Settimana chiave per le riaperture anticipate. Terziario, ristorazione e turismo incrociano le dita

Da Palazzo Chigi filtra la disponibilità ad anticipare a fine mese qualche riapertura. Il presidente di Federalberghi, Bocca: “Il nostro settore ha bisogno di programmazione”

La situazione epidemiologica migliora, anche se molto lentamente. E se la tendenza verrà confermata nei prossimi giorni il governo è pronto ad autorizzare qualche riapertura prima della data canonica del 30 aprile (la scadenza del decreto anticoronavirus attualmente in vigore, ndr). A fine mese, insomma, potrebbero essere di ritorno le zone gialle (Lazio, Veneto, Marche e Molise hanno già dati compatibili), con la conseguente apertura dei ristoranti, almeno a pranzo, ma anche di musei, cinema e teatri, con ingressi contingentati. Per ora, è bene specificarlo, nessuna decisione è stata presa né è stata convocata la cabina di regia per discutere le scelte da fare.

In attesa che venga decisa la data del confronto tra le forze politiche, un elemento è comunque chiaro: se si deciderà di riaprire, saranno fatte scelte “selettive e ponderate”, come ha ribadito il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Tradotto in parole povere, la maggior parte delle attività che sono chiuse dovrà attendere comunque maggio. “Guai se pensassimo di essere fuori dal problema. Ci ritroveremmo nella situazione di metà marzo avendo vanificato settimane di sacrifici”, ha ammonito Locatelli. Per il prossimo mese, come sostenuto dal sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, è poi ipotizzabile l’apertura dei ristoranti anche la sera: “torneremo con i colori nelle regioni, compreso il giallo. I ristoranti possono aprire da maggio e a metà del mese anche a cena”, ha detto.

Draghi: “Nessuna data certa per le riaperture”

Per le riaperture una data non c’è, dipenderà dall’andamento della campagna di vaccinazione. In conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier, Mario Draghi, lo ha detto chiaro e tondo confermando quanto da giorni filtrava dalla sede dell’esecutivo. L’ex presidente della Bce lo aveva appena ribadito al leader della Lega, Matteo Salvini, al termine del quale quest’ultimo aveva comunque aperto uno spiraglio (“non si può vivere in rosso a vita. In base ai dati ci sono almeno sei regioni italiane in cui si potrebbe riaprire. Conto che si possa fare in aprile”).

Draghi, in ogni modo, trova “normale chiedere le riaperture, sono la miglior forme di sostegno”, ma appunto per valutarne la possibilità “inseriremo il parametro delle vaccinazioni per le categorie a rischio”. E si guarderà anche all’andamento nelle singole regioni per valutare un allentamento della stretta: “è chiaro che nelle regioni che sono più avanti nelle vaccinazioni ai più fragili  e vulnerabili sarà più facile riaprire”.

Per quanto riguarda il turismo, il presidente del Consiglio ha di fatto avallato l’auspicio del ministro Garavaglia per la riapertura al 2 giugno (vedi più in basso, ndr): “È la nostra festa nazionale e potrebbe essere una data delle riaperture per noi”. “Garavaglia dice a giugno. Speriamo, magari anche prima, chi lo sa. Non diamo per abbandonata la stagione turistica, tutt’altro”, ha aggiunto. Intanto, in vista della stagione turistica estiva, prende piede la proposta di rendere le isole “covid free”, come sta facendo la Grecia. Garavaglia è d’accordo (“possiamo farlo”) e con lui i presidenti di Sardegna e Sicilia, Christian Solinas e Nello Musumeci, che chiedono a Draghi di “avere il coraggio” di andare oltre la proposta di vaccinazione delle sole isole minori e puntare a immunizzare con il vaccino l’intera popolazione delle due isole più grandi isole del Mediterraneo e “a spiccata vocazione turistica”, che “possono garantire numeri importanti per la ripresa dell’economia nazionale”.

Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha parlato invece del passaporto vaccinale, una possibilità allo studio del governo, come hanno fatto altri Paesi, per attrarre i turisti. “Lavoriamo – ha detto – a un ‘green pass’ con tre condizioni, il vaccino, avere avuto il Covid e il tampone negativo. Non è discriminatorio e da noi esiste già in Sardegna”.

Il “balletto” delle date: 20 e 30 aprile

Gli scontri di piazza avvenuti qualche giorno fa a Roma non cambiano sostanzialmente il quadro d’insieme: nonostante il pressing delle forze politiche di centrodestra, che chiedono legittimamente un calendario delle riaperture con date certe sicure e per dare certezze ai settori e agli operatori economici più in crisi, bisognerà attendere comunque il 30 aprile. Ovvero, la data prevista dal decreto con le misure anti Covid attualmente in vigore. Questo perché i dati non consentono ancora allentamenti, come dimostra ad esempio la situazione di Palermo dove il sindaco ho dovuto chiedere alla Regione di instaurare la zona rossa (fino al 14 aprile) dopo aver superato un’incidenza di 275 casi ogni 100mila abitanti.

In ogni caso, se ne è parlato anche al “tavolo” tra Governo e Regioni. “È il momento di riprogrammare le riaperture dei prossimi mesi, solo così il Paese sarà pronto a ripartire dove il virus lo consentirà”, ha detto il presidente della Liguria, Giovanni Toti, appoggiato dal “collega” dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, per il quale “se dopo il 20 aprile i numeri saranno migliori perché non aprire qualche attività?”. Data ribadita dalla ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini: “delle riapertura da maggio ci saranno, forse qualcosa anche dal 20 aprile”.

Per il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, comunque, “dal 20 aprile potremmo porci la domanda se anticipare le riaperture o far scivolare tutto ai primi di maggio. Se i numeri miglioreranno, e penso di sì, potremmo fare una scaletta partendo da quelle attività che possono farlo in sicurezza”.

turismo turista

Garavaglia: “Presto date certe per la ripartenza del turismo”

“È fondamentale dare date certe, perché ogni giorno che passa perdiamo potenziali clienti. Penso che nel giro di qualche giorno saremo in grado di dare date certe”. Così il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, che nel corso di un incontro alla Stampa estera, alla domanda “Quando riapriranno gli alberghi?” ha risposto che “l’anno scorso abbiamo aperto a metà maggio, non vedo perché non possa essere così anche quest’anno”. Mentre per la ripresa del turismo estero, “non sono in grado di dare una risposta certa sulle date – ha ammesso – però in Francia Macron dice che il 14 luglio apriranno tutto, noi abbiamo il 2 giugno come festa nazionale e speriamo che sia la data giusta”.

