Regali di Natale: prodotti enogastronomici, giocattoli e cura persona e bellezza in testa

Ascom stima una spesa di 174 euro pro capite (186 a livello nazionale). Cresce internet, ma i negozi non perdono il loro appeal

Scatta ufficialmente il conto alla rovescia per i regali da scartare sotto l’albero e si affrettano le corse in cerca degli ultimi doni. Secondo la ricerca nazionale Confcommercio la spesa media che gli italiani destineranno alle strenne natalizie sarà di 186 euro a persona (in crescita rispetto ai 157 euro del 2022), quella media dei bergamaschi è inferiore: Ascom Confcommercio Bergamo stima 174 euro a residente, nonostante un budget tendenzialmente maggiore della media nazionale, ma una minore inclinazione agli acquisti per regali. Tra i pacchi più gettonati, a livello nazionale, i prodotti enogastronomici (72,7%) si confermano in cima alla lista delle preferenze, seguiti da giocattoli (50,1%), prodotti di bellezza (49,6%), abbigliamento (49,4%) e libri (41,6%); tra i regali che registrano l’incremento maggiore rispetto all’anno scorso si segnalano i prodotti per la cura della persona (+8,6%), i gioielli (+7,9%) e i trattamenti di bellezza (+6,7%); carte regalo e abbonamenti a piattaforme streaming risultano, invece, i regali più acquistati online.  “La spesa per regali è più bassa rispetto a quella nazionale non tanto per la possibilità di spesa, ma per abitudini, consuetudini e predisposizione culturale- commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. Il bergamasco è più parsimonioso e spende più per acquisti produttivi e vacanze che per fare regali. Anche nella nostra provincia si  afferma il fenomeno dei regali acquistati on line, grazie anche all’allungamento del periodo riservato alla ricerca dei regali, che si estende a tutto il mese di novembre, specialmente in occasione del Black Friday”. Se la maggioranza compra almeno uno o più prodotti sul web, resta alta la quota che si concentra nel commercio tradizionale: “I negozi non perdono il loro appeal, ma anzi contribuiscono a rendere più gratificante l’esperienza di acquisto specialmente di un dono, da vedere e toccare con mano, da presentare confezionato al meglio, oltre a rendere più agevole eventuali cambi”. Cambiano anche le idee regalo: “In questi ultimi anni, accanto alla posizione privilegiata dei giocattoli che fanno felici i bambini e che si mantengono stabili, hanno guadagnato posizione i prodotti alimentari e per la cura della persona, mentre- pur recuperando qualcosa nell’ultimo anno- hanno ormai perso la leadership storica i prodotti di abbigliamento, oltre a hi-tech e tecnologia, anche se i risponditori che sfruttano l’intelligenza artificiale sono comunque apprezzati. In forte calo i libri e l’ebook, mentre crescono le carte regalo che lasciano libero il beneficiario della scelta”.

I dati della ricerca

Il regalo degli italiani

Tra le tipologie di articoli, si regaleranno soprattutto prodotti enogastronomici (72,27%), giocattoli (50,1%), prodotti per la cura della persona (49,6%), capi di abbigliamento (49,4%), con un trend in aumento rispetto al 2022. Cresce infatti per la prima volta dal 2019 la percentuale di chi farà regali, dal 72,7% dello scorso anno al 73,2% attuale. Tra i regali acquistati online, prevalgono le carte regalo (83,4%) e gli abbonamenti streaming (77,8%), seguiti da libri ed ebook (65,2%), oltre a film, dvd e musica digitale (38,7%).

I canali di acquisto

Tra i canali di acquisto preferiti, Internet si conferma al primo posto (68,5%) e in aumento del 4% rispetto all’anno scorso, ma cresce anche l’utilizzo dei negozi di vicinato (dal 45% al 48,3%) e i punti vendita della distribuzione organizzata (dal 53% al 67,7%). Stabili gli acquisti presso outlet e spacci e quelli nei punti vendita del commercio equo e solidale.

La corsa agli acquisti

Anche se in calo rispetto all’anno scorso, le prime due settimane di dicembre si confermano  il periodo dove si concentrano i maggiori acquisti di regali di Natale (46,4%), ma aumenta rispetto allo scorso anno la quota di coloro che hanno già fatto gli acquisti nella seconda metà di novembre (dal 33% al 38,9%).


