della tradizione come anche meno uova di cioccolato. Un sensibile calo degli acquisti dovrebbe riguardare le classiche uova con sorpresa tra il 25% e il 30% in meno, mentre le colombe subiranno un contraccolpo del 15%.

A tracciare una previsione è la Fida-Confcommercio, la Federazione dei dettaglianti dell’alimentazione, che conta 60 mila esercizi, i cosiddetti negozi di vicinato e alcune sigle della Gdo (Sigma, Crai).

“Non ci aspettiamo grandi numeri a causa dei mutati stili di vita, delle diete, delle condizioni meteo e della data di Pasqua, a primavera inoltrata. Tutti fattori che potrebbero indurre molti a partire e ad acquistare meno. Ciò è dovuto anche a un calo dei consumi alimentari più generale” afferma Donatella Prampolini, presidente di Fida. “Quest’anno i consumi alimentari non sono brillantissimi, – spiega – per i dolci abbiamo già visto una riduzione delle vendite dei panettoni a Natale. Il problema è che la gente è preoccupata e la propensione ai consumi risente di questo, anche del fatto di poter scongiurare l’aumento dell’Iva. Oggi non ci sono margini per assorbirlo”.

Comunque, nel caso delle colombe si tratta di un trend nazionale legato ai prodotti da forno per ragioni di dieta, non è una questione di risparmio. Secondo quanto riferisce la Fida i prezzi medi per le colombe industriali al supermercato sono intorno ai 3 euro, farcite su 8-10 euro e le uova, sui 300 grammi di peso, si aggirano sui 3-4 euro. Il discorso cambia per le colombe gourmet di pasticceria che hanno prezzi decisamente più alti ma offrono grande qualità.

“Le ordinazioni e gli acquisti di colombe e di uova artigianali sono fermi al momento, ma è pur vero che questo genere di dolci viene comprato sotto la data” dichiara Maurizio Tasca, consigliere di Fipe, in rappresentanza delle pasticcerie che aderiscono a Confcommercio. “La Colomba artigianale costa circa tra i 20 e i 22 euro, le uova di cioccolato in pasticceria tra 40 e 45 euro, ma si tratta di prodotti che vengono regalati o da portare al pranzo di Pasqua, che vengono acquistati da una clientela ristretta, il 95% delle persone compra le uova di cioccolato al supermercato. Per noi va bene comunque, preferiamo produrre meno ma in qualità, alla fine otteniamo lo stesso risultato come ricavo”.


L’arte pasticcera incontra l’arte contemporanea

Cosa hanno in comune pasticceria e arte contemporanea? Creatività, passione e dedizione sono il comune denominatore di questi due mondi, che per la prima volta si incontrano ad Affordable Art Fair, la fiera d’arte contemporanea più pop d’Italia in programma a Milano dal 25 al 27 gennaio (opening il 24 gennaio dalle ore 18).

Gli ospiti della manifestazione potranno deliziare occhi e palato con una limited edition di monoporzioni create dal vulcanico Maestro Pasticciere Sal De Riso (tre torte nella Guida del Gambero Rosso “Pasticceri&Pasticcerie2019”) in esclusiva per Affordable Art Fair.

Il Maestro De Riso, vero artista del dolce, ha realizzato sei piccoli capolavori di gusto ed estetica ispirandosi sia alla sua terra, la Costiera Amalfitana con i suoi colori vibranti e il profumo dei limoni, che alle opere d’arte contemporanea esposte in fiera e all’atmosfera calda e seducente dei luoghi esotici dove nascono i distillati premium di Compagnia dei Caraibi (partner della fiera) come Gin Mare e Rum Diplomático Reserva Exclusiva.

I visitatori della fiera potranno perdersi in un labirinto di dolcezza firmato Sal De Riso con:
GIN MARE D’AMALFI – sablè alle mandorle, cremoso al limone d’Amalfi, cuore di mela annurca al Gin Mare e biancomangiare. Un viaggio nel Mediterraneo, dalle coste amalfitane alle isole greche, accompagnati da sentori di olive Arbequina, botanica essenziale di Gin Mare.

GIN MARE DEI CARAIBI – mousse al mascarpone, al Gin Mare e mango con cuore di albicocca e vaniglia. Un sogno tropicale che evoca soffici spiagge baciate dal sole.

