Il futuro del commercio? L’impegno di tutti per la vitalità dei centri urbani

Il roadshow “La Regione per le imprese” fa tappa in Camera di Commercio per gettare le basi per un piano ambizioso a lungo termine, da qui al 2050

Dopo il primo incontro, dedicato all’industria tenutosi a Brescia, il Roadshow  “Lombardia la Regione per le imprese” voluto dall’assessore lombardo allo Sviluppo Economico Guido Guidesi e organizzato da Regione Lombardia con la preziosa collaborazione delle associazioni di categoria e de “Il Sole 24 ore”,  ha fatto tappa in Camera di Commercio di Bergamo. Per parlare de “Il futuro del commercio” sono intervenute allo stesso tavolo le principali associazioni di categoria. A fare gli onori di casa, Giovanni Zambonelli, vicepresidente Camera di Commercio di Bergamo e presidente Ascom Confcommercio Bergamo che ha ricordato, snocciolando alcuni dati economici, il valore dell’imprenditorialità orobica: “Qui ha sede il terzo aeroporto italiano, che apre la nostra provincia al mondo e al turismo, oltre a 92.400 imprese attive, per la maggior parte nel settore dei servizi. Con oltre 500mila occupati, la provincia presenta altresì un tasso di disoccupazione inferiore al resto della Lombardia. Bergamo è la terza provincia dopo Milano e Brescia per l’export. E’ un territorio che tra i primi ha puntato e creduto nello sviluppo dei  distretti urbani del commercio, tanto da diventare una provincia leader per concentrazione e qualità degli stessi. Su queste ottime premesse apriamo quindi un dibattito per condividere riflessioni e strategie per il futuro della nostra economia”. Il ‘sistema lombardo’, come sottolineato dall’assessore regionale Guido Guidesi, si è posto obiettivi ambiziosi (“siamo la Lombardia, innovatori e abituati ad anticipare sempre i tempi”). Sul fronte del commercio, la riflessione parte dai distretti per guardare ai prossimi decenni. “Già possiamo dire di avere vinto la sfida dei distretti del commercio – ha spiegato Guidesi -. Oggi, affinché tra vent’anni i progetti messi in campo ora possano essere considerati innovativi, al pari di quello che sono stati i distretti del commercio, dobbiamo continuare a investire sulle misure che possono rinvigorire il sistema in cui operano queste realtà. Costruiamo quindi insieme, a sistema, il commercio del 2050 ed è per questo che istituiamo un tavolo specifico per il mondo del commercio”.  Si parte dal piano del commercio: “Le assicurazioni di categoria hanno condiviso gli obiettivi del piano commercio, che sarà a lungo termine. Conterà sapere offrire ai commercianti l’ ambiente ideale per professare la propria attività e non con aiuti a singole aziende. Serve identificare una peculiarità commerciale per il territorio per assicurare così il coinvolgimento automatico di iniziative, a partire dalla rigenerazione urbana. Non è facile, l’obiettivo è ambizioso ma la Lombardia deve farlo e può farlo”. “Il commercio – ha affermato Carlo Massoletti, vicepresidente vicario di Confcommercio Lombardia  – rende le città vive e sicure ed è il termometro della dinamicità e dello sviluppo delle comunità. Un ruolo esaltato dai Distretti del commercio, straordinarie opportunità di partenariato pubblico-privato, acceleratori dell’evoluzione imprenditoriale e sociale e laboratori di rigenerazione”. “Il settore – ha proseguito Massoletti -, per vivere il presente e guardare al futuro, non può prescindere dalla formazione del personale e degli imprenditori e non può ignorare l’innovazione tecnologica, compresa l’intelligenza artificiale, ricordando sempre che il commercio si fonda sull’incontro e non sulla distanza, sulla relazione e non sull’alienazione. Allo stesso tempo, è necessario intervenire in modo deciso sul potere d’acquisto, attraverso la detassazione degli aumenti contrattuali e delle tredicesime, sul problema della carenza di personale e sulla stretta creditizia”.
Quanto alla pluralità dell’offerta commerciale e alla pianificazione e al governo del suo sviluppo, si è posto l’accento sul rapporto- che si conferma sempre teso- tra le esigenze degli esercizi di vicinato e la grande distribuzione.  “Parlare di grande distribuzione- ha sottolineato Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione- non è corretto e anzi forse è un termine superato perchè più che grande la distribuzione è moderna  ed asseconda l’evoluzione del mercato e dei consumi. Si sta sempre più orientando verso uno sviluppo di prossimità, anche in Lombardia, con punti di vendita di dimensioni adatte ai contesti presidiati e con molteplici effetti positivi per le comunità sul piano sociale, economico e ambientale. Uno di questi, attraverso il recupero delle aree dismesse, è la rigenerazione urbana, che consente di contenere il consumo di suolo”. Carlo Massoletti ha ribadito in questo senso il valore del commercio tradizionale: “Se la grande distribuzione si definisce moderna allora quella dei piccoli negozi e delle piccole attività è contemporanea perchè attraverso propria credibilità opera in termini qualità e servizio che si adatta ad esigenze consumatori. Se il piccolo negoziante vuole avere futuro deve avvicinarsi ulteriormente a clienti. Si dice sempre che l’ Italia è  indietro per liberalizzazione di mercato, quando invece- vedi l’avanzata delle grandi superfici all’imbocco dei nostri centri urbani- , indici europei su restrittività alla mano, risulta meno rigida e più liberale di Germania e Francia”. L’inflazione invece coinvolge e travolge tutti: “Per la prima volta dal secondo dopoguerra da ottobre 2022 rileviamo una regressione dei consumi alimentari- ha dichiarato Buttarelli-. Il segno meno nei prodotti alimentari è per sua definizione preoccupante. Quando flettono inizialmente i consumi può esserci alla base un aspetto virtuoso legato alla riduzione degli sprechi, ma il perdurare della crisi dei consumi alimentari e della spesa di tutti i giorni diventa privazione di beni necessari e primari”. “La salvaguardia del commercio di vicinato – ha sottolineato Gianni Rebecchi, presidente Confesercenti Lombardia- non è una battaglia di retroguardia a vantaggio degli interessi di pochi, ma una sfida imprescindibile per salvaguardare l’identità, la vivibilità e l’attrattività dei nostri centri urbani”. Dopo decenni di profonda trasformazione delle reti commerciali, con riflessi negativi sul numero di attività di piccole dimensioni, anche e soprattutto in Lombardia, si può cercare di costruire, grazie ad una nuova alleanza tra le diverse forme distributive- un equilibrio e gettare le basi per un futuro più sostenibile e vitale per i nostri centri urbani.


