Agri yogurt, da podio quello di capra di Bariano

vincitori concorso agri yogurt 2017

Lo yogurt di capra dell’azienda agricola Cascina Aurelia di Bariano conferma la sua bontà. Già riconosciuto “ottimo” nelle precedenti edizioni del Concorso nazionale Agri Yogurt, in occasione delle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona, ha ottenuto il secondo posto quest’anno, alle spalle dell’azienda agricola San Gregorio di Massimo Cipolat Padiel di Aviano (Pordenone), mentre al terzo posto è arrivata l’azienda agricola La Mascionara di Rinaldo D’Alessio di Campotosto (L’Aquila).

Il Concorso nazionale Agri Yogurt ha l’obiettivo di promuovere piccole realtà agricole, o artigianali, che uniscono alla produzione di freschissimo latte di vacca, capra, o bufala, la trasformazione e la vendita diretta al consumatore. Erano iscritti alla competizione 105 yogurt da 17 regioni d’Italia e 48 province. Gli yogurt sono stati esaminati da una commissione composta da 25 valutatori, con un’apposita scheda che ha preso in considerazione gli aspetti visivi, olfattivi e gustativi.

cascina aurelia BarianoL’azienda di Bariano condotta dalla giovanissime Gloria Colzani e Jennifer Patelli produce e vende direttamente, anche con un simpatico furgoncino personalizzato, oltre allo yogurt bianco o aromatizzato, formaggi freschi e stagionati, dessert, gelato e cosmetici, tutti fatti con il latte delle capre Saanen del piccolo allevamento.

Per la categoria yogurt da latte vaccino ha vinto l’azienda Gocce di Memoria di Marchionni Ugo & C. di Chiuro (Sondrio) con un punteggio di 88,2 punti; seconda l’azienda Affinito Anna Taverna Centomanni di Potenza; terzo il Caseificio Di Vagno di Conversano (Bari), mentre negli yogurt da latte bufalino il successo, con 86 punti, è andato al caseificio Casa Madaio di Castelcivita (Salerno), seconda l’azienda agricola Casumaro di Bomporto (Modena); terza l’azienda agricola Rinna Domenico di Amaseno (Frosinone).


Val del Fich, i formaggi da premio della “Giamburrasca” dei caprini

Nessuna emozione quando le telecamere di Linea Verde l’hanno ripresa tra le stalle e i prati dell’azienda, durante la mungitura e la preparazione delle sue “creature” a chilometro zero, ricotte e formaggelle, con tanto di consegna a domicilio nei paesi limitrofi, mentre da quest’anno ha avviato anche una fattoria didattica per i bambini.

Ma è sui formaggi che si concentra la critica, dopo il riconoscimento prestigioso già incassato da Federica nel concorso milanese Onaf 2016 “All’Ombra della Madonnina» per la doppietta stracchinello-tronchetto. Da quel momento la sua vita non è stata più la stessa e nel giro di un paio d’anni è diventata una delle allevatrici più “mediatiche” del Bel Paese, dimostrando di cavarsela assai bene non solo nella caseificazione e nell’allevamento, ma anche davanti a microfoni e telecamere. Lei però è fatta così, spontanea come il suo sorriso, e ama ricordare come tutto nacque poco più di tre anni fa, nell’anno in cui a Milano frequentava la facoltà di Veterinaria all’Università, con indirizzo “Allevamento e Benessere Animale”.

Federica racconta di aver deciso di fare il tirocinio in un allevamento di capre «poiché è l’animale da reddito che mi ha sempre affascinato sin da bambina». Così iniziò a frequentare l’Azienda agricola Gamba, dove Battista Leidi, il vero guru italiano dei caprini, insegnandole l’arte della caseificazione, non le risparmiò ruvidezze e rilievi. «I primi giorni – ricorda – furono difficili soprattutto perché Battista era molto rigido nei suoi insegnamenti, ma col passare dei giorni mi sono sempre più legata a lui e il tirocinio è durato più del dovuto. Cercavo di unire la teoria e gli studi universitari con la tecnica e la tradizione che mi trasmetteva Battista: lì ho capito che quello era il lavoro che avrei voluto fare e con l’appoggio dei miei genitori ho deciso di buttarmi in questa avventura, coronando il mio sogno: lavorare con gli animali».

