Auto, «il trend positivo non deve fare abbassare la guardia»

convegno federmotorizzazione Ascom Bergamo - tavoloIl mercato dell’auto continua la crescita e in Lombardia e in Bergamasca lo fa con numeri superiori alla media dal paese. Nei primi tre mesi dell’anno le immatricolazioni a Bergamo sono salite complessivamente del 31,7% rispetto allo stesso periodo del 2015, passando da 6.761 a 8.903. In Lombardia l’aumento è stato del 24,4%, mentre a livello nazionale del 21%. «Il 2015 è stato un anno di crescita e nel 2016 gli incrementi sono proseguiti. Ci auguriamo che la lunga crisi che ha colpito il settore sia definitivamente superata», ha evidenziato Simonpaolo Buongiardino, presidente di Federmotorizzazione in occasione del convegno organizzato all’Ascom di Bergamo dal titolo “Automotive – Consolidiamo e sosteniamo la ripresa del settore”, nel quale sono stati presentati i dati complessivi, che dicono anche di un incremento dei veicoli commerciali (a Bergamo il saldo tra 2014 e 2015 è positivo di 220 immatricolazioni, da 2.642 e 2.862, pari all’8,3%, in Lombardia di circa 8.500 veicoli, da 110.427 a 118.912, 7,7%) e dell’usato, con 3.636 passaggi netti in più pari all’8,2% a Bergamo a fronte di un incremento medio regionale del 5,4% (da 411.597 a 434.000).

Simonpaolo Buongiardino
Simonpaolo Buongiardino

Il trend positivo non deve però fare abbassare la guardia. «Il contesto congiunturale generale non è ancora dei migliori – evidenzia Buongiardino -, l’economia cresce poco e non si è ancora realizzato un effettivo rilancio dei consumi interni, che può avvenire solo se i cittadini possono contare su maggiori disponibilità economiche e se c’è fiducia nel futuro. Al momento questi due fattori non ci sono ancora, servirebbe un deciso intervento sulle aliquote fiscali per realizzare entrambi». Dal canto suo la Federazione, che riunisce rivenditori di autoveicoli, motocicli e ciclomotori, ricambi e pneumatici, ma anche altre realtà legate ai motori, come i camperisti, ha scelto di rilanciare la propria azione a favore del settore. «Accanto ai convegni centrali – spiega il presidente – vogliamo promuovere degli incontri territoriali. Abbiamo cominciato con Milano nell’ottobre scorso, ora siamo a Bergamo e proseguiremo con ulteriori appuntamenti. Negli obiettivi c’è anche l’organizzazione di osservatori e forum semestrali nazionali per tenere costantemente monitorata l’evoluzione del mercato e promuovere presso il governo iniziative di sostegno al settore, sulla scia di quanto è avvenuto con il bonus mobili e gli sgravi per le ristrutturazioni edilizie».

Loreno Epis
Loreno Epis

Nella sala della nuova sede dell’Ascom, il convegno ha offerto una panoramica ampia attorno al mondo dell’auto, dalle evoluzioni amministrative, come il Registro unico automobilistico, alle modalità di comunicazione da parte dei rivenditori, dal focus sulle esigenze degli agenti di commercio alle applicazioni web, dall’osservatorio sui consumi ai rapporti bancari, passando per assicurazioni, gestione della manutenzione, normative per vendere al sicuro.

convegno federmotizzazione Ascom Bergamo - platea 2«Bergamo è la prima tappa di un tour nei territori con cui Federmotorizzaione intende rinnovare il modo di dialogare con gli associati – evidenzia Loreno Epis, presidente degli autosalonisti dell’Ascom e consigliere di Federmotorizzazione –. L’idea è di avvicinarsi agli imprenditori e di offrire formazione, incontri, teaching e informazioni in tempo reale sulle evoluzioni tecniche e normative del settore. Lo facciamo con esperti qualificati e testimonianze significative, a Bergamo ad esempio con Quattroruote e con il più grande concessionario d’Italia, Autotorino». Alla base di questa scelta la consapevolezza che il settore è in continua evoluzione. «La recente partecipazione a “Nada 2016”, a Las Vegas, l’evento dell’anno del comparto automotive – ricorda Epis – ci ha fatto conoscere una realtà più avanzata e dinamica, quella statunitense, dove l’associazionismo indipendente ha già una storia centenaria. Web, organizzazione, rapporti con la clientela sono tutti fattori da curare e sviluppare costantemente. Se in passato la vendita era personale e locale, oggi il canale privilegiato è il web e, pur non essendo una novità, deve essere ben conosciuto per poterlo usare al meglio».

