Auto, moto, elettrodomestici: a Bergamo consumi ancora con segno “più”

Cresce la spesa per i beni durevoli in Lombardia e a Bergamo lo fa con un ritmo ancora di più marcato. Nel 2016 – secondo la 23esima edizione dell’Osservatorio di Findomestic Banca, presentato oggi a Milano – le vendite di auto, moto, mobili ed elettrodomestici in Lombardia hanno raggiunto i 12,176 miliardi di euro, riportando un incremento del +6,9% sull’anno precedente, superiore alla media nazionale, che si è attestata a +6,4%.

In provincia di Bergamo i consumi complessivi hanno raggiunto quota 1,213 miliardi, per un aumento del 7,8%, secondo in regione solo al +8,5% di Brescia. L’aumento fa seguito a quello del 7,7% registrato lo scorso anno. Le spesa media delle famiglie Bergamasche sale da 2.438 euro a 2.615 (+7,3%)

auto-concessionari-autosalonisti-contrattiPer quanto riguarda i settori, la nostra provincia è la prima per incremento delle immatricolazioni di auto, passate in un anno da 26.905 a 32.340 (+20,2% – la media regionale è del 16,2%) che portano il parco circolante a poco più di 587mila vetture (+0,4%). Del totale immatricolato, 24.375 auto sono quelle acquistate dalle famiglie e 7.965 dalle aziende. La spesa per le auto nuove è cresciuta del 18,9%, contro il +20,6% di Brescia. Sopra la media nazionale (+14,1%) anche Lecco (+16,1%), Sondrio (+15,7%) e Milano (+15,1%).

Sul fronte delle auto usate sono invece Lecco e Mantova a far segnare l’incremento di spesa maggiore: +6% per un totale di 88 milioni di euro a Lecco e +5,5% a Mantova (119 milioni di euro). Bergamo è terza (301 milioni di euro per 46.406 passaggi di proprietà pari ad un +5,4%,). Seguono Como (+4,5%, 154 milioni di euro), Brescia (4,2%, 367 milioni di euro) e Milano (4%, 1.727 milioni di euro). Chiude la classifica Lodi con +2,7% e 54 milioni di euro di spesa.

Nei motoveicoli, Bergamo è seconda dopo Milano (17.412) per numero di vendite nel 2016 (4.471) e per parco circolante (151.146 mezzi). In quantità, la variazione rispetto all’anno precedente è +3,4%, mentre in valore l’incremento è del 7,1% (nel 2105 era +10,4%). A crescere di più nella spesa sono state Pavia (+17,9%), Varese (+12,9%), Brescia (+12,5%) e Mantova (+11,3%).

mobili - elettrodomesticiNegli elettrodomestici (grandi e piccoli), i consumi complessivi a Bergamo salgono dai 98 milioni del 2015 ai 104 del 2016 (+5,3%). Il maggiore incremento si è registrato a Cremona, con il 6,2%, mentre la media regionale è +5,7%.

Stabili le vendite nell’elettronica di consumo: 44 milioni sono stati spesi a Bergamo nel 2015, altrettanti nell’anno da poco concluso. Il dato è però migliore di quello dell’anno scorso, che aveva visto la nostra provincia perdere il 4,4%, per altro in un contesto regionale tutto negativo. Nel 2016 è Como ad aver messo a segno la migliore performance (+1,3%), il dato lombardo è +0,8%.

Si affievolisce la spinta per i mobili, con un +0,3% rispetto al +2,7% dello scorso anno. Che significa anche ultimo posto nella classifica regionale, dove l’incremento medio è stato del 2,1% (in linea con il dato nazionale, +2%). Per volumi venduti siamo comunque terzi (281 milioni di euro), dopo Milano e Brescia.

La voce più negativa del rapporto è quella dell’information technology (riferita ai consumi delle famiglie). La Lombardia ha perso il 2,7% e Bergamo, passando da 40 a 38 milioni di spesa, è scesa del 4,3% (dato peggiore rispetto al -2,3% del 2015).

Intanto la differenza di reddito pro capite nelle diverse province lombarde resta ancora molto alta. Milano è in testa (anche a livello nazionale) con 29.929 euro, seguita da Sondrio, seconda provincia con 19.881 euro. Bergamo è a centro classifica con 17.006 euro, inferiori sia alla media regionale (22.259 euro, sia a quella nazionale 18.658). Nell’ultimo anno, comunque la disponibilità dei bergamaschi è aumentata del 2,2%, come la media Lombarda (mentre in Italia l’incremento del reddito è stato del 2,4%). Il minor reddito pro capite è quello di Lodi, 14.386 euro (+2%).

consumi beni durevoli - tabella Osservatorio Findomestic su 2016

 


Fuori casa, l’avanzata dei take away

takeaway

Il Rapporto ristorazione Fipe 2016, presentato ieri a Milano, fa il punto sui pubblici esercizi italiani. Nel nostro Paese nel 2016 è proseguito, secondo le stime dell’ufficio studi della Federazione, da un lato il calo dei consumi alimentari domestici (-0,1%), dall’altro l’incremento di quelli fuori casa (+1,1%) peraltro ben rilevato dallo stesso Indicatore dei Consumi Fuori Casa (Iceo) che sale al 41,8% dal 41,6% del 2015.