Federica Cornolti

L’attività parte con 15 capi in lattazione stabulati in una piccola struttura provvisoria: Federica inizia a lavorare il primo latte in un piccolo laboratorio mentre aspetta i premessi per la struttura finale. «Ad oggi possiedo 40 capi in lattazione e lavoro un buon quantitativo di latte che viene completamente trasformato per la produzione di formaggi freschi, formaggelle, ricotte e yogurt». La soddisfazione più grande sono i complimenti dei clienti e della critica, specie in occasione del concorso milanese all’Ombra della Madonnina.

caprini - azienda agricola Val del Fich (2)«La Giuria mi ha assegnato l’eccellenza per il tronchetto crosta fiorita: è stata una sorpresa perché non avrei mai pensato, visto la mia poca esperienza, di raggiungere un premio del genere». L’entusiasmo è la sua arma in più, quella che le fa reggere la giornata anche a ritmi infernali: «Mungo le capre due volte al giorno, do da mangiare agli altri animali e poi parto con la caseificazione. Adesso mi sto attrezzando per organizzare i campi estivi con i ragazzi. È un lavoro sette giorni su sette. Anche se cerco di godermi al massimo i momenti di relax. A Pasquetta sono andata in montagna, ma prima di partire e una volta tornata, mi aspettavano le capre da mungere: non mi pesa, è la mia vita».

Con i clienti ha un rapporto speciale, in tanti le danno del tu, c’è empatia quasi immediata: «Mi piace il rapporto diretto con la gente: ascolto tutti, mi vanno bene i complimenti, ma ascolto anche i consigli e faccio tesoro anche delle critiche quando arrivano. Il consumatore cerca disperatamente la genuinità: preferisce venire al mio spaccio anziché andare al supermercato, ma in questo modo mi sento anche investita di tante responsabilità, perché devo dar loro i messaggi giusti, per una corretta alimentazione o uno stile di vita sano». E tanto per non farsi mancare niente, Federica ha varato anche una linea di confetture: «Le produco insieme a mia mamma e mia nonna. Diciamo che è un’idea intergenerazionale: è bello fare qualcosa insieme alla propria famiglia, e sono pure buone!».

Federica Cornolti - azienda agricola val del fich (2)Ma tornando alla sua antica vocazione, nonostante sia stata molto tempo, recentemente, davanti a taccuini e telecamere con disinvoltura disarmante, Federica confessa che la sua più grande emozione resta quella che le capita abbastanza spesso, ormai, in stalla: «È quando vedo nascere un capretto: a quel punto tutta la fatica scivola via e resta soltanto una grande gioia».

Azienda Agricola “Val del Fich”

via Cornella
Ponteranica
346 1045697


Giovani in alpeggio per migliorare la convivenza con orsi e lupi. Ecco com’è andata

Un’estate di volontariato verde, per mettere in contatto – pacifico – uomo, natura e grandi predatori. Si è conclusa l’iniziativa che ha visto 31 ragazzi e 5 pastori collaborare nel nome della tutela ambientale con il progetto Pasturs, messo in campo da Cooperativa Eliante Onlus, con la partnership di Parco delle Orobie bergamasche e WWF Bergamo – Brescia, in collaborazione con Coldiretti Bergamo e con il contributo di Fondazione Cariplo.

Un progetto che, con l’obiettivo di ridurre i rischi conseguenti alla presenza dei grandi predatori sulle Orobie, ha coinvolto oltre 40 persone (su 200 che ne avevano fatto richiesta), mettendole al dal 13 giugno all’8 settembre al servizio delle Orobie. Renato Balduzzi in Alpe Cardeto, Silvestro Maroni in Alpe Vodala, Giuseppe Salvi in Alpe Venano, Andrea Morelli in Alpe Manina ed Emanuele Manzoni in Alpe Monte Fioraro, sono i cinque allevatori che hanno accolto i volontari, facendosi aiutare nel lavoro quotidiano: spostare e montare le reti elettrificate, sorvegliare il gregge, fare la legna e accendere il fuoco, cucinare, fare il fieno e mungere i bovini. Ma anche: sistemare le pozze di abbeverata del bestiame, supportare gli allevatori nella transumanza e nel carico del bestiame sui camion, tagliare le ortiche, sistemare i sentieri, dare da mangiare agli agnelli e molto altro ancora.

