Il birrificio Otus stappa l’emozione anche al Vinitaly

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Calano i consumatori e i consumi di bevande alcoliche in Italia. Cresce, tuttavia, la consapevolezza della cultura mediterranea del mangiare e bere, mentre l’eccesso è sempre meno di moda. Dalla ricerca Nielsen per Federvini, emerge infatti che i consumi di bevande alcoliche in Italia, in 10 anni, tra il 2005 e il 2015, sono diminuiti del 25%, da 31,1 milioni di ettolitri a 22,9 milioni.

Questo a causa di cambiamenti di varia natura: demografici (la popolazione italiana invecchia), sociali (sono cambiati momenti e luoghi di consumo), economici, ma anche per nuovi atteggiamenti alimentari sempre più orientati al salutismo e, non ultimo, per una sempre maggiore competizione con gli altri settori del beverage.

otus a vinitaly 2017 (2)All’interno di questo macro mondo emerge però che le nuove generazioni si orientano con più semplicità verso la birra. Fenomeno che non è passato inosservato neppure agli organizzatori della fiera internazionale dedicata al vino di Verona, che, da qualche anno, hanno “scoperto” la grande attenzione anche del pubblico professionale all’arte di miscelare cereali con acqua, luppolo e lievito. L’appuntamento con il Vinitaly – dal 9 al 12 aprile – non è più quindi solo dedicato al vino. E il Birrificio Otus di Seriate ha pensato di non perdere quest’opportunità per presentarsi agli operatori professionali (stand 12 del padiglione Sol&Agrifood -ingresso principale Cangrande).

otus a vinitaly 2017 (3)Tramite la collaborazione con Assobirra – Associazione dei Produttori della Birra e del Malto – Otus intende far conoscere agli ospiti di questo palco mondiale la propria filosofia nel produrre birre artigianali. «Vinitaly è una kermesse mondiale incredibile e unica – racconta Giampietro Rota, consigliere delegato del birrificio di Seriate -. È una vetrina che permette di mostrarsi al mondo intero e di trasmettere determinate emozioni legate a questo comparto così diverso ma complementare al vino. Abbiamo allestito uno spazio dove è possibile degustare le nostre specialità sia alla spina che in bottiglia, partendo proprio dall’ultima nata in casa Otus: la RedVolution. Parlando proprio di questa birra, abbiamo voluto un prodotto complesso ed intrigante, senza però perdere mai di vista la facilità di beva, caratteristica fondamentale per noi nell’interpretare l’arte della produzione di birra artigianale. RedVolution è una birra rossa doppio malto, prodotta ispirandoci allo stile Bock, da noi chiaramente reinterpretato».

«Ha una base maltata importante con note dolci di miele, frutta sotto spirito, cioccolato e caffè – continua Rota – con una componente luppolata generosa determinata da luppoli di nuova generazione continentali quali lo Sloveno Styrian Wolf e il tedesco Saphir, che completano il bouquet generando note floreali e speziate. Ha un residuo zuccherino importante tipico delle Bock, bilanciato da un amaro delicato che non la rende stucchevole».


Marron glacé, uno su due in Europa è made in Bergamo

marron glace italcanditiBergamo patria dei marron glacé? Ebbene sì! La metà delle preziose e golosissime castagne glassate consumate ogni anno in Europa, ossia 700 tonnellate, viene prodotta a Pedrengo dalla Italcanditi Vitalfood, come si legge in un’ampia intervista al fondatore, Angelo Goffi, realizzata dalla rivista Città dei Mille. il prodotto è uno dei fiori all’occhiello della storica azienda, nata nel 1963 dall’esperienza nel laboratorio artigianale del padre Alfredo, fin al 1945 specializzato nei marron glacé, nella frutta candita e nelle confetture e oggi leader a livello europeo nella produzione di confetture, creme, frutta candita, preparati per yogurt, verdure stabilizzate, creme salate e salse.

Il dominio nel settore dei marron glacé si deve «ai prezzi prezzi più concorrenziali sul mercato – ha spiegato il titolare nell’intervista -, ovvero agli investimenti tecnologici nell’impiantistica della produzione». Si parte da castagne attentamente selezionate, che vengono pelate a vapore e lavorate artigianalmente per conservarne sapore, fragranza e morbidezza, utilizzando tecnologie produttive avanzatissime, unite ad un severo controllo sulla qualità e sulla rispondenza ai più elevati standard di igiene.

L’innovazione dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo sono, del resto, nel Dna dell’azienda, che ha una produzione complessiva di 60mila tonnellate, 400 dipendenti, un fatturato di 100 milioni di euro ed esporta in cinquanta Paesi nel mondo.