Federcartolai, assemblea nazionale a Bergamo

Tre giorni di lavoro e confronto alla scoperta di Bergamo capitale della cultura 2023Per la prima volta nella sua storia Federcartolai Confcommercio ha scelto Bergamo come sede del consiglio, giunta e assemblea nazionale. Tre giorni intensi tra riunioni e analisi del comparto, confronti informali e visita guidata alla città- capitale della cultura 2023, con il presidente nazionale Medardo Montaguti e tutta la giunta e il consiglio Federcartolai Confcommercio.
“E’ stato un momento importante di confronto e allineamento tra tutti i principali rappresentanti del settore- commenta Cristian Botti, presidente del Gruppo Librai e cartolai Ascom Confcommercio Bergamo, oltre che componente della Giunta nazionale Federcartolai-. Un’occasione per fare il punto sul mercato e fissare le linee guida per le attività del nostro settore dei prossimi anni. La sfida sarà quella di puntare ulteriormente sui servizi, che fanno sempre la differenza per il supporto e consiglio alla clientela, e investire sempre più sulla formazione con particolare attenzione al web e alle competenze digitali”.


Terziario e sostenibilità: imprese sempre più impegnate

Ma la pandemia ha messo il freno agli investimenti. Per le imprese c’è la certificazione Imprendigreen

La sostenibilità, emersa con tutta la sua urgenza con i rincari energetici, resta un tema centrale, anche in avvicinamento agli obiettivi dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite. Per sondare il rapporto tra imprese del terziario e rispetto dell’ ambiente, Ascom Confcommercio Bergamo, nell’ambito dell’Osservatorio congiunturale affidato a Format Research, ha invitato un campione rappresentativo di imprese del commercio, turismo e servizi, a rispondere sul tema della sostenibilità. La maggioranza delle imprese del terziario della provincia di Bergamo ritiene che la propria azienda sia molto o abbastanza sostenibile ( è così per il 56,9% degli imprenditori). Negli ultimi due anni però solo una minoranza delle imprese, il 16%, ha investito sulla sostenibilità. Non manca tuttavia un 10% che pensa di iniziare a farlo presto. Anche perché gli investimenti premiano: 1 su 5 tra le imprese che hanno investito in sostenibilità, dichiara di aver acquisito nuovi clienti grazie all’introduzione di politiche green. Il percorso verso la sostenibilità non è tuttavia privo di ostacoli: il 45% ha incontrato difficoltà nell’approccio alla sostenibilità. “La ricerca di maggiore sostenibilità delle imprese del terziario, che per loro natura sono a medio o basso impatto ambientale rispetto alle imprese degli altri settori, è un percorso appena iniziato e che sta crescendo- commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. È la risposta ad un mondo che è cambiato e che con la pandemia ha accelerato il suo percorso verso la tutela dell’ambiente. La crescita c’è ma è ancora lenta. In questi ultimi tre anni siamo passati da un gruppo di imprese che hanno fatto da pioniere in questo campo, ad una prima maggioranza, che però resta ancora limitata. La crisi energetica ha spinto molte imprese a investire nel risparmio ed efficientamento energetico, meno invece in altre direzioni. La disinformazione sul tema, l’incapacità di gestire una politica di comunicazione che consenta un ritorno degli investimenti e soprattutto la difficoltà finanziaria delle imprese provate dalla pandemia pandemia, impediscono un grande sviluppo degli investimenti che sarebbero invece davvero necessari in questo ambito”.