PINK SURPRISE – frolla alle mandorle con gelèe e cubetti di fragole Candonga, pan di Spagna e bavarese al prosecco e Gin Mare. Il dolce gioiello di questa edizione, ispirato al colore simbolo della fiera il rosa e all’opera “Round round wonder world blue moment” dell’artista giapponese Kumiko Tamura di Smart Ship Gallery.

MARAKAIBO – babà al Rum Diplomático Reserva Exclusiva, mousse al cioccolato e uvetta australiana. L’orgoglio caraibico strizza l’occhio a una tipicità napoletana.

BABAMISÙ – il classico babà inzuppato al caffè e Rum Diplomático Reserva Exclusiva, in una crema di mascarpone e cremoso di cioccolato al caffè. Un abbraccio avvolgente e coinvolgente.

PURE ENERGY – crema leggera al caramello con un interno di crema bavarese al caffè napoletano e un fondo di biscotto friabile al caffè. Una scarica di energia, già dal primo morso.

Nell’Art Sweet Corner il pubblico milanese potrà perdersi anche nell’assaggio di torte che hanno decretato il successo nazionale e internazionale di Sal De Riso come la Caprese, Ricotta e pere, Cinque sensi e Anastasia.
 
Domenica 27 gennaio alle 18.30, il Maestro Sal De Riso e Walter Gosso, Ambassador di Compagnia dei Caraibi, terranno una masterclass sull’incontro tra l’alta pasticceria e il mondo dei distillati presso la terrazza del LAB, spazio che unisce tasting sessions al lavoro di alcuni artisti emergenti impegnati in un progetto speciale. Sal De Riso racconterà la sua idea di pasticceria e il lavoro che sta dietro ogni preparazione, a partire da quelle create in esclusiva per Affordable Art Fair, mentre Walter Grosso spiegherà al pubblico le caratteristiche uniche del Rum Diplomático.

Lose yourself in… sweetness!

AFFORDABLE ART FAIR MILANO
Superstudio Più – Via Tortona 27, Milano
www.affordableartfair.com www.facebook.com/AAFMilano

 


Musica e dolci da sogno, il doppio talento di Marion

Torte e biscotti scolpiti come opere d’arte modellate con la glassa, perfette per celebrare ogni ricorrenza o festa e rendere magici i momenti speciali della vita.

altra torta marion - scegli tuL’esperta del cake design è Marion Pessina, 42 anni, originaria di Sarnico, un nome noto nella discografia nazionale e non solo, dal momento che gestisce insieme al socio e marito Andrea Vittori la Ma9 promotion, ufficio stampa per Francesco Gabbani, Tiromancino, Giorgio Conte, Chris Rea, Morrissey, Fergie dei Black Eyed Peas e Sananda Maitreya, conosciuto in passato come Terence Trent d’Arby. Ma la lista è lunga, proprio come quella delle sue dolcissime creazioni in vetrina sul suo blog “Le torte di Marion”: per Halloween le si possono commissionare camposanti, mani mozzate, teschi, scheletri, fantasmini e bulbi oculari, a Natale panettoni a forma di igloo con tanto di pinguini, paesaggi polari e pupazzi di neve, per San Valentino romantici biscottini a forma di bocca e cuoricini.

Il suo estro non ha, però, limiti quando si tratta di mettere in forno i cookies: teiere, culle e biberon, nuvolette e perfino spicchi di pizza in formato mignon. «Fin da piccola avevo due passioni, stare in cucina e la musica – conferma Marion -. Non mi piaceva tanto la pasticceria classica francese e italiana, preferivo quella anglosassone, dove puoi inventare, realizzare desideri, forgiare qualcosa di unico con le decorazioni, divertendoti».

Il primo dei due sogni l’ha realizzato nel 2004 fondando il suo ufficio stampa, dopo essersi laureata in Scienze della comunicazione, aver seguito un master in discografia e l’esperienza di uno stage in un’etichetta. «Siamo partiti dal nulla, seguendo i gruppi indipendenti come i Baustelle e poi gli Afterhours, io mi occupo della promozione attraverso stampa, web e tv, mentre Andrea delle radio, il passaparola ci ha premiati», racconta.