Un punto di forza è rappresentato anche dalle politiche energetiche e di tutela dell’ambiente, in primis dagli impianti fotovoltaico e a biogas, ricavato dall’impianto di depurazione delle acque reflue dello stabilimento.


Vini e bevande, per Quattroerre 35 anni da protagonista

Gennaio 1982 – gennaio 2017. Per la 4R di Torre de’ Roveri 35 anni da protagonista nella distribuzione di vino, birra e bevande.

Hanno cominciato giovanissimi, i quattro fratelli Rota – Maurizio, Giampietro, Enrico e Luca -, saldamente uniti in un progetto che ha trovato la propria ispirazione nell’esempio e nel lavoro del padre. Un prezioso modello di riferimento che ha fatto il paio con la visione che le nuove generazioni portano con sé e che li ha spinti a trasformare la fiaschetteria dei genitori in un’azienda organizzata, dedita a più servizi per la ristorazione.

Le tappe importanti che hanno costellato il cammino della 4R sono molte. La prima, forse tra le più lungimiranti, fu quella di iniziare a mettere il vino sfuso in contenitori d’acciaio. L’ultima, forse quella più audace, diventare protagonisti nella produzione della birra artigianale tramite il Birrificio Otus di Seriate.

Su tutto una serie di valori non negoziabili: professionalità, rispetto per il cliente e massimo sostegno all’educazione enogastronomica. Senza dimenticare un concetto che i fratelli Rota ribadiscono ad ogni occasione utile: credere nel proprio lavoro e, soprattutto, credere nella cultura del lavoro.

Quattroerre

via Marconi, 1
Torre de’ Roveri
tel. 035 580701
www.quattroerre.com

La storia in dieci immagini


Bar e specialità alimentari, ad Antegnate un nuovo scrigno di sapori

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C’è una bella storia di famiglia e di impresa dentro al Dolcefreddo Cafè, locale aperto dallo scorso 27 settembre nella zona artigianale di Antegnate, in via Meucci 2. La storia di un’azienda attiva da quasi trent’anni nella distribuzione all’ingrosso e al dettaglio di surgelati, che ha fatto proprie le parole d’ordine di questi tempi: rinnovarsi e diversificare. E la scelta di Alessia, assistente di volo sui jet privati, di mettere la propria esperienza nella selezione di piatti e prodotti per i vip internazionali al servizio della nuova iniziativa di famiglia.

«La crisi ci ha spinto a reinventarci – racconta Maria Guida Rubini, che ha fondato nell’89 con il marito Gian Paolo Bandera la Dolcefreddo -. Il settore del freddo è stato particolarmente colpito, perché i costi di gestione sono alti, e molti dei venditori porta a porta che servivamo hanno chiuso. Così abbiamo deciso di concentrarci sulle forniture per le feste estive e di dedicarci anche all’acquisto e vendita di attrezzature usate per pasticcerie, panifici, bar e negozi di alimentari. Abbiamo anche aperto un locale, dove, accanto alla caffetteria, ai pranzi veloci e agli aperitivi, si possono trovare vini e specialità alimentari accuratamente scelti in tutti questi anni di attività nelle forniture».

cesti-natale-dolcefreddo-cafe-7Natale è il momento migliore per farsi confezionare un cesto regalo, personalizzato nel contenuto e nella forma, o trovare un buon prodotto da portare in tavola. Ci sono i panettoni griffati Flamigni, Scar Pier, Muzzi, il cioccolato di Babbi, ma anche parmigiano, salumi, come il salame di Montisola o la coppa di un produttore locale, e poi i vini, Franciacorta e toscani soprattutto.

«Lavorando sui jet privati ho avuto la conferma di quanto valga il made in Italy», spiega la figlia Alessia, 26 anni, dall’età di 21 impegnata come assistente di volo (dalle Svalbard allo Zambia, da Kabul a Baghdad) per questa fascia esclusiva di viaggiatori. «Oltre a curare l’ospitalità a bordo ci si occupa del catering e non abbiamo idea di quanto sia apprezzata una mozzarella di bufala o una cotoletta – prosegue -. Da qui siamo partiti con l’idea del locale, dal valorizzare ciò che di semplice e buono ci invidia tutto il mondo».

Tra i piatti per la pausa pranzo si può trovare, ad esempio, quello con stracciatella, alici e pomodori secchi, oppure insalate ricche. L’obiettivo è caratterizzarsi per gli aperitivi e i taglieri con salumi, come quelli di cinghiale e cervo, e formaggi accompagnati ad un buon calice di vino. «Non abbiamo la cucina – dice Alessia, che nel locale è affiancata dalla sorella Federica, 28 anni -, ma ci stiamo organizzando per servire i taglieri con una scodella di polenta fumante. Piace a tutti, è appagante, credo che possa essere un’idea per uno spuntino o un aperitivo diverso dai soliti buffet o dalle classiche patatine e noccioline». Insomma Dolcefreddo Cafè vuole diventare un posto di piccoli piaceri per il palato.