Il tema della sostenibilità ha giocato e giocherà un ruolo importante per le imprese bergamasche, anche grazie ai fondi e alle opportunità a disposizione delle imprese, come sottolinea Diego Cantamessa, responsabile Finanza agevolata Fogalco, Cooperativa Ascom Confcommercio Bergamo: “Basti pensare che il Programma Regionale di Sviluppo delle PMI di Regione Lombardia ha stanziato, attraverso i Fondi Europei, 2 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 che arriveranno alle imprese lombarde sotto forma di contributi a fondo perduto. Ci sono due aspetti importanti da considerare: il primo è che il fondo ha raddoppiato la sua dotazione rispetto al periodo precedente, quello del periodo 2014-2020. Il secondo è che il 50% dei fondi, circa 1 miliardo di euro, sono destinati alla sostenibilità ambientale e sociale delle imprese, segnale di quanto Regione Lombardia ritenga il tema importante e prioritario”. Particolare attenzione riveste l’efficientamento energetico: “Anche i Bandi dei Distretti del Commercio, emanati dai Comuni, danno premialità alle aziende che investono in efficientamento energetico. Ci aspettiamo che nei prossimi mesi e nei prossimi anni, visto l’interesse mostrato per questi bandi e l’esaurimento delle risorse che erano state stanziate, Regione Lombardia pubblichi altri Bandi sui temi della sostenibilità delle imprese”.

Per diffondere comportamenti sempre più sostenibili tra le imprese del terziario, con l’obiettivo di qualificare e rafforzare l’impegno delle imprese valorizzando e promuovendo comportamenti virtuosi, Ascom Confcommercio Bergamo ha lanciato nel 2022 anche a livello provinciale  l’iniziativa “Imprendigreen” di Confcommercio Imprese per l’Italia. Un percorso che attesta l’adozione da parte delle pmi del terziario di buone prassi sul tema green.  “Il riconoscimento avviene tramite l’assegnazione di un marchio che viene rilasciato all’impresa che ha raggiunto una soglia minima di punteggio determinata dalla Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa sulla base dei più autorevoli standard di riferimento, – spiega Andrea Comotti, responsabile dell’Area gestionale, Ambiente, Energia, Sicurezza Ascom Confcommercio Bergamo- Sono una decina le imprese bergamasche che hanno già richiesto e ottenuto il marchio” . Sono invece tre i  diversi livelli di eccellenza certificati  (tre, quattro e cinque stelle) in relazione all’impegno ambientale.

Le azioni delle imprese del terziario evidenziate dalla ricerca

La stragrande maggioranza delle aziende bergamasche del terziario ha implementato almeno una politica di sostenibilità. Al primo posto la gestione differenziata dei rifiuti( 69,4%), seguita da risparmio o efficientamento energetico (23,3%) e utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e/o pulite (17,9%). Una precisazione su queste principali evidenze è però d’obbligo: se il 64,9% può sembrare una percentuale bassa relativa alla gestione differenziata dei rifiuti, va sottolineato come diverse imprese non siano soggette in larga misura a indicazioni speciali per lo smaltimento (basti pensare agli uffici, che poco hanno da differenziare oltre a carta e materiali per stampa).

Seguono, a distanza: risparmio dell’acqua (9,5%); adozione di prodotti riutilizzabili/riciclabili e riduzione del “monouso (9,4%); controllo della sostenibilità dei fornitori/predilezione per fornitori locali (5,7%), introduzione di nuovi prodotti/servizi sostenibili ( 5,3%), ascolto delle opinioni e delle esigenze dei clienti sul tema (4,3%), utilizzo e acquisto di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale per gli spostamenti aziendali e/o dei clienti (3,6%), promozione tra i clienti di comportamenti sostenibili (3,5%), Formazione del personale (3,3%).