Tre anni dopo è partita alla volta dell’Inghilterra per seguire un corso dedicato allo zucchero nel Surrey, a 50 chilometri da Londra. «Compravo tutto ciò che mi serviva e da noi non esisteva, ancora quando non c’era il boom del cake design mi informavo sui siti anglosassoni e, se non trovavo, creavo io con le mani, senza aiutanti, né aver mai frequentato una scuola d’arte – precisa -. Ho scoperto che lavorare tortine e fiori di zucchero mi rilassava».

biscotti occidentali's karmaSuccede, a volte, che le due passioni si intreccino, come quando Marion ha realizzato la torta di compleanno per Gabbani e i biscottini con le lettere componendo la scritta “Occidentali’s Karma” per celebrarne la vittoria a Sanremo o ha realizzato una torta per Jacob Whitesides, l’idolo delle teeenager riproposto in pasta di zucchero per la gioia delle fan urlanti che l’hanno poi gustata con lui.

«Ci vuole solo tempo e pazienza, è come modellare il pongo, niente è impossibile», è l’opinione dell’esperta dalle mani d’oro, che spesso tiene dimostrazioni nelle pasticcerie. Ma qual è la prossima idea? «Preparo degli irresistibili biscottini vegani, vorrei deliziare Morrissey». Il cantante degli Smiths, autore dell’album e della canzone-inno “Meat is murder”, non potrà che apprezzare.

 


Paratico, sul lungolago la Festa del Panettone d’estate

panettone d'estate - paratico 3Le iniziative sdoganare il panettone dal periodo natalizio e proporlo come dolce (buono!) per tutto l’anno sono numerose e in atto già da tempo. Succede anche a Paratico dove sabato 5 agosto torna sul lungolago Marconi la Festa del panettone d’estate, promossa da Naturalmente Paratico.

Protagoniste otto tra pasticcerie, gelaterie e fornerie che proporranno in degustazione la propria versione estiva del prodotto, tra frutta, spezie e fantasia. D’obbligo l’abbinamento con i vini della Franciacorta, con la presenza di cantine ed enoteche tra le quali scegliere l’abbinamento più adatto.

Si inizia alle 20 e ci sarà spazio anche per le bancarelle e la musica dal vivo (dalle 21.15) al parco delle erbe danzanti.

Ecco chi partecipa

panettone d'estate

 


Il lecca lecca? Fu inventato a Bergamo

La fioritura di denominazioni e di presìdi a designare le eccellenze gastronomiche del nostro Paese non è certo esclusivo vezzo dei nostri giorni. Risale infatti a cinque secoli fa la compilazione da parte del poligrafo milanese Ortensio Lando – eccentricamente temerario al punto di imbarcarsi, tra le cruente reprimende della controriforma, nella prima traduzione in Italiano delle opere di Martin Lutero – del più antico tra i repertori delle specialità della Penisola. Poco più di cent’anni dopo toccava all’incisore bolognese Giuseppe Maria Mitelli redigere un memorabile censimento grafico delle principali prerogative di molte città d’Italia circa le robe mangiative, racchiuso nella stampa di una singolare riffa seicentesca intitolata gioco di cucagna.

Non stupisce che una così puntuale rassegna figurativa di leccornie risalga al secolo che, nell’arco dell’ultimo millennio, contende all’undicesimo la poco invidiabile palma dei picchi storici di indigenza e di inedia. Più del pugno di quatrini che il succinto regolamento della scommessa metteva in palio, non v’è dubbio che ai giocatori dell’epoca stesse a cuore l’onirico approdo alle maggiormente ambite tra le caselle del percorso ludo-gastronomico. Del resto, non è mistero che il mito del paese del bengodi abbia attinto i vertici di popolarità proprio allorché le generali condizioni di vita si adagiavano sui livelli più miserevoli.

L’opera d’arte, destinata in origine a far da tappeto al lancio dei dadi sui tavolacci di qualche taverna piuttosto che da decoro alle pareti dei palazzi patrizi, contiene una gran copia di rivelazioni assai preziose per gli storici dell’alimentazione. In essa si provvede ben più di un’asettica elencazione di prelibatezze – espressione per giunta di un’Italia monca che vedeva tracciato a Napoli il proprio limitare meridionale. Ogni specialità vi è difatti ritratta con apprezzabile grado di dettaglio, esibendo con precisione la morfologia da cui era contraddistinta quattro secoli or sono.