Si conferma, inoltre, il trend che vede un’Italia in controtendenza rispetto al resto d’Europa, dove al contrario i consumi alimentari fuori casa hanno registrato una significativa contrazione. Guardando all’Europa nel suo complesso, infatti, i consumi alimentari valgono 1.541 miliardi di euro suddivisi tra il 64,2% nel canale domestico e per il 35,8% nella ristorazione, con differenze notevoli tra Paesi. Si spazia dalla Germania, dove i consumi alimentari nella ristorazione rappresentano meno del 30% del totale, al Regno Unito (47%), alla Spagna (52%) e all’Irlanda (57%).

In Europa tra il 2007 ed il 2015 si è registrata una flessione dei consumi pari a circa 22 miliardi di euro ma nel nostro Paese la contrazione degli alimentari ha riguardato quasi del tutto il canale domestico, a differenza di quanto successo ad esempio in Spagna (-14,3 miliardi di euro) o nel Regno Unito (-7 miliardi di euro).

Ma chi sono gli avventori dei pubblici esercizi in Italia? Nel 2016, 39 milioni di italiani hanno consumato pasti fuori casa, così divisi: 13 milioni di heavy consumer, coloro che consumano 4-5 pasti fuori casa a settimana. Per lo più uomini (53,9%) di età compresa tra i 35 e i 44 anni (23,7%) e residenti al Nord Ovest (29,5%) in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (36,8%); 9 milioni di average consumer, quelli che consumano almeno 2-3 pasti fuori casa a settimana. Sono in prevalenza uomini (51,7%), residenti in Centro Italia (29,1%) in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (37,9%); 17 milioni di low consumer, che consumano pasti fuori casa 2-3 volte al mese. In questo caso si tratta in prevalenza di donne (54,8%), di età superiore ai 64 anni, residenti nelle regioni del Nord Italia, in centri abitati tra i 5.000 e i 40.000 abitanti (40,1%).

La giornata degli italiani

A colazione

6 italiani su 10 fanno colazione fuori casa. 5 milioni di italiani non rinunciano a cappuccino e brioche 3 o 4 giorni a settimana

colazione-cappuccino-croissantIl Rapporto Fipe passa in analisi la ripartizione dei consumi fuori casa durante l’arco della giornata. Dall’indagine emerge che più di sei italiani su dieci consumano, con diversa intensità, la colazione fuori casa: cinque milioni di italiani consumano fuori casa la colazione almeno 3 o 4 volte alla settimana, per quattro milioni si tratta invece di un rito quotidiano. Il locale per eccellenza dove gli italiani consumano la colazione è il bar/caffè, senza alcuna distinzione di genere, età o area geografica. Il bar/pasticceria è secondo in classifica per preferenza, preferito soprattutto dalle donne (65% contro il 57% degli uomini) e nel Nord Est (64%). Le alternative restano esigue, come i distributori automatici, scelti dal 17% dei consumatori. A colazione gli italiani spendono in media 2-3 euro; solo l’1,5% spende meno di un euro e in questo caso si tratta di heavy consumer.

A pranzo

Il 67% degli italiani pranza fuori casa durante la settimana, per 5 milioni di italiani è ormai un rituale, almeno 3-4 volte a settimana

spaghetti-amatricianaPassando al pranzo, la tipologia di consumo e prezzo relativo dipende in larga misura di giorni della settimana. Al 67% degli italiani, pari a poco meno di 34 milioni, capita di consumare il pranzo fuori casa durante la settimana, e per cinque milioni si tratta di un’occasione abituale (3- 4 volte alla settimana). I tre profili di consumatori si caratterizzano per evidenti differenze: gli “heavy” consumano il pranzo soprattutto al bar, mangiando un panino o un primo piatto, gli “average” e i “low” scelgono sia il bar che il ristorante preferendo la pizza. La spesa durante la settimana si concentra prevalentemente nella fascia 5-10 euro (45,5%). Nel week end luoghi, prodotti e spesa cambiano significativamente: ristoranti/trattorie e pizzerie scalano la classifica, preferiti rispettivamente dal 56,2% e dal 39,5% degli intervistati. La spesa sale nella fascia 10-20 euro con il 42,2% delle risposte.

A cena

Il 61,7% esce a cena almeno una volta al mese, 2 milioni di italiani escono 3 volte a settimana, in particolare in osterie e pizzerie

ristoranteArrivando a sera, l’analisi Fipe rileva che il 61,7% degli intervistati ha consumato almeno una cena fuori casa con riferimento ad un mese tipo. Poco meno di due milioni hanno cenato fuori casa almeno tre volte alla settimana, prediligendo soprattutto le osterie e, in seconda scelta le pizzerie. La fascia di prezzo di una cena tipo è tra i 10 e i 20 euro, anche se più di un terzo degli italiani riserva ad una singola cena dai 20 ai 30 euro. Solo un intervistato su cento è disposto a pagare più di 50 euro per consumare l’ultimo pasto del giorno. La disponibilità a pagare degli heavy consumer risulta significativamente differente rispetto ai “low”: i primi pagano in media tra i 20 e i 30 euro, mentre più del 50% dei low consumer si accontenta di una cena compresa nella fascia 10-20 euro. I residenti nel Nord Ovest si dimostrano più propensi a spendere: il 13,2% paga più di 30 euro per una cena tipo, percentuale che nel Sud e nelle Isole è inferiore al 5%.