Parole, queste, apprezzate dal presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, per il quale “le parole del ministro sono sacrosante. Un albergo non è come un negozio o un bar che da un giorno all’altro riapre, un albergo ha bisogno di programmazione: deve accettare le prenotazioni, fare campagne sui Paesi italiani e stranieri, inserire le date sui portali. Non esiste settore come il nostro che abbia bisogno di programmazione”.

Confturismo: “Il 2 giugno è troppo tardi”

“Dateci una data, ma non il 2 giugno: sarebbe troppo tardi”. È la posizione di Confturismo, il cui vicepresidente Marco Michielli spiega che la data giusta, già indicata dal ministro Garavaglia, sarebbe quella del 15 maggio, “la stessa della Grecia, in coincidenza con la Pentecoste, che rappresenta il primo grande afflusso di turisti del Nord Europa nel nostro Paese. Spostare tutto al 2 giugno ci farebbe andare oltre la Pentecoste, che è da sempre il viatico di una buona stagione ovunque”. Per questo Confturismo chiede al responsabile del Turismo, “comprendendo le sue difficoltà”, di “dialogare con il collega alla Sanità per poter uscire ufficialmente con la data del 15 maggio: a quel punto la clientela tedesca potrà prenotare e arrivare nelle nostre località, considerato che le ferie non si possono fissare all’ultimo momento”.

 


Partite Iva e liberi professionisti. A Bergamo nel 2020 crollo del 17%

Matteo Mongelli, presidente Confcommercio Professioni di Ascom: “Bene il Decreto Sostegni ma servono ristori più alti, protezione economica e un nuovo sistema di welfare”

Ristori più alti, protezione economica e nuovo sistema di welfare per i liberi professionisti. Sono queste le richieste avanzate da Ascom Confcommercio Bergamo per i liberi professionisti, una categoria molto variegata e di fatto più suscettibile ai contraccolpi economici causati dalla pandemia. I dati dell’Agenzia delle Entrate confermano il trend in atto: nel 2020 in Bergamasca le nuove partita Iva sono calate del 17%, e al crollo dei fatturati già esigui per la categoria dei liberi professionisti si sono contrapposti ristori irrisori o addirittura assenti.
“Grazie all’intervento di Confcommercio Professioni siamo riusciti ad ottenere l’estensione di alcuni vantaggi come le moratorie fiscali e contributive per tutti i professionisti colpiti dagli effetti dell’emergenza sanitaria – sottolinea Matteo Mongelli, presidente Confcommercio Professioni di Ascom Confcommercio Bergamo -. Queste misure non sono però sufficienti e occorre continuare sulla strada già intrapresa dal Governo per una nuova protezione sociale del lavoro autonomo. La recente introduzione sperimentale nella Legge di bilancio dell’Iscro, l’ammortizzatore sociale per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps, va proprio in questa direzione”.

Scenari di welfare a parte, l’emergenza sanitaria pesa come una spada di Damocle sulla categoria nonostante i nuovi ristori previsti dal Decreto Sostegno: “Il Decreto non dà le risposte sperate perché, anche se finalmente supera il criterio dei codici Ateco ed estende gli indennizzi a tutti i professionisti con partita Iva, prevede purtroppo la corresponsione di somme irrisorie rispetto alla perdita subita nell’anno – prosegue Mongelli -. Lo stesso vale per la definizione agevolata degli avvisi bonari e le sospensioni di adempimenti e versamenti tributari previsti che sono un primo passo ma non sufficienti e tantomeno risolutivi. L’annuncio di ulteriori scostamenti di bilancio fa ben sperare per la categoria e ci auguriamo non arrivino troppo tardi rispetto alle urgenti esigenze di liquidità dei professionisti”.

Così come sono necessarie misure contingenti di salvaguardia e di sostegno alla categoria, occorre tener conto dei cambiamenti in essere sul mercato del lavoro. “Anche nel nostro territorio si stanno affermando due fenomeni: la crescita delle libere professioni non ordinistiche, che rappresentano un terzo delle partite Iva, e il fenomeno delle carriere intermittenti e discontinue tra lavoro dipendente e lavoro indipendente che coinvolgono sempre più persone – conferma il direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, Oscar Fusini -. Molti lavoratori passano infatti da una posizione ad un’altra non solo per ragioni di difficoltà per la perdita del lavoro ma anche per ragioni di opportunità: il lavoro autonomo consente infatti di crescere professionalmente e anche il mercato del lavoro si sta adeguando. Per questo non è più pensabile definire le libere professioni come step intermedio verso il lavoro dipendente ma rappresentano una scelta di vita e professionale. Nei prossimi mesi, con il termine del divieto di licenziamento, apriranno molti nuovi liberi professionisti perché molte persone saranno alla ricerca di uno sbocco occupazionale. Con la crisi generata dalla pandemia occorrerà valutare come sostenere il reddito di questi soggetti, comunque attivi rispetto ai percipienti il reddito di cittadinanza. Riteniamo quindi sia necessario definire in modo strutturale un sistema di protezione per i liberi professionisti, oltre a politiche attive e a un welfare specifico”.

I dati dell’Osservatorio delle Partite Iva dell’Agenzia delle entrate

Dai dati pubblicati pochi giorni fa dall’Osservatorio delle Partite Iva dell’Agenzia delle Entrate emerge che il 2020 è stato l’anno orribile per tutto il mondo delle partite Iva che ha visto crollare nella nostra provincia le nuove aperture del 17,3%, ben 1.390 in meno rispetto al 2019.
Le nuove imprese sono scese del 20,2% mentre i liberi professionisti dell’11,2%.  A incidere sono stati soprattutto i due periodi di lockdown, in particolare quello della primavera del 2020 – con perdite del -70% in aprile e -50% a marzo – ma anche il secondo periodo di restrizioni ha comportato un calo a ottobre (-12%) e a dicembre (-10,7%). Il peso di Bergamo, che a gennaio era appena sopra il 9% a livello lombardo, ha totalizzato la perdita di due punti percentuali (7,5%) ad aprile ma anche a dicembre ha perso rispetto alla media regionale (8,3%), toccando l’8,7% di media annuale. Rispetto all’Italia, l peso di Bergamo è calato mediamente di 0,2 punti per cento.
Il crollo di natalità dei liberi professionisti c’è stato anche se meno marcato di quello delle nuove imprese e il rapporto tra nuovi liberi professionisti e nuove partite Iva ha raggiunto la media del 34,0%. Questo vuol dire, quindi, che nel 2020, circa tre su dieci nuove partite Iva non erano imprese ma professionisti: il dato più alto mai visto dal 2018 in poi. Nonostante ciò, l’andamento dei nuovi professionisti ha comunque tenuto nel primo semestre per poi calare più vistosamente nel secondo (27,1% contro i 39,4% del primo semestre), quando da una parte è ripartita, seppur in diminuzione rispetto al 2019, la creazione di nuove imprese, e dall’altra lo scenario del perdurare della pandemia ha fatto desistere molti aspiranti.


