Green pass, nei negozi bastano controlli a campione

Il chiarimento del Governo: i titolari degli esercizi commerciali potranno richiedere il certificato verde anche dopo l’ingresso della clientela nei locali

I titolari degli esercizi commerciali diversi da quelli che soddisfano le esigenze alimentari, mediche e di prima necessità ai sensi del dpcm 24 gennaio 2022, devono assicurare i controlli del green pass all’ingresso? “No. I titolari degli esercizi per i quali è richiesto il green pass base non devono effettuare necessariamente i controlli sul possesso del green pass base all’ingresso, ma possono svolgerli a campione successivamente all’ingresso della clientela nei locali”. Con questa  faq pubblicata sul suo sito web il Governo è venuto incontro alle molte proteste di titolari di esercizi commerciali che lamentavano la mera impossibilità di assicurare un controllo puntuale all’ingresso nell’attività.

“Sapere di poter effettuare i controlli a campione sui green pass della clientela rende possibile svolgere al meglio il nostro lavoro, nel rigoroso rispetto delle regole e agevola la vita ai cittadini”, è il commento di Giovanni Risso presidente della Fit, la Federazione italiana tabaccai aderente a Confcommercio. Si tratta di ”un giusto compromesso tra le ragioni, mai messe in discussione, del Governo e quelle della categoria”, conclude Risso.

Negozi senza pass: si “salvano” alimentari, ottici, farmacie e carburanti

Dal primo febbraio prossimo si potrà accedere senza green pass solo in supermercati, farmacie, negozi di ottica e alimentari, oltre che in strutture sanitarie e uffici giudiziari e di polizia.  È quanto prevede l’atteso decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che elenca le attività “necessarie al soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona”. Il provvedimento stabilisce in particolare che si potrà entrare privi di certificazione verde in “esercizi specializzati e non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande”, come supermercati, discount, minimercati e altri esercizi non specializzati di alimenti vari, “escluso in ogni caso il consumo sul posto”.  Possibile fare spesa anche in negozi di animali domestici e alimenti per animali domestici, di articoli igienico-sanitari e in distributori di carburanti. Ingresso libero, poi, pure in ottici, farmacie, parafarmacie e altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica, oltre che in negozi di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati.

Nell’elenco “no pass” anche le strutture sanitarie, sociosanitarie e veterinarie, così l’accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio-assistenziali, sociosanitarie e hospice.  Consentito infine l’ingresso senza certificazioni verdi anche agli uffici aperti al pubblico delle forze di polizia e delle polizie locali, agli uffici giudiziari e dei servizi sociosanitari “esclusivamente per la presentazione indifferibile e urgente di denunzie da parte di soggetti vittime di reati o di richieste di interventi giudiziari a tutela di persone minori di età o incapaci, nonché per consentire lo svolgimento di attività di indagine o giurisdizionale per cui è necessaria la presenza della persona convocata”.

L’elenco delle attività senza “green pass”

  • commercio al dettaglio in esercizi specializzati e non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande (ipermercati, supermercati, discount di alimentari, minimercati e altri esercizi non specializzati di alimenti vari), escluso in ogni caso il consumo sul posto;
  • commercio al dettaglio di prodotti surgelati; commercio al dettaglio di animali domestici e alimenti per animali domestici in esercizi specializzati;
  • commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati; commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari;
  • commercio al dettaglio di medicinali in esercizi specializzati (farmacie, parafarmacie e altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica);
  • commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati;
  •  commercio al dettaglio di materiale per ottica;
  • commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento.

 


Lavoro, nuovi voucher al palo. L’Ascom: «Servono correttivi»

Il paragone con i voucher non regge. I contratti introdotti per sostituire i buoni lavoro per le prestazioni occasionali, aboliti nel marzo scorso e spendibili sino a fine anno, hanno (almeno per quanto riguarda l’utilizzo in ambito aziendale, mentre per le collaborazioni saltuarie con i privati è nato il Libretto di famiglia) limiti, costi e per giunta una procedura di attivazione non sempre agevole che, nel tentativo di frenare gli abusi cui avevano dato luogo i predecessori, li ha resi davvero poco interessanti.