La “demografia” dei pubblici esercizi

Calano i bar del 3,9%, aumentano del 35% i take away

In continua espansione si è dimostrata anche la rete dei pubblici esercizi, con un aumento dell’8,1% nel 2016 rispetto al 2008, pari ad un valore assoluto di +20.184 imprese. Guardando invece alle tipologie di esercizi i bar hanno registrato un calo del 3,9% a fronte di un aumento dei take away del +35%. Puntando l’attenzione sui centri storici, si è confermata inoltre la tendenza, emersa negli ultimi anni, ad una dequalificazione dell’offerta commerciale, con il rischio concreto di vedere depotenziata la forza competitiva dell’Italia nel mercato turistico internazionale: fortemente rafforzata, infatti, risulta la presenza di esercizi take away (+41,6%), cui fa da contraltare il calo dei bar (-9,5%).

Le dinamiche dell’occupazione

L’input di lavoro del settore dei pubblici esercizi conta oltre un milione di unità, misurato in unità di lavoro standard, mentre le ore lavorate sono rimaste al di sotto dei livelli del 2008. Rispetto a sei anni fa, invece, il settore ha assorbito circa l’1% in meno del fabbisogno delle ore complessivamente lavorate. La produttività delle imprese della ristorazione non solo risulta bassa, ma anziché crescere è diminuita risultando inferiore di quattro punti percentuali rispetto al 2009 anche se nel corso del 2015 si sono registrati segnali di recupero.

I prezzi

Per quanto riguarda i prezzi, nel mese di ottobre 2016, l’ultimo rilevato nel Rapporto, quelli dei servizi di ristorazione commerciale (bar, ristoranti, pizzerie, ecc.) hanno registrato un aumento dell’1% rispetto allo stesso mese del 2015 mentre per la ristorazione collettiva l’incremento è stato del 2%. Prendendo in esame l’andamento dei prezzi di alcuni prodotti di punta del consumo alimentare fuori casa, negli ultimi giorni è stata dedicata grande attenzione alla variazione dei prezzi nei quindici anni che intercorrono dall’introduzione dell’euro: prodotti di punta del consumo alimentare fuori casa, dalla pizza alla tazzina di caffè, sono diventati i principali bersagli della denuncia di aumenti straordinari e ingiustificati. Ad un’attenta analisi dei dati, invece, si giunge a conclusioni assai diverse. Nel 2002 la rilevazione del prezzo della tazzina di caffè al bar effettuata sui listini dei bar in diverse città campione forniva un prezzo medio di 1.533 lire, che convertite in euro davano 0,79. I prezzi rilevati dall’Osservatorio Prezzi a novembre 2016 sulle stesse città indicano un valore medio di 0,98 euro: il risultato è un incremento del 24%.

 


Riscaldamento, il freddo di questi giorni costa a Bergamo 8 milioni in più

freddo casa calorifero
Poco più di due gradi sotto la temperatura media dello scorso anno (2,3 per l’esattezza) stanno costando 8 milioni di euro in più ai bergamaschi per il riscaldamento rispetto alle prime due settimane del 2016.

La nostra provincia è la seconda in Lombardia per spesa da gelo. Il freddo intenso nelle prime due settimane di gennaio costa ai lombardi 74 milioni in più di riscaldamento rispetto allo scorso anno, secondo una elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat e meteo (periodo 1 – 12 gennaio 2017 e 2016 considerando un impatto omogeneo sul territorio). In regione sono circa 3 i gradi in meno rispetto alle temperature medie di gennaio 2016. Si tratta di 32 milioni in più di spesa su Milano, Monza e Lodi che hanno avuto una differenza di oltre 2 gradi in meno, 9 milioni per Brescia (-5,8 gradi), 8 milioni per Bergamo (-2,3), 7 milioni per Varese (-2,8), 4 milioni per Como (-2,8), 3 milioni per Mantova, Cremona e Lecco.

Ci si può consolare considerando che le belle giornate e le temperature quasi primaverili dei giorni attorno a Natale abbiano, al contrario, fatto risparmiare sulla bolletta.

Quanto alle imprese operanti nel settore riscaldamento, anche in questo caso la nostra provincia occupa il secondo gradino del podio regionale, questa volta dopo Milano, leader nazionale per concentrazione di aziende nel comparto, e il quarto posto in Italia.

Sfiorano quota 14.000 le imprese lombarde attive nel settore degli impianti di riscaldamento, secondo una elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati del registro imprese 2015 e 2016. Si occupano in primo luogo dell’installazione (12.776 sedi d’impresa attive), poi del commercio all’ingrosso (649) e della fabbricazione dei condizionatori d’aria (399), rappresentando circa il 20% del totale nazionale. Milano è capofila della classifica nazionale del settore con circa 4mila imprese, poi Roma (3.833) e Torino (3.293). Tra i primi dieci territori in Italia, tre sono lombardi: dopo Milano che è prima, vengono infatti Bergamo, quarta con 1.847 imprese, e Brescia sesta con 1.749.