Visite su appuntamento e grandi spazi: ipotesi riapertura dei negozi di mobili in zona rossa

Per FederlegnoArredo-Federmobili ci sono buone probabilità che i negozi possano riaprire garantendo la sicurezza e il rispetto delle norme anti Covid

“La risposta del sottosegretario alla Salute, Pieropaolo Sileri, all’interpellanza presentata dall’onorevole Lupi in merito alla chiusura ingiustificata dei negozi di arredamento nelle zone rosse va indubbiamente nella giusta direzione e ci auguriamo che, quanto prima, il Governo riveda la decisione, proprio come auspicato dallo stesso sottosegretario. Il suo personale impegno affinché si ponga rimedio a una scelta priva di ragionevole fondamento è per l’intero settore un segnale importante di cui riconosciamo il grande valore”. Lo dichiarano in una nota congiunta, il presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin e quello di Federmobili, Mauro Mamoli.

“Più volte avevamo evidenziato la stortura che consente di tenere aperte anche in zona rossa, attività come i concessionari d’auto, a differenze dei negozi di arredamento, nonostante le ampie metrature e la possibilità di recarvisi su appuntamento li rendano luoghi estremamente sicuri. Quanto sottolineato in Aula dall’on. Lupi – spiega la nota – non fa che evidenziare la necessità di lasciare operativa l’intera filiera di un settore che contribuisce in maniera importante al Pil del Paese”. “Ci auguriamo – concludono – che le parole spese in Aula dal sottosegretario Sileri possano trovare quanto prima attuazione, ponendo fine a un’assurdità. Il nostro appello è che il Governo risponda positivamente alla sollecitazione di un suo stesso rappresentante, che si è fatto portavoce di un’istanza avanzata già da diversi mesi dalle nostre Federazioni”.

Istanza che rispecchia il peso della filiera che conta 311 mila addetti e 73 mila aziende e un macrosistema del legno-arredo, dell’arredamento e dell’illuminazione che produce 20,6 miliardi di fatturato ed esporta in 200 Paesi. “Il settore del legno-arredo – spiegano FederlegnoArredo e Federmobili – è riuscito, grazie alla ritrovata centralità della casa e a misure importanti come il Bonus Mobili, a contenere le perdite dovute alla pandemia e crediamo sia davvero poco lungimirante e inspiegabile interrompere questo trend, impedendo all’ultimo anello della filiera, i rivenditori di mobili appunto, di proseguire la loro attività. Ma non si tratta solo di un’esigenza legittima delle imprese che rappresentiamo, ma di dare il giusto valore ai beni venduti dai nostri associati, divenuti ormai beni essenziali. Mai come ora la casa è stata il centro della vita di ognuno di noi. Consentire di rivedere il layout degli spazi, integrare o modificare gli arredi delle case per rispondere, in primis, alle esigenze della didattica a distanza e allo svolgimento del lavoro agile, come pure ad altre necessità, crediamo sia un modo non solo per fare il bene delle nostre imprese e non gravare sui conti dello Stato, ma soprattutto per soddisfare le necessità dei cittadini. Chiediamo pertanto che nelle zone rosse ai negozi di mobili sia permessa l’apertura al pubblico almeno nella forma di accesso su appuntamento, garantendo la totale sicurezza e il rispetto delle norme anti Covid”.


Decreto Sostegni, Zambonelli: “Si poteva fare di più Risorse insufficienti per le imprese meno strutturate”

Varato il provvedimento da 32 miliardi, 11 dei quali per i ristori che arriveranno entro aprile a tre milioni di pmi

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto Sostegni, che distribuisce i 32 miliardi di extradeficit autorizzati dal Parlamento in cinque macro-capitoli (vedi il dettaglio nella scheda allegata):

  • aiuti alle attività produttive
  • sanità e vaccini
  • enti locali
  • finanziamenti a scuola, cultura e filiere
  • pacchetto lavoro.

Si tratta di fatto della prima manovra economica del governo Draghi, alla quale ne seguirà un’altra a stretto giro di posta grazie a un nuovo scostamento di bilancio che il Parlamento dovrà approvare. “Questo intervento è un primo passo, ce ne sarà un secondo assolutamente necessario”, ha infatti assicurato il premier spiegando che l’entità del deficit aggiuntivo sarà definita in base all’evoluzione della pandemia.

Zambonelli: “Si poteva fare di più”

“Bene ma non benissimo perché le risorse dedicate ai ristori potevano e dovevano essere rafforzate”. Così Giovanni Zambonelli, presidente Ascom Confommercio Bergamo, commenta il Decreto Sostegni approvato dal Consiglio dei Ministri che con uno stanziamento di circa 32 miliardi di euro introduce misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da Covid-19.

I ristori sono giudicati però insufficienti dal sistema Confcommercio come conferma Zambonelli: “I beneficiari dei ristori sono solo le imprese che hanno perso più del 30% del fatturato. Una misura consona a quelle realtà più strutturate che avevano già compensato le loro perdite di fatturato con gli ammortizzatori sociali ma che esclude le piccole e medie imprese, lasciate quindi sole a fronteggiare la crisi. Inoltre, il provvedimento non ha certo l’efficacia che ci aspettavamo. L’importo del contributo a fondo perduto potrà andare dall’1,7% del calo annuo del fatturato nel caso dei soggetti più grandi al 5% per i più piccoli: cifre decisamente inferiori alle aspettative e che non garantiscono al mondo del commercio di poter ripartire come si deve”.

Tra le note positive del Decreto Sostegni spicca “l’eliminazione dei codici Ateco che ha lasciato senza nulla intere categorie, così come il superamento della logica del confronto anno su anno che di fatto aveva escluso le start-up – conclude Zambonelli -. Positivo l’esonero del canone Rai per strutture ricettive e pubblici esercizi così come la conferma dell’esonero fino al 30 giugno del pagamento del canone unico (ex Tosap e Cosap) per tavoli all’aperto e ambulanti”.

