Commercio, a Bergamo ancora segno “più”. In flessione l’alimentare

La produzione industriale di Bergamo cresce nel primo trimestre dell’anno sia su base trimestrale (+0,5%) che nel confronto tendenziale (+1,7%) rileva l’indagine congiunturale della Camera di Commercio. Il risultato del campione provinciale si inserisce sullo sfondo di una tendenza debolmente espansiva che prosegue, anche se in decelerazione, a livello dell’intera Lombardia (+0,1% nel trimestre, +1,3% sull’anno).

La fase di ripresa del ciclo in provincia di Bergamo è confermata dall’indice di diffusione che vede prevalere le imprese in espansione, con un aumento relativo delle indicazioni positive e negative agli estremi della scala. Le imprese di maggiori dimensioni registrano risultati nettamente migliori rispetto alle piccole e medie aziende.

Il fatturato cresce, in uno scenario deflazionistico, a buoni ritmi (+0,9% nel trimestre, +3,5% anno su anno), con variazioni più brillanti per le vendite sul mercato nazionale rispetto a quelle estere. Gli ordinativi sono ancora in crescita.

Note positive vengono dal versante occupazionale. La variazione a saldo nel primo trimestre dell’anno è positiva e il tasso d’ingresso degli addetti dell’industria – dopo il rialzo nel precedente trimestre probabilmente influenzato dalla prevista riduzione degli esoneri contributivi sulle assunzioni dal 1° gennaio – si mantiene sugli stessi livelli dell’anno precedente.

Le previsioni delle imprese per il prossimo trimestre restano prevalentemente improntate all’ottimismo.

Nell’artigianato di produzione l’indicatore del ciclo è tipicamente più variabile. Dopo il balzo della scorsa indagine, la variazione congiunturale si riporta in territorio negativo (-1,3%) ma rimane al di sopra (+1,2%) dei livelli di un anno fa. Anche nell’artigianato manifatturiero l’occupazione è in netto aumento a inizio anno.

Nel commercio si fa più incerta, a Bergamo come in Lombardia, la risalita dei consumi finali: prosegue la crescita tendenziale ma con una dinamica congiunturale in decelerazione (+0,2%) e, a livello regionale, di poco negativa (-0,3%). Si notano ampie differenze a seconda delle merceologie e, probabilmente, dei canali di vendita.

A Bergamo, nel commercio al dettaglio continua il recupero su base annua: il volume d’affari dell’intero commercio cresce del +1,8%, ma con andamenti merceologici molto diversi: negativi nel settore alimentare (-3,7%), positivi nel non alimentare (+2,5%). Nel commercio non specializzato il giro d’affari risulta in crescita (+2%). Secondo i dati IRI – Information Resources, inoltre, volumi e valori delle vendite di prodotti del largo consumo confezionato in ipermercati e supermercati sono in netto calo tendenziale a Bergamo nel primo trimestre dell’anno.

Tornando all’indagine campionaria regionale, le imprese commerciali di Bergamo che segnalano un aumento tendenziale delle vendite prevalgono su quelle in difficoltà con un saldo positivo leggermente inferiore rispetto al trimestre precedente. L’occupazione, nell’insieme del commercio, al netto della stagionalità registra una caduta nel primo trimestre del 2016. Gli addetti nel primo trimestre del 2016, diminuiscono a Bergamo (- 1,1% a saldo di un tasso d’ingresso grezzo del 3,5% e di un tasso di uscita del 4,5%) e in misura più contenuta in Lombardia (-0,3%). L’indice dell’occupazione, fatto 100 il livello medio del 2007, è a Bergamo a quota 87,8, mentre in Lombardia è al 93,3.

Poco brillante il quadro congiunturale nei servizi. Il giro d’affari cala del -0,5% su base annua, sia a Bergamo che nell’insieme della regione. Le vendite crescono, a Bergamo come in Lombardia, nel commercio all’ingrosso e nei servizi alle persone.

Per alberghi e ristoranti si registra una leggera flessione a Bergamo e una decelerazione in Lombardia. Negativo il giro d’affari nei servizi alle imprese.

L’occupazione è stazionaria e Bergamo si mantiene su un trend distante da quello, più stabilmente positivo, della Lombardia.