Effetto tredicesima: prevista una spesa di 681 milioni di euro in regali

Cresce la spesa media pro capite rispetto al 2022, ma per effetto dell’inflazione 

Le tredicesime in Bergamasca, secondo le stime di Ascom Confcommercio Bergamo, valgono  681 milioni di euro. La crescita è del 4,7% rispetto allo scorso anno per effetto della crescita del numero degli occupati e dell’aumento dei salari. La media rispetto ai lavoratori dipendenti pubblici e privati e pensionati (650 mila circa) è di circa 1.048 euro a percipiente. Rispetto al totale della popolazione è di circa 617 euro pro capite. Il 15,77% pari a 107,4 milioni sarà assorbita dalle spese incomprimibili per la casa, di energia e gas. Anche a Bergamo, in linea con il quadro nazionale, la fiducia è in recupero e questo potrebbe favorire il Natale anche se si preannuncia una festività in cui si accentueranno le differenze tra chi potrà spendere molto e chi poco o nulla.  La stima è che solo il 45% dei bergamaschi potrà e vorrà fare regali (il dato è al 40,1% a livello nazionale).  La stima di spesa si attesta a 174 euro, contro i 153 euro dello scorso anno, un budget più alto per effetto del rientro dei rincari energetici ma soprattutto per l’effetto inflazione, che ha portato a inevitabili aumenti di prezzo e quindi di spesa.
“Un numero sempre più alto di nuclei familiari bergamaschi sono in difficoltà: l’inflazione sta togliendo possibilità di spesa per tutto ciò che non è necessario- commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. La spesa prevista nominale sarà maggiore dello scorso anno per l’effetto della maggiore occupazione, del cuneo fiscale, dell’aumento degli stipendi, ma in termini reali sarà anche inferiore, considerando l’effetto dell’inflazione. Il timore è che si andrà ad inasprire la differenza tra chi potrà spendere senza troppi pensieri e chi dovrà tagliare ogni spesa superflua. Una situazione di emergenza e difficoltà che preoccupa il commercio che ha sempre lavorato con tutti i segmenti sociali. Allarmante anche la crescita del commercio elettronico (+9,5% a dicembre), che sottrarrà inevitabilmente vendite ai negozi tradizionali. La crescita del 3,8% delle vendite dei negozi tradizionali non permette nemmeno agli imprenditori di recuperare l’inflazione”. Non mancano note positive:  “In generale, oltre le difficoltà,  nei bergamaschi c’è ancora voglia di normalità, di feste e di regali- continua Fusini-. Il turismo, la neve attesa in montagna stanno contribuendo a tenere più alta la fiducia e questo non è solo positivo ma potrebbe fare la differenza sul prossimo Natale.

Il dato nazionale

La consueta ricerca dell’Ufficio Studi di Confcommercio su consumi di Natale e tredicesime è all’insegna di un rinnovato ottimismo: il totale delle tredicesime (dipendenti e pensionati) supererà a livello nazionale i 50 miliardi, la spesa per i regali sarà di 8 miliardi di euro contro i 7,2 miliardi del 2022 (+ 5,7%). La spesa media pro capite nazionale è di 186 euro.


Black Friday, consumi in calo, ulteriore stretta per i negozi tradizionali

Prevista comunque una spesa di oltre 68 milioni di euro in Bergamasca, budget medio a famiglia di 145 euro