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Immobili, per Nomisma «a Bergamo mercato ancora poco dinamico»

«Il mercato immobiliare bergamasco continua ad essere poco dinamico, sebbene si intraveda qualche timido segnale di attenuazione della fase recessiva, che induce a considerare come superato il punto minimo raggiunto negli anni precedenti». È l’analisi del primo Osservatorio Immobiliare 2016 di Nomisma, società indipendente che realizza attività di ricerca e consulenza economica a livello nazionale e internazionale.

Il mercato residenziale bergamasco ha mostrato nel 2015 timidi segnali di ripresa, dimostrata dal nuovo aumento delle compravendite e dalla riduzione dei tempi medi di vendita (9,5 la media cittadina). Il divario medio tra prezzo richiesto e prezzo effettivo rimane alto (18% per l’usato e 14% per il nuovo).

I prezzi si sono ulteriormente ridotti, registrando una flessione media del -1,9% per le nuove abitazioni e del -1,7% per le usate. Nel segmento della locazione, il periodo necessario per la definizione di una trattativa è di circa 3,2 mesi. I rendimenti medi lordi si mantengono pressoché inalterati al 5,2%.

La maggior parte degli intenzionati all’acquisto è propensa a ricorrere al mutuo, col quale coprire circa il 77% del valore dell’abitazione. Tra le tipologie dei contratti d’affitto, a Bergamo crescono quelli a canone concordato (37%), raddoppiati rispetto al 2013.

Il mercato dei box e garage è praticamente stabile sul fronte compravendita e locazione. Il calo dei canoni nelle zone periferiche è di -3%.

Nel comparto direzionale i tempi medi di vendita e di locazione rimangono elevati, rispettivamente 13,5 e 9 mesi, così come lo sconto medio tra prezzo richiesto e quello effettivo, fermo al 21,5%. I prezzi calano del -3,4% annuale, la variazione più alta tra le città italiane monitorate da Nomisma.

I canoni degli uffici si contraggono soprattutto nelle zone centrali (-3,5% annuale). Il rendimento potenziale lordo annuo cresce leggermente, portandosi al 4,7% medio.

Nel mercato retail il numero delle compravendite del 2015 è stato inferiore alle 70 unità, un terzo di quelle registrate nel 2005. Lo sconto praticato sul prezzo inizialmente richiesto risulta in leggera flessione rispetto alla precedente rilevazione (17,5%), così come i tempi di vendita, scesi a 11 mesi. I rendimenti potenziali lordi da locazione si mantengono – per il terzo anno consecutivo – al 6,9%.

Nel comparto dei capannoni industriali l’allungamento dei tempi necessari a locare gli immobili industriali non lascia intravedere miglioramenti per il segmento locativo. Per concludere qualche trattativa è necessario applicare sconti sul prezzo richiesto che si mantengono molto elevati, in media 23%. I prezzi e i canoni si contraggono ulteriormente, anche se in maniera meno accentuata rispetto agli anni precedenti.


Ospitalità in appartamento, mappatura dell’Università: in città 548 strutture

Chi a Bergamo è alla ricerca di una sistemazione alternativa a quella alberghiera, consultando le tre principali piattaforme social potrà trovare 548 offerte.

Ha preso in considerazione gli annunci su Wimdu, Airbnb e Homeholidays – i maggiori siti che permettono a chi possiede stanze o un appartamenti di metterli a disposizione dei viaggiatori e a questi ultimi di trovare un alloggio famigliare – la mappatura effettuata tra ottobre 2015 e gennaio 2016 da Elisa Bonacina, neolaureata dell’Università degli Studi di Bergamo, presentata al convegno “L’ospitalità in appartamento a Bergamo” organizzato dal Cestit, Centro studi per il turismo e l’interpretazione del territorio, per approfondire uno dei temi cruciali di questi anni.

A prevalere in città è l’offerta di stanze private (65%) sugli appartamenti (35%). E se c’è una buona parte delle proposte degli intermediatori on line già inquadrate nelle definizioni e nelle statistiche tenute dalla Provincia (il 67%), il restante 33% al momento sfugge ai numeri ufficiali. In particolare, sono ufficiali 229 appartamenti (il 41,8% del totale) e 139 stanze private (25,4%), ai quali si aggiungono 62 appartamenti non ufficiali (11,35), 31 stanze non ufficiali (5,7%) e 87 strutture non confrontabili con le definizioni in vigore (15,8%).

La maggiore concentrazione dell’offerta è in centro (si trova qui il 42,4% delle strutture ufficiali e il 29% di quelle non ufficiali) e nella zona che comprende Città alta e Longuelo (23,4% delle strutture ufficiali, 14% di quelle non ufficiali). L’exploit delle strutture non ufficiali è nell’area Malpensata e Celadina (18,3%).