Alcune delle leccornie sono icone tutt’oggi vitali ed immediatamente distinguibili dei patrimoni alimentari regionali: è il caso dei cantuchi (cantucci) di Pisa e della rosolia – attualmente chiamata ratafià – sabauda; delle persiche (pesche) di Verona e del turone cremonese, della busecha meneghina e delle spongate di Reggio Emilia. Non meno attuale è il lustro degli insaccati parmensi e modenesi, nonché della mortadella di Bologna, la cui centralità nella tavola da gioco trova presumibilmente ragione nei natali petroniani dell’incisore.

Altre tra le ghiottonerie illustrate dal Mitelli sono passate attraverso secolari processi evolutivi, che ne hanno più o meno profondamente modificato denominazione e caratteristiche. Delle gatafure genovesi – antesignane delle celebri torte liguri di verdura – scriveva nel cinquecento il già menzionato Ortensio Lando, chiosando che così erano denominate perché le gatte volentieri le furano (rubano) e vaghe ne sono. Non è dato di sapere quale i felini dell’era moderna prediligessero tra la versione alle biete e quella alla cipolla, di cui Bartolomeo Scappi forniva le ricette nella coeva Opera. Nelle provature romane non è altresì arduo individuare le progenitrici di mozzarelle e scamorze dell’Agro Pontino, mentre il cuore del distretto di produzione dell’antico formaggio di Piacenza è negli ultimi secoli migrato a sud-est di qualche miglio, fondendosi con quello del parmigiano.

L’aldilà delle memorie gastronomiche ha, infine, ineluttabilmente accolto tra le sue brume un buon numero delle specialità vagheggiate lungo la tratta della seicentesca cuccagna. La tardiva comparsa dei broccoli napoletani scandiva ormai il crepuscolo dell’era, protrattasi appunto sino al termine del XVII secolo, nella quale la civiltà alimentare partenopea era designata come quella dei mangiafoglie, spianando la strada alla calata dei mangiamaccheroni. Delle trote che sguazzavano nei laghi di Mantova, così come della persicata ferrarese e dei pinoli ravennati – all’epoca rinomati al punto da meritare alla città rivierasca l’eponimo di bolla dil pignoli – oggi si serbano solo sbiadite rimembranze. Eguale sorte è toccata al pane di Padova, del quale già nel XIX secolo il clinico patavino Antonio Faggiani lamentava l’irreversibile decadenza. Irrimediabilmente trapassata è anche la prelibatezza a celebrazione della quale il Mitelli aveva riservato a Bergamo una tappa del suo itinerario. Si tratta del cinamomo confetto, a riguardo del quale già ci si è dilungati nel numero di Affari di Gola del novembre 2014. È comunque d’uopo tornare brevemente sul tema, giacché dall’incisione emergono nuovi ed interessanti particolari.

Colpisce anzitutto la singolare conformazione dello storico dolciume. In virtù della sua appartenenza al dominio della confetteria, ci si sarebbe attesi un morselletto oblungo o tondeggiante. Ma la raffigurazione che ne fornisce la stampa è quella di un sottile stecco di scorza di cannella, che da fonti del tempo sappiamo rivestito di zucchero. Quanto poi alle modalità del suo consumo, è affatto eloquente l’indicazione lecca solo che correda l’icona.

Questi indizi paiono convergere verso una curiosa conclusione. La letteratura gastronomica tende ad individuare nella Gran Bretagna del XVII secolo la culla di quello che nel mondo anglosassone è chiamato lollypop. In realtà il più antico lecca-lecca di cui si abbiano dettagliate notizie è proprio il cinamomo confetto di Bergamo, i cui natali sono da collocarsi nella prima metà del cinquecento. È indiscutibile che si trattasse di un prototipo ingegnosamente atipico, di un mangetout del quale nulla andava perduto. L’asticciola di legno aromatico che ne costituiva lo stelo – ed al contempo l’anima – era infatti da sgranocchiarsi dopo che la glassa che la ricopriva si era dissolta. In un’epoca di fiatelle pestilenziali, vieppiù appesantite dal largo consumo di agli e cipolle crudi e da condizioni di igiene orale sulle quali è preferibile glissare, la cannella d’altronde rappresentava uno dei più efficaci palliativi per le problematiche di alitosi.