Tra mail, promozioni e messaggi, ci si proietta verso il week-end di sconti per il Black Friday e, per acquisti hi-tech, per il Cyber Monday di lunedì. Caro energia e inflazione impongono maggiore attenzione alle spese, ma tra offerte e promozioni, Ascom Confcommercio Bergamo stima, sulla scorta delle previsioni di spesa del rapporto di ricerca affidato a Format Research, un budget che oscilla tra i 120 e i 160 euro a famiglia. La spesa prevista in provincia di Bergamo sarà quindi di oltre 68 milioni di euro (68.150.000 euro; il dato è ricavato da una media di spesa di 145 euro per 470.000 famiglie orobiche). Quest’anno si preannuncia un Black Friday più morigerato nei consumi rispetto all’anno scorso, quando il week-end lungo di sconti esplose per effetto del primo ritorno alla normalità dopo un anno di restrizioni; la stima è inferiore anche al dato pre-Covid.  La spesa media del 2021 era compresa tra i 130 e i 180 euro, decisamente al di sopra del pre-pandemia, con i 120-170 euro del 2019. In attesa dei dati sui consumi effettivi di queste settimane, Ascom prevede un aumento della percentuale di coloro che rinunceranno al Black Friday e anche ai regali di Natale. Rispetto al 2021 aumenterà  di 5 punti la percentuale di coloro che non acquisterà regali: il 17 %, contro il 12% dello scorso anno. Si prevede una crescita di tre punti anche degli indecisi,  che salirà al 38% (contro il 34,9% del 2021). Nel periodo della “settimana nera” si prevede un calano generale degli acquisti, dal numero di clienti allo scontrino, a danno soprattutto dei canali tradizionali di vendita: “Temiamo che quest’anno, mentre terrà la percentuale degli acquisti on line,  che potrebbe anche salire al 75% degli acquirenti nella settimana del Black Friday e del Cyber Mondayci sarà invece una riduzione delle persone che utilizzeranno i canali più tradizionali, negozi di vicinato (21%), distribuzione organizzata (20%) e centri commerciali (35%)- sottolinea Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. Sul web la spinta dei grandi brand e delle piattaforme di commercio stia preparando i clienti a sconti molto forti, anche dal 50 al 75%, percentuali che non sono assolutamente sostenibili per nessun canale tradizionale di vendita”. La preoccupazione di un duro colpo alla rete dei negozi tradizionali in favore del web è molto forte per l’associazione commercianti:  “Guerra e caro energia stanno impoverendo ulteriormente molte famiglie bergamasche, oltre a frenare gli acquisti anche di chi non ha problemi economici– continua Oscar Fusini-. Questa situazione rischia di spostare per necessità intere fasce di consumatori verso i canali digitali, più di quanto non abbia fatto la pandemia, peraltro in ambienti di acquisto nei quali le possibilità dei controlli e le tutele contro le truffe sono limitati”.


Le spese obbligate si “mangiano” il 43% dei consumi delle famiglie bergamasche

Solo per l’abitazione, tra affitti e utenze, nel 2021 si spenderanno 4.074 euro pro capite, dato più alto dal 1995

Spese per l’abitazione, affitti o mutui, bollette e altre utenze, manutenzioni, assicurazioni, tariffe rifiuti: se c’è una certezza che il Covid non ha spazzato via, ma che anzi ha contribuito a confermare, è che le spese obbligate, soprattutto quelle che riguardano la casa (affitti e bollette), continuano a incidere pesantemente sui bilanci delle famiglie. L’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulle spese obbligate delle famiglie tra il 1995 e il 2020, mette bene in evidenza che nel 2020 la pandemia ha compresso le spese libere, con i servizi scesi al 15,6% del totale consumi (il minimo dal 1995), e aumentando le spese obbligate (quasi il 44%, il livello più alto dal 1995) arrivate a 7.168 euro annue pro capite.
Stesso trend anche per il 2021: nonostante il parziale recupero dei consumi in alcuni segmenti, le spese obbligate si confermano la principale voce di spesa assorbendo il 42,8% dei consumi totali che, in termini monetari, significano 7.291 euro pro capite. Tra queste spese, sono quelle legate alla casa ad incidere maggiormente arrivando a “mangiarsi” – tra affitti, manutenzioni, bollette, e smaltimento rifiuti – 4.074 euro, la cifra più alta mai raggiunta dal 1995; all’interno dei consumi commercializzabili invece (9.741 euro pro capite nel 2021) la componente principale è rappresentata dai beni con una quota sul totale consumi pari al 40,3% (in lieve riduzione rispetto al 41,1% del 2020), mentre recuperano i servizi passando dal 15,6% del 2020 al 16,9%, stessa quota di spesa destinata agli alimentari.