Il prezzo medio promosso sui portali per un appartamento intero in una struttura ufficiale è di 70,7 euro al giorno, in una struttura non ufficiale o non regolamentata di 81,7 euro. Per una stanza si spende invece meno in una struttura non ufficiale (62 euro) che in una ufficiale (66 euro). La tassa di soggiorno, secondo quanto pubblicato dagli annunci, è richiesta dal 33,7% delle strutture ufficiali e solo dal 2,2% di quelle non ufficiali.

I giudizi degli utenti vanno da un punteggio di 4,4 su 5 per Windu al 4,7 per Airbnb al 4,9 di Homeholidays. La differenza nei giudizi medi è minima tra strutture ufficiali (4,4) e non (4,5).

L’indagine ha anche analizzato il profilo di chi mette a disposizione gli alloggi. Sono in prevalenza donne. Per l’affitto di appartamenti interi la maggior parte non ha a disposizione un altro alloggio (il 94% di chi pubblica di Homeholidays, il 58% di chi sceglie Airbnb e il 50% degli inserzionisti Wimdu), così come per le stanze (il 100% di Homeholidays, il 45% di Airbnb e il 70% di Wimdu).


L’indagine / Imprese, la carica delle reti. In Lombardia crescono del 25%

Crescono in Lombardia le reti d’impresa. Nel 2015 sono state circa 500 le imprese lombarde che hanno stipulato un contratto di rete portando a 2.435 il numero complessivo delle imprese lombarde in rete (sulle 13mila italiane: la Lombardia è la prima Regione per numero di imprese in rete, doppia quasi l’Emilia Romagna).

Dopo l’agricoltura (+35%) è il settore dei servizi (+24%) ad aver registrato la crescita più intensa dei contratti di rete, secondo i dati Unioncamere. Milano è l’area con il maggior numero di imprese coinvolte (835). E proprio nella sede milanese di Confcommercio si è tenuto l’evento “Insieme, protagonisti della ripresa. Storie di Reti del Terziario” organizzato da Confcommercio Lombardia con la presentazione dell’indagine TradeLab sulle aspettative e i risultati delle imprese che hanno intrapreso percorsi di aggregazione di rete.

Evento aperto da Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, e dal presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni. Con gli interventi di Renato Borghi (vicepresidente vicario della Confcommercio lombarda) e Luca Zanderighi (professore ordinario di Economia e gestione delle imprese dell’Università degli Studi di Milano, che ha presentato i dati dell’indagine). Da tre imprenditori, poi, è arrivata una testimonianza diretta della propria esperienza di rete (Dario Bossi con la rete “Photop”; Luigino Poli con la rete degli albergatori “La Milano che conviene” e Diana Da Ros con “MB Circle” ed “MB Wedding”). L’incontro, moderato da Oscar Giannino, si è concluso con la consegna, da parte di Confcommercio Lombardia, di un riconoscimento alle 23 reti di impresa più attive di commercio, turismo e servizi. Tra queste anche l’Ascom di Bergamo per il progetto “GoinBergamo – I Distretti del Commercio in Rete”, che mette in rete i distretti dell’attrattività, le loro attività commerciali, i punti di interesse e le manifestazioni tramite l’ecosistema digitale E015 e la realizzazione del portale e della webapp www.goinbergamo.it.

L’indagine, invece, ha coinvolto imprenditrici e imprenditori del terziario che, nell’ultimo triennio, hanno costituito o sono entrati a far parte di una rete d’impresa: nel complesso 21 reti d’impresa.

Le aziende che fanno rete

Dall’indagine emerge come l’86% delle aziende inserite in una rete d’impresa operi in Lombardia: il 36% a Milano e area metropolitana, quasi il 30% a Monza Brianza. In prevalenza sono imprese che appartengono al settore del commercio (45%), seguite dai servizi (25%) e dal turismo (22%). E sono soprattutto pmi: il 56% ha meno di 5 addetti e il 19% occupa almeno 10 persone. Il fatturato dichiarato (dato 2014) è inferiore ai 500mila euro per il 51% delle imprese mentre il 28% dichiara un fatturato di oltre 1 milione di euro. Dal punto di vista della composizione giuridica, il 45% delle aziende nelle reti d’impresa è una società di capitali; il 33% una società di persone e il 22% è costituito da ditte individuali. La rete d’impresa coinvolge in maniera significativa le imprese più giovani: quasi il 40%, infatti, svolge la propria attività da meno di 15 anni e tra di esse il 14% ha iniziato ad operare dopo il Duemila. Nel 70% dei casi il titolare dell’azienda che fa parte di una rete d’impresa è uomo. Un quarto degli imprenditori ha meno di 50 anni e il 25% ha conseguito una laurea o un master: essenzialmente fra quelli più giovani. Ma che caratteristiche hanno le aziende che fanno parte di una rete d’impresa? Il 63% delle imprese è indipendente, il 37% partecipa o è partecipato finanziariamente da altre imprese. Chi opera in una rete d’impresa è in genere comunque già abituato ad avere legami con altre realtà del territorio: il 42% fa parte di un Distretto e il 16% di un consorzio.