Terziario e lavoro : mancano 230mila occupati

11 milioni di occupati degli oltre 17 milioni complessivi sono attivi nel terziario, che assorbe il 64,5%

Degli oltre diciassette milioni di occupati regolari registrati a giugno 2022, sono più di undici milioni quelli attivi nel terziario di mercato, per una quota pari al 64,5%. Parte da questo dato “Terziario e lavoro”, l’osservatorio lavoro sul terziario di mercato realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio e presentato in occasione della conferenza stampa che ha aperto i lavori della ventiduesima edizione del Forum “I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000”, per il secondo anno consecutivo nello scenario di Villa Miami a Roma. E se rispetto a due anni prima la crescita dell’occupazione assoluta è stata di quasi due milioni di unità, più dei tre quarti (il 76,4% per la precisione) appartiene allo stesso terziario di mercato. Il rovescio della medaglia viene dal confronto con i risultati del 2019: se l’occupazione totale non ha completamente recuperato i livelli pre pandemici (in termini di unità di lavoro a tempo pieno siamo a quasi 23 milioni e 900mila lavoratori rispetto a poco più 24 milioni e 100mila), il deficit è attribuibile in esclusiva proprio al terziario di mercato (-2,8%). In più, la pandemia ha colpito pesantemente le piccole unità produttive e il lavoro autonomo: a fronte della  crescita di quasi 1,4 milioni dei lavoratori dipendenti nel terziario di mercato tra il 2020 e il 2022, il numero di lavoratori indipendenti nelle attività terziarie è infatti risultato inferiore di quasi 27mila unità, un calo che si registra in particolare nelle professioni e nei trasporti. Passando al numero di dipendenti per impresa, il rapporto dell’Ufficio Studi evidenzia che nel terziario è pari a 8,8 (era 8,2 nel 2020, +7,5%) contro gli 11,4 del resto dell’economia. In fondo alla “classifica” troviamo il piccolo commercio alimentare con 3,3 dipendenti per impresa, in testa l’aggregato “Altri trasporti e logistica” con 30,4. Al netto delle attività stagionali, si scopre poi che nel 2022 il 70,2% degli occupati nel terziario di mercato aveva un contratto a tempo indeterminato contro il 73,7% del complesso dell’economia. Un numero che “restituisce, contro diffusi pregiudizi, la dimensione della qualità del lavoro nei servizi, a prescindere dalla remunerazione”. Basti pensare che nelle attività stagionali caratterizzate da fermo produttivo per diversi mesi l’anno, il 44% dei contratti è, comunque, a tempo indeterminato. Se il terziario è stato il principale traino del recupero dell’occupazione dopo la pandemia, va sottolineato poi che il 53%% di questo aumento si deve alle donne, nove su dieci delle quali assunte tra il 2020 e il 2022 lavora nei servizi. Non è un caso che la quota di occupazione dipendente femminile nel terziario di mercato sia pari al 50,8% mentre nelle altre attività economiche sia ferma al 27%. Un problema impellente è invece la mancanza di manodopera, soprattutto nei settori legati al turismo. Se nel 2023 si osservasse una crescita delle presenze del 15,3% rispetto al 2019 (oltre 500 milioni, più di 60 milioni in più sul 2019), l’Ufficio Studi stima infatti che occorrerebbero 280mila nuovi lavoratori nei soli settori dell’alloggio e ristorazione rispetto allo scorso anno. Infine, le stime macroeconomiche annunciate dal direttore Mariano Bella indicano per quest’anno un aumento del Pil dello 0,9% e dell’1,2% nel 2024, mentre i consumi dei residenti sono visti in aumento dello 0,5% nel 2023 e dello 0,7% l’anno prossimo.


Economia e qualità vita in peggioramento, cresce il rischio usura

La ricerca Confcommercio -Format Research presentata nella 10a edizione della giornata “Legalità ci piace”