 

Fisco, stralciate le cartelle fino a 5mila euro

Sul fronte fiscale restano sospesi fino al 30 aprile i versamenti delle cartelle in pagamento e gli avvisi esecutivi ed è stato prorogato di 12 mesi il termine per le notifiche e di 24 mesi quello della prescrizione. Ci sarà più tempo anche per saldare le rate della Rottamazione ter e del saldo e stralcio. Inoltre l’Agenzia delle entrate metterà a disposizione dei cittadini la dichiarazione precompilata il 10 maggio, anziché il 30 aprile, con lo slittamento dei termini delle certificazioni uniche a fine marzo. Arriva anche la sanatoria per le partite Iva che hanno subito una perdita del 30% del fatturato 2020 rispetto al 2019.

Aiuti alle imprese, quando e quanto

Pilastro del provvedimento sono i nuovi ristori che prevedono l’addio ai codici Ateco. Sono disponibili 11 miliardi di euro a favore di circa tre milioni di partite Iva, tra imprese e professionisti, con un fatturato fino a 10 milioni di euro e che abbiano registrato perdite di almeno il 30% de fatturato medio mensile 2020 rispetto a quello del 2019. Le fasce di contributo sono cinque, con percentuali che vanno dal 60 al 20%, in base alla dimensione dei ricavi 2019:

  • 60% per le imprese fino a 100mila euro
  • 50% tra 100mila e 400mila euro
  • 40% tra 400mila e 1 milione
  • 30% tra 1 e 5 milioni
  • 20% tra 5 e 10 milioni.

L’indennizzo arriverà con bonifico o sotto forma di credito d’imposta e andrà da un minimo di 1.000 euro per le persone fisiche (2.000 euro per gli altri soggetti) a un massimo di 150.000 (in media sarà di 3.700 euro). Per il turismo le risorse ammontano a 1,7 miliardi ( 700 milioni per la montagna, 900 per i lavoratori stagionali gli autonomi del turismo e i termali, 100 per le fiere). Al settore va inoltre una parte del maxi fondo da 200 milioni per le imprese del wedding e della ristorazione nei centri storici, oltre a una parte dei 10 miliardi del fondo perduto. Quanto ai tempi, Draghi ha specificato: “i pagamenti inizieranno l’8 aprile per chi avrà fatto domanda. Se tutto va come previsto, 11 miliardi entreranno nell’economia nel mese di aprile”.

Lavoro, per le pmi blocco dei licenziamenti fino al 31 ottobre

Sul fronte lavoro proseguirà fino al 30 giugno il blocco dei licenziamenti per le imprese che dispongono della cassa integrazione ordinaria, mentre per le piccole imprese senza strumenti ordinari il blocco sarà fino al 31 ottobre. Doppio binario anche per la proroga della cassa integrazione: per le aziende che hanno la cig ordinaria sarà estesa di 13 settimane, utilizzabili entro la fine di giugno. Per le piccole e medie imprese, le imprese artigiane e quelle sprovviste di Cigo le settimane di cassa integrazione in deroga Covid gratuita potranno essere utilizzare tra il primo aprile e il 31 dicembre 2021. È stato rifinanziato per 1 miliardo, inoltre, il reddito di cittadinanza mentre sarà rinnovato per tre mensilità (marzo, aprile e maggio) il reddito d’emergenza per le famiglie in difficoltà (per quelle in affitto si alza la soglia di reddito).

Confcommercio: “I ristori siano più adeguati, più inclusivi, più tempestivi”

Bisogna “rafforzare decisamente” le risorse destinate ai ristori per imprese e partite Iva, anche al di là di quanto previsto dal decreto. Questa, in sostanza, la posizione di Confcommercio, che sottolinea che gli 11 miliardi previsti vanno divisi tra circa tre milioni di soggetti e che “le imprese si trovano a fronteggiare l’impatto di una picchiata della spesa per consumi, nel 2020, prossima ai 130 miliardi di euro”. I ristori, insomma, devono essere “più adeguati in termini di risorse, più inclusivi in termini di parametri d’accesso, più tempestivi in termini di meccanismi operativi”.

La posizione della Confederazione è esattamente la stessa per le misure circa turismo, montagna e cultura, mentre le misure per i trasporti “non dovrebbero riguardare il solo trasporto pubblico locale, fornendo invece un sostegno efficace all’intero sistema dell’accessibilità”. Continuano a essere poi “urgentissimi gli interventi in materia di moratorie creditizie e di sostegno della liquidità delle imprese”.

Per il capitolo lavoro, Piazza Belli apprezza le proroghe della Cassa Covid (“ferma restando la necessità di assicurare la copertura anche per tutti i periodi antecedenti al primo aprile”) e delle deroghe per i contratti a termine sino a fine anno, nonché il finanziamento ulteriore del fondo per il parziale esonero contributivo di lavoratori autonomi e professionisti istituito nella legge di Bilancio. Infine, parlando delle misure fiscali Confcommercio sottolinea di essere “in attesa della riforma della riscossione”.

Sangalli: “il decreto ha ancora forti limiti”

Il decreto sostegni ha ancora forti limiti. I parametri per ottenere gli indennizzi sono troppo selettivi e le risorse sono insufficienti. Le speranze sono appese ai vaccini, ma intanto le imprese non hanno più riserve per andare avanti. È  vitale “fare tutto ciò che è necessario”, come ha detto il presidente Draghi per salvare l’Unione europea, ma farlo in chiave italiana.

Federalberghi: “Ci rincuora l’esonero del canone rai per hotel e pubblici esercizi”

Infine, strutture ricettive e pubblici esercizi non pagheranno il canone Rai per il 2021: una norma molto apprezzata da Federalberghi. Il presidente, Bernabò Bocca, sottolinea infatti che si tratta di “una misura che Federalberghi chiedeva da mesi e che era contenuta anche nella petizione approvata dall’assemblea generale il 26 gennaio”. “E’ un piccolo ma importante segnale di attenzione verso imprese che sono state duramente colpite dall’emergenza epidemiologica da Covid 19 – ha sottolineato Bocca – e che nel 2020 hanno versato il canone nella misura intera, pagando per un servizio che non è stato utilizzato o è stato utilizzato solo in minima parte”.