Realtà giovani e “formalizzate”

Le reti d’impresa sono giovani: costituite per oltre il 90% tra il 2014 e il 2013 (l’adesione delle imprese a una rete ha di fatto coinciso con la costituzione della rete stessa). E sono “formali”: l’86% delle imprese ha infatti stipulato un contratto di rete (più del 62% di chi attualmente fa invece parte di reti “informali” non ritiene sia necessario stipulare nel prossimo futuro un contratto di rete). Poco più del 28% delle imprese fa parte di una rete d’impresa con un fondo patrimoniale comune e personalità giuridica; quasi il 22% a una rete con un fondo patrimoniale comune e il circa 36% a una rete “light” (senza fondo patrimoniale comune e personalità giuridica). Le imprese sono comunque più interessate a consolidare l’esperienza di rete con una maggiore condivisione di azioni e cultura manageriale piuttosto che a costituire un modello contrattuale più “hard” (con un fondo patrimoniale comune).

Le imprese che aderiscono al contratto di rete hanno un elevato grado di collaborazione: il 60% svolge attività in comune e il 31% ha comunque una frequente consultazione con le altre aziende. È ancora molto limitata la presenza di un manager di rete. Le reti d’impresa sono per lo più di piccole e medie dimensioni – il 47% con meno di 5 imprese e il 49% con più di 10 – e sono in particolare localizzate a Milano area metropolitana (quasi il 62%) e nelle altre zone della Lombardia (poco più del 27%).

Opportunità e difficoltà

Perché le imprese del terziario aderiscono a una rete d’impresa (risposte multiple nell’indagine)? Il 76% per politiche di marketing e di comunicazione in comune, il 54% per sviluppare nuovi prodotti/servizi. Molto importante anche la riduzione dei costi operativi (acquisti in comune, razionalizzazioni della struttura dei costi) sottolineata da circa un terzo delle imprese.

Le maggiori difficoltà che si incontrano nell’avvio della rete riguardano, da un lato, i diversi adempimenti amministrativi necessari (30%) e, contestualmente, reclutare e coinvolgere le imprese (28%). Un aspetto, quest’ultimo, sentito in particolare nel settore commerciale: bene, quindi (e importante, rileva Confcommercio Lombardia, può essere in questo senso il ruolo del sistema associativo) iniziative territoriali che favoriscano incontro e confronto fra potenziali partecipanti a una rete.

Il ruolo dell’associazione di rappresentanza e di categoria è importante, assieme alle imprese, anche nel predisporre un contratto di rete giudicato molto e/o abbastanza complesso da oltre l’80% delle imprese. Più del 56% degli imprenditori si rivolge alle associazioni per chiedere supporto nello start up della rete. Significativo anche il coinvolgimento di consulenti/figure professionali (più del 32%). Supporto in particolare per il contratto di rete (informazioni 40% e formalizzazione il 34%). Poi il matching tra imprese (19%) e la definizione degli obiettivi della rete (16%).

Funzionano le reti d’impresa?

Le reti d’impresa funzionano: oltre i due terzi degli imprenditori dichiara di aver ricevuto un beneficio effettivo con l’adesione alla rete. Il beneficio riguarda soprattutto l’aumento della gamma di prodotti/servizi offerti (42%) e la riduzione dei costi o la possibilità di accedere a nuovi segmenti di mercato (assieme il 28%). Per il 47% delle imprese l’adesione alla rete è stata in linea con le attese. Più del 23% ritiene di aver avuto effetti superiori alle aspettative mentre il 29% si attendeva di più. Con riguardo all’organizzazione aziendale interna e allo sviluppo di nuove opportunità di mercato, il giudizio positivo è di circa la metà delle imprese.

Il rapporto con le banche

È un punto ancora critico: solo 15% ritiene che l’adesione alla rete d’impresa abbia effettivamente migliorato il livello di solidità finanziaria e affidabilità nei rapporti con gli istituti di credito.

Gli sviluppi

Nelle azioni future emerge soprattutto l’esigenza di consolidare il livello di operatività delle imprese in rete (33%) ed è sentita l’esigenza di una maggiore visibilità esterna della rete stessa (quasi il 40%).

Il ruolo delle associazioni

Per Confcommercio Lombardia il giudizio sui dati emersi dall’indagine è complessivamente positivo: dopo una prima iniziale sperimentazione, gran parte delle imprese sembra pronta ad affrontare il consolidamento della rete d’impresa e del suo progetto strategico. Occorre, però, accrescere il livello di cultura manageriale e rafforzare la governance delle reti. E le associazioni d’impresa – conclude Confcommercio Lombardia – hanno, in questo processo, un ruolo decisivo.