Al di là di queste contingenze, spiccano le benemerenze della Consorteria degli Speziali ed Aromatari di Bergamo. Oltre ad aver dato vita alla prima specialità locale di autentica fama planetaria, la leggendaria corporazione ha infatti titolo ad annoverare, tra le proprie patenti di invenzione, anche quella dell’archetipo di uno tra i più popolari dolciumi di ogni tempo.


A Pasqua non sapete che colomba pigliare? C’è la degustazione guidata

colomba marchesiMai provata la colomba abbinata a un gin tonic? Chi vuole esplorare nuove sfumature e sensazioni del dolce pasquale può partecipare giovedì 13 aprile alla seconda serata di degustazione organizzata da Panificio Marchesi e Tassino Café nel locale di largo Rezzara a Bergamo.

L’incontro (alle 21, costo 15 euro) proporrà tre versioni della colomba artigianale del panificio – tradizionale, con gocce di cioccolato fondente e ai marron glacé – accompagnate rispettivamente a gin tonic, vermouth e passito veronese Ismaele 2009, sotto la guida professionale di Alessandro Salamina e Giuseppe Tironi che illustreranno le scelte dal punto di vista “scientifico”, gustativo e – perché no? – emozionale.

«Abbiamo voluto offrire un approccio diverso, più approfondito, al prodotto – spiega Roberto Marchesi, titolare del panificio -, anche con qualche azzardo, ma capace di far percepire, grazie agli esperti, le differenze nella qualità». Le colombe, insieme ai panettoni, sono prodotti di punta del panificio tanto da meritarsi ognuno un sito dedicato (www.ilpanettonemarchesi.it  – www.lacolombamarchesi.it) e sono richiesti in tutta Italia. «La fidelizzazione è alta, chi li ha provati torna – evidenzia -. Credo che ci sia già una grande attenzione da parte dei consumatori nella scelta del dolce, con questa iniziativa abbiamo voluto dare ulteriore valore, ma anche festeggiare insieme a clienti e amici la Pasqua».

L’appuntamento, già realizzato il 6 aprile con abbinamenti di altri tre tipi di colomba a tre vini, si inserisce in un progetto più ampio di collaborazione tra Panificio Marchesi e Tassino Café, che hanno anche realizzato il truck “certificato” East Lombardy, per portare nelle grandi manifestazioni (tra le prossime la Mille Miglia e la Fiera millenaria nel mantovano) i piatti ed i prodotti dei quattro territori insigniti per quest’anno del titolo di Regione europea della Gastronomia, ossia Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova.


Marron glacé, uno su due in Europa è made in Bergamo

marron glace italcanditiBergamo patria dei marron glacé? Ebbene sì! La metà delle preziose e golosissime castagne glassate consumate ogni anno in Europa, ossia 700 tonnellate, viene prodotta a Pedrengo dalla Italcanditi Vitalfood, come si legge in un’ampia intervista al fondatore, Angelo Goffi, realizzata dalla rivista Città dei Mille. il prodotto è uno dei fiori all’occhiello della storica azienda, nata nel 1963 dall’esperienza nel laboratorio artigianale del padre Alfredo, fin al 1945 specializzato nei marron glacé, nella frutta candita e nelle confetture e oggi leader a livello europeo nella produzione di confetture, creme, frutta candita, preparati per yogurt, verdure stabilizzate, creme salate e salse.

Il dominio nel settore dei marron glacé si deve «ai prezzi prezzi più concorrenziali sul mercato – ha spiegato il titolare nell’intervista -, ovvero agli investimenti tecnologici nell’impiantistica della produzione». Si parte da castagne attentamente selezionate, che vengono pelate a vapore e lavorate artigianalmente per conservarne sapore, fragranza e morbidezza, utilizzando tecnologie produttive avanzatissime, unite ad un severo controllo sulla qualità e sulla rispondenza ai più elevati standard di igiene.

L’innovazione dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo sono, del resto, nel Dna dell’azienda, che ha una produzione complessiva di 60mila tonnellate, 400 dipendenti, un fatturato di 100 milioni di euro ed esporta in cinquanta Paesi nel mondo.