«Continuo a lavorare sui jet come freelance, se sto un mese senza volare mi manca la terra sotto i piedi! – confessa Alessia -. Intanto ho però scelto di dare una mano alla mia famiglia in questo nuovo capitolo della nostra storia aziendale».

dolcefreddo-cafe-3Dolcefreddo Cafè

via Meucci, 2
Antegnate
tel. 0363 914240


È bergamasco il terzo miglior formaggio al mondo

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Il terzo miglior formaggio al mondo è bergamasco. È il Gorgonzola Dolce Dop del caseificio Arrigoni Battista di Pagazzano, unico rappresentante italiano selezionato per la finalissima alla 29esima edizione dei World Cheese Awards, il più importante concorso internazionale dedicato ai formaggi, quest’anno organizzato a San Sebastian, in Spagna.

L’erborinato di casa nostra ha prima ottenuto la Super Gold Medal, assegnata ai 66 formaggi che rappresentano le eccellenze a livello mondiale (tra cui sei prodotti italiani in tutto). È poi stato valutato da una seconda giuria specializzata, che ha scelto i 16 migliori formaggi in assoluto dal concorso, tra i quali è stato eletto il miglior formaggio del mondo: il norvegese Kraftkar del produttore Tingvollost, seguito dal Conish Kern di Lynher Dairies dal Regno Unito e, appunto, dal campione bergamasco.

Il concorso ha visto in gara oltre 3.000 formaggi da 30 Paesi. Con questo risultato il caseificio Arrigoni ha ulteriormente impreziosito il suo palmarès, che già comprende due Super Gold Medal, ottenute nel 2014 e nel 2015. In questa edizione dei World Cheese Awards ha anche ricevuto per il secondo anno consecutivo la medaglia d’argento con il Taleggio Dop mentre il Gorgonzola piccante Dop e l’Italico, un formaggio a pasta molle a crosta lavata, si sono aggiudicati il bronzo.

Ma anche altri produttori bergamaschi escono medagliati dalla competizione. Arrigoni Sergio di Olda di Taleggio ha ottenuto due ori con Branzi e con “Leonardo”, un argento con il Gorgonzola Dop e un bronzo con lo “Strachì del Belo Ecc”. Medaglie di bronzo anche per il “Pan di Cacio” del caseificio Taddei di Fornovo San Giovanni, “Surfin’ Blue”, formaggio erborinato prodotto con latte di bufala e affinato in una birra artigianale, dei Quattro Portoni di Cologno al Serio e le chicche di latte caprino de La Via Lattea di Brignano Gera d’Adda “Morla” e “Nocino”.


Contrattazione, Bergamo al top per numero di accordi e innovazione

La Fiera della Contrattazione è un’iniziativa della Cisl regionale per mettere a confronto e favorire la conoscenza degli addetti ai lavori sullo stato di salute della contrattazione sindacale nelle provincie della Lombardia.

Nell’edizione di quest’anno, Bergamo ha riportato importanti riconoscimenti: innanzitutto, sul totale degli accordi selezionati, il 25% (ossia 97 su 402 in valori assoluti) è stato stretto in aziende orobiche dalle categorie della Cisl. Poi, due di questi accordi sono stati segnalati come migliori delle proprie categorie: si tratta dell’accordo alla Daina (per la flessibilità) e quello all’Ubi Banca (per la gestione della crisi).

Nell’analisi generale, sottolinea Giorgio Caprioli, responsabile dell’Osservatorio contrattazione di Cisl Lombardia, «continua, senza eccessivi strappi, la tendenza a spostare la contrattazione dagli argomenti tradizionali a quelli difensivi o di scambio. La contrattazione rimane l’anima più profonda del nostro mestiere, ma è un’anima che si sta trasformando, senza che quasi ce ne accorgiamo: da una contrattazione tipicamente rivendicativa, dove “portavamo a casa” più salario e più diritti, a una contrattazione dove il lavoro non è dato più per scontato, ma è l’elemento principale, da salvaguardare anche a costo di qualche sacrificio sul salario e sui diritti. Il lavoro diventa così centrale, non più per il suo costo, ma come garanzia minima di reddito e di identità».

Bergamo, come detto, quest’anno ha riportato due riconoscimenti. L’intesa alla Daina, siglata dalla Fisascat Cisl, riguarda il meccanismo che regola la banca delle ore, che prevede un 50% di riposi compensativi a scelta del lavoratore e l’altro 50% a discrezione dell’azienda, per i periodi di minor intensità lavorativa.