Infine, nelle costruzioni si conferma una crescita del volume d’affari (intorno ai 3 punti percentuali nella media regionale) e prosegue un lento miglioramento delle proiezioni a breve termine che, per la prima volta da quattro anni, vedono prevalere aspettative positive sull’evoluzione di fatturato e occupazione.


Il rapporto – Nel 2016 Pil in salita dell’1,6%, trainato da consumi e investimenti

consumi - Copia«Lo 0,8 di crescita del Pil italiano a fine 2015 è troppo poco. Se lo scorso anno c’è finalmente stata una crescita del Pil e dell’occupazione, il minimo che si potesse raggiungere era infatti l’1% di previsione indicato da Confcommercio giusto un anno fa. Questo grazie al contesto internazionale favorevole e a una politica fiscale interna almeno “distensiva”». Parole del responsabile dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, nel commentare i dati contenuti nel “Rapporto sulle economie territoriali”, la cui presentazione ha inaugurato la tradizionale due giorni della Confederazione a Cernobbio, sul lago di Como.

Confcommercio per il 2016 prevede una crescita dell’1,6%, sostenuta dai consumi (+1,4%) e dagli investimenti (+1,6%), grazie a prospettive di breve periodo che restano favorevoli anche se sono crescenti i rischi al ribasso della previsione. Mentre la deflazione appare più un pericolo teorico che una reale minaccia. Una crescita affatto eccezionale, insomma, tanto più che anche proiettandosi al 2017 la situazione cambia davvero poco (Pil a +1,6%, consumi a +1,7%, investimenti a +3,7%). E allora – e qui è sta il fulcro del Rapporto del Centro Studi – bisogna domandarsi perché l’Italia è incapace di cogliere le opportunità del contesto economico favorevole e perché è così lenta nell’approfittare delle riforme così faticosamente approvate. La risposta è semplice: il Paese è schiacciato ancora da gravi difetti strutturali che non sembrano in via di aggiustamento. Si chiamano deficit di legalità e di accessibilità logistica, eccessi di carico fiscale e di burocrazia, scarsa qualità del capitale umano e agiscono in modo particolarmente sfavorevole in diverse regioni meridionali. Le cifre della crescita, dunque, alla fine sono una media tra il contributo di alcune regioni dinamiche – come la Lombardia e il Nord-ovest – e di regioni ancora in recessione, come la Calabria, o a crescita nulla, come diverse aree del Mezzogiorno.


Prezzi in città, a febbraio in salita gli alimentari

frutta-e-verdura-di-stagione-febbraioNel mese di febbraio, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), a Bergamo, non subisce alcuna variazione rispetto al mese precedente. Il tasso tendenziale (la variazione percentuale rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) si attesta a +0,3%, in diminuzione rispetto al +0,5% registrato il mese scorso.

La variazione più marcata si registra nella divisione “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” con aumenti di carni (0,6%), frutta (2%), vegetali (1,3%), caffè, tè e cacao (0,5%), oli e grassi (0,5%) e zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi (0,7%).

Lieve aumento per le divisioni “Abbigliamento e calzature”, “Altri beni e servizi” e “Ricreazione, spettacolo e cultura” dove in quest’ultima si evidenziano rincari di apparecchi fotografici e cinematografici, pacchetti vacanza, articoli per giardinaggio, piante e fiori; in calo supporti di registrazione, giochi e hobby e prodotti per animali domestici.

In discesa la divisione delle “Comunicazioni” con diminuzioni di servizi e apparecchi telefonici e telefax; in aumento i servizi postali. Seguono i “Trasporti” dove a scendere sono soprattutto i carburanti e lubrificanti per mezzi di trasporto privati e la spesa per il trasporto aereo passeggeri e per quello marittimo; in salita il trasporto su rotaia. Negativa anche la spesa per le “Bevande alcoliche e tabacchi” a causa del calo dei vini; rincarano gli alcolici (+0,8%). Medesima variazione per “Servizi ricettivi e di ristorazione” dove a scendere sono i servizi di alloggio. Invariate le divisioni, “Abitazione, acqua, energia elettrica, gas e altri combustibili” , “Mobili, articoli e servizi per la casa”, “Servizi sanitari e spese per la salute” e ”Istruzione”.

tabella prezzi Bergamo febbraio 2016


I nonni risorsa per le famiglie. Il loro contributo è di 385 euro al mese

nonno e nipoteOltre ai dati, le tendenze. L’Osservatorio sui consumi di Findomestic Banca ha evidenziato la ripresa nella spesa dei beni durevoli nell’anno appena concluso, più marcata in Lombardia e a Bergamo rispetto al resto del Paese, ma ha anche scelto di mettere a fuoco con un’indagine il peso dei consumi della fascia di popolazione più anziana.

