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La Rassegna

L’indagine / «Se potessi avere 1500 euro al mese»

Uno studio su due ha risentito della crisi, uno su tre deve attingere dai risparmi personali.Stanno meglio ingegneri e avvocati, peggio designer e veterinari. E' questo il quadro in chiaroscuro delineato dall'Indagine condotta sui professionisti milanesi dalla Consulta Professioni della Camera di Commercio di Milano

Uno studio su due ha risentito della crisi, uno su tre deve attingere dai risparmi personali.Stanno meglio ingegneri e avvocati, peggio designer e veterinari. E’ questo il quadro in chiaroscuro delineato dall’Indagine condotta sui professionisti milanesi dalla Consulta Professioni della Camera di Commercio di Milano.«La crisi ha colpito in modo profondo i professionisti – ha dichiarato Potito Di Nunzio, Presidente della Consulta delle Professioni della Camera di commercio di Milano e presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Milano -. In particolare i free lance meno organizzati rispetto agli studi professionali. Ma anche questi ultimi stanno facendo fronte ad una incisiva riorganizzazione interna. Ecco perché è ancora più importante una maggiore collaborazione tra professionisti e imprese, che possa generare effetti positivi su una possibile ripresa».  La prima causa di difficoltà è per i grandi studi il mancato pagamento dei clienti privati e per i free lance la mancanza di commesse. I più strutturati hanno reagito con ristrutturazione del lavoro interno, taglio dei costi e aumento delle ore di lavoro, i piccoli cercando di aumentare le conoscenze. Tutti hanno ridotto i prezzi.  La metà dei professionisti, per la maggiore presenza dei free lance, non supera i 1.500 euro mensili. Il 18% supera i 3mila euro. Tra i meno giovani oltre 45 anni, il 23% supera i 3mila euro. Le donne nel 60% dei casi sono sotto i 1500 euro. Redditi più elevati per ingegneri e professioni giuridiche, meno per architetti, veterinari e professioni creative. Insoddisfatti, per il reddito il 67% e per gli orari di lavoro il 40%. Ma sono contenti per l’autonomia professionale (51%). Affrontano il lavoro in rete: solo il 13,6% fa da sé. Il 70,3% non esce per lavoro dalla dimensione della provincia. La maggior parte non ha creato un’impresa, quelli con sola partita Iva sono il 65%.