Per il riscaldamento, secondo un’elaborazione della Camera di commercio su dati Istat sui consumi energetici delle famiglie, prevale l’uso per i lombardi di un impianto centralizzato (29,4% contro il 15,7% nazionale), rispetto a quello portatile/fisso (8,9% contro 18,5%) e poco più basso anche l’uso dell’impianto autonomo (61,6% contro 65,8%). Più alto l’uso invernale degli apparecchi (9,01 ore di accensione contro 7,54). Più diffuso il metano (87% contro 70,9%) rispetto alle biomasse (7,2% contro 14,5%).


Carne, cala il consumo ma non per tutti allo stesso modo

Raw Meat

Il calo del consumo di carne c’è, ma non per tutti allo stesso modo. Lo ha evidenziato la ricerca “Gli italiani a tavola: cosa sta cambiando” realizzata dal Censis nel settembre-ottobre 2016, utilizzando i dati sulla dieta come chiave per raccontare i cambiamenti in atto nella società.

Il periodo preso in considerazione è quello degli anni della crisi (2007-2015), nel quale si evidenzia una riduzione da parte delle famiglie della spesa per i consumi alimentari del 12,2% e, in particolare, del 16,1% quella per la carne «l’alimento che nei decenni passati segnava simbolicamente l’ingresso delle famiglie nel benessere», sottolinea lo studio. Il fenomeno viene però analizzato più nel dettaglio e allora si scopre che, nella crisi, le famiglie meno abbienti, quelle operaie e quelle in cui il capofamiglia è in cerca di occupazione, che mediamente consumano meno carne rispetto a quelle degli imprenditori, hanno subito una più intensa riduzione della spesa, accentuando il divario. Si è perciò instaurata, secondo la ricerca, «la logica socialmente regressiva del “meno mangi carne, più devi ridurla”».

Carne, consumi a confronto

  • nel 2015 la spesa per acquistare la carne per i membri di famiglie operaie è stata dell’11,8% inferiore rispetto a quella delle famiglie di imprenditori, mentre la differenza si fermava al 6,9% nel 2007. Sempre nel 2015, le famiglie con a capo un disoccupato hanno sostenuto una spesa per la carne del 29,1% inferiore rispetto alle famiglie degli imprenditori, mentre era inferiore del 18,2% nel 2007;
  • in termini di variazione percentuale, nel periodo di crisi le famiglie operaie (-20,0%) e quelle con a capo un disoccupato (-26,7%) hanno ridotto la spesa per la carne in misura maggiore rispetto alle famiglie degli imprenditori (per le quali si registra un -15,5% di spesa in meno).

Sul consumo di carne bovina, in particolare, dai dati emergono tagli ancora più significativi nel periodo della crisi proprio da parte delle famiglie che già in precedenza consumavano quantità inferiori di questo alimento:

  • le famiglie operaie sostengono nel 2015 una spesa per la carne bovina del 16,7% inferiore a quella delle famiglie di imprenditori, mentre il divario era dell’11% nel 2007. Le famiglie con a capo un disoccupato registrano una spesa per consumo di carne bovina del 30,8% in meno rispetto a quelle degli imprenditori, divario raddoppiato rispetto al 2007, quando era del 15,7%;
  • in termini di variazione percentuale della spesa per la carne bovina, le famiglie operaie tagliano del 38,5%, quelle con capofamiglia in cerca di lavoro del 46,1%, mentre quelle degli imprenditori del 34,3%.


Moda, acquisti con segno “più”. «Ma manca slancio alla ripresa»

 

È una fotografia in chiaroscuro quella scattata da Federazione Moda Italia in occasione dell’assemblea di FederModaMilano. L’andamento delle vendite in valore registrato sulle aziende associate nei primi otto mesi del 2016 fa segnare -1,8% in Italia rispetto al 2015. Va meglio a Milano e in Lombardia con un +0,3% rispetto al dato medio nazionale. Il dato sugli acquisti degli italiani con carta di credito nei negozi moda rilevato dall’Osservatorio Acquisti CartaSi nei primi otto mesi del 2016 è invece migliore, con un incremento di circa l’1,3% in Italia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e a Milano un +3,2%. Valori diversi che tengono conto della diversa composizione del mercato analizzato. I punti vendita associati da FederModa sono, infatti, soprattutto i multi-brand mentre nei dati CartaSi sono compresi anche i mono-brand.

Dal “Fashion & High Street Report”, illustrato sempre durante l’incontro, emerge invece l’andamento settore per settore, con il segno sia positivo per abbigliamento (+1,7%), accessori (+5,4%), articoli sportivi (+3,3%) e pelletterie/valigerie (+0,7%). Negativo per calzature (-5,2%) dove è forte per il dettaglio tradizionale la concorrenza del canale di vendita online, e pellicceria (-8,1%).

«I dati dell’andamento del nostro settore – commenta Renato Borghi, presidente di Federmoda Italia – sono in linea con un contesto economico in cui l’elemento predominante continua ad essere la mancanza di slancio della ripresa, nonostante qualche timido segnale sembri arrivare dall’incremento, nell’ultimo trimestre, dello 0,3% del Pil. Un segnale positivo che, se confermato a fine anno, vedrà presumibilmente una crescita dello 0,8% per il 2016. Il dettaglio, tuttavia, beneficerà dei presumibili effetti positivi soltanto in un secondo momento».