Negli ultimi 40 anni gli over “65enni”, infatti, sono più che raddoppiati. Una famiglia su tre ha un anziano con necessità di assistenza giornaliera o parziale. Nel 77% dei casi ad occuparsene sono soprattutto i parenti: i figli nel 50% delle situazioni, le badanti (21%), il coniuge (16%), altri parenti (14%), oppure la casa di riposo (13%).

La spesa media mensile per nucleo famigliare dedicata all’assistenza degli anziani è di 689 euro, una spesa che vale mediamente il 38% del budget famigliare. Per il 43% degli intervistati i costi arrivano ad assorbire fino al 50% del reddito (nel caso di importi pari a 1.400 euro).

In questa economia di scambio gli anziani svolgono tuttavia anche un ruolo attivo dal momento che il 31% degli italiani over 65 dà una mano in famiglia ai figli e ai nipoti. Più in particolare il 71% si occupa dei nipoti, mentre il 31% aiuta direttamente i figli. Il loro contributo medio mensile stimato è di circa 385 euro per nucleo famigliare. È quindi sbagliato considerare gli anziani come un fattore di assorbimento di risorse economiche un peso. Essi infatti costituiscono al contempo una preziosa risorsa: per quasi una famiglia su cinque rappresentano infatti un aiuto importante (19%). Ciononostante il 77% del campione crede che la società non riconosca il valore delle persone che sono avanti negli anni.

Tra i supporti di cui godono gli anziani attualmente, sono senz’altro da menzionare tutti quei migranti che forniscono servizi alle persone: il 77% degli stranieri, secondo gli italiani, effettivamente ricopre ruoli di badante e di colf, seguono professioni come l’operaio edile nel 53% dei casi, il lavoratore agricolo (45%) il domestico (41%), oppure il cameriere/barista (29%). Nel Nord dell’Italia gli immigrati svolgono lavori legati all’agricoltura nel 32% dei casi, sono badanti (80%), domestici (38%) oppure operai edili nel 68% dei casi.

Il dato sorprendente della ricerca è che solo un quinto degli intervistati sa quantificare la presenza degli stranieri in Italia e ben 4/5 ne sovrastima il numero che è di 5.000.000 nel 2015, l’8% della popolazione totale. Nel 1995 erano 685.000 unità con un’incidenza sulla popolazione inferiore all’1%.

Per il 42% del campione parlare di “immigrati” evoca pensieri che spaziano nella sfera della diffidenza, mentre nel 61% fa pensare all’area positiva dell’arricchimento/risorsa e a quella delle difficoltà che i migranti incontrano nel loro inserimento e alle motivazioni che li hanno spinti alla fuga dai paesi di origine. Le principali conseguenze della loro presenza sono considerate l’emergere di una società multietnica e multiculturale, in parte meno sicura, ma che certamente fa più figli.


Beni durevoli, a Bergamo la spesa cresce del 7,7%

A Bergamo la spesa per i beni durevoli (dalle auto ai mobili, agli elettrodomestici) cresce più che in Lombardia e della media nazionale. Lo dice l’Osservatorio Findomestic Banca, specializzata nel credito al consumo, che realizza periodicamente studi e indagini sul comportamento dei consumatori e l’andamento dei mercati.

Dal focus sulla Lombardia relativo al 2015 emerge nella nostra provincia un incremento degli acquisti per queste merceologie del 7,7% rispetto all’anno precedente, superiore al 7,1 regionale (11.161 milioni di euro) e al 6,4 registrato in Italia. La spesa complessiva si attesta a 1,114 miliardi di euro, pari a 2.405 euro a famiglia, contro i 1,035 del 2014 (+6,9%).