A livello nazionale un’impresa su dieci del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2022, rispetto all’anno precedente. In un momento di grande fragilità finanziaria, l’usura è il fenomeno illegale maggiormente percepito dagli imprenditori, come dichiara più di un’impresa su quattro. Sono queste alcune delle principali evidenze emerse nella giornata “Legalità ci piace” Confcommercio, che da dieci anni vede l’associazione impegnata nel rilevare e descrivere la diffusione dei fenomeni criminali che più di altri condizionano l’andamento e lo sviluppo delle imprese. L’indagine, realizzata in collaborazione con Format Research (con interviste da febbraio al 3 marzo 2023), effettuata su un campione statisticamente rappresentativo dei settori di riferimento con 3200 imprese, mette a confronto i dati nazionali con quelli di macroaree geografiche, tra cui la Lombardia (che rientra con Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta nel Nord Ovest). Per quanto riguarda Lombardia e resto de Nord Ovest,  il 7,8% delle imprese del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2022, un valore inferiore rispetto alla media nazionale pari al 10,3%. L’usura è il fenomeno criminale percepito in maggior crescita dagli imprenditori (per il 28,9%), un dato superiore a quello nazionale, pari al 25,9%. Il 15,9% degli imprenditori ha avuto notizia di fenomeni di usura o estorsione nella propria zona di attività (la media nazionale è pari al 21,4%). Il 15,3% degli imprenditori è molto preoccupato per il rischio di esposizione a fenomeni di  usura e racket nella zona in cui opera (16,5% è la media nazionale). Il 68,3% delle imprese si ritiene «molto o abbastanza» penalizzato dall’abusivismo e dalla contraffazione (dato superiore alla media nazionale pari al 65,1%). Il 79,3% delle imprese ha investito in misure di protezione per la propria sicurezza e quella dei propri clienti: in particolare in sistemi di videosorveglianza e di allarmi antifurto.
 “Nonostante il nostro territorio sia più impermeabile di altri agli attacchi criminali e alle loro infiltrazioni, ci sono segnali evidenti di indebolimento e di vulnerabilità del nostro sistema economico e finanziario– commenta Giovanni Zambonelli, presidente Ascom Confcommercio Bergamo-. Non è casuale che il peggioramento della qualità della vita e i meccanismi commerciali fuori dalle regole- contraffazione e abusivismo in testa- rappresentino dei rischi per le imprese e possibili fallimenti, oltre che al pericolo di essere vittime di usura. Preoccupa una percentuale molto alta di imprenditori che, non abituati a fronteggiare fenomeni come usura e racket, dichiara di non sapere cosa fare”.
Per quanto riguarda l’assistenza contro la criminalità, le forze dell’ordine (35%) e le associazioni di categoria e le organizzazioni antiusura (23,7%) sono i soggetti sentiti più vicini agli imprenditori minacciati. Di fronte a fenomeni di usura e racket il 47,8% delle imprese ritiene che si dovrebbe denunciare (un valore più basso rispetto alla media nazionale del 59,4%) e il 32,4% dichiara che non saprebbe cosa fare (dato leggermente superiore alla media nazionale pari al 30,1%).
A peggiorare (e a destare maggiori preoccupazioni in questo senso) è comunque il quadro generale: il 15,8% delle imprese del Nord Ovest ha dichiarato che la qualità della vita si è abbassata notevolmente nel corso dell’ultimo biennio (valore inferiore alla media nazionale pari al 17,8%). Le principali cause sono imputate alla diminuzione del reddito della popolazione, all’impoverimento dell’offerta formativa e alla diminuzione della sicurezza personale.

Le principali evidenze a livello nazionale

31mila imprese del commercio e dei pubblici esercizi sono oggi ad elevato rischio usura. L’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi 33,6 miliardi di euro e mette a rischio 268mila posti di lavoro. La perdita annua in termini di fatturato e di valore aggiunto è pari all’8,9%. In dettaglio, l’abusivismo commerciale costa 9,1 miliardi di euro, l’abusivismo nella ristorazione pesa per 5,4 miliardi, la contraffazione per 4,4 miliardi, il taccheggio per 4,8 miliardi. Gli altri costi della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) ammontano a 6,4 miliardi e i costi per la cyber criminalità 3,5 miliardi


Buoni pasto, il tetto al 5% delle commissioni in capo agli esercenti vale un risparmio di 1,5 milioni

Fusini: “Maggiore sostenibilità per gli esercenti e miglior servizio per i lavoratori”

Il taglio alle commissioni per i buoni pasto dei dipendenti pubblici fissato al 5% sta per diventare realtà. Con le aggiudicazioni della gara Consip “BP10” (ancora non efficaci, ma rese pubbliche al 27 febbraio, aggiudicate in Lombardia da “Up Day” e “Welfare Pellegrini”) Fipe- Federazione italiana pubblici esercizi italiani stima un risparmio per gli esercenti per il 2023 di circa 150 milioni di euro a livello nazionale e di 14,1 milioni in Lombardia.  Un primo importante  risultato del lavoro che ha visto unite le associazioni della ristorazione e del commercio per rispondere al disagio di migliaia di imprese costrette a pagare una tassa occulta del valore di centinaia di milioni di euro per assicurare il servizio ai lavoratori che utilizzano ogni giorno il buono pasto. Basti pensare che le commissioni della precedente gara lombarda erano al 16,17%, con punte in altre regioni dal 19,80% in Sicilia e Campania al 21,07% in Calabria. Ascom Confcommercio Bergamo esprime tutta la sua soddisfazione per questo primo risultato raggiunto. L’associazione ha diffuso un vademecum per informare dell’importante novità tutti gli accettatori di ticket (esercenti, bar, ristoranti,  esercizi di vicinato a supermercati) . I nuovi contratti di convenzione legati a una committenza pubblica sia che si tratti di Consip che di altra amministrazione pubblica potranno richiedere una commissione massima del 5% del valore nominale del buono pasto senza alcun costo accessorio. L’emettitore non potrà infatti richiedere alcun costo aggiuntivo né per la dematerializzazione dei buoni cartacei, né per i Pos di lettura per i ticket elettronici, né per la gestione di fatture ed emissione.
La normativa  secondo le stime Ascom interessa circa 21mila lavoratori pubblici bergamaschi ( il dato, su elaborazione dato Inps non comprende i dipendenti scolastici, universitari e altri comparti che normalmente non percepiscono buoni) e oltre 800 tra trattorie, bar, ristoranti e negozi di alimentari che accettano ticket. Il risparmio complessivo per gli esercenti bergamaschi stimato da Ascom è di circa 1,5 milioni di euro. Una cifra considerevole in un mercato dal valore complessivo (includendo tutti i lavoratori beneficiari, pari a 58.200, di cui 21mila pubblici) di oltre 70,3 milioni di euro (dato 2022, in crescita di oltre 4 milioni di euro rispetto al 2021, secondo stime Ascom).  In tempi di costi e burocrazie crescenti è un primo segnale di tutela degli operatori commerciali e, di pari passo, dei beneficiari e utilizzatori dei ticket. “ Dare sostenibilità all’esercente significa migliorare la qualità del servizio e aumentare il valore reale del buono anche per il lavoratore- sottolinea il direttore Ascom Confcommercio Bergamo Oscar Fusini-.  Resta comunque la necessità di una riforma strutturale del sistema dei buoni pasto, per intervenire anche sulle gare private che oggi non sono interessate dal provvedimento  e che, tuttavia, valgono quasi  due terzi del mercato. Occorre adottare modelli di regolazione mutuati da altri Paesi europei, mettendo al centro la salvaguardia del valore reale del buono pasto, da quando viene acquistato dal datore di lavoro a quando viene speso dal lavoratore. Ed è bene ricordare che questo strumento prevede già importanti vantaggi sia per il datore di lavoro con la decontribuzione, sia per il lavoratore con la defiscalizzazione”.