Immobili, compravendite in risalita soprattutto in città

Mercato immobiliare bergamasco in leggera risalita. L’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate ha convocato lunedì scorso, 25 gennaio, il Comitato Consultivo Misto, di cui fa parte anche Fimaa Ascom Bergamo, per presentare e analizzare i dati ufficiali del mercato immobiliare orobico al terzo trimestre 2015.

L’analisi conferma la crescita del numero delle transazioni, soprattutto per quanto riguarda la vendita di appartamenti di media metratura, e un leggero miglioramento delle vendite di immobili per il settore commerciale. Unico dato negativo riguarda uffici e capannoni, per cui si regista ancora una stagnazione.

«L’aumento delle transazioni è avvenuto in quei comuni in cui i prezzi si sono adeguai ai reali valori del mercato. In città, rispetto al 2014, il prezzo del residenziale è sceso del 3,96%, mentre in provincia di circa il 7% – sottolinea Enzo Pizzigalli, consigliere Fimaa Ascom Bergamo con la delega all’Osservatorio del Mercato Immobiliare -. Inoltre, nei comuni in cui i valori sono scesi si è registrata la vendita di immobili dalle metrature medie e medio-grandi».

Le transazione del residenziale, a settembre 2015, sono state 2.337, contro le 2.011 del terzo trimestre 2014 ed hanno registrato un incremento del 16,2%. In città si sono vendute 329 unità abitative (276 nel 2014 per un incremento del 19,3% ), in provincia invece 2.008 (1.735 nel 2014 , +15,7%).

I comuni in cui si sono venduti più immobili residenziali sono stati Treviolo, Alzano Lombardo, Romano di Lombardia, Seriate. Penalizzate invece le zone di montagna a vocazione turistica, in cui i prezzi non si sono adeguati al mercato.

«Il mercato immobiliare è comunque ancora molto instabile e non si può parlare per il momento di ripresa, ma solo di leggera risalita e di inversione di tendenza rispetto al 2014 – sottolinea Pizzigalli –, anche perché nel quarto trimestre 2015 i dati, non ancora confermati ufficialmente, dicono di un rallentamento nelle compravendite».


Libri e lettura, si conferma la ripresa

Sono in leggero aumento i lettori in Italia. Il report dell’Istat stima che 2015 il 42% delle persone di 6 anni e più (circa 24 milioni) abbia letto – per motivi non strettamente scolastici o professionali -almeno un libro nei 12 mesi precedenti l’intervista. Il dato 2014 fissava la percentuale al 41,1%, va perciò confermandosi il recupero, dopo la diminuzione iniziata nel 2011.

Lo scostamento più significativo interessa i lettori 15-17enni, che sono aumentati dal 51,1% del 2014 al 53,9% del 2015, mentre restano invariate, nel complesso, le differenze di genere: le lettrici sono il 48,6% contro il 35% dei lettori maschi.

In assoluto, il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra i 15 e i 24 anni – che hanno letto almeno un libro in oltre il 60% dei casi – con un picco per le 15-17enni (66,1%). Le lettrici scendono sotto il 50% dopo i 60 anni mentre per i maschi di tutte le classi di età la quota è sempre inferiore a tale valore e quella massima, registrata in corrispondenza degli 11-14enni, è di poco superiore al 45%.

Il 45,5% dei lettori, però, ha letto non più di tre libri nei 12 mesi precedenti l’intervista, si tratta dei così detti “lettori deboli”. Solo il 13,7% si annovera tra i “lettori forti”, avendo dichiarato di averne letti almeno 12 nell’ultimo anno (14,3% dei lettori nel 2014).

Quasi una famiglia su dieci (9,1%, pari a circa 2,3 milioni di famiglie) dichiara di non avere nemmeno un libro in casa e anche nei casi in cui è presente una libreria domestica, il numero di libri disponibili è molto contenuto: il 29,1% delle famiglie possiede non più di 25 libri e il 64,4% ha una libreria con al massimo 100 titoli che, calcolando un ingombro medio di 30/40 libri per metro lineare, occupano indicativamente non più di tre ripiani di uno scaffale. Sul fronte opposto, si stima che il 26% delle famiglie possegga più di 100 libri. Le regioni con le percentuali maggiori sono la Liguria (37,1%), il Trentino-Alto Adige (34,6%) e il Friuli-Venezia Giulia (34,3%).