«È stata un’intesa rivoluzionaria per l’ambito nella quale è avvenuta – ricorda Alberto Citerio, segretario generale Fisascat, autore dell’accordo -. Il centro Odontostomatologico Daina di Nembro è una realtà storica, operativa da 35 anni, molto professionale e strutturata. Applica il Ccnl degli studi professionali, ha più di 30 dipendenti, quasi tutte donne giovani, che svolgono il ruolo di assistenti alla poltrona. Nel Centro, si sono da subito evidenziate esigenze di conciliazione tra la famiglia e i tempi di lavoro. L’attività comportava improvvisi cambi di programma e il rispetto dei tempi spesso non poteva essere assolto».

«L’accordo raggiunto – prosegue – è stato il frutto di una contrattazione lunga e articolata sul secondo livello. Nel 2015 è stata infatti normata l’estrema flessibilità insita nella routine del lavoro e sono stati forniti strumenti di conciliazione in più: l’orario di lavoro straordinario sul part time viene rilevato in minuti e non in modo approssimato; la maggiorazione viene erogata nello stesso mese e l’eventuale recupero viene sempre concordato con la lavoratrice. Inoltre, importante, per gestire questo meccanismo è stato creato un tavolo tecnico, nel quale periodicamente si incontrano Rsu e direzione».

«È un piacere – conclude Citerio – che questo sforzo sia stato evidenziato: non è semplice sviluppare contrattazione di secondo livello in strutture di questo tipo. Credo anzi che sia un caso unico in tutta Italia».

Poco tradizionale anche l’accordo raggiunto in Ubi nel corso dello scorso anno, per la concessione da parte dell’azienda di congedo non retribuito e di part-time, l’accoglimento delle domande di prepensionamento da parte dei disabili, la copertura da parte dell’azienda di un ulteriore 20% in caso di congedo parentale, per gestire nel modo più indolore possibile la crisi che comporta esuberi.

Andrea Battistini, della First Cisl di Bergamo lo ricorda ancora: «L’azienda ci ha prospettato, dal 2012 in poi, esuberi per quasi 2.000 lavoratori in tutto il gruppo, chiedendo di attivarci per avviare esodi e prepensionamenti, solidarietà obbligatoria, deroghe al Ccnl e all’integrativo e utilizzo della legge 223 per i licenziamenti collettivi».

Nel corso degli anni la trattativa sindacale è riuscita a contenere il numero degli allontanamenti e l’utilizzo di deroghe; ad adottare la Solidarietà solo in regime di volontarietà e favorito un numero alto di prepensionamenti. Infine, con l’intesa del 2015, rimanendo nel solco del Contratto nazionale, i sindacati hanno lavorato per esuberi volontari, social day volontari e congedi parentali (+39% sull’anno precedente), incentivo al part time (cresciuto del 29%), tagli dello straordinario, mentre, sugli ultimi 70 esuberi, sono stati privilegiati dipendenti svantaggiati o titolari di 104 (e in 17 ne hanno usufruito).

«Le banche – termina Battistini – non generano più la redditività di una volta perché la metà dei ricavi è determinata dall’intermediazione, e i crediti pesano. Noi siamo riusciti a rivedere le strategie di contrattazione, utilizzando strumenti come la solidarietà che non facevano parte della nostra cassetta degli attrezzi. Abbiamo permesso all’azienda di risparmiare e abbiamo favorito la conciliazione della vita e del lavoro, della qualità e tutto su base volontaria. Abbiamo coniugato interessi una volta incompatibili».


I formaggi che nascono in città

Moleri fa il formaggio in città. Contraddizione? Non per lui. E neppure per i suoi clienti che continuano a crescere. Fare il formaggio a Bergamo è una bella impresa, eppure c’è ancora chi ci riesce, mantenendo alti i criteri di qualità e conciliando i tempi della mungitura con quelli del pascolo, ai bordi del centro urbano, con le sue mucche sparse nei pochi prati ancora abbordabili nel quartiere Grumellina.

«Può sembrare un paradosso, ma anche un formaggio fatto all’ombra della città ha un suo perché», spiega lui, il Pierino, 66 primavere e non sentirle. Significa che l’agricoltura non si è ancora arresa all’asfalto e allo smog. In quest’angolo periferico di città sembra di stare nella Bassa bergamasca, con la sveglia che suona immancabile alle 5 e la vita scandita dai ritmi del lavoro con il bestiame e nei campi. Era stato suo padre Faustino a portare la famiglia a Bergamo e a trasmettergli il mestiere, lui unico di cinque fratelli a continuare l’attività, «perché quella per il latte e i formaggi è da sempre la mia grande passione», insieme a quella per la musica (suona in due bande il suo basso-tuba). Così si è andato a scegliersi una per una le 30 vacche in Alto Adige, «e sono tutte certificate: una dozzina da mungitura tra brune, pezzate rosse, Jersey».