A trainare la ripresa sono il comparto della mobilità e dell’arredo. Le immatricolazioni di auto sono cresciute di quasi 2.600 unità (+11,1%) attestandosi a 25.907, di cui 20.348 acquistate delle famiglie (+14,5%). In aumento anche le compravendite di auto usate, di 2.086 unità (+5%, +7,2% in valore, dato tra i più alti dopo Lodi e Cremona) . Il parco circolante è però in diminuzione, segno che c’è chi ha rinunciato all’auto. In un anno il totale è passato da 578.440 a 571.950 per una diminuzione dell’1,1% che pone Bergamo sul fondo della classifica, con il valore più negativo (le altre due province lombarde con segno “meno” sono Lodi e Varese).

La Bergamasca si conferma, poi, terra degli amanti delle due ruote, seconda in classifica dopo Milano per numero di motoveicoli acquistati lo scorso anno (in totale 4.392, +7,8%) e per spesa complessiva (30 milioni di euro, +9,3%), ma anche nelle moto cala, leggermente (-0,3%, la media regionale è -0,5%), il parco circolante, che conta oggi 151.482 mezzi.

Positivo è anche l’andamento delle vendite di elettrodomestici, grandi e piccoli. La spesa a Bergamo è salita a 98 milioni di euro (+10,4%), che si traduce in 212 euro a famiglia (+9,7%). E c’è segno più anche per il comparto mobili (273 milioni di euro, +1,6%), nel quale ogni famiglia bergamasca ha investito in media 588 euro. Entrambi i dati possono essere messi in relazione con il bonus mobili ed elettrodomestici a disposizione per chi ristruttura casa ed ora anche per le giovani coppie.

In linea con la tendenza nazionale (-9,5%) e lombarda (-6,7%), la diminuzione a Bergamo della spesa nell’elettronica di consumo, con 3 milioni di euro in meno (da 46 a 43) pari a -6,9% e una media di consumi per famiglia tra le più basse in regione, 93 euro. Per l’information technology domestica, infine, le famiglie bergamasche hanno sborsato in media 84 euro invece degli 89 del 2014 (-4,9%) e le vendite complessive sono calate di 2 milioni di euro (-4,3%, che segue un più netto -7,4% dell’anno precedente).

beni durevoli consumi lombardia 2015


Ecco come spendono le famiglie bergamasche

I Bergamaschi non si sbottonano di fronte ai piccoli segni di ripresa che l’economia sta dando. Continuano a tenere sott’occhio il bilancio e anche nel 2016 (pur se in misura minore rispetto al 2015) la parola d’ordine sarà “attenzione agli sprechi”. È quanto emerge dalla recente indagine “Famiglie e Fiducia” della Camera di Commercio di Monza e Brianza.

Se la maggior parte non cambierà la composizione del proprio paniere (il 79% afferma che continuerà ad acquistare i prodotti abituali, mentre il 12% si orienterà più volentieri sui prodotti in promozione, il 5% sui marchi di catena e il 4% sul primo prezzo, a scapito dei prodotti di marca), in una famiglia su due (55%) aumenterà l’attenzione agli sprechi, soprattutto alimentari. Per risparmiare i Bergamaschi hanno anche ridotto le uscite a cena, in pizzeria e le colazioni al bar (41%), trascorrendo il proprio tempo libero con più frequenza in casa o da amici e parenti (17%). Anche il risparmio sulle bollette non viene sottovalutato, con il 37% degli intervistati che si dice più attento ai consumi di luce, riscaldamento e telefono. Sulla stessa scia la scelta di ricorrere più spesso alle riparazioni di vestiti, elettrodomestici e mobili piuttosto che sostituirli, atteggiamento nel quale Bergamo è regina tra le province lombarde, con una percentuale del 16%, rispetto alla media del 9. Ciò che non è cambiato è l’uso dell’automobile. Solo il 5% lo ha ridotto (la media regionale è del 6%). A non aver modificato le proprie abitudini è invece il 18% dei Bergamaschi, valore che a Milano, invece, sale al 39%.

L’attenzione al portafoglio si evidenzia anche nelle modalità della spesa. Il 65% delle famiglie bergamasche utilizza diversi punti vendita per inseguire il risparmio, l’11% per avere più qualità dei prodotti, mentre il 24% acquista tutto in un unico punto vendita.