IMEAT, a Modena dal 26 al 28 marzo la fiera dedicata alle macellerie

Biglietti gratuiti a disposizione dei soci 

ModenaFiere ospita dal 26 al 28 marzo l’unica esposizione internazionale in Italia dedicata al negozio di macelleria, gastronomia e ristorazione specializzata.  La manifestazione, organizzata da Ecod dal 2013, è un evento business to business che mette in relazione tutta la filiera al dettaglio della carne e la ristorazione specializzata. Negli ultimi anni, il comparto della carne ha subito una forte evoluzione che ha portato metodologie innovative sia da un punto di vista tecnico che propositivo. IMEAT® mette in relazione macellerie al dettaglio, gastronomie, ristorazione specializzata, oltre a rappresentare un’occasione di approfondimento di varie tematiche e di aggiornamento su una serie di problematiche che guardano al futuro del settore. La società Ecod, con sede in Italia, è proprietaria del marchio iMEAT® e organizza le fiere omonime: iMEAT® in Italia (Modena) e iMEAT® España (Barcellona). L’evento è riservato a tutte le macellerie italiane, responsabili e addetti banco macelleria di GD, GDO e minimarket, gastronomie, rosticcerie, bracerie, ristorazione specializzata settore carne, agriturismi, operatori del settore carne e a tutti coloro che intendono avviare una delle attività precedenti; macellerie e attività di settore dei Paesi esteri.
Data l’importanza della manifestazione, Federcarni  Confcommercio invita i soci a compilare questo  form per ottenere i pass gratuiti di accesso alla manifestazione.

Orari di apertura ai visitatori
Domenica 26 e lunedì 27 la fiera è aperta dalle 9 alle 18.Martedì 28 la chiusura è anticipata alle 16. Il quartiere Fieristico ModenaFiere è in Viale Virgilio, 90 a Modena.

 

 

 

 