Nasce a Fara Olivana Pierino Moleri, ma poi si trasferisce a Grumello, dove da piccolissimo è protagonista in piazza di interminabili partite alla “sgaréla”, sorta di baseball ante litteram, poi sua madre, a forza di insistere, gli insegna a fare il formaggio. Così ha cominciato e va avanti da oltre 40 anni, con a fianco un’altra donna, la moglie Luciana, che lo aiuta in tutte le fasi, dalla pulizia degli animali fino alla vendita allo spaccio di via Santa Croce dove tra caciotte e stracchini, formaggelle e paste filate è una processione continua di clienti, molto affezionati anche alla casetta dove è possibile acquistare il latte crudo.

«La mia giornata? Interminabile, però a me piace così – risponde senza esitazioni Pierino -: appena sveglio, poco dopo le 5, comincio a mungere, poi riempio di latte fresco la Casetta e poi comincio a fare il formaggio. Quale? Dipende dall’ispirazione: un giorno faccio stracchini, quello seguente paste filate. In tutto lavoro 300 litri di latte al giorno, non mi fermo mai. Premi? Guardi, non ho proprio il tempo di partecipare ai concorsi, mi basta la gratificazione dei clienti, che continuano a crescere e a distanza di anni continuano a venire ad acquistare allo spaccio: ogni tanto vengono a dare un’occhiata a come lavoro, sanno che non baro mai, che cerco sempre di rifarmi ai sapori di una volta. E poi, in un quartiere in cui scarseggiano i negozi di alimentari il nostro resta un punto di riferimento».

Un aspetto, quello dell’agricoltura che sopravvive in città, che ha ben presente Confagricoltura Bergamo, a cui Moleri aderisce. «Per noi – spiega il direttore di Confagricoltura Bergamo Aldo Marcassoli – è importante vedere un’agricoltura professionale anche in città, che non è, per intenderci, quella degli orti urbani, ma quella di aziende ben strutturate che alla periferia di Bergamo producono carni bovine, formaggi, salumi oppure vino, frutta e ortaggi nella parte collinare, spesso dedite alle attività multifunzionali come l’agriturismo, la didattica in fattoria, la vendita diretta in azienda o a gruppi di acquisto cittadini».

Formaggi - pierino moleriIn un panorama non certo florido per l’agricoltura tradizionale «nel caso di Moleri, come di altri – afferma Marcassoli – siamo invece di fronte a realtà che hanno saputo trovare una loro precisa collocazione sul mercato e un non sempre facile equilibrio tra le proprie esigenze produttive e il fatto di operare nelle vicinanze di un contesto urbano fortemente urbanizzato o, all’opposto, caratterizzato dall’esistenza di forti vincoli ambientali come accade nelle aree protette e a parco. Sono imprese che rifuggono dall’immagine folcloristica e pittoresca che il cittadino a volte vorrebbe trovare in esse e che si propongono invece, con molta dignità e professionalità, per l’importante ruolo che svolgono in tema di conservazione dell’ambiente e del paesaggio, di contributo a una sana alimentazione e a una migliore qualità della vita».

«Oggi chi acquista prodotti agricoli deve avere il diritto di essere informato sull’origine della filiera – aggiunge Moleri -, so che il nostro ministro bergamasco Martina si sta adoperando in questo senso, perché è fondamentale che il consumatore venga tutelato al massimo. Noi facciamo tanti sacrifici per dare un prodotto garantito, con latte italiano, anzi bergamasco, da cui deriva un formaggio buono e sano, come si faceva una volta. Oggi purtroppo, però, tante volte si trova sul mercato un formaggio prodotto qui, ma con latte fatto in chissà quale Paese estero: tutto deve essere alla luce del sole».


Ristorazione collettiva, «oggi chiunque può aprire. Servono regole»

Il dibattito si è acceso il caso delle “schiscette a scuola” ma il tema della ristorazione collettiva è anche al centro di un disegno di legge, il 2037, che vuol mettere ordine in materia. A tal proposito la Fipe – Federazione italiana pubblici esercizi ha le idee chiare, fornite nel corso di una recente audizione in Senato: «Si tratta di un fenomeno sociale che deve essere regolamentato al più presto a tutela della salute pubblica e della sicurezza dei 5 milioni di persone che ogni giorno in Italia consumano pasti nelle mense».