Le tendenze in terra orobica rispecchiano sostanzialmente il quadro regionale e segnalano comunque una cinghia un po’ meno stretta rispetto al passato. Se oggi è una famiglia lombarda su tre a controllare le bollette e a stare più attenta all’utilizzo di elettrodomestici e riscaldamento, lo scorso anno la soglia arrivava al 50%. Quasi dimezzati coloro che rinunciano all’automobile (nel 2015 erano il 10%, oggi il 6%), mentre è amentato (dal 33 al 39%) la fetta di chi dichiara di fare meno aperitivi e cene fuori.

indagine comportamenti d'acquisto lombardia


Consumi, a Bergamo si conferma la ripresa. Malvestiti: «Attese positive anche per i saldi»

Dopo sette Natali all’insegna della crisi, i segnali di ripresa sono confermati. «È stato un buon dicembre – afferma Paolo Malvestiti, presidente dell’Ascom di Bergamo -. Dopo diversi anni e mesi di stasi nei consumi, questo mese si chiude con un segno positivo, superiore rispetto alle aspettative. Anche le vendite natalizie sono state buone».

Il dicembre 2015 per il commercio bergamasco si chiude con un 6% in più rispetto alle scorso anno, una crescita che è andata oltre le aspettative e le previsioni fatte sia a livello locale che nazionale da Confcommercio, «è tornato un clima di fiducia, lo si vede sulle facce di chi entra in negozio e ha voglia di spendere, sempre con un’attenzione al rapporto tra qualità e prezzo – continua Malvestiti -. La ripresa c’è stata in molti settori, a partire dall’alimentare, che ha registrato un andamento molto positivo, confermato nell’approssimarsi della Vigilia. Quest’anno a vincere sulle tavole del Natale sono state la qualità e la tradizione del made in Italy». Il settore alimentare è infatti tornato a crescere, con un +2% rispetto allo scorso anno. Segno più anche per l’abbigliamento. «Anche il mondo dell’abbigliamento conferma la sua crescita di qualche punto rispetto allo scorso anno. Complice il clima mite di queste festività natalizie, i bergamaschi si sono indirizzati soprattutto sulla maglieria, sulle calzature, sull’accessorio e sul “piccolo pensiero”», evidenzia il presidente. 

Il bel tempo di questi giorni ha un effetto a doppia faccia: nei centri storici e nell’hinterland le belle giornate hanno invogliato ad uscire a fare acquisti, mentre la mancanza di neve in montagna ha fatto registrare la cancellazione delle prenotazioni degli appassionati dello sci.

Dopo Natale, l’attesa dei commercianti è concentra sul 5 di gennaio, data di avvio dei saldi di fine stagione. «Dal 5 gennaio prendono il via saldi – spiega Malvestiti –. E i dati positivi di dicembre fanno ben sperare i nostri commercianti. Le otto settimane sono occasioni importanti per l’acquisto di articoli più importanti come capospalla, giacconi e abiti da uomo».

Le regole dei saldi

Nei due mesi di saldi cinque sono i principi che i commercianti sono chiamati ad osservare, cinque regole di trasparenza e di correttezza pensate per la tutela della concorrenza e del cliente relative a cambi, prova capi, pagamenti, tipologia dei prodotti in vendita e indicazione dei prezzi.

  1. Cambi: la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (art. 1519 ter cod. civile introdotto da D.L.vo n. 24/2002). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Il compratore è però tenuto a denunciare il vizio del capo entro due mesi dalla data della scoperta del difetto.
  2. Prova dei capi: non c’è obbligo. È rimesso alla discrezionalità del negoziante
  3. Pagamenti: le carte di credito devono essere accettate da parte del negoziante qualora sia esposto nel punto vendita l’adesivo che attesta la relativa convenzione. Inoltre è previsto l’obbligo di accettazione dei pagamenti tramite bancomat e carte di credito sopra i 30 euro
  4. Prodotti in vendita: i capi che vengono proposti in saldo devono avere carattere stagionale o di moda ed essere suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro un certo periodo di tempo. Tuttavia nulla vieta di porre in vendita anche capi appartenenti non alla stagione in corso.
  5. Indicazione del prezzo: è obbligo del negoziante indicare il prezzo iniziale di vendita e lo sconto in percentuale, è facoltà, ma consigliabile, indicare anche il prezzo di vendita ribassato, mentre è vietato indicare qualsiasi altro prezzo.