Lo hanno denunciato le imprese e le loro associazioni non appena sono stati presentati ed ora lo confermano i numeri. Nei primi tre mesi di vita, secondo i dati Inps pubblicati dal Sole 24 Ore, i nuovi contratti (si chiamano PrestO, da Prestazione Occasionale) hanno coinvolto 17mila lavoratori per un valore di circa 12 milioni di euro, nulla a che vedere con i circa 400mila lavoratori e i 360 milioni di euro di compensi fatti segnare dai voucher negli stessi tre mesi (luglio, agosto e settembre) del 2016. In pratica due strumenti nemmeno confrontabili tra loro.

tavolo con Malvestiti«Il colpo di spugna con cui sono stati eliminati i voucher ha rappresentato un grave danno per le nostre imprese che si sono trovate senza uno strumento per gestire con flessibilità picchi di lavoro e attività residuali», ha detto senza mezzi termini il presidente dell’Ascom e della Camera di Commercio di Bergamo, Paolo Malvestiti, aprendo il seminario che l’Ascom ha organizzato alla Fiera per fare chiarezza sui nuovi strumenti, in collaborazione con l’Ispettorato territoriale del Lavoro e l’Inps.

«La stretta si può capire solo considerando la crescita esponenziale che i voucher hanno avuto negli ultimi anni e l’ampio utilizzo improprio», ha ribattuto Carlo Colopi, capo dell’Ispettorato territoriale del Lavoro di Bergamo. «Casi tipici erano il pagamento a voucher di un’ora che metteva al riparo in caso di controlli e il pagamento del resto in nero. Oppure l’attivazione “lampo” con computer connesso al sito Inps in caso di accesso ispettivo – ha specificato -. I voucher inoltre venivano impiegati spesso senza garantire riposi settimanali e pause dei lavoratori, in settori non ammessi come l’edilizia, per scongiurare la maxi sanzione, e in maniera massiccia da grandi aziende».

I PrestO vogliono agire proprio su queste “derive”, fissano infatti un limite ai compensi che ciascuna azienda può erogare (5mila euro, non più di 2.500 per ciascun lavoratore), il numero massimo di ore (280 l’anno) per le quali i nuovi contratti possono essere utilizzati e anche la cifra massima che il lavoratore occasionale può percepire annualmente (5mila euro).

platea 3Il minimo retributivo – lo si ricorda – è di 9 euro, ai quali vanno aggiunti i contributi Inps, l’assicurazione Inail e il costo per la gestione del processo informatizzato da parte dell’Inps pari all’1%, per un totale di 12,41 euro (il costo totale dei voucher era 10 euro, la retribuzione netta 7,5). Il compenso, che viene stabilito tra le parti, non può inoltre essere inferiore a 36 euro giornalieri. Il lavoratore ha poi diritto ai riposi giornalieri e alle pause settimanali.

Non possono essere trasformati in PrestO rapporti di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (è necessario che il rapporto sia cessato almeno sei mesi prima dell’attivazione) e sono vietati in settori come l’edilizia, l’escavazione, le miniere oltre che negli appalti, mentre ci sono vincoli più stringenti per l’agricoltura.

A finire sotto accusa è il divieto di ricorrere ai PrestO da parte delle aziende con più di cinque dipendenti a tempo indeterminato. Un limite che, solo in Bergamasca e nei settori del commercio e del turismo, ha escluso 2.300 imprese su un totale di 20mila e che anche il direttore provinciale dell’Inps Vittorio Feliciani ha indicato come principale freno ad un ricorso massiccio al nuovo strumento, insieme alla retribuzione minima giornaliera di 36 euro.

Come se non bastasse, anche la procedura informatica ci mette del suo. Chiariti ai 200 tra professionisti e imprenditori presenti in sala passaggi e gli accorgimenti per effettuare la registrazione, Orazio Pedalino, funzionario della Direzione provinciale dell’Inps, ha dovuto evidenziare i tempi lunghi per l’accredito nel portafoglio elettronico dell’azienda delle somme necessarie al pagamento della prestazione e degli oneri. «Se si utilizza il modello F24 – ha raccomandato – conviene tener presente che servono dagli 11 ai 15 giorni, più rapido, circa 3 giorni, il sistema PagoPA che vede ancora pochi istituti di credito presenti, ma funziona con l’addebito su carta di credito». Insomma, non certo l’ideale se un ristoratore o un barista deve rimpiazzare all’ultimo momento un dipendente malato o se in quel fine settimana ha un boom di prenotazioni.

Che non siano una risposta alle necessità di flessibilità delle aziende lo dice anche l’incremento del 60% dei contratti di lavoro a chiamata registrato dall’Ascom nei sei mesi successivi all’abolizione dei voucher, da aprile a ottobre 2017. «Ad optare per il contratto a chiamata non sono solo le imprese con più di cinque dipendenti ma anche quelle che potrebbero ricorrere ai PrestO, ma vi rinunciano vuoi perché la loro attivazione è più complessa, vuoi per i maggiori costi rispetto ai vecchi buoni», l’osservazione di Enrico Betti, responsabile dell’area Lavoro e Relazioni sindacali dell’Ascom. «Si è partiti PrestO e male – è il suo netto giudizio -. I nuovi contratti non sono uno strumento adeguato a rispondere alle esigenze delle aziende in merito a quelle attività residuali, di poche ore settimanali, per cui i vecchi voucher erano senza dubbio più efficaci. Ci auguriamo quindi che venga messa nuovamente mano alla normativa con risultati speriamo positivi e in grado di raccogliere le istanze delle imprese».

platea 2Inoltre l’attività se è da considerarsi occasionale lo deve essere sempre, senza limiti dimensionali, ha ribadito Betti: «La nuova normativa crea una discriminazione tra aziende con più di cinque dipendenti a cui i Prest0 restano preclusi e le aziende più piccole. Ciò determina un dumping organizzativo ed economico che per noi resta immotivato».