 


Pos, assicurazioni, auto: si amplia l’offerta di convenzioni per i soci

Tanti gli accordi stipulati da Confcommercio imprese per l’Italia. Nel ricco carnet anche la nuova partnership con Vodafone e l’assicurazione infortuni

Dagli sconti sui viaggi in treno alle auto aziendali, dalle tariffe agevolate per la Siae alle assicurazioni sulla famiglia: sono alcuni dei vantaggi legati alle nuove convenzioni stipulate da Confcommercio-Imprese per l’Italia con importanti aziende del mondo bancario, assicurativo, della telefonia, di automobili e veicoli commerciali, servizi Ict.
“Come ogni anno rinnoviamo il sostegno ai nostri soci che hanno la possibilità di usufruire di un insieme di servizi e strumenti a supporto dell’attività d’impresa e delle loro esigenze – sottolinea Daniela Nezosi, responsabile area marketing di Ascom Confcommercio Bergamo -. Queste convenzioni non solo consentono di ottenere sconti significativi ma anche servizi aggiuntivi a prezzi calmierati e particolari condizioni di favore per lo sviluppo d’impresa”. Ecco le principali convenzioni in essere per gli associati Confcommercio.

Pagamenti Pos
Sono tante le convenzioni sui pagamenti elettronici siglate da Confcommercio con Tinaba, SumUp, Satispay, Moneynet, Unicredit e Nexi-Deutsche Bank: si va dalle condizioni commerciali di favore per l’acquisto di dispositivi avanzati, alle app che consentono di gestire pagamenti on-line e a distanza anche tramite smartphone o pc, fino alla possibilità per le imprese di dotarsi a condizioni di favore di pos per ottenere pagamenti da parte dei propri clienti con bancomat e carte di credito senza oneri fissi di noleggio.

Musica d’ambiente
Grazie alla convenzione stipulata fra Confcommercio con Siae, si possono ottenere sconti sulle tariffe per le esecuzioni musicali effettuate a mezzo di strumenti meccanici, sulla base di quanto previsto dalla legge per la tutela del diritto d’autore. Inoltre, il compenso dovuto per l’anno 2021 a Scf, il soggetto che gestisce il servizio di raccolta e distribuzione dei compensi, prevede uno sconto del 30% per pubblici esercizi, parrucchieri-estetisti, parchi divertimento ed esercizi commerciali (in quest’ultimo caso l’importo si riduce ulteriormente del 12% per i possessori di Confcommercio Card) e del 15% per le strutture ricettive.

Acquisto automobili
Tanti i vantaggi: dagli accordi con Seat, Ford e Fiat Chrysler Automobiles che garantiscono alle imprese associate speciali condizioni di acquisto di uno o più veicoli con sconti che vanno dal 18% al 39% alle offerte targate Piaggio dedicate ai veicoli commerciali, con ulteriori sconti sulla gamma Porter e Ape. Peugeot mette inoltre a disposizione anche veicoli elettrici e ibridi plug-in, con agevolazioni fino a 8.000 euro che si aggiungono all’ecoincentivo statale.

Telefonia
Grazie alla nuova partnership tra Vodafone e Confcommercio, gli associati hanno a disposizione proposte esclusive di telefonia, traffico dati e servizi a valore aggiunto, con una scontistica media di circa 180 euro all’anno.

Assicurazioni
Tra le convenzioni in essere Generali Italia propone sconti dal 25% al 30% per l’attività e dal 25% al 35% per la persona e la famiglia, mentre Assicurazione Arag riserva un’agevolazione del 20% sul premio di polizza.

Sicurezza e telesoccorso
Sanificatori d’aria professionali , dispositivi di teleassistenza salvalavita, lampadine a led, batterie ricaricabili e altri prodotti per la casa: gli associati che acquistano nello store online di Beghelli usufruiscono di uno sconto del 15%.

Viaggi in treno
È applicato uno sconto del 40% su tutte le tratte, per singoli acquisti delle offerte Flex, per l’ambiente Prima, Club e Salotti. Le agevolazioni sono applicabili solo sulle prenotazioni effettuate come persona fisica.

Vacanze
La piattaforma di prenotazione alberghiera ItalyHotels (www.convenzioni.italyhotels.it) offre ai soci Confcommercio la possibilità di prenotare l’albergo in tempo reale, garantendo uno sconto minimo del 5% sul migliore prezzo online e senza nessuna commissione richiesta.

Confcommercio Card
Infine, i soci possono contare sulla Confcommercio Card, una vera e propria carta di credito con disponibilità flessibile a partire da 1.600 euro al mese e fino a 65 giorni di vantaggio di valuta e coperture assicurative gratuite. Inoltre, i possessori della card possono contare su coperture assicurative gratuite per ritardo viaggi e bagagli, sanitaria e infortuni all’estero, soccorso stradale, protezione acquisti, assistenza informativa e servizi urgenti h24.


Il mondo del wedding in piazza Flash mob per dimostrare che lavorare in sicurezza è possibile

Venerdì 26 febbraio, dalle 13 alle 14, sul Sentierone una sessantina di professionisti “organizzeranno” un matrimonio vero e proprio per chiedere di ripartire il prima possibile

Il mondo del wedding scende in piazza venerdì 26 febbraio per dar voce alla filiera integrata dello spettacolo collegata a Confcommercio Professioni e ad Aiom Bergamo, l’Associazione Italiana Organizzatori Matrimoni, aderenti ad Ascom Confcommercio Bergamo.

Dalle ore 13 alle ore 14, andrà in scena un flash mob sul Senterione dove sono attesi una sessantina di professionisti che “organizzeranno” un matrimonio vero e proprio, dall’arrivo degli sposi in auto d’epoca alla festa finale con deejay, all’interno di uno scenario nuziale con gli arredi, le scenografie e l’erogazione di tutti i servizi ristorativi e operativi legati all’evento nuziale. Tutto, ovviamente, nel rispetto delle normative anti-covid. Uno show pensato nei minimi particolari così come deve essere un matrimonio: intorno alla categoria professionale dei wedding planner ruotano infatti diverse altre professionalità in un settore che genera in Italia un indotto annuo di decine di miliardi di euro e che in Bergamasca coinvolge oltre 11 mila lavoratori, compresi i professionisti e gli atipici, e circa mille imprese.
Non a caso l’iniziativa nasce su scala nazionale come conferma Matteo Mongelli, presidente di Confcommercio Professioni Ascom Bergamo: “Il flash mob si terrà contemporaneamente in 14 altre città tra cui Cagliari, Catania, Padova, Pescara e Roma. Chiediamo al Governo una maggiore considerazione perché la platea è ampia e non apparteniamo a un unico codice Ateco. Dietro al mondo del wedding c’è infatti una filiera lunghissima e integrata che da più di un anno è allo stremo e deve essere messa nelle condizioni di ripartire il prima possibile e in sicurezza. Per il wedding non basta infatti rialzare una saracinesca: la riapertura è lenta e graduale perché organizzare matrimonio richiede tempo”.

