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La Rassegna

I novant’anni di Mimmo e quel locale comprato in un quarto d’ora

Il compleanno del fondatore del ristorante di Città alta, aperto nel 1956. «Bergamo era un tesoro nascosto, ora arriva gente da tutto il mondo».
Mimmo Amaddeo e la moglie Lina

 

Si possono riassumere 60 anni di ricordi e di cucina a Bergamo? Se c’è qualcuno che può farlo è Mimmo Amaddeo, fondatore dell’omonimo ristorante in Città Alta e ristoratore da una vita, che ha festeggiato il traguardo dei novant’anni in questi giorni ed è una vera e propria istituzione sulla Corsarola.

Passato e presente si rincorrono nelle sue parole, ne esce un ritratto dolceamaro di una Bergamo lontana, soffocata dalla povertà, e l’orgoglio per un gioiello che infine è uscito dal cassetto.

«Ho varcato la porta di Bartolomeo Colleoni il 1 agosto del 1956. Non avevo ancora trent’anni. Era un pomeriggio afoso, sono entrato in quello che in tutti questi anni è stato il mio ristorante e in un quarto d’ora ho stretto l’affare». «In quegli anni – ricorda – eravamo appena usciti dalla guerra, a Bergamo c’era una grande miseria e molti emigravano all’estero. I locali erano fatiscenti, i bagni erano comuni e quando si entrava sembrava di essere in camere a gas. L’ufficiale giudiziario di allora, un certo Crispino, era il terrore di tutti, fu lui a far fare a tutti i gabinetti».

Mimmo è sempre stato uno che guardava avanti, un innovatore. Con la moglie Lina, entrambi calabresi, ha fatto apprezzare i sapori della cucina popolare italiana, in particolare la pizza, piatto quasi misterioso per i palati orobici (Mimmo è stata la seconda pizzeria aperta a Bergamo dopo Pio ed è la più vecchia tra quelle ancora attive, nonché negozio storico riconosciuto dalla Regione Lombardia).

«Bergamo era un tesoro nascosto, la cenerentola delle città italiane – dice –. Poi gli emigranti sono tornati con i soldi che avevano risparmiato lavorando all’estero, sono arrivati altri ristoranti, gli alberghi, e la gente è cominciata a venire in Città Alta». «Ora – ci racconta con orgoglio – Bergamo è terra di tutto il mondo, non solo dei bergamaschi, ogni giorno ci sono sempre più visitatori».

Tra i suoi ricordi più cari ce ne sono due: «i pomeriggi in cui i bambini venivano al ristorante per vedere al nostro “baraccone di televisore” la tv dei ragazzi, perché in quegli anni erano in pochi ad averla a casa», e il giorno in cui Adriano Celentano si è affacciato alla porta. «Ricordo ancora quel fatto, venne da me e mi chiese un tost».

Da qualche anno Mimmo ha lasciato la guida del ristorante a due dei suoi sette figli, Roberto e Massimo, ma se andate, lo trovate lì ad attendervi all’ingresso, con la moglie e con il suo “buongiorno” e“buonasera”. Come negli ultimi sessant’anni.