«È stato emozionante uscire dalla vita quotidiana per tuffarsi in un mondo tradizionale, eppure, “nuovo” agli occhi di molti di noi – ha dichiarato Alessio Pacati, 21 anni di Treviolo, studente dell’Università della Montagna di Edolo –, è essenziale sapersi adattare: agli orari di lavoro molto lunghi e alle condizioni metereologiche che in montagna, più che mai, sono davvero determinanti, ma è un’esperienza che consiglierei a chiunque!».

«Il segreto è la passione: i pastori, che fin da subito si sono mostrati cordiali nei miei confronti, lavorano giorno dopo giorno proprio grazie alla passione. Mi hanno insegnato molte cose sul loro mestiere, dimostrando cura e attenzione nei confronti degli animali e disponibilità a confrontarsi con la mia “visione da universitaria”, studiosa di allevamenti, facendomi finanche ricredere su alcuni aspetti legati al benessere animale», ha commentato invece Nadia Rizzi, 25 anni, studentessa di Scienze e tecnologie delle produzioni animali presso la facoltà di Veterinaria di Milano.

Il progetto, infatti, ha permesso di realizzare un reale avvicinamento tra città e montagna, con gli universitari interessati a conoscere da vicino un mondo diverso da quello quotidiano, proponendo ai pastori domande, dubbi e curiosità sul loro lavoro, e i pastori, dal canto loro, contenti della compagnia giovane e interessata, con cui condividere le tante e impegnative attività, scambiando, al tempo stesso, piacevoli chiacchierate.

Un’esperienza resa possibile dalla volontà e collaborazione di Cooperativa Eliante, Parco delle Orobie bergamasche, WWF Bergamo-Brescia e Coldiretti Bergamo di ridurre il rischio derivante dal ritorno dei grandi carnivori sulle Alpi Orobie bergamasche, favorendo lo sviluppo sostenibile delle comunità locali, e, al tempo stesso, mantenendo gli attuali livelli di biodiversità naturale, grazie anche all’impiego di recinzioni elettrificate e cani da guardiania. In controtendenza in un periodo in cui il conflitto e la strumentalizzazione in materia di predatori sembrano prevalere, il progetto Pasturs si fa così portatore di un segnale opposto di convivenza possibile e pacifica.
Grazie al prezioso contributo dei volontari, il progetto è infatti riuscito a facilitare l’adattamento dei pastori all’arrivo dei grandi carnivori, con il risultato collaterale di far incontrare il mondo della pastorizia e quello ambientalista / cittadino: se da un lato, infatti, i volontari hanno apportato al mondo dell’allevamento competenze specifiche e buone pratiche in tema di conservazione degli ecosistemi, dall’altro, i pastori hanno messo in campo esperienza pratica e conoscenza del territorio.

In particolare, a prendere parte al progetto come volontari, sono stati: Nunzia Moretti, Elisabetta Mauri, Mario Cornaro, Andrea Piscopello, Francesca Patania da Siena (dedicherà la sua tesi di laurea proprio ai pastori abruzzesi del progetto), Camilla Tortosa, Beatrice Longhi, Nicole Gargantini e Silvia Grossi, studentesse di Allevamento e Benessere Animale, Alessio Pacati, 21 anni, studente dell’Università della Montagna di Edolo, Nadia Rizzi, 25 anni, studentessa presso la facoltà di Veterinaria di Milano, Flavio Rossi, Elisa Signorini di Parma, Gloria Patamia di Lugano, Michela Albano, arrivata dalla Sicilia, Amirah Al Jawazneh, studente del corso di laurea in Allevamento e Benessere Animale, Eric Carminati, Cynthia Guerra, Chiara Bertuletti, Elide Aldeni, Marta Ferrari, 22 anni, studentessa di ingegneria ambientale, Adriano Caccia, 34 anni di Milano, del progetto di “montagna terapia” per disabili, Valerio Di Feo, Silvia De Gaetano, Rosita Bertocchi, Marina Poletti, Elio Speziale, Alessandro Trivella.