Saldi, bilancio tra luci e ombre: +4% in media rispetto al 2022

Vendite appese al meteo, la ripresa delle cerimonie invita agli acquisti

Con la fine dei saldi ed eventi come lo Sbarazzo, le vetrine si vestono a nuovo ospitando le collezioni primavera-estate di abbigliamento e calzature e le ultime novità per lo sport, in particolare all’aria aperta. I commercianti sperano in una ritrovata voglia di fare shopping dopo anni difficili e un bilancio dei saldi al di sotto delle aspettative, che non basta per supportare le maggiori spese – bollette in testa- relative alle attività e i costi fissi, a partire dagli affitti, sempre più difficili da sostenere. Rispetto allo scorso anno, un 2022 ben lontano dal poter essere definito soddisfacente, le vendite di fine stagione hanno segnato un +4%  complessivo,  con dati tuttavia negativi nei centri più piccoli e nelle vie periferiche o nei paesi lontani dalle principali località di villeggiatura. “L’anno scorso è stato l’ennesimo anno difficile per il commercio, fare peggio sarebbe stato impossibile- commenta Diego Pedrali, presidente del Gruppo Abbigliamento, calzature e articoli sportivi  Ascom Confcommercio Bergamo, de “L’uomo più” di Torre Boldone-. I costi fissi in notevole aumento e l’imposizione dei fornitori di ordini minimi per assicurare la produzione dell’industria della moda, stanno mettendo in ginocchio il settore. Non è stato d’aiuto nemmeno il clima, in una stagione contraddistinta da sbalzi termici. Ma a destare particolare preoccupazione è la percezione di una certa disaffezione per lo shopping. Si  vede girare sempre meno gente per vetrine, forse anche perché con promozioni e svendite continue anche fare acquisti perde appeal”.  Ora, tra rialzi di temperatura e la primavera che timidamente inizia a bussare alla porta, si spera in un buon marzo: L’anno scorso marzo è stato un mese da dimenticare, segnato e condizionato irrimediabilmente dall’inizio a fine febbraio dal conflitto tra Russia e Ucraina- continua Pedrali-. Confidiamo in una riscoperta del piacere di rinnovare il guardaroba con capi alla moda”. La ripresa delle cerimonie si spera possa aiutare il comparto: i negozi specializzati nella vendita di abiti per le occasioni più importanti sono positivi, grazie anche a un +10% rispetto allo scorso anno, registrato anche nei saldi. E del ritorno agli eventi può beneficiare tutto il comparto, stimolando acquisti di capi, anche importanti. Oltre alle ricorrenze speciali, matrimoni in testa, si tornano a festeggiare in grande post pandemia i diciottesimi.
Il dato rilevato da Ascom Confcommercio Bergamo , che registra un +4% delle vendite di fine stagione rispetto al 2022, è peggiore di quello nazionale rilevato da Federazione Moda Italia. Federmoda evidenzia come a gennaio le vendite a livello nazionale abbiano segnato il +8,9% e a febbraio il +5,3%. In particolare a gennaio il 65% dei commercianti ha dichiarato di avere registrato un incremento delle vendite, mentre il 16% sostanziale stabilità (positivo quindi nel complesso il bilancio per l’81% del campione rappresentativo di insegne abbigliamento, calzature e articoli sportivi). Febbraio è stato comunque abbastanza buono: il 54% dei commercianti ha segnato un aumento delle vendite, il 25% in linea con lo scorso anno (positivi nel complesso il 79%).
Tra i capi più venduti a livello nazionale cappotti, giubbini e piumini, seguiti da maglieria, pantaloni e jeans, scarpe da donna, intimo e pigiameria e abiti.
“Il dato locale- commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo- è in questo caso peggiore del nazionale per la particolare distribuzione commerciale in una provincia particolarmente estesa come la nostra che annovera oltre 240 comuni. Se le vendite hanno tenuto o sono cresciute rispetto allo scorso anno nei centri principali, a soffrire sono stati i negozi nei comuni più piccoli o che non contano su visitatori e turisti”.


Bergamo cambia: bene il terziario in centro, frenano ospitalità e pubblici esercizi

Le principali evidenze emerse dall’Osservatorio sulla demografia d’impresa Confcommercio

Bergamo sta cambiando pelle: si arresta la crescita nel settore dell’ospitalità, per effetto soprattutto della pandemia, mentre torna a crescere il terziario, trainato dal commercio alimentare. L’ospitalità tiene soprattutto fuori dal centro storico, mentre il commercio perde insegne in periferia. Sono queste le principali evidenze emerse dall’Osservatorio nazionale di Confcommercio della demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici, realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. Un quadro che conferma le analisi effettuate da Ascom Confcommercio Bergamo sui dati puntuali della Camera di Commercio di Bergamo: dal 2019 al 2022 le attività del terziario nel centro storico di Bergamo sono tornate a crescere con un +4,4%, trascinate soprattutto dal commercio alimentare che ha trovato nella vendita per l’asporto e per il consumo sul posto nuova linfa, mentre fuori dal centro storico si registra un calo delle attività del terziario del -2,6%.
Il dato positivo del centro storico ribalta gli indici negativi relativi al trend sui dieci anni : in due lustri  il commercio al dettaglio ha perso il 14,4% nel centro storico e l’ 8,8% fuori dal centro storico. Di contro, dopo un  trend estremamente positivo che nei dieci anni dal 2012 al 2022 ha portato ad una crescita di alberghi, ristoranti e bar del 12,3% nel centro storico e del 16,9% fuori dal centro storico, nell’ultimo triennio, per effetto della pandemia, si è registrato un calo del 10 nel centro storico e dello 0,4% fuori dal centro storico.

I dati dell’Osservatorio evidenziano la tenuta del commercio della città, soprattutto riferita al campione dei capoluoghi di provincia di medie dimensioni che hanno registrato perdite consistenti in tutti i settori commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. Bergamo negli ultimi dieci anni ha cambiato in parte la sua vocazione e ha saputo rigenerarsi con l’apertura di attività di alloggio, ristoranti e bar, laddove arretrava il commercio in senso stretto. Oggi, grazie alla crescita delle presenze turistiche, la tenuta registrata è imputabile all’apertura di nuove attività dell’accoglienza fuori dal centro storico. Per quanto riguarda invece bar e ristoranti, dopo la crescita esponenziale nel decennio, negli ultimi tre anni il settore ha dimostrato di aver raggiunto la sua saturazione con la diminuzione dei pubblici esercizi, soprattutto nel centro storico”.