La paura è che neanche nel 2021 si possano svolgere matrimoni e così ai professionisti cominciano ad arrivare richieste di slittamenti di data e risarcimenti degli acconti già forniti. Una beffa dopo che nel 2020 l’intero comparto si è visto costretto, come conseguenza delle prescrizioni dei diversi Dpcm, ad annullare quasi tutti gli eventi in programma nell’anno con una perdita di fatturato stimata tra l’85 e il 95%. Da marzo 2020, inoltre, l’intera filiera degli eventi (in Italia circa 570.000 addetti) è totalmente in ginocchio e senza ristori.
“Anche in Bergamasca la situazione non è rosea e a livello economico si stima una perdita di un giro di affari di qualche decina milioni di euro, senza contare le ricadute sui luoghi di cultura, di spettacolo, alberghi, ristoranti e bar – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Pur contando su poco più di mille imprese con oltre 2300 addetti, il mondo degli eventi muove un indotto di proporzioni enormi sul territorio, con circa 3 mila professionisti e oltre 5 mila atipici, e il blocco dei matrimoni sta mettendo al palo proprio queste categorie di lavoratori che, di fatto, stanno perdendo un sostegno al reddito e sono senza ammortizzatori sociali. Con il perdurare dell’epidemia, dunque, si possono sviluppare delle linee guida per la gestione degli eventi in sicurezza, come del resto avviene in tutti i settori produttivi dove la gente si muove e lavora con gli altri nel rispetto delle regole. Domani nel flash mob organizzato dal nostro gruppo che si occupa di wedding vedremo che questo è possibile”.

L’iniziativa nasce infatti dall’idea di mostrare attraverso un quadro vivente uno spaccato dell’operatività e del numero di competenze che sono parte essenziale di ogni matrimonio: “Punteremo i riflettori sulla lunga catena di professionisti che di solito opera prima, durante e dopo il “sì” – sottolinea Paola Rovelli, presidente di Aiom Bergamo -. Sarti, hairstyle, make-up style, atelier sposi, scenografi, allestitori, noleggio arredi, fioristi, service, agenzie viaggio, e tutti coloro che sono visibili durante un ricevimento come noleggio auto, catering, personale di servizio, barman, fotografi , musicisti, cantanti, deejay, animatori, tecnici audio, video e luci. Abbiamo bisogno di dialogo e confronto con le istituzioni che ad oggi non hanno ancora considerato chi, da anni, opera in questo mondo considerato da tutti una favola ma che in realtà nasconde grandi sacrifici. Nella totale incertezza programmatica e nello stato di paura generale tra gli operatori e la clientela, sarà lunga e difficile la ripresa: non è possibile, infatti, ancora lavorare per riprogrammare gli eventi annullati né programmarne di nuovi”.


Come cambia il commercio nelle città. L’indagine sulla “Demografia d’impresa” di Confcommercio

Negli ultimi otto anni a Bergamo in crescita alberghi, bar e ristoranti. Il presidente Zambonelli: “Il futuro è incerto e prevedere quante imprese chiuderanno è impossibile”

Come cambia il tessuto commerciale nei centri storici e nelle città? È la domanda a cui prova a dare una risposta Confcommercio con “Demografia d’impresa nelle città italiane” (sesta edizione), analisi aggiornata sull’evoluzione commerciale nei centri storici rispetto al resto del tessuto urbano tra il 2012 e il 2020. In particolare, oggetto dell’osservazione sono 120 città medio-grandi, cioè tutti i capoluoghi di provincia come Bergamo (ed ex capoluoghi), più 10 comuni di media dimensione. La disaggregazione riguarda 13 aree di attività economica: 9 del commercio fisso al dettaglio, cui si aggiungono il commercio ambulante, l’area dell’alloggio e quella della ristorazione, cioè bar e ristoranti; per completezza c’è anche la voce «altro commercio» che riguarda sostanzialmente le società che vendono online e porta a porta, i distributori automatici e le vendite per corrispondenza.

Dai dati dell’Ufficio Studi sulla demografia d’impresa delle 120 città oggetto dello studio emerge che dal 2012 ad oggi hanno chiuso 77mila attività e nel 2021 si prevede la chiusura di 1 impresa su 4 in ristorazione e alloggio. La riduzione del commercio tradizionale è collegata alla curva in discesa dei consumi (da 1.085 mld del 2012 si è scesi a 969 del 2020 siglando un -10,7%) e nella curva in aumento del commercio elettronico che nel 2020 ha fatto registrare un aumento del 30,7%, passando a livello nazionale da 17,9 miliardi a 23,4 miliardi. Male, invece, i servizi online che hanno registrato una perdita del 46,9%, passando da 13,5 ml a 7,2 ml.
Tra le merceologie più in difficoltà nel periodo compreso tra il 2012 e il 2020 ci sono le librerie e i giocattoli (-25,3%), mobili e ferramenta (-27,1%) e vestiario e calzature (-17%). A crescere sono solo poche merceologie tra cui le farmacie +19,7%.

I dati di Bergamo: in crescita alberghi, bar e ristoranti ma il futuro è incerto

A Bergamo gli esercizi hanno tenuto sia nel centro storico, con un lieve calo pari a -0,2% negli ultimi due anni (2020-2018), sia fuori dal centro storico (-3,1%). Osservando gli ultimi otto anni la diminuzione è stata contenuta (-8,7% nel centro storico e -8,0% fuori dal centro storico) contro la media di -14% nei 120 comuni italiani analizzati.
Tra il 2012 e il 2020 è stata forte la crescita delle imprese ricettive: +178,6% nel centro storico e +114% fuori. Bene anche se più moderata la crescita di bar e ristoranti (+5,6% in centro e + 14% fuori). La nota dolente riguarda gli ultimi due anni: nel centro storico hanno infatti perso sia le imprese ricettive (-7;0%) sia bar e ristoranti (-3,6%) mentre fuori dal centro storico sono cresciute le imprese ricettive (+22,3%) e sono stabili i bar e ristoranti (+0,7%). In questo scenario il fattore immobiliare ha fatto la sua parte: gli appartamenti del centro destinati alle imprese extra-alberghiere sono cresciuti a dismisura, mentre per i bar e ristoranti manca il punto vendita.
In conclusione, tra il 2012 e il 2020, la crescita di alberghi, bar e ristoranti a Bergamo è stata del 20,4% in centro storico e del 21,5% fuori dal centro ed è di quasi tre volte superiore alla media dei 120 comuni di media dimensione dove nello stesso periodo è stata dell’8,8%.