In totale, grazie anche alla loro collaborazione, sono stati portati in alpeggio 4.800 ovini, 105 caprini, 150 bovini, 26 equini (asini e cavalli), realizzati 5 recinti a prova di orso e lupo e consegnati 3 cuccioli di Pastore abruzzese in collaborazione con il Circolo del Pastore Maremmano Abruzzese (C.P.M.A.).

Un’esperienza che tornerà a giugno 2017 e a cui sarà possibile candidarsi da gennaio 2017 rivolgendosi a pasturs@wwfbergamo.it – www.pasturs.org

 


Musica, massaggi, docce: la dolce vita delle mucche della cascina Guardiola

Azienda agricola Ciocca - Treviglio - Antonio Ciocca e la moglie Antonella ViolaNella Bassa bergamasca un’azienda agricola ha scoperto il “segreto” per produrre formaggio, burro e yogurt eccellenti: il latte di mucche coccolate da spazzolatrici, allevate con un’alimentazione naturale ascolta
ndo musica in sottofondo e senza stress da super mungitura. Il caseificio è nella cascina Guardiola alla Geromina, frazione di Treviglio, dove c’è anche uno spaccio con i prodotti di altri agricoltori a chilometro zero, gestito da marito e moglie, Antonio Ciocca e Antonella Viola.

Ma non si può considerare l’attività casearia senza aver prima visitato l’azienda agricola in via del Bosco, in aperta campagna, avviata nel 1965 dal padre di Luigi, Antonio. Fin da allora l’allevamento rispettava i cicli della natura e i bovini erano solo 25. Nel 1992 è avvenuto il passaggio al figlio. Oggi i capi sono 110 e continuano a vivere in una condizione di cura invidiabile con tanto spazio e comfort a loro disposizione. Le mucche hanno un loro nome e sono parte preziosa di un’attività a carattere familiare, come dimostra il loro trattamento: si pretende che producano “solo” 25 litri di latte in media al giorno, sono nutrite con erba e fieno, partoriscono fino a otto volte e quando invecchiano sono messe in un’area più tranquilla. Nella stalla c’è anche una grossa spazzolatrice verde elettrica: gli animali autonomamente ci mettono sotto la testa e si fanno massaggiare collo e orecchie. Se il macchinario non si aziona, richiamano l’attenzione dell’addetto. Le mucche si coricano su morbidi materassini in gomma. E, d’estate, sopra le mangiatoie, ci sono docce nebulizzatrici che grazie ai ventilatori rinfrescando l’aria e le invogliano a mangiare.

azienda ciocca mucca che si spazzola da sola«Vuole sapere quale sarà il mio prossimo passo? Vorrei creare il pascolo, lasciarle libere, ci ho già provato ma non è facile, sono animali intelligenti – è il afferma Ciocca -. Un giorno, mentre stavo rifacendo il pavimento della stalla, avevo messo le bovine in un’area recintata, ma due vacche hanno spinto contro una loro compagna, riuscendo così a scavalcare l’ostacolo».

Ci sono anche stati alti e bassi, superati con costanza e dedizione al lavoro. «Avevo 400 capi, di cui 180 da mungitura, ho investito, assunto dipendenti e iniziato a vendere latte alle industrie, entrando in un circolo vizioso – spiega Ciocca – perché poi sei costretto a produrre sempre di più dal momento che il prezzo viene abbassato e non riesci più a far fronte alle spese. Gli animali, negli allevamenti intensivi, sono portati a fornire fino a sessanta litri di latte al giorno e così sfiancati, dopo un paio di parti, finiscono al macello».