Le violazioni alla norma sulle vendite straordinarie saranno punite con sanzioni amministrative da 500 a 3.000 euro, secondo la legge regionale 9/2009.


Fine d’anno, la presidente Frosio “fa le carte” alla ristorazione bergamasca

L’anno dell’Expo ha portato movimento nei ristoranti bergamaschi, che ora vivono il periodo delle festività confidando nei segnali di fiducia e ripresa dei consumi rilevati a livello nazionale. Ma la sfida resta grande e complessa, perché la concorrenza aumenta, il prezzo continua ad essere il principale fattore che determina la scelta e i canali “alternativi”, ultimo quello dell’home restaurant, sparigliano ulteriormente le carte in tavola.

Petronilla FrosioLa fine dell’anno è tempo di banchetti e brindisi, ma anche di bilanci e programmi per il futuro e per tracciarli ci siamo rivolti a Petronilla Frosio, presidente dei ristoratori Ascom.

«In effetti l’estate è stata buona – afferma -, ci sono stati più turisti, prima di tutto per il clima, ma anche per la crisi di alcune mete, come Tunisia e Marocco, e per l’Expo che di gente ne ha fatta girare, anche nelle Valli, ad esempio gli emigrati che hanno preso l’occasione dell’evento milanese per riaprire le seconde case».

E ai bergamaschi è tornata la voglia di andare al ristorante?

«Credo che non l’abbiano mai persa, solo che è in atto una rivoluzione, l’offerta si è ampliata e diversificata moltissimo. Pensiamo al proliferare di locali giapponesi, chi avrebbe pensato solo cinque o sei anni fa che il sushi sarebbe diventato un classico per le uscite dei giovani? Il fatto è che in famiglia non si cucina quasi più e le nuove generazioni non conoscono i sapori della tradizione, non sono legate ai ricordi. In più viaggiano e sono aperte al mondo, sono perciò molto inclini ai gusti nuovi e alle nuove cucine».

Cosa possono fare, allora, i locali “classici”?

«Specializzarsi, ritagliarsi un proprio spazio, una propria identità, non c’è dubbio. Ristoranti fotocopia che hanno di tutto si fanno concorrenza l’un l’altro, mentre se ci si differenzia si può arrivare a condividere la clientela. Ci può essere il locale dove trovare un buon brasato, del buon pesce e questi diventano motivi di richiamo, invece oggi il cliente finisce per scegliere in base alla vicinanza o al parcheggio…».

Quale può essere una specializzazione da coltivare?

«Sono sempre più convinta che a Bergamo, mi riferisco alla città, manchi una vera cucina del territorio. Che non significa rifare i piatti del passato, ma interpretarli nuovamente, tanto più che oggi l’agricoltura ci sta consegnando una nuova offerta di prodotti locali interessanti, dalla frutta alla verdura ai formaggi. Gli stranieri che visitano la città chiedono dove poter assaggiare cibi e sapori tipici e oggi, francamente, si fa fatica a dare indicazioni».

Cosa intende per reinterpretazione della cucina del territorio?

«Non certo attribuirsi una semplice etichetta. Significa conoscere le ricette e alleggerirle per rispondere al gusto e alle esigenze attuali, studiare i prodotti e farli diventare piatti capaci di convincere. In un’occasione è stato chiesto quale fosse la cucina bergamasca estiva. Si potrebbe rispondere che non esiste, dato che i nostri piatti tipici sono più che altro indicati per le stagioni fredde, ma nulla vieta che la si possa inventare partendo dai prodotti del territorio. Qualcuno che sta lavorando in questo senso e in modo ammirevole c’è, intendiamoci, ma per un’operazione di un certo peso, per fare in modo che ci si creda in tanti, servirebbe un’autentica “macchina da guerra”, un intervento istituzionale. Così come ci sono iniziative per promuovere l’innovazione e l’internazionalizzazione delle imprese si può lavorare su una rivalutazione della nostra cucina. Per la verità qualcosa si sta muovendo, ma è ancora un po’ presto per parlarne…».