Nell’attesa il saldo delle imprese è negativo. Al 30 giugno erano 125.569  rispetto alle 137.001 nel 2012 (- 8,3%). «Sette negozi al giorno in meno – rileva FederModa – nelle nostre strade. Un dramma anche sul piano occupazionale, con oltre 2.600 posti di lavoro persi. Tuttavia il nostro Paese mantiene, rispetto al resto d’Europa, la sua peculiarità con una percentuale di penetrazione del dettaglio tradizionale multibrand di qualità (27,7%) superiore a quella degli altri Paesi (più vicina all’Italia è la Spagna con il 27%)».

In discesa anche gli acquisti degli stranieri. Le transazioni tax free (dati Global Blue) nei primi 6 mesi del 2016 in Italia sono in calo del 7% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Anche Milano non è immune, pur con un segno negativo inferiore (- 5%). Un trend che preoccupa FederModa: «Lo shopping straniero – afferma Borghi – rappresenta, infatti, una boccata d’ossigeno a fronte di un mercato interno che stenta a ripartire. È un dato che, però, va letto anche alla luce dell’effetto Expo nel 2015». Lo shopping extraUe è prevalentemente cinese (28%) e russo (12%) con i top spender per spesa media che provengono dal Sud-Est asiatico, dai Paesi del Golfo e dagli Usa: Hong Kong (con uno scontrino medio del valore di 1.118 euro), Paesi del Golfo (994 euro), Thailandia (973 euro), Cina (891 euro) e Stati Uniti (882 euro).


Bergamo, commercio e servizi in affanno

Industria e artigianato in leggera flessione ma positive nel bilancio annuale, più in difficoltà commercio, servizi ed edilizia. Sono i dati dell’indagine congiunturale in provincia di Bergamo nel terzo trimestre 2016, realizzata dall’Ufficio Studi della Camera di Commercio.

Nel periodo luglio-settembre la produzione industriale registra una flessione minima (-0,1% la variazione congiunturale) ma si mantiene in territorio ampiamente positivo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (+1,8%). Il risultato è migliore del dato medio regionale, che registra un calo nel trimestre (-0,2%) e una dinamica tendenziale (+0,4%) in marcata decelerazione rispetto alle indagini precedenti. Nell’arco dei primi tre trimestri la produzione industriale a Bergamo è cresciuta a un tasso medio del +2% (contro il +1,3 in Lombardia): si profila quindi un risultato positivo per l’intero anno 2016.

La fase espansiva è confermata dai ritmi di crescita del fatturato industriale che, sempre nei primi tre trimestri del 2016, aumenta su base annua del 4,3%, con un andamento più brillante delle vendite all’estero rispetto alla pur positiva performance sul mercato interno.

L’indebolimento del ciclo nell’ultimo trimestre, più evidente nel quadro dell’intera regione, è confermato nell’indagine provinciale da alcuni elementi: la minore estensione settoriale della ripresa, la lieve riduzione delle imprese in forte crescita e il parallelo aumento di quelle in difficoltà, la flessione degli ordini interni (mentre gli ordinativi dall’estero risultano ancora in crescita, anche se meno intensa rispetto agli scorsi trimestri).

Sul versante occupazionale, i nuovi ingressi si riducono rispetto all’anno precedente (quando erano ancora fortemente incentivati) e determinano un saldo trimestrale nullo al netto della stagionalità. Nei primi tre trimestri del 2016 gli addetti dell’industria risultano in crescita tendenziale del +0,7%, mentre continua il progressivo calo nell’utilizzo della Cassa integrazione.

Le previsioni delle imprese industriali per il prossimo trimestre restano positive ma in attenuazione per quanto riguarda la produzione. Riprende quota anche l’ottimismo sulla domanda estera. Restano invece negative le aspettative sull’evoluzione della domanda interna e, marginalmente, per l’occupazione.

L’artigianato manifatturiero registra una flessione della produzione su base trimestrale (-1,2%), meno intensa nel confronto tendenziale (-0,2%). Anche l’artigianato può contare su un bilancio complessivamente positivo dei primi tre trimestri dell’anno, con una variazione (+0,7%) superiore al dato medio regionale.

Gli addetti dell’artigianato manifatturiero risultano in riduzione nel trimestre per effetto congiunto di un calo degli ingressi e di un incremento delle uscite. Nei primi 9 mesi dell’anno l’occupazione dell’artigianato mette comunque a segno un incremento medio (+0,9%) significativo.

Più ombre che luci dalle informazioni sulle vendite del commercio al dettaglio in sede fissa. A Bergamo il volume d’affari è stazionario su base annua (+0,1% ma il più robusto dato medio regionale indica un calo del -0,9%) come risultato di un +0,1% nel settore alimentare, di una flessione del -1% in quello non alimentare e di un aumento del +1,2% nel commercio non specializzato.

Informazioni di altra fonte (IRI – Information Resources) segnalano a Bergamo volumi e valori delle vendite di prodotti del largo consumo confezionato in ipermercati e supermercati ancora in calo tendenziale nel terzo trimestre dell’anno (e da quattro trimestri consecutivi).

Nel campione dell’indagine congiunturale, le imprese commerciali di Bergamo che indicano una riduzione delle vendite prevalgono su quelle in ripresa con un saldo negativo ancora consistente, anche se in leggera attenuazione rispetto alla precedente indagine.