 

In Bergamasca le spese obbligate ammontano a 6,6 miliardi di euro

Il dato nazionale si riflette anche in provincia di Bergamo dove le spese obbligate a cui devono far fronte le oltre 460 mila famiglie bergamasche ammontano a oltre 6,6 miliardi di euro, circa il 43% delle spesa annua che si attesta sui 15,5 miliardi di euro. “Rispetto a prima della pandemia, ossia al 2019, le spese per servizi acquistabili sono sotto del 4,2% – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Mancano all’appello i servizi ricreativi, sportivi, culturali eventi i cui consumi nel 2021 sono sotto di oltre 650 milioni, per una spesa che quest’anno è stimata in 2,616 miliardi di euro. Anche la ridotta mobilità continua a contenere le spese per i mezzi di trasporto e i carburanti. Restano alti invece i consumi di beni, soprattutto alimentari, e le spese obbligate per la casa”.
“Per il 2021 – prosegue Fusini – si stima una spesa media procapite di 2.800 euro a famiglia, circa 165 euro in meno rispetto al 2019, per un totale di una spesa media mensile di 1,29 miliardi di euro. Occorre, quindi, superare al più presto l’emergenza sanitaria con i vaccini per consolidare il clima di fiducia, precondizione necessaria per rafforzare la crescita economica e sostenere i consumi”.


Congiuntura economica Confcommercio Il 2021 inizia più in salita del previsto

“Il 2021 inizia più in salita del previsto: ancora emergenza Covid, dati sui consumi in calo e Pil in forte riduzione. Difficile immaginare il rimbalzo previsto dal Governo nei prossimi mesi. Una situazione gravissima che rischia di peggiorare con la crisi politica in atto. Le imprese, che sono allo stremo, hanno bisogno di tre certezze: indennizzi immediati e commisurati alle perdite subite, regole chiare sulla riapertura delle loro attività, un progetto condiviso sull’utilizzo efficace del Recovery Plan”. Non usa giri di parole Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, nel commentare i dati dell’ultima congiuntura economica elaborata da Confcommercio. Per l’Ufficio Studi confederale, infatti, il peggioramento della situazione sanitaria e il prolungamento delle misure di contrasto alla pandemia non aprono scenari rassicuranti per il 2021, deludendo così le aspettative di un concreto recupero di ampia parte delle perdite di prodotto e di consumi patite nel 2020.

Per quanto riguarda nello specifico i consumi, a dicembre l’ICC è sceso su base annua dell’11,1% rispetto al -16,2% di novembre, sintesi di un leggero calo dei beni (-0,6%), mentre per molti servizi di mercato, anche per dell’inasprimento delle misure nel periodo delle festività natalizie, la caduta ha ampiamente superato il 50%.  L’anno si chiude così con un ICC in discesa del 14,7%, dato differente rispetto a quello che riflette il calo complessivo dei consumi, stimato dall’Ufficio Studi al 10,8%.

Quanto al Pil di gennaio la stima è di un -0,8% su dicembre, quinto calo consecutivo, e di un -10,7% sullo stesso mese del 2020. Nel quarto trimestre il Pil dovrebbe ridursi del 3% rispetto al terzo quarto del 2020 e del 7,5% tendenziale per una chiusura annua a -9%.

Il calo dell’11,1% è la sintesi di riduzioni del 41,3% per i servizi, i più colpiti dalle misure restrittive, e dello 0,6% per i beni. Nel complesso del 2020 l’indicatore segnala un calo del 14,7%, con una riduzione del 30,3% per i servizi e del 7,9% per i beni. Fanno eccezione a questo andamento solo le spese per l’alimentazione domestica (+2,1%) e per le comunicazioni (+8,7%).

Come già avvenuto nei mesi precedenti sono i servizi legati alla mobilità e alla fruizione del tempo libero quelli che sono andati peggio, mentre i beni hanno beneficiato del tentativo delle famiglie di conservare un’apparenza di normalità durante le festività di fine anno. Di questa reazione hanno però poco beneficiato, nel confronto annuo, sia l’abbigliamento e le calzature (-12,1%) sia i carburanti (-20,7%). Per molti settori nel 2020 c’è stato un vero e proprio tracollo della domanda, con riduzioni ampiamente superiori al 50%, particolarmente nei comparti del turismo in senso lato, dei servizi ricreativi, dell’abbigliamento, delle calzature, dei mobili e dell’arredamento.