L’Osservatorio di Confcommercio

L’Osservatorio della demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici fotografa i cambiamenti del commercio e delle imprese nelle città italiane negli ultimi dieci anni, con particolare riguardo ai centri storici. L’ottava edizione dello studio arriva in una fase che ha visto superare il picco della crisi dovuta alla pandemia e alla stagnazione dei consumi, ma che si confronta oggi con nuove emergenze derivanti dal caro energia, da una elevata inflazione e dal protrarsi della guerra in Ucraina. I cambiamenti nelle preferenze e nelle abitudini di acquisto e consumo, le scelte commerciali e localizzative della grande distribuzione e delle superfici specializzate, lo sviluppo del commercio online e altri fattori stanno modificando le nostre città e i centri storici in particolare, con meno insediamenti del commercio tradizionale e più servizi e con differenti dinamiche tra le aree geografiche del Paese. L’analisi riporta i dati aggiornati sull’evoluzione commerciale nelle città dal 2012 ad oggi e riguarda i dati dei 120 comuni medio-grandi italiani (regione per regione), di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi di media dimensione (escluse le città metropolitane perché multicentriche).

I dati nazionali

Spariti oltre 100mila negozi dalle città italiane e 15mila ambulanti

Negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante. Crescono gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio. Tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante; in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila). Concentrando l’analisi sulle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.

Il tessuto commerciale nei centri storici: più servizi e tecnologia

Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).

Desertificazione commerciale: si scende da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti              

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio offerto dai negozi in sede fissa confina con il rischio di desertificazione commerciale delle nostre città dove, negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, per il commercio di prossimità non c’è altra strada che puntare su efficienza e produttività anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E rimane fondamentale l’omnicanalità, cioè l’utilizzo anche del canale online che ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, con le vendite passate da 16,6 miliardi nel 2015 a 48,1miliardi nel 2022. Elemento, questo, che ha contribuito maggiormente alla desertificazione commerciale ma che rimane comunque un’opportunità per il commercio “fisico” tradizionale


Vacanze sui monti per 12 milioni di italiani

Nei primi tre mesi dell’anno la vacanza enogastronomica in quota è la preferita, anche dai non sciatori. Buone le previsioni per Carnevale 

Sono 12 milioni gli italiani che scelgono la montagna nel primo trimestre di quest’anno: 7,5 milioni fanno soggiorni di una settimana o un periodo un po’ più breve, per i restanti 4,5, si tratta invece di escursioni giornaliere. Secondo i dati dell’Osservatorio Confcommercio-Swg, la spesa media è di 540 euro a testa. Quasi 9 vacanzieri su 10 scelgono le mete nazionali: a fare da padrone è l’arco alpino, in primis le destinazioni del Trentino Alto Adige, seguite da Lombardia e Valle d’Aosta, ma con buone performance anche di Piemonte, Veneto e Friuli.

Non mancano i turisti che raggiungono destinazioni estere: primeggiano le “vette” svizzere, seguite da quelle di Austria e Francia. Le motivazioni delle vacanze in montagna sono cambiate dopo la pandemia: escursioni naturalistiche, degustazioni enogastronomiche, relax in Spa e centri benessere, shopping sono le quattro attività più importanti indicati dagli intervistati.

Solo al quinto posto la pratica dello sci e di altri sport invernali. Resta comunque alta, per chi sceglie questo tipo esperienza, l’attenzione per lo stato dell’innevamento naturale: sono 4 su 10 i vacanzieri che dichiarano che, in assenza di neve, preferiscono cambiare i programmi di vacanza.

Dal 16 al 21 febbraio, la settimana ufficiale di Carnevale, si muoveranno 4,4 milioni di italiani a cui se ne aggiungono altri 1,9 ancora indecisi ma propensi a farlo per una vacanza che, nel 50% dei casi, è fuori regione se non addirittura all’estero. Città d’arte o grandi città sono le destinazioni preferite in 4 casi su 10. A Carnevale i portafogli sembrano essere un po’ più “capienti”: si spendono in media 410 euro a testa per una vacanza, per una spesa complessiva di quasi 3 miliardi.

Il consuntivo delle festività di fine anno, comunque, si è chiuso bene, con circa 25 milioni di Italiani in viaggio tra Natale e l’Epifania, e il 2023, anno dei ponti, sembra avviarsi sotto buoni auspici. L’indice di propensione al viaggio dei connazionali sale a quota 63 – su scala da 0 a 100 – due punti sopra gennaio 2022 e sostanzialmente in linea con i livelli pre-pandemia, anche se a prevalere sono gli short break da 1 o 2 notti fuori casa, soprattutto tra febbraio e marzo.