«Troppi episodi, manifestatisi in particolare nel Sud Italia – dichiara Marcello Fiore, direttore generale di Fipe -, hanno denunciato, grazie all’impegno dei Nas e del Ministero della Salute, l’inadeguatezza di molte strutture di ristorazione scolastica. Fatti che rendono prioritaria la regolamentazione di un settore in cui spesso si opera senza essere in possesso di specifiche competenze». «Sembrerà incredibile – prosegue Fiore – ma di fatto al giorno d’oggi chiunque può aprire un’azienda di ristorazione collettiva, essendo decaduto anche l’obbligo di possedere i requisiti professionali previsti per aprire un semplice bar. Al momento è possibile preparare e distribuire, magari da un centro cottura, decine di migliaia di pasti al giorno senza dover dimostrare di avere competenze specifiche, esperienza nel settore, adeguati titoli di studio o la disponibilità di specifiche professionalità».

Uno scenario che, a fronte delle garanzie presenti nelle procedure di gara per gli appalti nel settore pubblico, riguarda soprattutto il settore privato: «Un ambito – precisa Fiore – che interessa anche scuole e strutture di ricovero, ove non vi è al momento alcuna regola per la scelta dell’operatore al quale affidare la salute di studenti e pazienti».

Da qui la richiesta di Fipe di prevedere un titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività (Scia) che può essere rilasciato solo al sussistere di determinate condizioni, quali la presenza di un dipendente o consulente, preposto alla gestione tecnica, con uno specifico diploma di laurea in Scienza e Tecnologia della Ristorazione, Medicina Veterinaria o Medicina e Chirurgia specializzato in Igiene e medicina preventiva, con almeno tre anni di esperienza nel settore.

Fipe propone inoltre l’adozione di disposizioni quali: l’obbligo per i committenti, pena la nullità del contratto, di valutare il costo del lavoro secondo le tabelle delle retribuzioni del settore elaborate dal Ministero del Lavoro; l’obbligo di rispettare il Ccnl di settore sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e datoriali; obbligo di assicurare l’idoneità dei locali nei quali viene effettuata l’attività di ristorazione ai fini igienico-sanitari e della sicurezza sul lavoro; la soppressione del ticket licenziamenti in caso di cambio di appalto.

Sul tema della refezione scolastica, Fipe chiede poi di intervenire in via legislativa sul problema dei cibi portati da casa a scuola. «L’attenzione alle problematiche igienico-sanitarie, alle difficoltà di conservare i cibi per alcune ore a temperatura controllata, le questioni connesse al cosiddetto “taglio alimenti” inducono a vietare tale costume – dichiara Fiore -. Al contrario bisognerebbe incidere sul costo dei pasti che alimenti Bio, Dop, Igp e a chilometro zero fanno inevitabilmente lievitare».

L’ultima nota di Fipe riguarda la questione dei pagamenti: «A fronte dei sistematici ritardi nei pagamenti da parte dei committenti pubblici, non si ritiene sufficiente la deroga per il termine di pagamento prevista nell’art. 7, ma serve la totale applicazione della disciplina generale sui termini di pagamento».

Lo scenario della ristorazione collettiva in Italia

La ristorazione collettiva è un comparto importante dal punto di vista economico e occupazionale, un mercato da 6,6 miliardi di euro (2,8 miliardi per gestione diretta e 3,8 miliardi di appaltato). 1.400 le imprese operanti nel settore per 73mila lavoratori dipendenti. Nelle aziende la percentuale di appalto supera il 90%. Si tratta di un fenomeno sociale di grande rilevanza: ogni giorno 5 milioni di persone si nutrono grazie alla ristorazione collettiva. Per maggiori approfondimenti si rimanda alla scheda allegata al comunicato.


Ascom, riprende la stagione dei corsi. E la formazione aziendale diventa anche un reality

“Il sapere si diffonde”. È questo lo slogan dell’offerta formativa ideata e curata da Ascom Confcommercio Bergamo per l’anno 2016-2017.

La proposta prenderà il via il prossimo 10 ottobre e sarà come di consueto articolata in due sezioni: Laboratorio del Sapere, mirato allo sviluppo manageriale, e Accademia del Gusto, centrata sull’enogastronomia.

In tutto 141 proposte “a catalogo” alle quali si aggiunge il capitolo della formazione su misura per ciascuna azienda. «Lo scorso anno Ascom Formazione ha erogato 120 corsi per 2.500 ore di formazione, formando oltre 1.500 persone tra collaboratori ed imprenditori – ha ricordato il presidente dell’Ascom Paolo Malvestiti -. Abbiamo calcolato un incremento del 20% rispetto all’anno precedente sia nel numero delle ore fornite che dei partecipanti coinvolti. È un dato buono e che ci permette di dire che gli imprenditori bergamaschi hanno bisogno di formazione».