 

 


Inquinamento, caldaie nel mirino. Saranno estratte 13.500 ispezioni

caldaia - riscaldamento - controlloLa Provincia di Bergamo ha dato il via alla campagna di ispezioni sugli impianti termici presenti in Bergamasca. In tutto il territorio, che è stato suddiviso funzionalmente in 7 zone, stanno arrivando le lettere ai cittadini proprietari delle caldaie che sono state estratte per l’ispezione, con indicazione del professionista abilitato che si occuperà dell’ispezione e del giorno e dell’ora prefissati.

Sono previste circa 13.500 ispezioni di cui 1.350 nel Comune capoluogo, 1.700 in Valle Brembana, 2.150 in Valle Seriana e Valle di Scalve, 2.150 in Valle Cavallina e zona laghi, 2.150 nella zona dell’Isola e 4.000 nella pianura.

«È un dovere di ciascuno tenere sotto controllo il funzionamento e i consumi della propria caldaia – commenta il presidente Matteo Rossi – sia sotto il profilo della sicurezza che del contenimento dell’inquinamento atmosferico. Nei giorni scorsi, quando le polveri sottili hanno raggiunto per diversi giorni livelli critici, ci siamo presi diversi impegni tra cui anche l’effettuazione di ulteriori controlli oltre a questi 13mila che abbiamo avviato; la Provincia farà la sua parte nel controllare il rispetto delle norme, supportare i Comuni e sensibilizzare i cittadini su ciò che tutti possiamo fare per ridurre le emissioni inquinanti».

Come avvengono le ispezioni

La grande maggioranza delle ispezioni riguardano impianti di potenza inferiore ai 35 kW alimentati a gas, vale a dire caldaie presenti nelle abitazioni private, ma verranno controllati anche gli impianti di potenza superiore (installati in condomini con riscaldamento centralizzato, imprese ecc.).

Il meccanismo di estrazione degli impianti selezionati, che si basa sui dati del Catasto Unico Regionale degli Impianti Termici (C.U.R.I.T.) e conta circa 400.000 impianti per la provincia bergamasca, non è casuale ma privilegia gli impianti per cui risulta qualche irregolarità nella manutenzione o nella sicurezza dell’impianto.

Ciascun ispettore è munito di tesserino con fotografia rilasciato dalla Provincia; il suo compito è quello di controllare la documentazione relativa all’impianto (installazione e manutenzione periodica) e misurare “sul posto” il rendimento di combustione, il contenuto di monossido di carbonio e la fumosità (solo per i combustibili liquidi). Al termine dell’ispezione viene redatto un verbale che sottoscritto dall’ispettore e dal responsabile dell’impianto viene consegnato al responsabile dell’impianto e trasmesso alla Provincia. In caso di riscontro di irregolarità si rischiano sanzioni che vanno, a seconda del tipo di violazione, da un minimo di 50 a un massimo di 3mila euro.

I cittadini che ricevono la lettera possano verificare che il nome dell’ispettore sia effettivamente uno de professionisti abilitati da questo elenco.

In caso di dubbi o problemi è comunque possibile contattare l’Ufficio Impianti Termici all’indirizzo: impianti.termici@provincia.bergamo.it

Da sapere

I possessori di caldaie hanno l’obbligo di fare la manutenzione periodica (a seconda del tipo di impianto e comunque almeno ogni due anni per gli impianti di potenza inferiore ai 35 Kw) rivolgendosi a un manutentore qualificato e abilitato, il quale provvede a tutti gli adempimenti connessi al C.U.R.I.T.(inserimento di un impianto nuovo, aggiornamento delle informazioni ecc.). Sul sito www.curit.it, oltre a trovare tutte le informazioni utili, ciascun cittadino può verificare personalmente che il proprio impianto sia accatastato correttamente e se risulta in regola coi pagamenti dovuti. Per consultare il C.U.R.I.T. occorre utilizzare la Carta regionale dei servizi con lettore smart card o in alternativa il proprio codice fiscale e il numero di matricola dell’impianto.