Un punto di forza è rappresentato anche dalle politiche energetiche e di tutela dell’ambiente, in primis dagli impianti fotovoltaico e a biogas, ricavato dall’impianto di depurazione delle acque reflue dello stabilimento.


Alla ricerca del panettone ideale? A Milano assaggi gratuiti nelle pasticcerie

panettone-milaneseVolete trovare il panettone che più vi piace? Giovedì 15 dicembre è la giornata giusta perché a Milano e provincia si tiene la “Giornata del Panettone artigianale milanese”, che propone assaggi gratis quasi cento pasticcerie e panifici che realizzano il panettone milanese tradizionale.

La possibilità di assaggio si vede dalla vetrina: i pasticceri aderenti espongono infatti la vetrofania per invitare i clienti alla prova del panettone artigianale. Oltre che in città, si assaggia anche a Cinisello, Sesto, Segrete, Legnano, Corsico e altre aree del territorio. Qui l’elenco delle insegne che partecipano.

Sempre il 15 dicembre una degustazione di panettone sarà proposta, dalle 14.30 alle 15.30, al Casello Ovest di Porta Venezia, sede dell’Associazione Panificatori di Confcommercio Milano, mentre sabato 17 sarà l’Unione Artigiani ad organizzarla, alle ore 11,30 presso la sede del Sole 24 Ore, in via Monterosa 91.

Ci sono anche dei gadget natalizi: l’albero del panettone tipico da ritagliare e le decorazioni per Natale. Si trovano nelle pasticcerie e si scaricano in internet dal sito: www.mi.camcom.it

Sono invece 150 le pasticcerie che possono fregiarsi del marchio “panettone tipico della tradizione artigianale milanese”, che assicura che si tratta di un prodotto fresco, senza conservanti e artigianale. Il marchio è depositato presso l’Ufficio Brevetti della Camera di commercio di Milano ed è una iniziativa promossa dalla Camera di commercio di Milano, dal Comitato dei Maestri Pasticceri Milanesi, dalle Associazioni dei pasticceri, dei panificatori, degli artigiani e dei consumatori.

Intanto cresce il business del panettone, 2,5 milioni in più rispetto allo scorso anno, +5% e affari per 60 milioni. Emerge da un’indagine della Camera di commercio di Milano su oltre trenta pasticcerie milanesi contattate in questi giorni. Per 9 su 10 va quello tradizionale. Per i pasticceri è il simbolo principale e naturale di Milano (55% moltissimo, 42% molto). Crescono gli stranieri tra la clientela, un cliente su venti, il 5%. Il 32% è favorevole a un panettone in versione estiva per avere un dolce tipico tutto l’anno.i Istat al primo semestre 2016 e 2015.


Re Panettone, a Milano in passerella le creazioni di 40 pasticcieri

re-panettoneUna quarantina fra i migliori pasticcieri italiani che offrono assaggi gratuiti e vendono i loro panettoni al prezzo di 25 euro al chilo. È la formula di Re Panettone, fortunata manifestazione milanese che torna per la sua nona edizione sabato 26 e domenica 27 novembre, nella grande sede dello Spazio MegaWatt (via Giacomo Watt, 15).

Ad accompagnare la mostra mercato ci sono momenti di degustazione, incontri con gli artigiani, approfondimenti tematici e tanto altro. Anche quest’anno il DeFens, Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente dell’Università degli Studi di Milano, effettuerà dei controlli a campione per verificare l’assenza di mono e digliceridi nei lievitati presenti alla manifestazione. Re Panettone s’impegna infatti a proporre panettoni artigianali d’eccellenza, realizzati senza ingredienti che ne prolunghino artificialmente la vita né semilavorati che ne facilitino la produzione artigianale, omogeneizzandone i sapori.

Durante l’evento, si terranno la quinta edizione del Premio “I Pangiuso”, che incoronerà il miglior panettone e il miglior lievitato innovativo, e la sesta edizione del Premio “I Custodi del Panettone”, dedicato alle confezioni per panettone più eco-sostenibili, funzionali e creative.

L’ingresso è gratuito registrandosi sul sito o all’ingresso. www.repanettone.it