“Questa indagine ci conferma che già prima della pandemia il tessuto commerciale delle città stava cambiando, sia nel centro storico sia in periferia. L’emergenza Covid ha poi aggravato la situazione colpendo duro soprattutto il centro di Bergamo e Città Alta, così come i centri storici delle città metropolitane e multicentriche come Milano, Roma e Napoli – osserva Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Bergamo -. Sebbene le percentuali vedono vicine le tendenze del centro di Bergamo e Città Alta ben diversa è la dinamica di resistenza che vede tenere le imprese più strutturate situate nei centri storici, con la tenuta dell’ecosistema di prossimità della periferia (panettiere, alimentare, macellaio, fruttivendolo, tabaccaio e giornalaio). Ad ogni modo, in questo momento il numero preponderante delle imprese è ben al di sotto della linea di galleggiamento. Prevedere quante di queste chiuderanno è oggi impossibile. Non sappiamo ancora quando e come ripartirà il turismo e come la gente si riapproprierà degli spazi dei centri storici e come una modalità di consumo affermatasi nella pandemia potrà lasciare spazio alle modalità tradizionali”.

E proprio sugli scenari che riguardano il binomio consumi-terziario Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, non ha dubbi: “Quello che stiamo registrando è un fenomeno unico che tocca anche il nostro territorio: è quello che la ricerca definisce come possibile “ibernazione” del terziario. Molti stanno tenendo aperto il proprio negozio perché non hanno un reale sbocco alternativo e perché restano in attesa di ristori. Poi chiuderanno e questo avverrà in corso d’anno. Assisteremo, però, alla differenza tra cancellazione e mortalità di impresa. La cancellazione è l’atto formale che nei prossimi mesi potrebbe aumentare ma che non corrisponde alla cessazione di attività perché non appena le condizioni di ripartenza si riproporranno le stesse imprese ripartiranno. Il fenomeno è già chiaramente visibile nelle imprese ricettive extralberghiere che stanno restituendo gli appartamenti ai proprietari ma presto potrebbe toccare anche altri comparti del commercio”.

Le proposte di Confcommercio

Alla luce dei risultati dell’indagine Confcommercio ribadisce che sono necessari modelli di governance urbana che, con il contributo di chi nella città vive e lavora, guardino al medio-lungo termine e siano realmente capaci di dare risposte concrete all’economia reale e alla vita quotidiana dei cittadini e degli imprenditori italiani. In tale mutato contesto, le politiche urbane e territoriali hanno una grande responsabilità nel definire le nuove urbanità e andrà ricercata una nuova capacità di pianificazione, adattiva e meno burocratica, per dare risposte alle nuove esigenze contingenti e arginare la perdita di funzioni nelle città, garantendo la presenza di negozi, servizi, verde e spazi pubblici nei quartieri periferici e favorendo la residenzialità nei centri storici.

Si ritiene utile anche un aggiornamento post-Covid dell’Agenda urbana per rafforzare la resilienza delle città e delle loro economie: a tal proposito, Confcommercio è impegnata affinché parte dell’ingente quantità di risorse mobilitate dall’Unione europea per affrontare la crisi sanitaria, attraverso l’iniziativa Next Generation EU 2021-2024 e il rafforzamento della Politica di Coesione 2021-2027, siano destinate a sostenere progettualità condivise di sviluppo urbano ed economico, definite dagli attori economici e sociali locali con le rispettive Amministrazioni di riferimento.


La ristorazione servizio essenziale Fipe: “Riaprire anche la sera”

La Federazione italiana dei Pubblici esercizi accende i riflettori su un problema che rischia di compromettere questa fase di ripartenza: le aperture frammentate

“La politica delle deroghe e delle aperture a macchia di leopardo determina squilibri pericolosi per la nostra categoria. È giunto il momento di adottare un approccio di filiera: se le città tornano alla vita, con gli uffici che riaprono in presenza anche in zona arancione, è giusto che vengano ripristinati anche i servizi essenziali, come i ristoranti per chi lavora. Altrimenti si rischia una confusione che non fa bene a nessuno”.  Con la ripresa delle attività ordinarie e a 5 giorni dal via libera agli spostamenti tra Regioni, Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, accende i riflettori su un altro problema che rischia di compromettere questa fase di ripartenza graduale, quello delle aperture frammentate.

Una posizione, quella di Fipe-Confcommercio resa ancora più forte dal fatto che le stesse Regioni, nello scrivere le linee guida per la riapertura delle attività sciistiche, approvate dal governo, definiscono rifugi e ristoranti “presidio” essenziale per zone nelle quali il flusso di persone è molto elevato. Una fattispecie che si ritrova nelle città con grandi concentrazioni di uffici e attività produttive o cantieri. Da qui la richiesta di un approccio coordinato e coerente in tutte le zone del Paese che si traduce, di fatto, nella riapertura delle attività di ristorazione anche la sera.

A preoccupare, in particolare, è l’approccio che prevede aperture a singhiozzo per le attività di ristorazione, reso evidente non solo dalle nuove linee guida ma anche dalla possibilità di aprire i ristoranti in zona arancione, purché siano appannaggio esclusivo dei lavoratori.

 


Confcommercio, l’Ente Mutuo Regionale lancia la sanità integrativa anche per i dipendenti

Una nuova forma di assistenza per coniugare il welfare aziendale con le necessità di salute di imprenditori, collaboratori e famiglie. 

Una nuova forma di assistenza consente di coniugare il welfare aziendale con le necessità di salute di imprenditori, collaboratori e famiglie. Si chiama Smart Plus ed è l’ultima nata in casa Ente Mutuo Regionale, la Mutua degli iscritti a Confcommercio delle province di Milano, Lodi, Monza, Lecco, Como e Bergamo. Una forma di assistenza sanitaria integrativa che rappresenta un’importante opportunità di tutela della salute per l’imprenditore, per la famiglia e per i suoi collaboratori. Aspetto, quest’ultimo, non da poco, perché Smart Plus è pensata anche come efficace strumento di Welfare aziendale, tematica sempre più sentita da ampie fasce di lavoratori, che soprattutto nella difficile circostanza della pandemia hanno visto di fatto molto ridotta la possibilità di accedere alle prestazioni sanitarie; ciò a causa dell’interruzione o del differimento di numerosi servizi sanitari, visite e interventi chirurgici, destinati a essere procrastinati ben oltre l’emergenza.

In sintesi i tre vantaggi principali della Smart Plus sono: accesso a prestazioni sanitarie di qualità con tempi di attesa minimi presso la rete sanitaria di Ente Mutuo molto presente sul territorio, tariffe molto convenienti e detraibilità fiscale dei costi sostenuti per le prestazioni.