Per consolidare il proprio business, ma, soprattutto, per partire con il piede giusto. «Il terziario è un settore vivo – ha evidenziato Malvestiti – e si stima che entro fine 2016 in Bergamasca nasceranno 1.500 imprese, il 7% del numero complessivo di attività del terziario. Il turnover però resta molto alto ed è dovuto ad una scarsa competenza di tipo imprenditoriale e la poca conoscenza del settore merceologico di riferimento. Manca inoltre per l’imprenditore un periodo di avviamento e di affiancamento. Mentre, formazione, assistenza e accompagnamento diventano le chiavi strategiche per la crescita delle nuove realtà imprenditoriali».

Ogni area del nuovo calendario formativo è suddivisa in temi. Corsi manageriali, lingue straniere, informatica, formazione esperienziale, team building, gestione e strategie di marketing, web marketing per il Laboratorio del Sapere; corsi di cucina professionale, pasticceria, panetteria lezioni dedicate al mondo del beverage, corsi per amanti della buona cucina per l’Accademia del Gusto.

Laboratorio del Sapere

cover-calendario-corsi-laboratorio-del-sapere-2016-17Tante le offerte ormai consolidate e altrettante quelle nuove, che vogliono affiancare gli imprenditori del terziario e accompagnarli per stare al passo con le repentine trasformazioni dettate da un mercato in continuo fermento. Tra le nuove proposte, le più innovative sono l’area Educational Reality, che punta sulla formazione per i team impiegando percorsi anche insoliti per riflettere sul teamworking, sullo sviluppo organizzativo, sui flussi comunicativi. Un nuovo approccio formativo su misura per grandi e piccole aziende, modulabile sulla base delle singole esigenze; e la Lego® Serious Play®, una metodologia che, che attraverso i mitici mattoncini, facilita l’apprendimento e lo sviluppo organizzativo di un’azienda.

Novità anche tra i corsi di lingue dove, per la prima volta, sono state introdotte 40 ore per lo studio del giapponese.

L’attenzione verso l’associato passa anche attraverso il nuovo corso dedicato alla legittima difesa, realizzato in collaborazione con la Federazione Italiana Lotta Judo Arti Marziali. Non manca una sezione dedicata ai social network: linkedin, whatsapp, snapchat, telegram, facebook, instagram, twitter, blog, youtube, strumenti divenuti ormai indispensabili per farsi conoscere e conoscere il mercato e le tendenze dei consumatori.

Senza dimenticare lo “zoccolo duro” della formazione: tutte le proposte di crescita professionali e individuali che riguardano il rapporto con i collaboratori, la capacità di delegare, la buona comunicazione fino ad arrivare all’organizzazione aziendale e il food cost, due condizioni indispensabili per una buona riuscita imprenditoriale. Sempre nell’area del Laboratorio del Sapere debuttano gli “Gli imperdibili per il tempo libero”, che vede tra i docenti Giorgia Fantin Borghi, esperta di bon ton e galateo del matrimonio, e Carla Gozzi, famosa coach style e protagonista indiscussa delle trasmissioni televisive “Ma come ti vesti?” e “Shopping nigth”.

>>Qui il calendario completo

Accademia del Gusto

cover-calendario-corsi-accademia-del-gusto-2016-17I più gettonati, da sempre, sono i corsi relativi all’apprendimento di una professione: barman, pizzaiolo, addetto di sala, pasticciere, cuoco, che ritornano insieme a una novità: il banconiere di macelleria, 25 ore dedicate al taglio della carne e ai “pronti a cuocere”.

Per i professionisti, in cattedra, una carrellata di grandi nomi, pronti a condividere esperienza, professionalità e passione: Yoji Tokuyoshi, Piergiorgio Giorilli, Franco Aliberti, Luca Montersino, Aimo e Nadia, Enrico Bartolini. A tutti i ristoratori Ascom Formazione regala una chicca: l’incontro con il critico mascherato Valerio Massimo Visintin.

Continuano anche le trasferte gustose del Convivium, che quest’anno fa tappa a Nocera Umbra al Birrificio San Biagio e a Torino da Matteo Baronetto.

Per gli appassionati salutisti gli appuntamenti più attesi sono la cucina di Sauro Ricci e di Marco Bianchi.

Novità particolarmente accattivante sono le “Serate wow” che propongono momenti di convivialità con gli abbinamenti tra vini e vinili, birra e pizza, panino e film, gin e sushi, ostriche champagne e l’happy hour in english.