Il prezzo influisce sempre sulle scelte dei consumatori?

«Ha sempre inciso e con la crisi è diventato un fattore ancora più determinante. I ristoratori lo sanno bene e infatti sono anni che mantengono i prezzi stabili, se li hanno addirittura abbassati. Solo che adesso sarebbe anche ora di potersi rimettere in gioco, non si può andare avanti accontentandosi di stare a galla e pagare le spese. Qui la palla passa alla politica, tutto il Paese si è incartato tra lacci, lacciuoli e incertezze che frenano lo sviluppo. Chi mai può pensare di investire oggi?»

Si dice però che la crisi sia servita a trovare nuove opportunità…

«È vero, ma la crisi è più pesante di tutte le innovazioni. Diciamo che in questo braccio di ferro ha vinto lei».

Con il suo ristorante partecipa a InGruppo, che riunisce i locali top in una proposta più accessibile, nato proprio in risposta alle difficoltà e al mutamento dei consumi…

«Credo che questo progetto e quello con proposte a 35 euro siano due delle più belle cose nate in questi anni tra i ristoratori bergamaschi. Fare gruppo è importantissimo, è occasione di incontro, scambio, confronto ed è sedendosi attorno ad un tavolo che le idee possono crescere e farsi concrete. Un conto è portare avanti qualcosa da soli, un conto è farlo in 15 o più».

Come vede il 2016 per la ristorazione?

«Il vantaggio del nostro settore è che la gente continua a mangiare e questo è un aspetto sempre e comunque positivo. Come detto, però, l’offerta aumenta e pure la concorrenza, anche quella non proprio ad armi pari come gli agriturismo e, ultimamente, persino gli home restaurant, le cene in casa di privati. Va bene le liberalizzazioni, ma forse si sta esagerando e non sempre la gente si fa delle domande su certi fenomeni. Il fatto è che la novità attira sempre, insieme al prezzo è il motore del mercato».

Oltre ai visitatori, il risultato di Expo è stato anche un nuovo modo di vedere il cibo, l’alimentazione e lo stare a tavola?

«Non lo si può dire nell’immediato, ma credo che gli effetti si vedranno nel tempo, anche solo considerando i fiumi di scolaresche che hanno invaso i padiglioni. Del resto, su temi come ambiente, cibo, spreco e sostenibilità si sta riflettendo ormai da tempo e una certa consapevolezza si fa avanti. Quanto alla ristorazione, credo che l’aspetto su cui fare sempre più attenzione sia il mangiare sano».


Nel 2015 un consumatore su 4 ha acquistato un falso

Un consumatore su quattro ha acquistato almeno una volta nel 2015 un prodotto o servizio illegale. In aumento rispetto allo scorso anno sono agli acquisti illegali di abbigliamento (+11,3%), calzature (+5,9%) e pelletteria (+2,8%), mentre diminuiscono quelli di prodotti contraffatti appartenenti alle categorie potenzialmente più pericolose per la salute, come alimentari, cosmetici e profumi (-5,4%).

Sono questi alcuni dei dati principali dell’indagine sulla contraffazione e l’abusivismo realizzata da Confcommercio-Imprese per l’Italia, in collaborazione con Format Research, in vista della Giornata di mobilitazione nazionale di Confcommercio “Legalità, mi piace!” che si terrà il 25 novembre prossimo.

Dallo studio emerge anche che per oltre il 70% dei consumatori l’acquisto di prodotti o servizi illegali è sostanzialmente legato a motivi di natura economica ed è piuttosto normale, mentre cresce la consapevolezza sui rischi per la salute (80% contro il 71% del 2014, con un aumento del 9%).

Un consumatore su tre afferma che l’acquisto illegale è effettuato in modo consapevole e sette su dieci sono informati sul rischio di incorrere in sanzioni amministrative per l’acquisto di prodotti o servizi illegali. Un intervistato su due ha inoltre letto, visto o ascoltato campagne di sensibilizzazione contro la contraffazione.

Il consumatore di prodotti e servizi illegali è in prevalenza donna (nel 59,5% dei casi), dai 35 anni in su (per il 79,2%), appartenente ad un nucleo familiare di almeno due persone. Risiede principalmente al Sud (per il 43,5%), ha un livello d’istruzione medio-basso (per il 72,9%), è casalinga, pensionato, impiegato o operaio (per l’86,1%).