Cosa è Smart Plus

In un contesto così difficile – spiega Giuseppe dalla Costa, direttore di Ente Mutuo Regionale – abbiamo deciso di dare il nostro contributo elaborando una nuova forma di assistenza (Smart Plus) che consentisse di coniugare servizi di qualità ad un costo molto contenuto (80 euro annui di iscrizione). La Smart Plus prevede l’effettuazione presso le strutture sanitarie convenzionate con Ente Mutuo di visite mediche specialistiche, prestazioni di diagnostica, analisi di laboratorio, terapia fisica con tempi di attesa ridotti e a tariffe agevolate. La Smart Plus garantisce inoltre prestazioni odontoiatriche di qualità, fruibili su tutto il territorio nazionale con un listino unico con prezzi vantaggiosi, significativamente inferiori alla media di mercato a cui si aggiunge un puntuale servizio di assistenza e prenotazione dedicati”.

Ultimo, ma non ultimo la Smart Plus prevede l’assistenza medica 24/24, 7/7 e servizi gratuiti ad alto valore aggiunto, in Italia e all’estero: consulenza medica telefonica (pareri medici, ecc.), assistenza medica e a domicilio (es. invio di un medico, di un pediatra, di un’ambulanza, di infermiere o fisioterapista), trasporto sanitario e assistenza in viaggio, accesso a Network Assistenza Domiciliare (es. ricerca babysitter, badante).

In perfetto stile Ente Mutuo, l’accesso al servizio è concepito in maniera molto semplice e funzionale: si sceglie tra le strutture convenzionate, si prenota in qualità di socio Ente Mutuo e si inoltra richiesta di autorizzazione, anche on line attraverso il sito internet della Mutua.

La risposta all’emergenza

Proprio sull’online e sul digital, del resto, Ente Mutuo ha puntato molto negli ultimi dodici mesi: “Era già in atto un cammino di digitalizzazione che interessava l’erogazione dei nostri servizi – continua dalla Costa -. Tuttavia la pandemia ci ha messi di fronte alla necessità di accelerare e credere ancor più nell’urgenza di stare vicino ai nostri soci attraverso tutti i mezzi disponibili: assistenza clienti, canali social, newsletter tematiche, eventi on line”.

Un fitto calendario di messaggi, esperienze, approfondimenti che sono stati il viatico del cammino che Ente Mutuo da tempo ha intrapreso sulla strada dell’educazione alla salute, agli stili di vita e al benessere e che si declina con sempre nuovi strumenti. “Durante il difficile anno che ci siamo da poco lasciati alle spalle abbiamo ritenuto importante portare all’attenzione del pubblico le testimonianze dei nostri soci attraverso video interviste che trasmettessero in maniera chiara e puntuale i vantaggi dell’adesione alle proposte di Ente Mutuo – conclude il direttore –. Voci ed esperienze che crediamo possano trasmettere il reale valore di un’assistenza sanitaria di qualità e che replicheremo nei prossimi mesi. Del resto la velocità del servizio e dei tempi di risposta, il livello delle strutture convenzionate, una solida esperienza nel mondo della sanità integrativa e una filosofia no profit basata sui valori di mutualità, solidarietà e coesione sociale sono i nostri principi guida sin dal 1955, ma questi si declinano ed evolvono sulla base del mutare del contesto e delle necessità espresse dai soci”.


Congiuntura economica Confcommercio Il 2021 inizia più in salita del previsto

“Il 2021 inizia più in salita del previsto: ancora emergenza Covid, dati sui consumi in calo e Pil in forte riduzione. Difficile immaginare il rimbalzo previsto dal Governo nei prossimi mesi. Una situazione gravissima che rischia di peggiorare con la crisi politica in atto. Le imprese, che sono allo stremo, hanno bisogno di tre certezze: indennizzi immediati e commisurati alle perdite subite, regole chiare sulla riapertura delle loro attività, un progetto condiviso sull’utilizzo efficace del Recovery Plan”. Non usa giri di parole Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, nel commentare i dati dell’ultima congiuntura economica elaborata da Confcommercio. Per l’Ufficio Studi confederale, infatti, il peggioramento della situazione sanitaria e il prolungamento delle misure di contrasto alla pandemia non aprono scenari rassicuranti per il 2021, deludendo così le aspettative di un concreto recupero di ampia parte delle perdite di prodotto e di consumi patite nel 2020.

Per quanto riguarda nello specifico i consumi, a dicembre l’ICC è sceso su base annua dell’11,1% rispetto al -16,2% di novembre, sintesi di un leggero calo dei beni (-0,6%), mentre per molti servizi di mercato, anche per dell’inasprimento delle misure nel periodo delle festività natalizie, la caduta ha ampiamente superato il 50%.  L’anno si chiude così con un ICC in discesa del 14,7%, dato differente rispetto a quello che riflette il calo complessivo dei consumi, stimato dall’Ufficio Studi al 10,8%.

Quanto al Pil di gennaio la stima è di un -0,8% su dicembre, quinto calo consecutivo, e di un -10,7% sullo stesso mese del 2020. Nel quarto trimestre il Pil dovrebbe ridursi del 3% rispetto al terzo quarto del 2020 e del 7,5% tendenziale per una chiusura annua a -9%.

Il calo dell’11,1% è la sintesi di riduzioni del 41,3% per i servizi, i più colpiti dalle misure restrittive, e dello 0,6% per i beni. Nel complesso del 2020 l’indicatore segnala un calo del 14,7%, con una riduzione del 30,3% per i servizi e del 7,9% per i beni. Fanno eccezione a questo andamento solo le spese per l’alimentazione domestica (+2,1%) e per le comunicazioni (+8,7%).

Come già avvenuto nei mesi precedenti sono i servizi legati alla mobilità e alla fruizione del tempo libero quelli che sono andati peggio, mentre i beni hanno beneficiato del tentativo delle famiglie di conservare un’apparenza di normalità durante le festività di fine anno. Di questa reazione hanno però poco beneficiato, nel confronto annuo, sia l’abbigliamento e le calzature (-12,1%) sia i carburanti (-20,7%). Per molti settori nel 2020 c’è stato un vero e proprio tracollo della domanda, con riduzioni ampiamente superiori al 50%, particolarmente nei comparti del turismo in senso lato, dei servizi ricreativi, dell’abbigliamento, delle calzature, dei mobili e dell’arredamento.

Per gennaio l’Ufficio Studi prevede un aumento dello 0,3% in termini congiunturali, in larga parte determinato dalla ripresa dei prezzi degli energetici regolamentati e non, e una variazione nulla su base annua.