Per gennaio l’Ufficio Studi prevede un aumento dello 0,3% in termini congiunturali, in larga parte determinato dalla ripresa dei prezzi degli energetici regolamentati e non, e una variazione nulla su base annua.

 


Anche Ascom in campo per la sostenibilità

Anche Ascom Bergamo Confcommercio sposa la sostenibilità. L’associazione di via Borgo Palazzo ha aderito al protocollo regionale promosso da Confcommercio Lombardia che mira a favorire lo sviluppo responsabile delle imprese del commercio e del terziario.
Ascom ha inaugurato la sua svolta ‘green’ con la consegna a tutti i 150 dipendenti di una borraccia d’alluminio per sensibilizzare ciascuno all’eliminazione delle bottigliette di acqua in ufficio, ma anche a casa. Questo gesto simbolico ma concreto è il primo passo verso un cambiamento culturale che l’associazione dei commercianti di via Borgo Palazzo ha deciso di intraprendere per essere sempre più sostenibile.
Ascom raccoglie così l’invito di Confcommercio Lombardia e prima ancora di Confcommercio nazionale che hanno dato il via a una campagna di sensibilizzazione importante in questo senso.

“Come associazione abbiamo deciso di impegnarci per adottare un modo di lavorare più attento al risparmio. Promuoveremo azioni di contrasto allo spreco di carta e plastica, di risparmio energetico e di acquisti in ottica green seguendo il decalogo delle «Buone pratiche per la sostenibilità» di Confcommercio Lombardia” dice il direttore Oscar Fusini. 

Entro il 2020 il nostro Paese dovrà recepire cinque direttive europee: l’eliminazione della plastica monouso, nuovi vincoli per lo smaltimento in discarica, l’utilizzo di materiali ecologici per le costruzioni e le demolizioni, la promozione e diffusione di biomassa e materiali biologici e la riduzione di produzione di rifiuti urbani e alimentari. 

«L’attenzione concreta ai temi ambientali è considerata un aspetto irrinunciabile dell’attività imprenditoriale del commercio, del turismo e dei servizi e offre ai clienti una garanzia di responsabilità, affidabilità e qualità, che si traduce in ricadute anche sul piano economico – sottolinea Fusini -. Da un’anticipazione della ricerca Format Research, su un campione di imprese del turismo e del commercio alimentare che sarà presentata a breve da Confcommercio emerge che gli imprenditori sono attenti a questi temi e che lo sviluppo sostenibile piace: in Lombardia il 73% delle imprese sta già adottando politiche di riduzione dell’utilizzo di prodotti in plastica monouso».

Per sensibilizzare le imprese verso scelte più responsabili e rispettose dell’ambiente, Ascom ha pubblicato il decalogo delle «Buone pratiche per la sostenibilità» sul sito www.ascombg.it e lo divulgherà sui social media. Il decalogo offre consigli su come si può risparmiare in azienda.

 

IL DECALOGO DELLE BUONE PRATICHE PER LA SOSTENIBILITÀ

Plastica

  • Ridurre l’utilizzo della plastica monouso
  • Utilizzare gli erogatori alternativi di acqua per l’ufficio
  • Dotare il personale di borracce

Carta

  • Impostare le stampanti in modalità bozza
  • Stampare fronte/retro di default
  • Utilizzare cartucce e toner ricondizionati e riciclati
  • Utilizzare carta riciclata

Risparmio energetico

  • Arrestare il sistema del PC
  • Regolare i sistemi di climatizzazione sul consumo energetico ottimale

Acquisti in ottica green

  • Creazione albo fornitori eco-sostenibili (delle imprese associate)

 

 

 

 

 

 


Le spese obbligate mortificano i consumi di beni. Disinneschiamo la bomba dell’IVA

I consumi di beni e servizi delle famiglie italiane tornano a crescere sia pur in un quadro di grande debolezza. È questa la sintesi della nota di aggiornamento sui consumi delle famiglie e le spese obbligate, diffusa qualche giorno fa dall’Ufficio Studi di Confcommercio, che evidenzia un recupero della quota di spesa nei beni e nei servizi.
Ogni italiano spende in media 18.089 euro all’anno, per i quali, però, non ha potere di scelta per circa 7.377 euro, quasi la metà!