I prezzi sono in calo nel trimestre tanto in provincia (-0,7%) che nella media regionale (-0,6%) e gli addetti nel terzo trimestre del 2016 aumentano marginalmente a Bergamo (+0,1% a saldo di un tasso d’ingresso del 3,1% e di un tasso di uscita del 3%) e risultano in lieve flessione (-0,1%) in Lombardia. Nel periodo gennaio-settembre gli addetti sono aumentati su base annua dello 0,1% a Bergamo e dello 0,2% in Lombardia.

Negativa la dinamica del giro d’affari dei servizi a Bergamo, sia su base congiunturale (-2,4) che annuale (-0,9). Il dato regionale è anch’esso in lieve flessione ma, a differenza di Bergamo, si conferma stabilmente al di sopra dei livelli minimi toccati nel 2013. Le vendite a Bergamo crescono nel commercio all’ingrosso, di poco, e più ampiamente nei servizi alle persone; in flessione il giro d’affari di alberghi e ristoranti e dei servizi alle imprese.

Infine, nelle costruzioni si segnala un calo del volume d’affari a livello regionale (-1,8% su base annua).

 


Viaggi e vacanze, in calo del 5% le prenotazioni in agenzia

I dati, aggiornati a luglio, dicono che sono calati del 5% i passeggeri che hanno prenotato in agenzia un viaggio con partenza da maggio a ottobre di quest’anno. È l’anticipazione di GfK Italia, che, come di consueto, presenterà i numeri dell’estate e le previsioni per l’inverno a NoFrills Travel & Technology Event, 16esima edizione dell’appuntamento convegnistico-espositivo dedicato all’industria del turismo, in programma alla fiera di Bergamo giovedì 29 e venerdì 30 settembre.

In attesa dei dati di agosto, le anticipazioni della società forniscono in ogni caso un quadro significativo: il peso dei numeri rilevati fino a luglio rappresenta, infatti, l’80% circa dell’intera stagione. All’interno di questo segno meno, qualche più c’è:  «L’Italia – evidenzia Daniela Mastropasqua, industry lead ce&cc travel & hospitality – ha messo a segno un +5% e i Caraibi, con Cuba in primis, incrementi superiori al 20%». Due delle destinazioni indicate già nei mesi passati come le favorite. Non stupisce il forte calo delle capitali europee (-24%) e la flessione conseguente degli short break (-17%). Quanto alla durata della vacanza, segna un decremento del 2% la classica settimana, cui fa da contraltare la crescita (3%) di soggiorni svincolati dalla logica delle canoniche 7 o 14 notti. .

La presentazione del quadro completo è in programma giovedì 29 settembre alle 14.30. GfK Italia dibatterà, inoltre, sul tema “L’agenzia di viaggi fa da sé: ciò che non acquista più dai tour operator” insieme ad altri operatori giovedì 29 settembre, alle ore 11.15.


Auto, il mercato riprende a correre

Mercato dell’auto in piena salute ad agosto. La Motorizzazione, informa il ministero dei Trasporti, ha immatricolato 71.576 autovetture, con un aumento del 20,12% rispetto ad agosto 2015, durante il quale ne furono immatricolate 59.587. Un netto recupero della tendenza rispetto alla frenata di luglio che aveva visto fermarsi al 3,37% l’incremento delle vendite (136.953 autovetture immatricolate rispetto alle 132.485 del 2015).

Ad agosto sono stati registrati anche 271.586 trasferimenti di proprietà di auto usate, con un aumento del 16,39% rispetto ad agosto 2015, durante il quale ne furono registrati 233.338 (nel mese di luglio 2016 sono stati invece registrati 382.689 trasferimenti di proprietà di auto usate, con un calo del 5,88% rispetto a luglio 2015, durante il quale ne furono registrati 406.614).

Nel mese appena concluso il volume globale delle vendite (343.162 autovetture) ha dunque interessato per il 20,86% auto nuove e per il 79,14% auto usate.

Nel periodo gennaio-agosto 2016 la Motorizzazione ha in totale immatricolato 1.251.806 autovetture, con un incremento del 17,38% rispetto al periodo gennaio-agosto 2015, durante il quale ne furono immatricolate 1.066.454. Nello stesso periodo di gennaio-agosto 2016 sono stati registrati 3.110.542 trasferimenti di proprietà di auto usate, con un aumento del 6,37% rispetto a gennaio-agosto 2015, durante il quale ne furono registrati 2.924.144.

«Se guardiamo ai prossimi mesi – evidenzia Massimo Nordio, presidente dell’Unrae, l’associazione delle case automobilistiche estere – dobbiamo ricordare che l’avvicinarsi del periodo autunnale porterà ancora irrisolti molti temi della mobilità, tradizionalmente affrontati con estemporaneità, urgenza ed in assenza di coordinamento come i piani antismog, i blocchi del traffico, le targhe alterne e le restrizioni a livelli di Direttiva». «Ribadiamo quindi la necessità di una cabina di regia, coordinata da un Mobility Champion, come abbiamo già proposto nel nostro recente incontro con la stampa alla presenza del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, che sappia guidarla per armonizzare, impostare e implementare gli interventi necessari a garantire una mobilità fruibile alle famiglie».