>>Qui il calendario completo

Il blog di Ascom Formazione

Un’altra novità messa in campo per il nuovo anno accademico è il blog di Ascom Formazione, nato per chiacchierare con i corsisti e per confrontarsi sui temi proposti. Il blog si divide in due aree: Ricette di Gusto e Ricette di Vita. La prima è dedicata ai prodotti enogastronomici, alle tecniche di preparazione e cottura degli alimenti, agli abbinamenti dei piatti con l’universo del beverage, alle ricette e ai suggerimenti degli chef. La seconda, nonostante il titolo ambizioso, non offre la ricetta perfetta per vivere una vita splendida, ma spunti per riflettere sugli ingredienti necessari a migliorarla e migliorarci. «Scrivere su Ricette di Vita – spiega Daniela Nezosi, responsabile di Ascom Formazione – significa far parte di una community che sceglie di riflettere su ciò che potrebbe concorrere all’ottimizzazione delle nostre competenze in ambito lavorativo e personale».

Maggiori informazioni su www.ascomformazione.it


Caseificio Taddei, doppietta di premi e nuovi prodotti

Vincere un concorso caseario nazionale è già difficile, figuriamoci la doppietta nel giro di una settimana: eppure per il caseificio Taddei di Fornovo nulla sembra impossibile, grazie alla tenacia e al rigore con cui i titolari Massimo e Camilla curano la qualità dei loro formaggi, che li ha portati a esportare in mezzo mondo, ottenendo recentemente anche preziosi ordini proprio nella tana del nemico, quei francesi che sono stati “sfidati” durante il Salon du Fromage di Parigi, riscuotendo consensi unanimi, non solo per il taleggio Dop, per il quale già Edoardo Raspelli aveva “incoronato” la coppia regina bergamasca, ma per tante altre delizie del palato che hanno saputo portare alla conoscenza del mercato transalpino.

Tornando alla doppia vittoria italiana, la medaglia d’oro con il Blutunt all’Alma Caseus in occasione di Cibus e quella d’argento per la Toma bergamasca al CaseoArt di Pandino, la soddisfazione è grande, anche se Camilla Taddei, che da sempre cura il marketing e la parte commerciale, sa bene che queste soddisfazioni fanno parte di un percorso che arriva da lontano: «Sia io che mio marito Massimo conosciamo la nostra azienda e il cammino compiuto negli anni, ma questi riconoscimenti ufficiali, che arrivano da esperti del settore, garantiscono per noi che il lavoro fatto non è solo di parole ma di costanza e serietà, proiettando sempre di più l’azienda in un mercato di qualità».

Per il Blutunt, erborinato bergamasco molto gettonato negli ultimi anni dagli appassionati, è stato addirittura un percorso in crescendo a Cibus: dopo due argenti, ecco arrivare l’oro: «È un riconoscimento – aggiunge Camilla Taddei – alla qualità e alla crescita costante che negli anni ha avuto questo formaggio, pur collocandosi sempre in una fascia di nicchia del mercato. Premia il lavoro e il rispetto delle regole: viene infatti prodotto seguendo un disciplinare imposto dalla Camera di commercio di Bergamo e per questo può fregiarsi del marchio “Mille Sapori di Bergamo” ed è certificato dalla CSQA».

E se il Blutunt, come il Taleggio e il Salva Cremasco, possono dirsi veterani di Casa Taddei, ha destato impressione la Toma Bergamasca, per la prima volta proposta in un concorso e subito premiata a Pandino: «La nostra toma – spiega Camilla – rappresenta un’altra produzione sulla quale abbiamo investito tempo e lavoro fino ad arrivare al risultato che ci eravamo prefissati e cioè un formaggio che si colloca nella nostra tradizione, con una pasta morbida ed elastica, sapore delicato con retrogusto di fieno e una stagionatura importante. L’argento ricevuto a Pandino è stato una bellissima quanto inaspettata sorpresa, anche se sinceramente ci speravamo perché da buoni produttori e stagionatori conosciamo le potenzialità di questo formaggio».

Sperimentare e proporre, accanto ai caci della tradizione, sempre nuove golosità è una prerogativa dei Taddei, che hanno già pronta un’altra novità: «La passione per questo lavoro ci solletica sempre a creare cose nuove – spiega ancora Camilla – e quando Massimo sparisce dall’ufficio per chiudersi in caseificio a “confabulare” con i casari e il responsabile di stagionatura, vuol dire che qualcosa bolle in pentola. Questo nuovo prodotto che sta già riscuotendo un notevole gradimento da parte dei nostri clienti è “Il Quartino del Casaro”, formaggio a crosta lavata con una stagionatura di 60/70 giorni e un gusto deciso. Buon appetito!».