La presenza di libri in casa non è, d’altro canto, sufficiente a favorire la lettura. Infatti, più di una persona su cinque tra quelle che dichiarano di disporre di oltre 400 libri (22,2%) non ne ha letto nemmeno uno e quasi una su quattro (24,5%) ha dichiarato di leggere non più di tre libri all’anno (18,3% nel 2014).

Intanto il mercato di prodotti editoriali digitali si sta lentamente diffondendo. Nel 2015, quattro milioni e 687mila persone hanno letto o scaricato libri online o e-book (14,1% delle persone di 6 anni e più che hanno utilizzato Internet negli ultimi tre mesi e 8,2% della popolazione di 6 anni e più). I volumi cartacei ed i libri in formato digitale non appaiono prodotti editoriali alternativi e necessariamente in competizione: la quota di persone che negli ultimi 3 mesi hanno letto online o scaricato libri o e-book aumenta in proporzione al numero di libri presenti in casa e tocca il valore massimo (23,8%) proprio tra le persone che dispongono già di una biblioteca domestica con oltre 200 volumi.

In un tale quadro può essere interpretato come un segnale positivo – dice l’Istat -, anche se ancora flebile, il fatto che circa il 6% di quanti non hanno libri in casa ma hanno navigato in Internet negli ultimi tre mesi ha letto online o scaricato libri o e-book. La diffusione dei libri in versione digitale e degli e-book potrebbe rappresentare in prospettiva un nuovo canale di accesso alla lettura per le famiglie che non hanno grande familiarità con librerie e libri cartacei. Analogamente, tra le persone che hanno navigato in Internet negli ultimi tre mesi (55% della popolazione di 6 anni e più), hanno scaricato o letto online libri o e-book il 5,8% dei “non lettori” e il 20,9% dei lettori che navigano sul web. Tra questi ultimi, i tassi di fruizione online aumentano al crescere del numero di libri letti nel corso degli ultimi 12 mesi, passando dal 14,2% di chi ha letto fino a 3 libri al 35,4% di chi ne ha letti 12 o più.

Le dimensioni della non lettura restano in ogni caso «una vera e propria emergenza nel nostro paese – dice il rapporto -. Da oltre quindici anni, al di là delle oscillazioni di breve termine, la popolazione dei non lettori è ancorata a una quota pari a circa il 60% delle persone di 6 anni e più, e non si vedono segnali di ripresa».


Sette anni di commercio a Bergamo. Ecco cosa è cambiato

Offerta turistico-ricettiva in crescita e negozi di vicinato stabili. È quanto emerge dall’analisi fatta dall’Ascom su come è cambiata la città di Bergamo e il centro città tra il 2008 e il 2015. L’analisi nasce dall’approfondimento con dati locali di uno studio presentato oggi in conferenza stampa a Roma da Confcommercio Imprese per l’Italia sull’evoluzione dei centri storici di 39 medie città italiane, tra cui è compresa anche Bergamo.

Dai dati analizzati dall’Ascom risulta che Bergamo è una realtà in crescita. Dal 2008 al 2015 il commercio è aumentato del 3,2% (+ 62 unità). Il boom si è registrato nelle attività di somministrazione e nella ricettività con un +9,2% (49 attività in più). Mentre restano stabili il commercio fisso alimentare (+ 1,1%) e il commercio fisso non alimentare (+0,9%).

Il terziario cittadino è composto per il 56,9% da negozi non alimentari, per il 29,4% da pubblici esercizi, ristoranti e alberghi e per il 13,7% da negozi alimentari.

Il rapporto tra densità demografica e attività è di 60 abitanti per esercizio commerciale nel 2015 e 61 nel 2008. I dati relativi al 2015 dicono che c’è un bar o ristorante ogni 204 abitanti, un negozio alimentare ogni 440 abitanti e un negozio non alimentari ogni 106 cittadini.

«Nei sette anni analizzati i numeri sono per lo più invariati – spiega Oscar Fusini, direttore Ascom Bergamo –, questo è dovuto in particolare all’aumento del numero di attività registrato nel 2015, anno in cui si sono colmate quelle perdite avute negli anni precedenti. L’analisi svolta a livello locale conferma i dati nazionali per quanto riguarda la crescita dei pubblici esercizi e la maggiore vocazione turistica di Bergamo, mentre presenta sensibili differenze rispetto ad altre città italiane per quanto riguarda il commercio in sede fissa alimentare e non alimentare».

Secondo lo studio di Confcommercio sui centri storici di 39 medie città italiane emergono sostanzialmente tre elementi: negli ultimi 7 anni, tutti i comuni analizzati, fatta qualche rara eccezione, hanno subito una perdita di esercizi commerciali più o meno significativa; nello stesso periodo, cresce l’offerta turistico-ricettiva; la riduzione dei negozi nei centri storici è quasi doppia rispetto alle periferie. «La differenza con le altre città è dovuta al fatto che a Bergamo l’avvento della grande distribuzione organizzata è iniziato un decennio prima rispetto alle altre realtà provinciali, che si sono trovate ad affrontare l’impatto della gdo solo in questi ultimi anni», spiega Fusini.