Intanto, dall’analisi delle vendite emerge un buon incremento a doppia cifra in agosto per tutti i canali di vendita. I privati crescono del 18,5%, fermandosi al 67,4% del totale e portando il cumulato ad un +17,7%, con una quota che si conferma al 62% del mercato. Più dinamico il noleggio che continua a crescere, segnando nel mese un +24% (13,1% di quota), in particolare grazie all’andamento del breve termine con un sostanzioso +58,7%. Buono anche il trend del lungo temine, al +18% in volume. Negli 8 mesi cumulati il noleggio si mantiene in crescita del 14,2%, al 21,5% del totale. Anche le società segnano un incremento in volume del 23,5% in agosto, raggiungendo il 19,5% di quota e crescendo nel cumulato del 22% al 16,5% del totale. Prosegue la crescita di benzina e diesel, con tassi di incremento in volume superiori al 20% per entrambi, sfiorando rispettivamente il 59% di quota per il diesel e il 30,7% per la benzina, oltre alle ibride che in agosto hanno segnato un +80,2%. L’andamento di flessione, invece, caratterizza anche il mese di agosto per il Gpl (-4,8%) e per il metano, in forte calo (-43,4%).

Dall’analisi per segmento si conferma un trend di crescita per tutti in agosto, ma va rilevato come, mentre per i segmenti medi e superiori l’aumento è molto forte per C ed E e addirittura superiore al 50% per il D, i segmenti di ingresso registrano incrementi più contenuti: +6% per le utilitarie e +14,4% per le city car. Ottimo andamento nel mese anche per tutte le carrozzerie, in particolare per i crossover ed i fuoristrada, ad eccezione dei monovolume.


Commercio, turismo e servizi: a Bergamo 135 attività in più

Crescono le attività del terziario a Bergamo e in provincia. Nel secondo trimestre sono 135 in più rispetto al primo trimestre 2016.

Lo dice l’analisi dell’Ascom di Bergamo sui dati relativi alle aperture e chiusure delle insegne del commercio, della somministrazione, della ricettività e dei servizi. Dalla ricerca risulta che nel periodo compreso tra aprile e giugno 2016 hanno aperto 383 imprese del terziario, mentre le chiusure sono state 248.

L’andamento ha segno “più” in tutti i settori. Nei pubblici esercizi hanno aperto 85 tra bar, ristoranti e alberghi (per un saldo positivo di 37 unità), nei servizi le nuove attività sono state 94 (+15), nel commercio alimentare 46 (+14). L’incremento maggiore è stato nel comparto “non alimentare”, dove hanno aperto 108 attività (+42), mentre tra gli ambulanti le nuove iscrizioni sono state 50 (+27).

Per quanto riguarda le aree, tutte le zone della provincia hanno registrato un segno positivo, ad eccezione del raggruppamento “Valle Brembana e Imagna” dove aperture e chiusure sono andate in pareggio: sono nate 12 nuove e altrettante hanno abbassato la saracinesca. A Bergamo hanno aperto 76 attività (+24), nell’hinterland 68 (+18), nella Bassa bergamasca 76 (+27), in Valle Seriana e Scalve 48 (+15), nell’Isola Bergamasca 51 (+23), in Val Cavallina 30 (+15), in Valcalepio 22 (+13).

«I dati evidenziano la vitalità del terziario, con un aumento della natalità, che conferma quanto già rilevato nel trimestre precedente. Si stima che entro fine 2016 nasceranno 1.500 imprese, il 7% del numero complessivo di attività del terziario bergamasche, e ne moriranno circa 1.200 – afferma Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. È un turnover molto alto che ha elementi positivi e negativi. Tra i positivi il fatto che il terziario resta uno sbocco occupazionale. Analizzando i profili emerge che chi apre oggi un’attività è per lo più giovane o over 50; tra i giovani c’è un’alta scolarità e un’attenzione e una propensione alle tecnologie. Tra gli aspetti negativi ci sono la scarsa competenza di tipo imprenditoriale e la poca conoscenza del settore merceologico di riferimento. Manca inoltre per l’imprenditore un periodo di avviamento e di affiancamento. Questi fattori, uniti al fatto che i consumi sono al palo, possono mettere in difficoltà le nuove imprese e sono la causa dell’alto turnover, che risulta essere il doppio di quanto accadeva negli anni Novanta. Formazione, assistenza e accompagnamento diventano le chiavi strategiche per la crescita delle nuove attività imprenditoriali».


Auto, maggio da record. «Effetto super-ammortamento, ma serve chiarezza sul futuro del provvedimento»

Non si ferma il boom dell’auto. La Motorizzazione ha infatti immatricolato a maggio 187.631 autovetture, con un aumento del 27,29% rispetto allo stesso mese del 2015, durante il quale ne furono immatricolate 147.405 (nel mese di aprile 2016 sono state invece immatricolate 167.837 autovetture, con un incremento del 12,12% rispetto ad aprile 2015, durante il quale ne furono immatricolate 149.700).

Registrati anche 431.500 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una crescita del 18,85% rispetto a maggio 2015, durante il quale ne furono registrati 363.067 (nel mese di aprile 2016 sono stati invece registrati 402.330 trasferimenti di proprietà di auto usate, con un aumento dello 0,90% rispetto ad aprile 2015, durante il quale ne furono registrati 398.7460).