Questo punto è basilare. Le spese obbligate, quelle costituite dall’abitazione, sanità, assicurazioni, carburanti, ecc. hanno di fatto preso il sopravvento nel bilancio delle famiglie. Rappresentano il 40,8% del totale della spesa e sono diminuite di circa un punto percentuale (–1,1%9 dal 2013 ad oggi, grazie soprattutto al contenimento del costo dei carburanti, ma cresciute del 4,3% dal 1995. Si tratta per lo più di oneri per beni e servizi a cui i consumatori rinuncerebbero volentieri, ma che devono sopportare senza possibilità di scelta. Per giunta, quindi, sono spese poco democratiche.

Queste uscite incidono sulla difficoltà delle famiglie di ritornare ai livelli di consumo precedenti la recessione.

Nel 2019, nonostante la modesta ripresa degli ultimi anni, la spesa per abitante, ai prezzi dell’anno in corso, dovrebbe risultare inferiore di oltre 830 euro rispetto al 2007. Solo in tre ambiti – il tempo libero, i viaggi e le vacanze comprese uscite per alberghi, bar e ristoranti – i consumi sono in crescita. Al di là di questioni demografiche e sociali, si consuma più fuori casa e meno in casa per una diversa allocazione del tempo tra lavoro domestico, lavoro retribuito e svago.

L’altro elemento importante è la terziarizzazione dei consumi: si spende più per servizi che per beni. I servizi incidono sulla qualità della vita (alberghi ristorante benessere ecc.) e mostrano una costante e significativa espansione, dal 17,4% della spesa nel 1995 al 21,5% del 2019 con + 4,1%.

Comunque, anche il consumo di beni torna a crescere, soprattutto per il peso dell’acquisto dei beni durevoli, in particolare autovetture. L’acquisto di prodotti incide per il 37,7% del bilancio familiare e mette a segno + 0,4% rispetto al 2013, ma una contrazione decisa (- 8,3%) rispetto al 1995. La perdita di peso in quasi 25 anni è soprattutto sui prodotti non alimentari, segnale del cambiamento epocale negli stili di consumo (meno abbigliamento e calzature per capirci), contro la riduzione -2,9% per i beni alimentari (per i maggiori consumi fuori casa). Il moderato recupero dei beni realizzato negli ultimi anni è stato sostenuto principalmente dai durevoli, soprattutto autovetture, i cui acquisti erano stati fortemente compressi nei periodi precedenti.

Tornando alle spese obbligate, almeno per molte di esse, i relativi prezzi si formano in regimi regolamentati e, comunque, in mercati scarsamente liberalizzati. Nel ventennio si è molto detto e fatto (male!) in tema di liberalizzazione del commercio, mentre si sono fatti pochi passi in avanti per rendere taluni mercati dei servizi realmente concorrenziali. Lì la spesa degli italiani è letteralmente esplosa.

Cosa dire. In un quadro come l’attuale l’aumento dell’IVA potrebbe essere il “colpo di grazia” al commercio. L’aumento dell’IVA sulle spese obbligate, del resto in un territorio dove le case sono per lo più di proprietà, sottrarrebbe risorse pesanti, ben oltre la sua incidenza percentuale con un reale collasso dei consumi. L’appello è quindi al nuovo Governo: fermiamo la bomba, disinneschiamo l’aumento dell’IVA.


Gelato, a ferragosto previsto un boom di richieste

Il gelato è uno dei protagonisti indiscussi di questa estate e lo sarà soprattutto a ferragosto. Lo dice l’Osservatorio SIGEP di Italian Exhibition Group secondo il quale nei prossimi giorni ci sarà un aumento dei consumi del 15%. Secondo lam speciale classifica Sigep in Italia ci sono 39mila gelaterie con 150mila addetti e un fatturato di 3 miliardi di euro.Il giro d’affari del gelato artigianale è di 3 miliardi per l’anno in corso con un trend di crescita, se confermato, del 10% (2,7 i miliardi di euro nel 2018). Roma si attesta come la capitale del gelato: da sola conta 1.400 gelaterie specializzate con 4.200 addetti. Bergamo nella classifica degli “italiani amanti del gelato”, si piazza la settimo posto. Nella Bergamasca ci sono 280 gelaterie artigianali, che danno lavoro a 1.100 persone e garantiscono una produzione annua di 5.200 tonnellate di gelato, con un volume d’affari da 73 milioni euro. Un comparto di assoluto rilievo, che testimonia il valore del gelato nel nostro territorio. 