I dati

  • Ricettività e somministrazione

Pubblici esercizi e ristoranti sono aumentati in 7 anni del 9,2%, in particolare nel centro città sull’asse piazzale Marconi – porta Nuova e nella zona piazza Pontida – via Sant’Alessandro – Sant’Orsola. La crescita è l’esito delle liberalizzazioni totali che hanno interessato il settore. Fuori dai centri storici sono nati alcuni pubblici esercizi nella periferia cittadina.

  • Commercio fisso alimentare

Nel commercio fisso alimentare c’è stato un piccolissimo incremento di attività, pari all’1,1%. Il settore aveva già pagato pesantemente la perdita di attività nel decennio precedente a tra il          2000 e il 2010. Oggi questa stabilità è dovuta in particolare alla nascita di nuove attività che offrono consumo sul posto.

  • Commercio fisso non alimentare

Anche in questo settore si registra una stabilità. È avvenuta una trasformazione del settore con la riduzione di negozi di abbigliamento e calzature tradizionali, la cui offerta era particolarmente alta negli Anni 80 e si è andata ridimensionando anche per via del cambiamento degli stili di vita e di consumi; il calo dei negozi tradizionali è stato compensato da altre proposte, in particolare negozi etnici.

Le proposte

Confcommercio pone come elemento strategico per la crescita del Paese la rigenerazione dei centri urbani, nei quali confluiscono il maggior numero di abitanti e di imprese attive nel terziario. Nelle maggiori 100 città italiane si concentra il 67% della popolazione, l’80% del Pil e il 75% delle imprese attive. La Confederazione ha sottoscritto nei mesi scorsi un “Patto per le città” insieme al Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Ance e Unioncamere.

Ascom, prendendo spunto da Confcommercio, si propone di stringere un Patto per la città che riunisca i diversi attori presenti in città con l’obiettivo di sostenere e sviluppare il rilancio del territorio urbano. «Serve quindi un piano coordinato di interventi di riqualificazione e di rigenerazione urbana attraverso il quale necessario puntare sull’offerta culturale, turistica e commerciale – spiega Fusini-. Infine è fondamentale integrare le competenze anche di innovazione e di visione digitale della città (smart city e sostenere le reti d’impresa tra cui il nostro Distretto urbano del commercio».


Buona la partenza dei saldi, +6% nel primo fine settimana

COMMERCIO: SALDI; SHOPPINGBuone notizie sul fronte dei saldi. «Per questo primo fine settimana possiamo ritenere positivo l’andamento delle vendite, che in media ha registrato un +6% rispetto allo scorso anno – afferma Paolo Malvestiti, presidente di Ascom Bergamo -. Continua quindi la leggera ripresa dei consumi che avevamo intravisto a dicembre. La partenza è stata quindi buona». I saldi hanno però una durata breve.paolo-malvestit.jpg

Dopo i primi 10-15 giorni, la corsa alle vendite di fine stagione rallenta o addirittura si ferma, soprattutto perché sia nell’abbigliamento che nelle calzature vanno ad esaurirsi velocemente taglie e  numeri. «Aspettiamo il prossimo fine settimana, in cui le vendite a prezzi scontati dovrebbero ancora reggere bene, ma poi, come succede da alcuni anni, i saldi si fermeranno e l’interesse sarà spostato altrove – continua Malvestiti -. Nei negozi dove sono comparsi i primi capi e i primi accessori della stagione primaverile si respira da parte dei clienti una certa curiosità e un certo interesse: sono attratti dai colori pastello delle nuove collezioni».

La buona partenza nei saldi non è stata omogenea: ci sono negozi, soprattutto in provincia, che registrano una stabilità rispetto allo scorso anno. «Comunque, quello che di positivo vediamo – conclude Malvestiti – è una certa fiducia che è tornata tra le gente e un desiderio di cambiare, innovare. I bergamaschi rimangono sempre attenti al prezzo e alla qualità, ma sono un po’ più sereni rispetto ai primi mesi del 2015». Anche l’ultima analisi sui consumi fatta da Confcommercio indica un graduale rafforzamento della domanda delle famiglie. I dati appena pubblicati dall’Ufficio Studi della Confederazione indicano che, dopo un trimestre di rallentamento, a novembre si è segnalato una crescita dei consumi dello 0,4%  rispetto al mese precedente e del 2,2% in confronto allo stesso mese del 2014.