Il volume globale delle vendite (619.131 autovetture) ha dunque interessato per il 30,31% auto nuove e per il 69,69% auto usate.

Nel periodo gennaio-maggio 2016 la Motorizzazione ha in totale immatricolato 875.778 autovetture, con una crescita del 20,51% rispetto ai primi 5 mesi del 2015 durante il quale ne furono immatricolate 726.720. Nello stesso periodo sono stati registrati 2.076.735 trasferimenti di proprietà di auto usate, con un incremento dell’8,29% rispetto a gennaio-maggio 2015, durante il quale ne furono registrati 1.917.761.

«Il mercato italiano sta andando a gonfie vele – ha commentato Massimo Nordio, presidente dell’Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere – spinto, nelle vendite alle famiglie, dalle fortissime azioni commerciali offerte dalle Case con le proprie Reti che però agiscono su poco meno del 60% delle immatricolazioni totali del mercato».

«Dimostra di funzionare bene il super-ammortamento nelle vendite a società, segno che, in particolare piccole e medie aziende hanno apprezzato il parziale alleggerimento della pressione fiscale. Da qui – ha concluso Nordio – la necessità di fare al più presto chiarezza sul futuro di questo provvedimento, programmarne tempestivamente il rinnovo, come già fatto in Francia, per evitare a fine anno una improduttiva anticipazione della domanda e il successivo crollo nel 2017, inserendo anche la proroga dell’aumento del 40% del limite di deducibilità (ora a circa 25.000 euro) che scadrà anch’esso nella stessa data. L’auspicio dell’Unrae è che, in tema di auto aziendali, possa essere preso in considerazione anche l’innalzamento dell’attuale quota di deducibilità (20%), per avvicinarla ai regimi fiscali applicati nei maggiori Paesi europei».

«È giusto ammettere che questo mese ci aspettavamo un rallentamento – ammette Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, la Federazione dei concessionari d’auto -. Un incremento, certo, ma simile ad aprile del +11%. Questo +27,3% di maggio è un risultato in linea con il primo trimestre dell’anno e supera ogni più rosea aspettativa. Probabilmente le promozioni continuano a raccogliere il consenso dei clienti, come pure il super ammortamento per le aziende. Però crediamo ci sia anche dell’altro, ossia una forte pressione delle case su canali come il noleggio e le kilometri zero. Questo perché sul fronte degli ordini di maggio non abbiamo riscontrato l’effervescenza delle targhe».

«In questo momento il mercato dell’auto vive una fase di crescita dovuta, in misura determinante, all’impegno finanziario di case automobilistiche e concessionari che si tramuta in offerte promozionali impattanti – spiega -. Promozioni che purtroppo, per la loro onerosità, non possono essere strutturali. Il Governo ha dato una mano introducendo il super ammortamento sui beni strumentali. Considerato che il settore auto, sia per la parte produttiva sia per quella distributiva, sta sostenendo la crescita del Paese in una fase in cui le difficoltà economiche non sono superate, ci piacerebbe confrontarci con il nuovo Ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Sul tavolo non c’è solo il tema della scadenza al 31 dicembre del super ammortamento, ma un discorso più ampio che riguarda la mobilità urbana di persone e merci, la qualità dell’ambiente e la politica fiscale su tutti gli autoveicoli. Vorremmo anche parlare di bollo auto perché come è gestito dalle Regioni proprio non funziona, né per i professionisti del settore né per gli utenti. C’è bisogno di un database nazionale che in tempo reale dia a tutti i soggetti abilitati una serie di informazioni determinanti, come le esenzioni. Oggi non è così e non si sfrutta a pieno il vantaggio che l’informatica potrebbe darci».

I DATI NEL DETTAGLIO

Maggio registra un forte incremento di tutti i canali di vendita: gli acquisti dei privati segnano un +21%, scendendo al 58,2% del totale a causa dell’effetto mix, dovuto alle crescite esponenziali di noleggio (+39,7% in volume) e società (+35,3%). La quota di mercato delle immatricolazioni a noleggio sale in maggio di oltre 2 punti percentuali, portandosi al 26,2%. Tale risultato è stato determinato dalle immatricolazioni a breve termine, cresciute del 56%, a fronte di un ottimo andamento anche delle vendite del lungo termine (+28,3%). Nel cumulato dei primi 5 mesi l’incremento delle immatricolazioni a noleggio sale al 13,8%.

Anche le vendite a società incrementano in maggio la loro quota di mercato, raggiungendo il 15,6% del totale, beneficiando – come detto – del super-ammortamento. Nel cumulato gennaio-maggio la crescita delle immatricolazioni raggiunge il 17%, con una quota al 14,6% del totale.

Ottima performance nel mese anche per le motorizzazioni diesel (+31,2%), che raggiungono il 57,2% del totale mercato e per quelle a benzina (+35,7%), che recuperano 2 punti di quota portandosi al 33,3%. Prosegue il calo a doppia cifra delle vetture a Gpl e metano e la crescita esponenziale delle vetture ibride che in maggio incrementano i propri volumi del 59,3%.

L’andamento di crescita a doppia cifra interessa in maggio tutti i segmenti e tutte le carrozzerie che compongono il mercato italiano, ancor più forte e superiore al 30% nel caso di fuoristrada, crossover, station wagon e cabrio e spider.