Gli altri numeri del gelato artigianale:

– 4,48 miliardi di euro: volume d’affari della filiera del gelato artigianale made in Italy

– 481 milioni di euro: fatturato dell’industria delle macchine e degli arredi per la gelateria

– 90%: quota di mercato mondiale detenuta dai produttori italiani di macchine per il gelato

– 24: le aziende specializzate in macchine e arredi per la gelateria

– 600 milioni di euro: fatturato dell’industria degli ingredienti per gelato e dei semilavorati

– 45: le principali aziende specializzate in ingredienti e semilavorati con un fatturato aggregato da 1,6 miliardi di euro

– 125.000 euro: export generato per l’Italia da ogni gelateria avviata all’estero.


Frutta secca per dimagrire? Si può

L’estate con le sue temperature alte si sta facendo sentire e in attesa delle vacanze si teme la prova costume. Donne e uomini cominciano, se non hanno seguito un’alimentazione corretta tutto l’anno, a pensare ai chili di troppo e cercano di correre ai ripari aggiungendo più verdura, frutta, fibra e acqua nella loro dieta quotidiana. Quando però si ha davanti una bella ciotola di mandorle, noci, uvetta, pistacchi o anacardi, il primo pensiero che passa per la testa è “non lo mangio perchè fa ingrassare!”.
Sarà davvero così o si tratta di una leggenda metropolitana?

Nonostante per molti anni la frutta secca fosse considerata alimento da evitare per l’eccessivo apporto calorico, ora le ricerche scientifiche dimostrano esattamente il contrario.
Assunta con moderazione è un ottimo alimento per ridurre la fame e non solo fa bene all’organismo, ma addiritura può aiutare ad eliminare il grasso corporeo.
Come? Basta fare attenzione alla quantità e all’orario. Gli scienziati propongono una porzione da 20 grammi al giorno di frutta oleosa che, come dimostrato, fa diminuire il colesterolo totale. Inoltre, aggiungere la frutta secca – soprattutto mandorle, noci, pistacchi, arachidi – nell’alimentazione aiuta a raggiungere il consumo giornaliero raccomandato di cinque porzioni di frutta e verdura. Senza contate che può agire come un ‘stop’ alla fame in quanto favorisce il senso di sazietà.

La frutta secca quindi, che è ricca di acidi grassi essenziali, è perfetta come snack di metà mattinata, per spezzare la fame ed evitare di esagerare a pranzo, ma anche a colazione con lo yogurt greco, oppure prima di andare in palestra poiché fornisce all’organismo energia e sali minerali.
Inoltre, uno studio recente dell’Università di Florida ha dimostrato che le mandorle sono una fonte eccellente di vitamina E, magnesio e calcio, mentre le fibre contenute aiutano a rafforzare i cosiddetti ‘batteri buoni’ dell’intestino. Per di più il consumo quotidiano di frutta secca in quantità moderata riduce di circa il 30% l’incidenza di alcune malattie cardiovascolari come ictus e infarto.

I top 5 

Secondo il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America (USDA) i top 5 da consumare sono: i pistacchi che apportano al nostro organismo acidi grassi benefici, proteine di origine vegetale e sali minerali; le mandorle che hanno benefici considerevoli per i pazienti diabetici; gli anacardi che sono ricchi di proprietà benefiche e contengono magnesio e selenio, ottimo per i dolori delle articolazioni; le noci che sono ricche di proteine, carboidrati, grassi buoni e omega 3 e che hanno dei benefici nell’abbassare il colesterolo e regolare la pressione sanguigna, sono inoltre consigliate anche a chi soffre di diabete; e le nocciole che secondo Journal of Clinical Lipidology possono abbassare il colesterolo.