Quanto alle imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti, il 62,1% si ritiene danneggiato dall’azione dell’illegalità (+1% rispetto al 2014) e che è in aumento la concorrenza sleale (62,5%, +1,7% in confronto al 2014), l’effetto illegale ritenuto più dannoso dalle imprese. Per oltre l’80%, infine, il mercato dei prodotti illegali e dell’esercizio abusivo delle professioni è in continua crescita.

tabella acquisti prodotti contraffatti 2015


In crescita i consumi di acqua e bevande. La birra è regina

Non solo effetti negativi. Per alcuni settori il caldo record di questa estate è stato un volano per gli affari.

È il caso del settore delle acque e delle bevande, il cui consumo nel torrido luglio appena chiuso è aumentato del 20% a Bergamo.

«Il caldo di questi mesi ha aumentato i consumi legati alle bevande ed ha incentivato la gente ad uscire e frequentare i locali più dello scorso anno. Le zone che godono maggiormente degli aumenti sono le valli, grazie soprattutto al flusso turistico maggiore generato proprio dal bel tempo» spiega Giampietro Rota, presidente del Gruppo Grossisti vino e bevande di Ascom Bergamo.

Il positivo risultato di luglio si aggiunge ad un semestre che registra un fatturato del +12% rispetto al primi sei mesi del 2014. «Sono dati buoni, dove spicca la vendita di bevande analcoliche e di birra» continua il presidente Rota.

Nella distribuzione delle bevande, si distingue l’exploit delle birre che occupano il 38% del totale del fatturato, con un + 5,3% rispetto al primo semestre dello scorso anno; seguite da vini (15,3% e con +5,6% rispetto 2014), liquori (14,8% con + 6,6,% rispetto 2014), bibite (13,5% con + 6,1% rispetto 2014), acqua (11,8% e con +9,4% rispetto 2014 ), e a seguire aperitivi (3,3% con +2% rispetto 2014) e succhi (3,1% con -2% rispetto 2014).

Per quanto riguarda il quantitativo distribuito, al primo posto capeggia l’acqua che occupa il 50,2% del mercato, a cui seguono birra (24,5%), bibite (13,2%), vini (7,2%), succhi (7,2%) e liquori (1,9%). Rispetto allo scorso anno la vendita di acqua è aumentata dal 3% al 16,6% a seconda delle diverse tipologie di formato, le bibite monodose del 21,5% e la birra in fusto del 10,9%. Tra i liquori campeggia il gin con un incremento del 18,65%. È calato invece del 20% il consumo dei succhi.

«Per quanto riguarda le tipologie, si sta verificano un forte trend di crescita delle birre artigianali (sia in produzione che in consumo) e un boom nella vendita del gin che viene sempre di più utilizzato nei bar. Il gin negli ultimi mesi ha sostituito in parte la vodka e rappresenta l’ultima tendenza in fatto di liquori che costituiscono la base per aperitivi e cocktail».

Per vino, acque e bevande una gran fetta del mercato è costituita dalla distribuzione nei canali tradizionali, come pubblici esercizi e attività commerciali (49,9%) a cui seguono la ristorazione (31,6%) e i locali serali, come discoteche (19%).

I grossisti di vino e distributori di bevande sono oggi in bergamasca 144. È un mercato che tiene ma in trasformazione, in quanto i distributori tradizionali sono scomparsi e la vendita di acqua e bevande per uso domestico è stata acquisita dalla grande distribuzione, mentre nascono nuovi distributori specializzati per la vendita di birre artigianali e vino di qualità e destinati al mercato della ristorazione. «È un mercato in crescita perché non solo fa parte del settore alimentare che, nonostante tutto continua a tenere, ma anche perché è capace di generare determinate emozioni, soprattutto i prodotti del comparto enobirrofilo, capaci di determinare nuove tendenze – precisa Rota -. I protagonisti della filiera distributiva sono sempre più attenti alle richieste dei consumatori e puntano a ricercare produttori in grado di garantire, oltre la qualità e il giusto prezzo, la piacevolezza del gusto. Questa attenzione premia».