Turismo, a Bergamo l’Expo vale un balzo del 20%

Effetto Expo sì o no? A giudicare dai dati dell’Osservatorio Turistico della Provincia di Bergamo pare proprio che l’evento milanese una bella scossa alle presenze l’abbia data. Nei sei mesi della rassegna mondiale sono infatti aumenti del 19% gli arrivi in città e del 20% le presenze (ossia le notti trascorse), rispetto allo stesso periodo (primo maggio – 31 ottobre) del 2014.

Hanno quindi messo piede in città oltre 165mila visitatori, per 308mila pernottamenti. La maggior parte è rappresentata da stranieri, poco meno di 117mila, contro i 48mila italiani. È però il turismo domestico quello che è cresciuto di più in termini di arrivi, +22,7% contro il +17,5% dall’estero, dato in linea con il profilo dei visitatori Expo. Il valore si equilibra invece considerando le presenze, +18,8% di italiani e + 20,6% di stranieri.

La preferenza rimane per la sistemazione alberghiera, scelta da oltre 100mila visitatori contro i poco più di 60mila del sistema extralberghiero, dove però ci si ferma di più.

Anche nella Grande Bergamo, che comprende i comuni dell’hinterland, i dati sono positivi. Il totale degli arrivi è di poco superiore a quello della città: 165.567, ma le presenze sono inferiori 275.937, significa ci si ferma di meno rispetto al capoluogo, ma comunque più che in passato. L’incremento degli arrivi si attesta infatti al 10,5%, mentre quello delle presenze al 16,2%.

Al contrario di Bergamo, nella cintura urbana prevalgono i soggiorni degli italiani rispetto a quelli stranieri. Gli arrivi domestici nel semestre Expo sono stati quasi 94mila contro i 71mila dall’estero, le presenze italiane 162mila contro 113mila. Anche gli incrementi rispetto al 2014 sono più sostanziosi sul fronte interno: +12,4% gli arrivi e + 23,2% le presenze, mentre dall’estero la crescita è ad una cifra, +8,1% gli arrivi, +7,5% le presenze.     

Tutto merito dell’Expo? Di certo anche di chi ha saputo promuovere il territorio e l’offerta nel periodo della manifestazione. Non a caso i dati sono stati forniti in occasione della presentazione dei risultati del primo semestre di attività di Visit Bergamo, il marchio unico con il quale Comune, Camera di Commercio e Provincia, con la regia di Turismo Bergamo, hanno rinnovano l’immagine e la comunicazione turistica.

tabella turismo - arrivi e presenze maggio ottobre 2015


Dettaglio alimentare, gli imprenditori vedono un po’ di luce

Il dettaglio alimentare comincia a vedere una luce in fondo al tunnel della crisi? Sembrerebbe di sì, a giudicare dall’Osservatorio congiunturale realizzato da Fida-Confcommercio in collaborazione con Format Research e presentato a Roma nella sede nazionale di Confcommercio.

Le rilevazioni indicano una crescita della fiducia delle imprese nei primi sei mesi del 2015, sia con riferimento alla situazione economica del Paese, sia per quel che riguarda l’andamento della propria attività. Positivi sono anche i giudizi degli imprenditori circa il livello dei ricavi (aumentati per il 5,3% e invariati per il 48,9%) e il 6% delle imprese fa registrare anche un incremento dello scontrino medio in valore, condizione migliorata di oltre due punti percentuali rispetto a dodici mesi fa, oltre che l’aumento degli accessi nel punto vendita.

L’intero settore evidenzia performance leggermente migliori rispetto alla totalità delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi, «anche se è necessario sottolineare come i principali indicatori mostrino ancora i segni della lunga crisi – precisa la ricerca -, attestandosi su risultati distanti dall’area di espansione economica. In sostanza, la strada della ripresa è stata imboccata ma potrebbe essere necessario attendere molto tempo prima di recuperare il terreno perduto in questi anni». A riprova di ciò, la presenza di una fetta di operatori che continuano a risentire delle conseguenze di questo lungo periodo, vedendosi costretti ad intervenire ancora sul personale (è stato così per l’11% dei dettaglianti nel primo semestre 2015) rinunciando ad assunzioni già previste o licenziando lavoratori a tempo determinato. Di contro oltre il 6% delle imprese che si dichiara intenzionato ad approfittare delle agevolazioni offerte dal Jobs Act in vista della seconda parte dell’anno. «Si tratta di una percentuale non piccola», evidenzia lo studio.

La scia della lunga crisi si fa ancora sentire pure sugli investimenti, rinviati dal 63% delle imprese, per non parlare del fatto che l’80% ha avvertito un aumento delle tasse sulla propria attività negli ultimi due anni. Sul fronte del credito, migliora la capacità delle imprese di fare fronte al proprio fabbisogno finanziario, anche se è ancora molto limitata la quota di imprese effettivamente finanziate.