Mangiare sì, ma con moderazione
La frutta secca ha molti benefici per la salute, tuttavia c’è sempre il rischio di consumare quantità superiori a quelle che consigliano medici e nutrizionisti. Le noci sono molto energetiche, per 100 gr di prodotto forniscono all’organismo circa 600 calorie, quindi non si deve esagerare perché c’è il pericolo che aumenti il peso corporeo. Inoltre, possono causare diarrea e altri problemi di digestione come dolori addominali e gonfiore se vengono consumate in grandi quantità. La prossima volta quindi che vi farete la domanda “mangio la frutta secca?”, la risposta è “sì” ma con attenzione.

La nutrizionista Roberta Zanardini
Un ottimo alleato per la salute 

È un mito che la frutta secca fa ingrassare? 
Il contenuto calorico è elevato, ma dovrebbe sempre far parte di una corretta alimentazione, pur non esagerando nelle quantità. La combinazione naturale di fibre, proteine, carboidrati e grassi insaturi conferisce a questo alimento un basso indice glicemico e lo rende prezioso contro gli aumenti di glicemia dovuti all’assunzione di zuccheri a rapido assorbimento. Inoltre, contiene zinco, magnesio, ferro, potassio, fosforo e calcio, per non parlare poi di vitamine A, E, C e K, insomma una sana abitudine.                                       

Quanta frutta secca possiamo mangiare al giorno per mantenere la nostra linea? 
Il consumo quotidiano dovrebbe essere di circa 10g per chi segue una dieta ipocalorica e di circa 20g per chi è normopeso. Meglio scegliere frutta secca al naturale, non tostata e non salata perché permette di usufruire di tutte le sue proprietà nutrizionali limitando allo stesso tempo l’assunzione di sodio.

Esiste un orario migliore per consumarla?
Sarebbe meglio evitare di sgranocchiarla prima di coricarsi o dopo pranzo, cioè quando le calorie si sommerebbero con quelle già introdotte e perché andrebbe ad appesantire la digestione fornendo un eccesso di calorie non necessario. Come avviene per la frutta fresca, i momenti ideali in cui consumare frutta secca o disidratata sono quindi la colazione o gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio. In questi momenti infatti il nostro organismo ha bisogno di energia per iniziare la giornata e per arrivare ai pasti principali senza incorrere in cali energetici andando a sostituire e quindi eliminare l’uso di snack confezionati

COME PUÒ ESSERE ABBINATA PER FARE IL PIENO DI ENERGIA SENZA APPESANTIRCI DI CALORIE?
Grazie alle sue caratteristiche risulta un alimento completo anche assunto da solo, ma la si può consumare in aggiunta a uno yogurt contenente frutta fresca e cereali integrali o per arricchire le insalate.


Uova: Timbratura all’origine per tutelare i consumatori

Unaitalia, Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova, è stata audita mercoledì 9 gennaio alla Camera dei deputati, in XIII Commissione Agricoltura, nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni Cassese, Caretta, Gastaldi e Nevi su iniziative in materia di marchiatura delle uova. A rappresentare la posizione delle imprese produttrici di uova aderenti a UnaItalia è stato Ruggero Moretti, presidente del Comitato Uova di Unaitalia, nonché neoeletto presidente di EEPA, European Egg Processors Association.

“Unaitalia accoglie con favore le risoluzioni della Commissione Agricoltura ed in particolare quelle a firma degli onorevoli Cassese e Gastaldi, in quanto la timbratura obbligatoria delle uova in allevamento rappresenta un elemento fondamentale per tutelare le produzioni nazionali, ma soprattutto per garantire che i consumatori possano avere informazioni chiare circa l’origine delle uova e le modalità di allevamento” ha spiegato Ruggero Moretti in Commissione Agricoltura.

Attualmente la timbratura delle uova da consumo avviene sempre nei centri di imballaggio dove possono confluire uova provenienti da siti produttivi differenti con diverse tipologie di allevamento. All’interno della Comunità europea non vi è poi l’obbligo di indicare sull’imballaggio l’origine delle uova, ed è attualmente ammessa una deroga alla marchiatura delle uova destinate alla lavorazione industriale, quando queste vengano consegnate direttamente dal sito di produzione all’industria alimentare.