Nel 2001 una malattia contagiosa gli ha imposto l’abbattimento di tutti i capi. Ma il trevigliese si è rimboccato le maniche e ha ricomposto la mandria, aprendo nel 2008 i distributori di latte crudo a Cavenago, Capriate, Suisio e Bellusco. Tuttavia, dopo il successo iniziale, il progetto non ha suscitato più il forte interesse iniziale. «Se non fai altro, non campi», si è detto l’allevatore che ha cambiato rotta, decidendo di dedicarsi alla trasformazione del suo latte. Chi si reca in cascina è attratto dal gusto unico di due formaggi speciali che, già nel nome delle due frazioni, sono un omaggio al territorio: Cerreto, compatto e dolce, realizzato da latte intero, stagionato da un mese e mezzo a tre mesi, che può somigliare alla fontina, e Geromina, a pasta morbida, con almeno otto mesi di stagionatura, prodotto da latte spannato in forme che raggiungono i nove chili.

I prodotti sono finiti anche in vetrina per tutta la durata di Expo nel padiglione allestito vicino all’albero della vita. Le varietà casearie sono tante: c’è il mucchino, che piace ai bambini, simile al caprino, ma prodotto con latte vaccino, e i freschissimi come mozzarella, ricotta, crescenza e primo sale. Nelle formagelle, stagionate per due mesi, si spazia con i sapori: possono essere al peperoncino, al pistacchio, alla cannella, alle olive, all’erba cipollina, al finocchio e ai capperi. Il latte è conferito all’Associazione produttori latte della Pianura Padana e a Copagri per il progetto “Buono e onesto”, che consiste nel confezionamento diretto dagli allevatori. Il suo simbolo, presente sulle confezioni in tutta Europa, è la mucca Onestina colorata con la bandiera del Paese di origine. Con questo latte, i soci producono il Sovrano, un formaggio a pasta dura stagionato 25 mesi, con latte vaccino all’80% e di bufala al 20, Fattorie Bresciane con caglio vegetale e meno sale, stagionato 12 mesi, il Supremo, a 15 mesi, con solo latte vaccino. Ci sono anche la Guardiola, spalmabile, e il Pronto pentola, una miscela macinata perfetta per mantecare risotti o pasta. Lo yogurt è, oggi, solo bianco. «Non utilizzo nient’altro che prodotti di stagione, pertanto non essendoci fragole, more o mirtilli che mi rifornisce la Cascina Pelesa, preferisco non aggiungere frutta che non conosco», conclude Ciocca.

formagelle azienda ciocca


Treviglio, l’ex bancario che alleva lumache

GiamPrimo Riva- allevatore lumache  TreviglioPer i francesi, le escargot sono un vanto della loro raffinata cucina. Noi italiani le abbiamo considerate per anni una leccornia, mentre oggi le lumache sembrano essere un cibo meno gradito. Ciononostante, nella Bergamasca c’è chi ha puntato sull’elicicoltura, o allevamento a ciclo biologico completo dei molluschi da terra. A Treviglio, infatti, a febbraio dello scorso anno è nata la Lumacheria del Cerreto, ideata dallo spirito imprenditoriale di GianPrimo Riva, bancario in pensione e buongustaio doc.

«La mia intenzione è portare nel piatto un’eccellenza, un prodotto controllato e non importato dall’Est Europa e dal Maghreb, come spesso accade nei mercati», spiega il neo agricoltore che offre un prodotto selezionato per la gastronomia e completo di etichettatura.

Riva possiede un ettaro di terreno in via Canonica, accanto alla Cascina Pelesa. Di questi, tremila metri sono stati destinati alla sua nuova attività e suddivisi in sette recinti: cinque per la riproduzione e due per l’ingrasso delle chiocciole. La varietà è la Helix Aspersa, detta Vignaiola, dal guscio solido e screziato. Dai 15mila esemplari iniziali si è arrivati ad allevarne 300mila nella covata. Da adulte, le lumache arrivano a pesare dai 12 ai 14 grammi ciascuna, 9 asciugate. Ora hanno trovato riparo sotto la terra per il letargo e la raccolta, stagionale da maggio a settembre, si attesta sui 20 quintali. La differenza con le sorelle selvatiche, la cui caccia è vietata in Lombardia dal primo marzo al 30 settembre, sta nella qualità dell’alimentazione. «Una lumaca in libertà può mangiare di tutto, dalle erbe amare che si riflettono nel suo sapore ad altre per noi velenose», spiega Riva. I suoi molluschi si nutrono di insalata, cavolo cavaliere, bietola da taglio, girasole. Ma sono anche ghiotti di verdure e frutta zuccherine come carote e mele e, d’estate, anguria e melone. L’agricoltore deve fare i conti con la moria della specie, pari al 20% del totale. I nemici principali, in inverno, sono i topolini che faticano a trovare cibo e lo stafilino, un insetto che entra nel guscio e le consuma.

allevamento lumache - TreviglioPrima di essere vendute, le lumache vengono riposte nelle cassette dove sono fatte spurgare e asciugare per quindici giorni. A richiederle sono privati, ristoranti e organizzatori di feste patronali. Le ricette sono moltissime: ci sono gli spiedini di lumache lessate alternate a scalogno e salvia, possono prestarsi come ingrediente principale per fondute, frittate, primi come spaghetti o risotti. C’è chi le gusta fritte, trifolate, in salsa verde, in zimino o in gelatina, meglio se accompagnate da vino bianco secco o rosato, come per il pesce. La Lumacheria del Cerreto conferisce parte del suo prodotto all’industria di lavorazione di Cherasco nel Cuneense per ottenere vasetti al pomodoro, al naturale o con spinaci e speck.


Bistecca con Qr Code, la risposta dell’allevatore bergamasco alle truffe alimentari

Francesco MarchettiAnche un giovane agricoltore bergamasco è stato protagonista della consegna degli Oscar Green Lombardia 2015 che si è tenuta allo Spazio Sforza di Expogate, a Milano.

Francesco Marchetti, 29 anni, della Basella di Urgnano, è stato premiato nell’ambito della categoria “Fare rete” per la migliore esperienza in concorso: Smartphone e Qr Code per una bistecca doc.

Per combattere le truffe nel piatto e difendere la qualità del proprio lavoro, Francesco ha deciso di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Nella sua azienda ha quindi scelto di tracciare la carne delle sue mucche grazie a un Qr Code che permette al consumatore, usando un semplice smartphone, di sapere tutto sulla vita dell’animale: dalla sua provenienza al peso alla nascita, dall’alimentazione fino alla razza. «Vorrei che il consumatore – sottolinea Francesco – si rendesse conto di cosa sta portando a casa. La trasparenza è l’arma più efficace che noi produttori abbiamo per far capire come viene fatto il nostro prodotto».

Anche questa edizione di Oscar Green ha raccontato storie di idee e lavoro, di coloro che in tempo di crisi hanno scommesso sull’agricoltura come leva per rilanciare il Paese. A livello regionale le nuove imprese agricole sono sempre più giovani: tra il primo trimestre 2014 e lo stesso periodo del 2015 quelle aperte da persone con meno di 40 anni d’età sono salite di oltre il 32%, passando da 112 a 148. Il record – spiega la Coldiretti Lombardia – spetta alle province di Lecco, Como e Sondrio, con una generale prevalenza delle aree di montagna.

«L’agricoltura è un’attività che, nonostante le difficoltà, affascina le nuove generazioni – dice il delegato di Giovani Impresa Coldiretti Bergamo Daniele Filisetti -; è ormai consolidato il trend che vede sempre più giovani scegliere l’agricoltura come esperienza di lavoro per costruire il proprio futuro».

Infatti oggi il 54 per cento dei giovani – spiega un’indagine Coldiretti/Ixe’ – preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (21%) o fare l’impiegato in banca (13%). Nel primo trimestre 2015 delle 56 nuove aziende agricole avviate in provincia di Bergamo, 19 sono condotte da giovani, più del doppio rispetto agli inizi attività registrati lo scorso anno nello stesso periodo.